2. LA BOMBA

santheo

Si erano preparati a tutto tranne che a quella bomba. 
La bomba che esplose subito dopo la fine del campionato, in particolare con la notizia shoccante che il presidente Cardinale aveva fatto fuori Paolo Maldini e con lui se ne era andato anche Massara. 
Theo ci mise un po’ a realizzare e comprendere il reale significato di questa mossa, principalmente rimase ancorato allo sconvolgimento portato dal fatto stesso che non avrebbe più visto quotidianamente il suo idolo, colui per il quale era venuto al Milan. 
Sì, Paolo sapeva convincere chiunque a fare qualunque cosa, ma in particolare la gente finiva per seguire lui perché aveva un tale carisma che tutti in un modo o nell’altro finivano per fare quel che lui voleva. 
Tutti tranne Cardinale. 
Sandro invece ci mise pochissimo a capire cosa avrebbe significato quella mossa. 
“Ahia!” si disse subito dopo aver ricevuto la notizia. “Qua si venderà qualcuno di importante, un giocatore essenziale e lo faranno per fare più cassa ed aumentare il budget per il mercato estivo. Hanno guadagnato abbastanza con la Champions, ma il mercato che va fatto supera di gran lunga quello che hanno in cassa, perciò venderanno qualcuno che Paolo non voleva vendere. Vedrai se non è Theo. Vedrai!”
Sandro aveva sbagliato di poco, ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare che ad essere venduto sarebbe stato lui e non il suo ragazzo. 

Quando il suo agente lo chiamò per comunicarglielo, era in ritiro con la nazionale Under 21 in Romania, per gli Europei. 
Leggendo il suo nome nel display del telefono, Sandro iniziò ad andare in tachicardia. 
Non l’avrebbe mai chiamato in pieno europeo per non distrarlo, se lo faceva significava che era davvero importante e c’era solo una cosa di davvero importante che gli veniva in mente, dopo il pensiero avuto solo pochi giorni prima.
“Non vuole vendere Theo.” pensò al volo rispondendo con un tremante: - Ehi... 
Sentire quelle parole fu la cosa più difficile della sua vita e capì quanto amaro e duro fosse realizzare il proprio sogno.
Capì anche, in pochissimi secondi, che in realtà di grandi sogni ne aveva sempre avuti due e che si era solo illuso di poterli realizzare entrambi. 
- Mi dispiace, Sandro. So che non vuoi, ma è una di quelle cose che non si possono evitare. Ha deciso di sacrificare te. Ha ricevuto un’offerta assurda dal Newcastle e intende accettarla. 
Sandro ascoltò le parole del suo agente con mezzo cervello, ma se le fissò tutte per bene. Non le avrebbe dimenticate. Non avrebbe mai dimenticato nulla, di quel momento. 
Né lo scenario che si apriva davanti ai suoi occhi in quel di Cluj-Napoca, in Romania, né il caldo non molto torrido, né il tramonto che si apriva suggestivo sulla cittadina graziosa che non avevano avuto modo di visitare. 
Sandro si impresse tutto, anche come ad un certo punto la voce gli tremò e la vista si offuscò.
Il sole divenne un riflesso sul mare e prima di rendersene conto, aveva già il viso inondato di lacrime.
- Proprio io? - fece con un filo di voce spezzata. 
- Mi dispiace Sandro...
- Ecco cosa ha fatto rompere i rapporti con Paolo... - mormorò ancora mentre l’ombra della razionalità insisteva a rimanere aggrappata alla sua mente nel caos. 
Aveva perfettamente senso, lui era identificato come una futura bandiera proprio per il suo grande amore per il Milan, lui era tifoso, era chiamato figlio del Milan. Paolo fra tutti non avrebbe mai venduto lui. 
- Non possiamo saperlo, ma è difficile non collegare le cose... 
Giuseppe, il suo agente, non voleva sbilanciarsi, ma sapeva che era inutile cercare di rigirarsi uno come lui, perciò non lo contestò. Tuttavia cercò di cambiare discorso provando a sottolineare l’occasione che si presentava. 
