CAPITOLO II:
IN CONFIDENZA

I giorni successivi cominciarono a scindersi radicalmente in due.
Casa e fuori casa.
Casa era un inferno, fuori casa il paradiso.
Per Kevin quello fu il periodo peggiore mai passato ed al tempo stesso il migliore.
Respirava e trovava il sorriso solo quando usciva di casa, quando incontrava Mark diventava raggiante, spiritoso, travolgente e tirava fuori il meglio di sé. Era quasi una missione farlo ridere e divertire.
E poi prendersi ogni confidenza, sapere tutto di lui, ascoltare episodi passati, capire che tipo fosse... era solo per lui, in campo.
I giorni passavano e le cose proseguivano sempre più in questa strada
Una volta che arrivava a casa però tutto cambiava e non capiva come fosse possibile.
Passava giornate bellissime e poi a casa tutto gli dava fastidio, scattava per ogni sciocchezza ed era costantemente insofferente, sbuffava, borbottava per sotto e poi puntuale cercava di uscire.
Non riusciva a guardare Jennifer, a toccarla, a parlarle e con suo figlio la situazione non era tanto meglio.
Si sentiva in colpa senza aver fatto nulla, stretto in vestiti che aveva sempre indossato e che ora improvvisamente non andavano più bene.
Le cose gli stavano sfuggendo di mano ed anche se non succedeva davvero niente di specifico, a casa ormai andava male. Sempre peggio.
Litigava senza veri motivi per litigare.
Anche suo figlio non riusciva a stare più con lui.
Arrivò all'esasperazione una sera in cui si trovò a rompere un piatto per non metterle le mani addosso. Non aveva detto niente di grave e più se ne rendeva conto più si alterava. Si vedeva quasi dall'esterno e si vedeva come un alieno senza riconoscersi.
Guardò i cocci rotti e per un istante, un istante lucidissimo e drammatico, capì che quei cocci rotti rappresentavano qualcos'altro.
Uscì e domò a stento l'impulso di scrivere a Mark, non poteva. Lui sapeva cosa gli stava succedendo e non poteva dirgli niente, decise di cambiare persona. Magari uno che non aveva certi riguardi poteva essergli utile.

Guardò l'ora, sapeva dove trovarlo.
Era la prima volta che tornava a Milanello di notte, era sempre aperto e custodito.
Si sentiva idiota, scemo ed imbecille a cercarlo per una cosa simile, poi non sapeva bene nemmeno cosa dirgli, però era l'unica cosa che gli era venuta in mente.
Oltre ai brasiliani, Kevin si era trovato bene anche con un altro ragazzo della squadra.
Tale Zlatan Ibrahimovic.
Zlatan era un tipo di persona definita 'muro'.
Lo vedevi per la prima volta e ti scontravi con il suo viso tendenzialmente cupo, era una persona sulle sue eppure se ci si prendeva la briga di andare oltre si trovava una persona normale come tante, disponibile per chi lo cercava e che poteva anche aiutare. Era diretto e riservato e questo faceva sì che gli altri lo vedessero con un brutto occhio.
Kevin aveva avuto modo di capire che tipo fosse quando si era scontrato con uno proprio durante l'allenamento.
Era stato uno scontro davvero brutto, da dimenticare. Allora Kevin aveva compreso che meritava attenzione.
Non poteva dire di preciso perchè proprio un suo litigio brutale gli aveva aperto gli occhi, ma era stato così.
I due non erano pappa e ciccia ma parlavano quando ne avevano voglia o bisogno. Non si confidavano ma non perchè non volessero. Non serviva.
Fino a quella sera.
Spesso Zlatan era quello più sensato.

Entrò nel centro sportivo ed andò diretto nella sala relax, lo trovò dove sapeva di poterlo trovare. Alla play station.
Stava ore alla play station se non si allenava o stava coi figli.
Il suo livello di sopportazione di 'casa' era sceso e dopo aver coccolato i suoi figli era tornato al suo rifugio preferito.
Milanello.
Ultimamente ci passava molto tempo anche Alexandre per degli esercizi di rafforzamento.
