CAPITOLO XII:
UNA SCELTA DIFFICILE
 
Stephan era indeciso su due sistemi, per questo aveva bisogno di un parere spassionato.
Pensando che aveva lasciato in pace Kevin abbastanza, andò da lui di buon mattino prima di vedere Maxi agli allenamenti.
Quando arrivò da lui, però, non fu accolto come avrebbe pensato.
Era presto, immaginava dormisse ma non che fosse sveglio e… arrabbiato?
- Questa volta non c’entro niente! - Disse mettendo le mani avanti sapendo che doveva essere in rotta con qualcuno.
Kevin sbuffò e si passò una mano fra i capelli spettinati, non li aveva nemmeno sistemati, infatti erano particolarmente osceni.
- Non è il momento, Ste, mi spiace… devi fare senza di me che proprio… - Stephan si preoccupò mettendo da parte i propri dubbi strategici.
Kevin aveva proprio una brutta cera, il viso era scuro e la fronte aggrottata.
- Cosa succede? - Chiese sinceramente interessato all’amico. Pensava che con Mark avessero risolto…
Kevin si strofinò anche il viso senza schiarirsi per niente.
- Sto… parlando con Mark… -
- Litigio in corso? - Voleva lasciarlo in pace ma prepararsi ad un eventuale sfogo, solitamente funzionava così. O veniva da lui, o da Alex, o da Thiago… aveva diverse mete…
- No… - Il ghanese fu vago, come se non potesse essere più specifico anche se lo volesse. Capì che era un argomento delicato e che non era il caso di parlarne con nessuno. - E’ che… ho bisogno di stare solo con lui… -
Era chiaro che avessero problemi ma non del tipo che li faceva litigare e fare fuoco e fiamme. Cose forse più serie. E forse non proprio problemi ma qualcosa del genere.
Stephan sorrise ed alzò la mano in segno di saluto, quindi gli strinse il braccio per fargli forza e se ne andò.
- Quando vuoi ci sono! -
Sapendo che ne avrebbe avuto bisogno.

Quando Kevin tornò dentro in casa lo fece sospirando e l’espressione non si schiarì per niente, anzi. Lo sguardo divenne più torvo quando si puntò verso la camera e tornando trovò Mark che si vestiva. Sbuffò e si appoggiò allo stipite della porta con le mani dentro ai boxer, di lato, come se fossero delle tasche. Li allargò con nervosismo e rimase ad osservarlo allacciarsi i jeans come se ogni suo gesto fosse una sofferenza per lui.
- Ne… ne sei sicuro? - Chiese alla fine facendosi coraggio. Kevin non era un codardo ma in quel momento ci si sentì.
Mark piegò le labbra in segno di dispiacere, non gli piaceva nemmeno a lui ma era una persona realista e non poteva farne a meno.
Continuò a vestirsi puntando la maglia ma con nervosismo non trovò la dritta e cominciò a rigirarsela fra le mani. Questo seccò Kevin che in poche falcate fu da lui e prendendogliela la buttò via con rabbia, quindi gli prese i polsi e glieli alzò fermandolo con forza.
- Sta fermo dannazione e guardami! - Ora ruggiva ma cercava disperatamente di non liberare la bestia che scalmanava per uscire. Sapeva che altrimenti quella di Mark sarebbe stata incontenibile.
- Sì che sono sicuro! Non te l’avrei detto altrimenti! Non sono un sadico, dannazione! -
Kevin si morse le labbra carnose per non urlare, l’espressione contratta in una smorfia di rabbia misto a dolore e sconforto.
- Cazzo! - Esclamò alla fine non sapendo cosa dire. Mark capì che voleva esplodere, piangere, gridare, picchiarlo, fare fuoco e fiamme ma che non lo faceva non per riguardo, solo perché non aveva le forze.
Si stava sgretolando davanti ai suoi occhi ed il dolore che lesse in lui in un solo istante fu qualcosa di indicibile.
Mark pensò potesse morire, l’avrebbero fatto insieme.
- Kevin… te lo sto dicendo ora perché l’ho appena deciso e voglio tu sia il primo a saperlo. E voglio che lo sappia subito, da me, perché così hai tempo di prepararti. - Non era molto confortevole quello che gli stava dicendo.