- Comunque è una proposta assurda, parliamo di un’offerta di 70 milioni che potrebbe aumentare se Furlani tratta... a te andrebbe un ingaggio faraonico, ma prima di parlare di dettagli deve esserci il tuo sì ufficiale. 
Sandro alzò un sopracciglio e rispose di slancio: 
- No! - Giuseppe rise consapevole che avrebbe detto così. 
- Lo sai che era una formalità, ci sono casi in cui il giocatore ha voce, altri no. Questa è una di quelle. 
Sandro lo sapeva, non gli diceva niente di nuovo, aveva seguito assiduamente il Milan ed era un grande esperto di calcio, sapeva perfettamente come andavano quelle cose.
Gli venne in mente la storia di Kakà, quando avendo rinnovato a gennaio era poi stato costretto ad andare al Real Madrid nonostante avesse chiaramente detto che non avrebbe mai voluto andarsene.
Ricordò le sue parole, mentre troppo piccolo per capire non si era capacitato di quell’incongruenza. 
‘Se non avessi voluto rimanere, non avrei mai rinnovato.’
L’aveva detto fino all’ultimo nella speranza che qualcosa cambiasse e che i tifosi capissero, ma non aveva mai potuto dirlo apertamente. Alla fine aveva dovuto firmare ed andarsene in un club che non aveva mai voluto, dove era stato l’ombra del campione che era stato al Milan. 
Quando era tornato anni addietro per avviare un finale di carriera prematura ma inevitabile, aveva apertamente detto la verità, ma quella volta non c’era stato niente ad impedirglielo. 
L’aveva ben detto che non aveva voluto andarsene ma che era stato obbligato. E Galliani stesso l’aveva confermato.
Sandro sospirò passandosi nervosamente la mano tremante nei capelli neri che scivolarono ai lati del viso. Erano ancora umidi dopo la doccia fatta in seguito alla sessione d’allenamento con la nazionale. 
“Ora tocca a me. Prendono quelli più legati al club e li usano per far cassa. Lo fanno apposta perché sono sadici.”
Fu il primo pensiero egoistico e sciocco che ebbe.
Poi si corresse subito dopo, sapeva che non era così, prendevano solo la migliore occasione per far cassa.
- Con Theo potevano incassare di più... - constatò ad alta voce, prima di accettare realmente qualsiasi discorso sul nuovo club. 
- Ma lui in questo momento è fra i più indispensabili. Lui, Rafa e Mike sono quelli che in questo istante non possono essere rimpiazzati, tu fra i giocatori importanti sei quello più cedibile. 
Lo disse con una sincerità sconcertante che Sandro apprezzò. Sospirò di nuovo e scrollò le spalle chiudendo gli occhi per cercare di concentrarsi sulle cose pratiche. 
Era inutile rimanere ancorato agli stupidi desideri irrealizzabili. Non voleva, ma doveva. Punto. 
- Bah, è discutibile perché sono il giocatore più utilizzato in questa stagione, più ancora di Rafa e Theo e Mike ma va bene, bravi centrocampisti ce ne sono sul mercato. Ora dovranno rifare tutto da cima a fondo, essendo che Frank non è mai stato rimpiazzato e che Isma starà fuori mezza stagione prossima. Ma se sono contenti così, che facciano. Ormai ho capito che non si può pensare di legare la tua intera carriera al club dei tuoi sogni. Stupidi sogni di bambini... - disse amaro più a sé stesso che al suo agente.
Giuseppe non commentò capendo che era solo un piccolo sfogo e lo condivideva, ma doveva fare il suo lavoro. Con quell’affare anche lui ci avrebbe guadagnato molto e non poteva certo fare finta di non aver remato in favore della trattativa. 
- Sarai nella Premier, Sandro. Il campionato più bello e ricco del mondo. Lì sì che la tua carriera esploderà davvero. Potrai raggiungere il tuo sogno di diventare un grande del calcio ancora meglio che al Milan, lo sai. 