Non aveva mai visto nessuno allenarsi così tanto.
- Ehi! - Esclamò salutandolo. Zlatan saltò sul posto e lo fissò torvo come se si stupisse di vedere lui e non qualcun altro... - Deluso che sia io? - Chiese cercando di scherzare. Non ci riuscì bene e Zlatan alzò le spalle lanciandogli un altro joystick,
Kevin lo prese e si sedette accanto a lui sul divano, lo guardò cambiare modalità da uno a due giocatori e proseguirono insieme la partita.
Avevano fatto tutti insieme la squadra del Milan di sempre, ovvero i giocatori del passato -costruiti a seconda delle caratteristiche degli originali- insieme a quelli del presente.
Ovviamente Zlatan era inserito nella formazione e giocava con gente del calibro di Kakà, Sheva, Van Basten, Gullit, Maldini, Baresi... insomma, una gran bella squadra! Da sogno!
- Allora? - Disse Zlatan dopo un po' sapendo che aveva qualcosa. - Anche tu stai impazzendo a casa? - Non ci voleva un genio ma lo svedese era piuttosto sveglio.
Kevin sospirò e mancò un passaggio, Zlatan lo insultò.
- Sto impazzendo e basta! - Esclamò come non vedesse l'ora di liberarsi.
- Cioè? - Chiese l'altro continuando a giocare. Kevin non era molto bravo ma era anche distratto.
- Cioè fuori casa va da Dio, sono felice, mi trovo bene in squadra... non sono stressato, non ho motivi per... però a casa poi sono un diavolo, non sopporto niente... non riesco a guardare Jen! Mi sento in colpa eppure non ho fatto niente. Quindi attacco. Persino con mio figlio non riesco a stare. Mi sento sporco! È una sensazione strana! Penso che sto impazzendo. Non è successo niente, lei non ha fatto niente, io non ho fatto niente ma... - Zlatan non smise di giocare e non alzò gli occhi dallo schermo mentre si trovò a segnare un goal in rovesciata.
- Sei in crisi con Jenny! - Esclamò l'ovvio. Kevin lasciò perdere la partita e lo fissò stralunato.
- Grazie! Me ne sono accorto ma non ha senso! Perchè!? Andava tutto bene, l'adoravo... ed ora... - Gli morì la voce in gola. - Non riesco nemmeno a toccarla... - aggiunse. Era grave per lui poiché gli era sempre piaciuto fare l'amore.
Si prese il viso fra le mani e si tirò su le gambe piegandole contro il petto. Rimase così, raccolto in sé, nella speranza che Zlatan dicesse qualcosa.
Attese un po', mise in pausa e lo guardò.
In realtà lo capiva bene.
- Da quando è così? - Kevin alzò lo sguardo dalle mani e fissò avanti a sé. Perchè ancora quella domanda? Era così importante 'da quando'?
Gli parlò di Mark e dopo un altro lungo attimo di silenzio Zlatan non trattenne un 'ah ecco!'
Kevin si girò di scatto a guardarlo come indemoniato.
- Adesso mi dici tutto! E guai se mi dici che non puoi! - In effetti non era l'ideale dirglielo... però poteva indirizzarlo.
Kevin era un tipo particolare, sembrava superficiale ma in realtà era alla ricerca di qualcosa di profondo, di sentimenti, di qualcosa di vivo, bello, serio, fortissimo... cercava il fuoco come una falena.
- C'entra Mark, dovresti parlargli e vedertela con lui... è cominciata da quando ti sei avvicinato a lui... -
Kevin si sgonfiò e si accasciò allo schienale con la testa all'indietro.
- Sono in crisi con Jen e non capisco perchè... in che modo c'entra Mark? - Silenzio. Zlatan riprese a giocare, gli rimase accanto senza dire niente com'era nel suo stile e Kevin rimase a lamentarsi ancora un po'.
- Mi piace stare con Mark ma non penso che l'amicizia con lui possa rovinare il rapporto con mia moglie... e farmi togliere la voglia di scopare con lei... e... non so... -
Zlatan non disse più niente e chiuse quando sulla soglia comparve Alex coi capelli bagnati e l'asciugamano intorno al collo, la tuta addosso. Si era appena lavato.