Kevin voleva sempre più piangere e basta, nemmeno la rabbia o la voglia di gridare. Quel peso allo stomaco stava salendo alla gola, non era mai stato più pesante di così. Il fuoco lo stava divorando e non controllava più la propria espressione sempre più deformata.
- Non mi aiuta molto… - Mark liberò i polsi che ormai non stringeva e lo circondò prima che dicesse il resto, un resto che sapeva stava per vomitare fuori dai denti. Lo disse serrando la mascella e chiudendo i pugni contro il suo petto, come volesse spingerlo via ma non ne avesse la forza.
Le braccia di Mark erano così protettive e dolci.
- Mi stai piantando? È un modo per lasciarmi a fine stagione? Perché non ce la fai più a tradire tua moglie e la tua famiglia? È quello che hai fatto con Arjen, vero? Dì la verità… - Voleva gridare, gridare come un ossesso. Avrebbe fatto una figura diversa ma faticava a stento a controllare la voce sempre più incrinata. Gli occhi due fessure, ora vedeva tutto offuscato e le mani di Mark fra i suoi capelli corti non erano di conforto, lo stava uccidendo dolcemente.
- No Kev… non ti sto piantando, non me ne vado dal Milan per questo. Tu non c’entri niente ed anzi, sei l’unico motivo per cui resterei ma… ma non ce la faccio… fisicamente non ci arrivo. Questo infortunio mi ha fatto capire i miei limiti fisici portati dall’età. Ho 34 anni e vado per i 35, non reggerò ancora a lungo ed il Milan punta a tutto, non solo a fare un buon campionato. Vuole dei livelli alti, un ritmo a cui io non riuscirei a reggere. Ho stentato quest’anno, non oso immaginare il prossimo come sarò. Io devo essere realista, in vita mia lo sono sempre stato e sai che non mi sono mai piegato alle emozioni ed ai sentimenti pur io ne provassi. Lo sai. Io ti amo e non è per te che me ne vado, non voglio lasciarti e non lo sto facendo ma davvero… questa squadra il prossimo anno sarà oltre le mie possibilità e lo so da solo quando è ora di andare e cedere il passo… lo sai che anche altri lo faranno… io sono alla fine della mia carriera, pensavo potesse essere questa ma non ce la farei a farla come vorrei, non voglio fare il mio ultimo anno di gioco fra infortuni perché i ritmi sono troppo alti rispetto alla mia resistenza. Ti prego, Kevin. Capiscilo. Non ti sto lasciando, non lo farei mai. Non voglio. -
- MA E’ QUESTO CHE STAI FACENDO! - Gridò alla fine in uno scatto d’ira che trovò. Spinse e si separò ma guardarlo fu ancora peggio e si rese conto che il suo sguardo sincero e dispiaciuto lo graffiava dentro al punto che gli occhi non tennero più le lacrime.
- Non lo sto facendo. Ti sto dicendo che a fine stagione me ne andrò al PSV, la squadra con cui ho iniziato, per finire la carriera come avevo deciso dal primo momento in cui ho iniziato. Che è arrivata l’ora. Un uomo deve capire quando è ora di smettere con qualcosa. Ma non con te. Con te non voglio smettere. O sei tu che vuoi piantarmi perché così la separazione sarà più facile? - Lo chiese provocandolo di proposito e Kevin non resistette infatti partì con un pugno sulla guancia che lo colpì non poi così inaspettatamente!
Mark l’aveva detto per farlo reagire e quando lo vide farlo si sentì meglio, in un certo senso.
Crollò sul letto steso e Kevin infuriato e rabbioso gli salì sopra a cavalcioni prendendolo per il mento e le guance, strinse con la mano come se lo volesse stritolare, piangeva e ruggiva insieme con uno sguardo inumano.
Un dolore così lui l’aveva previsto, l’aveva messo in conto, aveva un favore da riscuotere da Thiago proprio per quel momento eppure pur sapendolo non stava meglio.
Dio, che male… Dio che male…
- Non prendermi per il culo… io non voglio lasciarti e non voglio che tu te ne vada ma giurami Mark! Giurami che non te ne vai perché vuoi scappare da me! Giurami che continuerai a vedermi e sentirmi, che non farai come hai fatto con Arjen! Giurami che non sarà la stessa fottutissima cosa perché altrimenti ti ammazzo e poi faccio la stessa cosa con me! -
Ed era bello per questo la loro relazione. Per il loro estremismo assoluto.