Era vero, era perfettamente vero. Sandro annuì asciugandosi di nuovo gli occhi rabbiosamente, concentrandosi sulle poche cose positive. Doveva risalire in qualche modo. 
- Sicuramente sì. La premier è tanta roba, sarei un pazzo a rifiutarla se voglio diventare un calciatore di successo e quello è sempre stata la mia priorità.
“Anche se uno che ha quella priorità non si abbassa l’ingaggio pur di essere comprato da una squadra...”
Rilordò il sacrificio fatto senza esitare solo due anni prima, quando Maldini l’aveva comprato. Prese un respiro profondo e con una smorfia amara fece andar via quel ricordo. Il ricordo della sua speranza di realizzare l’altro sogno.
Quello di diventare una bandiera del Milan.

Fu più difficile gestire Theo, incredibilmente difficile. 
Sapeva che appena la notizia si sarebbe espansa, lui sarebbe esploso e così fu.
Come prima cosa gli arrivò la chiamata, quella sera stessa, quando ancora non c’era niente di ufficiale. 
Glielo aveva detto lui, ma aveva aspettato qualche ora prima di farlo, consapevole che gli ci voleva un po’.
Era rimasto seduto in terrazzo a guardare il paesaggio di quella cittadina romena, il sole arancione che esplodeva meraviglioso e poi il crepuscolo che lentamente ammantava lo scenario innanzi a sé. 
Nessuno arrivò a lui a bussare e richiamarlo, sicuramente già tutti parlavano della notizia del momento.
Aveva chiesto di tenere la questione il più segreta possibile, annunciando che non voleva essere coinvolto in questioni di mercato durante l’europeo, ma sapeva che tanto tutti ne avrebbero parlato. 
Aveva provato a far pace con quel discorso, non sarebbe stato un calciatore del Milan, ma avrebbe giocato in Premier, in una squadra che si era qualificata per la Champions e che era stata presa dal fondo più ricco del mondo, questione che dava molte aspettative. Era facile capire come nel giro di qualche anno il Newcastle sarebbe potuta diventare la nuova potenza della Premier. 
Lo aspettava un bel percorso, soddisfazioni e forse anche gloria, se se la giocava con la stessa passione ed impegno che aveva usato al Milan per non buttare la grande occasione.
All’inizio aveva faticato ad uscire dal guscio, ma Maldini e Pioli avevano creduto in lui ed era riuscito a non deluderli. 
Ci aveva sperato.
Era questo il punto.
Dopo un anno come quello che aveva fatto, aveva finito per sperarci nonostante sapesse che nel calcio moderno ormai non c’era più spazio per quel genere di sogni.
I sogni coi quali i bambini appassionati del calcio di una volta crescevano. 
Diventare bandiere del club dei loro sogni.
Per uno stupidissimo momento ci aveva creduto. Di potercela fare. 
Realizzare entrambi i suoi grandi sogni in un’unica manche. 
Quando capì che aveva passato più di un’ora a fissare il vuoto e a pensare, scrisse a Theo. Non piangeva più da un po’, poteva riuscire a sostenere una conversazione con lui. 
Come da lui immaginato, poco dopo lo richiamò e appena rispose, dovette subito allontanare il cellulare dall’orecchio perché le sue urla in spagnolo lo assordarono e lo fecero anche sorridere. 
“Fortuna che esiste lui!”
- STAI SCHERZANDO VERO? - aveva esordito così, ma non gli aveva dato tempo di rispondere perché aveva attaccato subito. - QUEI BASTARDI FIGLI DI MERDA! LO SAPEVO IO CHE C’ERA QUALCOSA DI MARCIO NEL LICENZIAMENTO DI PAOLO, CHE CI SAREBBERO STATE CONSEGUENZE, MA PENSAVO CHE SAREBBE TOCCATO A ME! 
Sandro non si stupì né di capire il suo spagnolo misto a francese, né che l’avessero pensata uguale. Ne avevano ovviamente parlato, ma non del fatto che temevano sarebbe toccato a Theo. Quello entrambi se l’erano tenuto per loro. 
