CAPITOLO XX:
KEVIN E ALEXANDRE

boato

Era stato quello più facile il discorso con Zlatan.
Kevin non aveva capito perché avrebbe mai dovuto chiarire anche con lui, ma Thiago glielo aveva detto e l’aveva fatto.
Quando l’aveva trattenuto qualche minuto negli spogliatoi dopo gli allenamenti mattutini, Zlatan gli aveva lanciato uno sguardo davvero inquietante e da lì aveva se non altro capito che doveva aver qualcosa che non andava. Non si spaventò, non subiva il terrore di nessuno a parte che questo qualcuno non fosse particolarmente minaccioso.
Ricordò la sera precedente quando si erano incontrati davanti alla porta di Alex, a quando l’aveva preso e sbattuto contro il muro dicendogli di non rifarlo che l’avrebbe ammazzato, ci aveva creduto pensando che quello sarebbe anche stato capace, però al rivederlo il mattino dopo non si era sentito a disagio con lui. Certo gli sguardi non erano proprio amichevoli, ma nemmeno da assassino.
Stringendosi nelle spalle e sentendosi passato sotto un camion per via di Thiago decise che l’avrebbe fatto in fretta senza fronzoli inutili da amici che non erano.
- Thiago ha detto che dovevo chiarire anche con te, ma non so cosa intendesse… - Però era lo stesso lì a parlarci.
Zlatan capì e notando l’aria da verme calpestato si immaginò l’esito della chiacchierata col difensore e lo vide per quello che era. Un ragazzo da un gran brutto carattere che aveva appena subito una delusione sentimentale che non avrebbe di certo messo in conto nemmeno fra mille anni.
“Bè, sono cose che fanno crescere!”
Pensò semplicemente Zlatan decidendo di non mettere ulteriormente il dito nella piaga visto che era già stato abbastanza punito.
- Penso che intendesse per via di Alex. - Sapeva che non era un’idiota. Fra tutti i compagni di squadra, dopo Thiago lui era uno dei più svegli che coglieva le sfumature al volo, i sottintesi, i lati nascosti e qualunque intreccio esistesse, ma solo delle persone che gli interessavano.
Kevin infatti capì e scrollando le spalle stizzito sbuffò girandosi dall’altra parte, era un ruolo che odiava.
- Ce l’avete fatta alla fine… - L’aveva saputo dall’inizio come molti di loro, che poi fra lui e Alex sarebbe finita così, però ugualmente aveva nutrito molte aspettative in sé stesso.
Zlatan grugnì un ‘sì’ che per lui avrebbe dovuto mettere fine a tutta la questione, per lui quello era sufficiente e facendo per uscire col borsone in spalla, fu fermato da Kevin:
- Non succederà più niente. Comunque capendo che tipo è non voglio più averci a che fare se non come amico. Andrò a chiarire quindi lasciamelo un’oretta prima della sessione pomeridiana di allenamenti. - Non era una richiesta o un favore ma una specie di imposizione e per un momento Zlatan contemplò l’idea di spaccargli la faccia, ma poi capì che quello era anche il proprio modo di fare, che non era capace di chiedere gentilmente ma diceva semplicemente usando il tono che gli veniva spontaneo, ovvero brusco. Poi era anche al limite, dopo tutto quello che era capitato anche a lui.
Scrollò le spalle nel suo stesso modo e con un: - Passa alle tre. - gli diede implicitamente il permesso di venire a chiarire con Alex.
Poi uscì lasciando Kevin da solo a sospirare stupito. Era stato più facile di quel che avrebbe mai pensato e lieto di ciò decise che Roby l’avrebbe lasciato per ultimo, per dare tempo a Thiago di lavorarselo e farlo sbollire ed evitare un secondo round.

Quel giorno aveva fisioterapia verso sera, proprio mentre gli altri erano ad allenamento, di conseguenza immaginando che non avrebbe potuto lasciare la casa in quelle condizioni per tutte quelle ore, si decise a vestirsi, lavarsi e prepararsi per uscire.
Chiamata la governante le disse di venire subito che era un’emergenza e di pulire tutto in due ore poiché poi sarebbe rientrato.