Mark voleva che reagisse così, che scalpitasse, che lo ferisse, che gridasse e lo insultasse. Lo voleva. E sapeva anche cosa fare per convincerlo.
Con uno scatto di forza non da poco per uno infortunato che non poteva giocare, se lo tolse di dosso e rotolò invertendo le posizioni come stessero lottando.
Provò una fitta allucinante alla schiena, voleva morire e sapeva che anche Kevin aveva male alla gamba perché anche lui era infortunato, ma non potevano smettere. Lo prese per il collo e affondò le unghie nella sua carne, non strinse ma la sua espressione di rabbia assoluta lo convinse e lo fermò all’istante. A quel punto fu lui ad urlare:
- CAZZO KEVIN! TI AMO! NON TI BASTA COME RISPOSTA? -
Mark non glielo avrebbe mai detto, non era uno che amava farlo, non era per i sentimenti nonostante fosse una persona gentile e mite al di fuori del campo dove si trasformava e diventava un leone feroce.
Kevin tornò a piangere convinto che fosse sincero, sapendolo davvero e solo a quel punto Mark si accorse che delle gocce scendevano sul suo viso.
Stava piangendo anche lui. Smise di stringere e lo mollò tirandosi su, si toccò shockato le guance e si rese conto che tutto gli era sfuggito di mano.
Il mondo stava finendo?
Forse era così… o forse erano Kevin e Mark, due persone che si divoravano per amore.
Kevin raggelato per le sue lacrime ne fu convinto più del suo grido furibondo e fermando tutto come avesse un potere magico, smettendo anche di respirare, gli prese il viso fra le mani e l’attirò a sé, poi se lo poggiò al petto e gli fece sentire il proprio cuore impazzito.
Non sapeva più parlare ed esprimersi e nella mente le parole gli si confondevano fra il tedesco e l’inglese, l’italiano proprio dimenticato.
Ma quello fu sufficiente perché Mark si accoccolò sopra come fosse un bambino e lì rimase ad ascoltarli.
Non voleva se ne andasse e lui non voleva veramente andarsene ma doveva essere realista dannazione… doveva… era ora, lo sapeva. Doveva essere un uomo. Doveva essere forte e fare la cosa giusta. Nel suo matrimonio alla fine non ci era riuscito, aveva ceduto a Kevin ma l’aveva fatto per amore, era stato sopportabile.
Però rimanere lì per un legame, sia pure forte, e poi passarlo in infermeria o a maledirsi perché non riusciva più a giocare ai suoi livelli… no, quello non era lui…
Si era detto di rimanere lucido per quel che riguardava la sua carriera, se ne era andato dal Bayern dove era il suo cuore in ogni senso perché non era più il calcio che voleva lui, non poteva piegarsi ora e rimanere lì al Milan se non riusciva.
- Kevin… non ho sentito Arjen da quando me ne sono andato dal Bayern perché non avevo avuto il coraggio di vivere i miei sentimenti per lui quando ero là, non seriamente, non davvero, non fino in fondo. Non ne ho mai avuto. Ma con te li ho vissuti. Li sto vivendo. È diverso. Non voglio smettere anche se ci separiamo fisicamente… se non vuoi smettere tu io non voglio… - Era utopistico farsi quella promessa?
Mark pensò che dovesse essere realista anche in quello ma non ce la fece, volle crederci e provarci, questa volta, nelle cose assurde e sbagliate perché con Kevin era stato così da sempre. Era stato la sua fuori rotta, quindi tanto valeva continuare ancora fino alla fine.
A Kevin parve di tornare a vivere lentamente davanti a quelle sue parole.
- Mi ami? - Chiese con voce roca ed in un sussurro inudibile. Mark si tirò su dalla sua postazione calda e lo guardò in viso, gli occhi vicinissimi ai suoi. Sguardi ubriacanti da svenire.
Dopo gli baciò gli occhi ancora bagnati di lacrime e scendendo all’orecchio, l’altra mano sulla guancia che l’accarezzava, sussurrò piano:
- Onherroepelijk. Desperat. Degelijk. -
Kevin trattenne il fiato perché capì cosa gli aveva detto.
Era olandese e aveva voluto impararlo un po’ da quando lui era arrivato.
- E tu? - Chiese poi.