- COME PENSA DI COSTRUIRE UN GRANDE MILAN SE VENDE IL GIOCATORE PIÙ FORTE? 
- Al massimo centrocampista, il più forte è Rafa, lo sai... - cercò di razionalizzare per ridimensionare la situazione a dir poco esplosiva, ma sapeva che con lui era una battaglia persa in partenza. 
- SEI QUELLO CHE HA GIOCATO DI PIÙ, L’INSOSTITUIBILE! E POI SEI ANCHE QUELLO CHE CI TIENE DI PIÙ DANNAZIONE, TI SEI ABBASSATO L’INGAGGIO PUR DI RIMANERE DUE ANNI FA, DUE! TUTTI SANNO CHE CI TIENI COME NESSUNO QUA DENTRO, CHE SEI IL FIGLIO DEL MILAN! COME POSSONO? COME OSANO VENDERTI COSÌ? 
Theo andò avanti per un bel po’ strillando al telefono e fu stranamente terapeutico sentirlo. 
Lo fece parlare e straparlare, gridare, insultare in tutte le lingue del mondo e quant’altro. 
Alla fine, dopo dei minuti considerevolmente lunghi, Sandro disse solo una cosa. La sussurrò piano, come se si vergognasse. 
- Ho bisogno di vederti. Mi serve il tuo sorriso davanti agli occhi, Theo. - poi realizzando cosa aveva detto, si corresse subito sorridendo carico di vergogna per la cosa stupida che aveva detto: - Beh, ovviamente adesso è impossibile, io sono chiuso qua e tu sei pronto per le vacanze... 
- Vaffanculo, certo che vengo! Tanto Zoe si è sorbita già lo sclero e sa che in queste condizioni non posso partire...
Sandro sorrise alla cosa, quella povera di Zoe si era sorbita anche lo sclero su Paolo. 
- Dio Cristo com’è difficile essere milanisti in questi giorni del cazzo! Spiegami come ci vado in vacanza! Comunque arrivo, mi infilo in camera tua, non importa come ma un modo lo trovo! 
Sandro rise finalmente immaginando la cosa impossibile, ma gli piacque pensare che potesse riuscirci realmente. 
- Ti aspetto, sono in camera da solo perché avevo chiesto una singola per poter fare le telefonate pornografiche con te... 
Era veramente andata così, questo normalmente avrebbe fatto sorridere Theo che sarebbe partito per qualche gioco, ma in quel caso rimase imbronciato ad annuire. 
- Va bene. Aspettami che arrivo. 
- No, no Theo, scherzav - ma non riuscì a finire perché attaccò la conversazione e non fu più rintracciabile.
- Dio Santo, ma era già in aeroporto o cosa? 
Risultava off line. 
Sandro alzò gli occhi al cielo e scosse il capo ritrovandosi a sorridere sollevato e grato della sua esistenza e del rapporto con lui. 
Ma solo a quel punto, mentre pensava alla leggera: “Cosa farei senza di lui?” Gli arrivò la botta.
Solo lì lo realizzò.
Adesso si sarebbero separati. Newcastle-Milano non era lontanissimo, ma nemmeno vicinissimo. Erano comunque Stati e campionati diversi oltre che due squadre differenti.
Provò a fare appello alla sua famosa razionalità dicendosi che nel calcio funzionava così e lo mettevi in conto. 
“È tanto facile legare quanto facile lasciarsi...” ma non ci fu verso di stare meglio, quella volta. 
Forse poteva riuscire ad accettare il fatto che per realizzare il sogno di diventare un grande calciatore doveva rinunciare a quello di diventare la bandiera del Milan, ma non sapeva se avrebbe potuto accettare di doversi già allontanare da Theo. 
“Dio, stiamo insieme da così poco... avevo sperato in un po’ più di tempo...” 
E così quando Theo riuscì a raggiungerlo un paio d’ore dopo, non riuscì ad accoglierlo col sorriso, come aveva sperato.
Non stava meglio. Non stava per niente meglio.