Dopo di questo uscì insieme a Zlatan che l’aveva aspettato mentre si chiedeva se fosse vero uno così.
- Ma che te ne frega se c’è una che ti pulisce il porcile con te dentro? - Chiese salendo nella sua macchina con Alex che lo seguiva camminando con la sua calma solita.
- Non mi piace, è un’estranea e non ci tengo a fare amicizia con una che non conosco! - Non era una risposta sensata e Zlatan capì subito quale fosse il vero problema leggendolo fra le righe.
- Vuoi dire che non ti piace mescolarti alla plebaglia e cose simili! - Alex arrossì colto in fallo e Zlatan rise. - E’ da principini stronzi e viziati, lo vedi che lo sei? - Poi si rese conto che l’aveva fatto inconsciamente di nuovo e scoccandogli un’occhiata ammonitrice che lo impietrì, lo sgridò: - E l’hai fatto di nuovo. Parlare a sottintesi! Se non la pianti comincio anche io e poi sarai tu quello nella merda, perché se mi ci metto io a parlare così non capisci più un cazzo, già adesso stenti! -
Alex fece una smorfia di disappunto, non gli piaceva essere trattato così e senza rendersene conto diede di sé esattamente quell’immagine che lui gli accusava di avere.
In risposta Zlatan rise divertito. Dopotutto non era poi così male quel cosino…

Quando tornò, Zlatan lo lasciò a casa sua e se ne andò subito volendo riposare come si doveva, oltretutto l’ora era ormai quella.
Alex raggiunse gli scalini d’ingresso e si fermò davanti senza salirli, fra tutti, Kevin era l’unico che non si sarebbe mai aspettato di vedere.
Era seduto sull’ultimo e lo guardava con il mento appoggiato al palmo ed il gomito sul ginocchio, aveva uno strano sguardo e sembrava in attesa da qualche minuto.
Alex cominciò col batticuore impazzito e con un’ondata di terrore si girò di scatto all’indietro per vedere se Zlatan per caso fosse ancora nei paraggi, ma Kevin lo prevenne scanzonato:
- Non ti mangio mica! -
All’altro venne spontaneo un: - Sicuro? - posto con un filino di voce. La gola era improvvisamente asciutta e gli arti atrofizzati. La sensazione fisica della paura, non una paura gigantesca ma comunque piuttosto buona.
Sospirò e si fece forza.
Sembrava effettivamente venuto in pace, aveva un’aria abbattuta… gli mancava solo la bandiera bianca.
Mordicchiandosi il labbro si fece coraggio -stare con Zlatan gliene aveva dato non poco- e risalendo i pochi gradini d’ingresso, lo superò aprendo la porta di casa.
Come per magia, una volta varcata la soglia si ritrovò in un altro mondo. Un mondo pulito, ordinato e profumato!
Riky gli venne incontro pensando che il suo padrone fosse solo ma Alex riuscì solo ad accarezzarlo poiché poi schizzò subito via a gambe levate vedendo Kevin dietro.
- Hai un gatto? - Nessuno l’aveva mai notato…
Alex si raddrizzò ed entrò facendo accomodare il compagno.
- Sì, Riky… - Ma Kevin non aveva idea dei rapporti del brasiliano e non gli si accese nessun campanello come invece era successo a Zlatan.
Ci furono diversi minuti di silenzio prima che Kevin si decidesse a parlare e a prendere in mano la situazione.
Non gli piaceva scusarsi, giustificarsi e parlare togliendosi la maschera, ma era necessario talvolta. Aveva capito d’averla fatta più grossa di quel che quella notte aveva pensato. Uno normale non ci avrebbe fatto molto caso ad un’esperienza simile ma grazie a Thiago aveva capito che Alex non era uno normale. Gli doveva un po’ di sincerità e sentendosi male alla sola idea, si fece forza e sedutosi nel divano dove Alex gli porse un caffè -quello era una delle poche cose che sapeva fare da solo- l’osservò sedersi nella sua solita poltrona in angolo col divano, lo lasciò sorseggiare il suo caffè mentre, continuando a guardarlo penetrante cercando di capire cosa poteva dirgli, bevve il proprio.