Kevin ripeté stringendo gli occhi per trattenere l’emozione incontenibile che stava provando ora.
- Irrevocabilmente. Disperatamente. Profondamente. -
Mark fece il suo sorriso intenerito che non ricordava nemmeno lontanamente l’uomo che giocava a calcio duramente, le guance si riempirono di fossette come sempre e lo sguardo divenne gentile. Kevin lesse tutta la sua sincerità in quell’istante e decise di guardarlo di nuovo e non se ne pentì. Non l’avrebbe mai dimenticato.
Quindi si trovarono le loro labbra per suggellare quella piccola promessa appena fatta. La fecero loro e fusero le bocche e le lingue scambiandosi i sapori e la voglia di approfondire ed andare oltre per quello che significava per loro quelle parole.
Mark cominciò a muoversi lentamente su di lui sopportando il dolore lancinante alla schiena. Probabilmente la degenza sarebbe stata più lunga ma non gli importava più, anche Kevin era infortunato e forse di meglio non avrebbero potuto chiedere, paradossalmente. Del tempo unicamente per loro da non dover condividere con altri se non lo stretto necessario. Del tempo da vivere come due persone indissolubilmente legate l’una all’altra.
Mark scese con la bocca sul suo collo e poi sul suo petto, fece suoi i capezzoli e poi continuando a scendere tracciando scie umide irresistibili sul ventre, gli sfilò i boxer. Kevin alzò il bacino aiutandolo, quindi allargò subito le gambe per lasciargli tutto l’accesso che voleva, Mark si prese la sua erezione con dolcezza e delicatezza, come se ogni centimetro di lui fosse prezioso. Come se lo stesse curando. Come se volesse fargli capire quanto, quanto lo amava e quanto fosse serio. Quanto non volesse assolutamente lasciarlo ma desiderasse solo che in qualche modo la facessero andare avanti.
Kevin cominciò a gemere d’eccitazione immergendo le dita fra i suoi ricci, stringendo per avere di più e quando lo sentì spingere con maggior decisione contro la sua bocca, si alzò e si separò stordendolo. Non capì subito perché smettesse improvvisamente, solo quando si tolse i jeans con sguardo lascivo, uno sguardo talmente erotico che inondò Kevin di una voglia assurda di prenderlo, lo capì.
Si tirò su sui gomiti e l’osservò spogliarsi, vide il suo rigonfiamento sotto i boxer e quando fu libero si chiese se ora l’avrebbe accontentato.
Lo vide stendersi accanto con calma per il dolore alla schiena ed alzare le gambe e capì e gli venne quasi un colpo perché fin’ora Mark era sempre stato l’attivo.
E’ il suo modo per dirmi quanto mi ama. Per convincermi che non scappa da me.”
Questo sciolse Kevin che per un momento perse l’eccitazione per diventare gelatina. Un momento.
Gli bastò vedere Mark stimolarsi da solo fra le gambe e cercarsi col dito l’apertura, gli bastò vedere come se lo leccava per lubrificarsi meglio e riuscire ad entrare. E se lo immaginò farlo mille volte da solo in Olanda quando non ci sarebbe stato, quando non sarebbe riuscito a venire in Italia da lui.
Ghignò.
Sarebbe stata una punizione adeguata.
Poi capì.
Nella visione che aveva appena avuto comprendevano loro due che facevano i salti mortali per vedersi lo stesso. Prevedeva che Mark praticasse l’astinenza e che si masturbasse pensando a lui.
Prevedeva che probabilmente lui avrebbe fatto lo stesso…
Ok, potrei provarci ma conoscendomi non ci riuscirò. Però finirò per dar di me di nuovo solo il corpo, per passare il tempo e non pensare al vero amore, a lui lontano che mi aspetterà… come facevo prima di trovare lui e mettermi insieme. Prima di cominciare a fare l’amore!”
Si chinò soddisfatto e felice di quelle realizzazioni e capì che erano le stesse che aveva Mark e che stava facendo così per fargli capire cosa sarebbe stato separati in attesa di rivedersi ogni volta.
Palliativi non male.
E poi era bravo col sesso telefonico!
Malizioso gli prese le mani e si sostituì ad esse leccando l’apertura già stimolata dal ragazzo, continuò con le proprie dita e capì che era vergine, che fin’ora aveva sempre dato anche con Arjen.
Sospirò sapendo quanto male faceva la prima volta.