- Hai finito? - Disse Zlatan. Kevin pensando che parlava con lui alzò la testa e lo fissò seccato, poi però alzò le sopracciglia e si zittì guardando Alex arrossire nel vederlo. Era imbarazzato e Zlatan ridacchiò divertito alzandosi.
- Bè, mio caro Prince... la consulenza è finita! Se vuoi continuare a parlare da solo fa pure, ma io vado! - Stava per chiedere 'dove' ma gli morì in gola la voce nel vederli andare insieme. Alex timidamente nascosto da Zlatan che invece, spavaldo, era chiaro che intenzioni avesse.
Ci rimase di sasso, era chiaro guardandoli e se ne rese conto solo ora.
Zlatan e Alex avevano una storia.
Zlatan, dunque, era sempre fuori casa per questo.
Fu come un fulmine a ciel sereno.
“Mi sto prendendo una cotta per Mark? È per questo che non sopporto Jenny? È questo il senso di colpa che mi fa reagire male nei suoi confronti?”
Poi sgranò gli occhi e si paralizzò senza fiato.
“Sono gay?!”
Questo lo sconvolse molto perchè gli erano sempre piaciute molto le donne, il sesso con loro... ed ora... ora com'è che gli piaceva un ragazzo?
“Bè ma che c'entra, non mi farei mai Mark! Insomma... ci sto bene... mi piace stare con lui... mi diverto... quando ride è fantastico... cerco sempre di attirare la sua attenzione... mi piace quello che ha da dire... e... però non è che sogni di scoparmelo!”
Provò a pensarlo sotto la doccia... aveva un bel corpo muscoloso, forte. Ed era alto. La pelle chiara, liscia.
Si strofinò le labbra e se le leccò.
Al calore che provò se ne rese conto.
Non l'aveva mai desiderato però era anche disposto a provare l'esperienza purchè fosse con lui.
Interessante.
“No ma che dico! Cioè voglio farmi uno, sono sposato e mi sembra interessante?!”
Scuotendo il capo si alzò. Doveva parlarne con Mark, Zlatan aveva ragione. Se il punto di tutto era lui, solo lui poteva fare qualcosa.
La trasferta dell'indomani sarebbe stata perfetta.


Mark ormai ci era arrivato da un po' ma non voleva forzare le cose, preferiva che tutto andasse come doveva, da solo. Doveva fare il suo corso.
Per lui era diverso ma ricordava che la prima esperienza era stata traumatica. Poi aveva imparato a conviverci. Era così e basta. Era successo con molti compagni di squadra e da quando era al Bayern solo con Arjen. Ma ora qualcosa si era rotto... da quando aveva deciso di andarsene....
Arjen l'aveva subito accusato di essere egoista. Non ci stava. Non era così. Poteva giocare a calcio ancora per poco, non poteva sprecare il suo tempo in una squadra che non lo apprezzava...
Arjen non l'aveva capito. In quel momento si era rotto qualcosa.
Ora con Kevin aveva ritrovato l'interesse verso gli altri... la frizzantezza... l'euforia... la voglia di provare quelle sensazioni ancora.
E non aveva potuto mai negare che fosse un bel ragazzo, simpatico. Ci stava bene insieme ed era molto più di quello che non appariva. Aveva un carattere particolare. Intrigante.
Si trovava bene, molto bene con lui.
Senza considerare che avrebbe fatto sesso con lui fino alla fine della sua permanenza lì a Milano. Per quanto lunga o breve sarebbe stata...
Ma per lui era diverso.
Aveva assimilato tutto col tempo, aveva trovato un suo equilibrio fra l'uomo che era, l'uomo di casa, il marito ed il padre, e colui che aveva istinti simili.
Si era accettato.
Era così, insomma.
Però non sapeva con Kevin come sarebbe andata, tanto sapeva che prima o poi se ne sarebbe andato e dargli la pena di scavare in sé e farlo faticare tanto per accettarsi per poi andarsene era davvero meschino.
Lo sapeva.
Doveva essere fermo e soprattutto non incentivare niente.