Quello sì che era amore.
Quando si ritennero pronti Mark si prese le gambe da dietro le ginocchia e le alzò in alto allargandole, fece una smorfia per la schiena che presto divenne un’espressione intensamente concentrata sul suo ragazzo.
- Vieni… - Mormorò.
E Kevin scivolò in lui cercando di fare più piano che poté. Non aveva mai avuto tanti riguardi per nessuno, era sempre stato irruento ed impaziente, focoso… non era mai stato così e Mark si bruciò un istante, tornò solo per una carezza sul suo viso.
Imprecò in olandese ma decise che doveva sopportare per Kevin. E non se ne pentì perché poi quando il ragazzo riprese a muoversi lentamente riuscì piano piano ad avere la meglio andando via via più a fondo, facendosi strada fino a toccare quella parte di loro tremendamente piacevole.
Quando la raggiunse in Mark arrivò, fra il dolore lancinante, anche un lampo di piacere che crebbe con l’aumentare delle spinte, col ritmo che saliva a dismisura e con ogni penetrazione sempre più profonda ed intensa.
Si amarono e si presero donandosi senza riserve.
I gemiti si fecero più forti ed intensi e fu così che raggiunsero l’apice del piacere finendo in una sorta di dimensione parallela.
Storditi e sfiniti si sciolsero scivolando l’uno sull’altro stancamente. Ansimanti. Sfibrati. Confusi.
E comunque contenti. Completi. Arrivati. Sicuri. Sereni.
Il primo a riprendersi fu Mark che si teneva Kevin sul petto stringendoselo con dolcezza e protezione.
- Abbiamo cominciato dicendo che provavamo a vedere come andava. Continuiamo dicendo che ci impegniamo? -
Kevin capì cosa intendeva e carezzandogli il petto rispose piano:
- Ci impegniamo a farla andare bene anche a distanza? -
Mark annuì e gli baciò il capo, poi sghignazzando replicò più tranquillo:
- Siamo più specifici… - Kevin si tirò su non capendo a cosa si riferisse, si appoggiò sul gomito e lo guardò, gli occhi erano furbi, adorava quando li aveva.
- Spara! -
- Per me la fedeltà non è un problema. Insomma, sto con mia moglie ma al di là di questo tu rimani la persona che amo e porterò avanti la relazione a distanza senza aprire parentesi e divertirmi a destra e a manca in tua assenza. - Questa premessa era confortevole per Kevin che era geloso.
- E su di me? - Però si conosceva bene…
- Tu se non scopi impazzisci ed oltretutto finisci per pensare a me e rovinarti il cervello, quindi sicuramente avrai bisogno di distrazioni fisiche. A te il sesso aiuta. -
- Mi stai dicendo che posso scopare solo per distrarmi e non distruggermi in tua assenza? - Kevin non pensava d’aver capito bene.
- Sto dicendo che mi aspetto questo. Non ti do permessi o impedimenti. Sei grande, arrangiati. Però io mi aspetto tu lo faccia… - Kevin era senza parole, era la prima volta che basava una relazione seria su queste premesse poco impegnative. Magari avrebbe funzionato proprio perché erano premesse assurde ed apparentemente irragionevoli!
- Wow… sei davvero avanti, Mark! Non so che dire… -
Mark ridacchiò e schiacciò l’occhiolino:
- Però se mi stupissi rimanendomi fedele non mi farebbe schifo. Voglio dire, ovvio, al di là di Melissa… - Lei funzionava come molte altre donne per gli altri calciatori che poi avevano storie all’interno dei club. Quieto vivere!
Kevin finì ridendo premendo il viso contro il suo collo. Come potessero essere finiti a ridere in quel modo dopo l’angoscia iniziale, nessuno avrebbe potuto capirlo, ma quella promessa non sembrava poi tanto irrealizzabile, dopotutto.
- Figurati. Ora come ora starei abbracciato a te fino alla fine del mondo! -
- Sì bè… hai appena scopato… - Replicò schietto Mark conscio che quelle cose si dicevano così tanto per dire!
Kevin le pensava realmente ma preferì lasciare tutto così, vederlo ridere era la cosa più bella che gli fosse mai capitata.
Sono ancora stomachevole!”
Commentò poi fra sé e sé.
Mark avrebbe solo detto candidamente che si diceva essere innamorati!