Posò la tazzina e con ancora la testa completamente vuota perché in vita sua non si era non solo mai spiegato con anima viva ma non si era nemmeno mai confidato, cominciò a parlare.
Dapprincipio fu abbastanza scostante e duro perché era lui stesso teso, ma poi mano a mano che andava avanti la voce si ammorbidiva, gli occhi diventavano lucidi e le mani gli sudavano finendo per intrecciarsi un po’ troppo, così come le gambe per accavallarsi e cambiare posizione di continuo.
Alex era lento di comprendonio ma davanti a quelle dimostrazioni d’ansia capì al volo che doveva avere decisamente qualcosa che non andava, cioè che esulava dalle sue scuse per quella sera.
- Sono qua principalmente per scusarmi per ieri sera, c’è stato un enorme equivoco. - E qua Alex pensò che ormai era una cosa comune a tutti, fraintenderlo! - Ieri sera io… - Qua cominciò ad esitare ed Alex si fece attento placando la propria ansia per ascoltarlo bene. - quando mi hai visto ero nel caos più tremendo in cui mi fossi mai imbattuto. - Questo lasciò completamente spiazzato il brasiliano che si trovò quasi a non respirare più nel tentativo di capire meglio cosa stesse dicendo. Kevin abbassò lo sguardo, non riuscendo stranamente a sostenere i suoi occhi puliti ed onesti. - Avevo appena fatto… - qua si chiese quale fosse il termine giusto. Tecnicamente era stato solo sesso, lo capiva, però il solo fatto che l’avesse coinvolto tanto e l’avesse baciato indicava che non era stato solo quello. Alla fine si morse il labbro e lo disse con enorme fatica, come se sputasse un enorme grattacielo dalla gola. - l’amore con Thiago e… non so se puoi capire… io ho sempre fatto sesso e quando faccio sesso sono sempre distaccato, non perdo il controllo e soprattutto non bacio. Ieri sera mi sono trovato oltremodo coinvolto, preso da lui e… l’ho baciato… - era stato anche peggio di quel che avesse pensato e Kevin si chiese chi glielo facesse fare, si prese il viso fra le mani, se lo passò nervoso e sospirando in difficoltà riprese ma ancora senza guardarlo. Era così duro… - quando sei arrivato mi ero appena fatto la doccia per schiarirmi le idee ed è stato peggio perché avevo mille cose per la testa, non riuscivo a scrollarmi Thiago di dosso, a non pensare che era stato diverso, che l’avevo baciato, che… e sei arrivato tu. - Alex si perse. Cosa c’entrava lui in tutto questo? Ma non lo interruppe. Si limitò a togliersi le scarpe e a raccogliere i piedi sulla poltrona abbracciandosi le gambe come soleva fare spesso quando doveva difendersi da qualcosa. Kevin continuò sempre con gli occhi fissi sulle proprie mani che si torceva crudelmente fino a farsi male. Lo stomaco chiuso in una morsa. Perché era tanto difficile parlarne? Con Thiago l’aveva buttato fuori quasi liberatorio ed ora… ora era la cosa più complicata che gli fosse mai successa, perché non si stava dichiarando, si stava spiegando, confidando… - Ho avuto un debole per te a lungo ed ero interessato ad approfondire. Era giusto questo, niente di più. Però in quel momento sei arrivato nel pieno del mio caos interiore ed io non sono abituato ad affrontare quel genere di cose. -
Qua finalmente Alex decise di intervenire giusto per onor di chiarezza ed evitare di fraintendere come sempre.
- Vuoi dire affrontare sentimenti… è questo di cui parli? Il tuo caos interiore… i tuoi sentimenti per Thiago… - E non si vergognò a dirlo, non gli parve una cosa sciocca o fuori luogo come era sembrata tanto a Kevin e colpito da ciò alzò finalmente lo sguardo, quando l’agganciò al suo rimase di sasso. Non era intimorito o accusatore, voleva solo capire ed il suo sguardo era semplicemente aperto.
- Sì… immagino sia questo… - Disse piano più a sé stesso effettivamente… e la voce tremò di nuovo, strinse i pugni, inghiottì il nodo e sospirò profondamente per andare avanti, ma senza più abbassare lo sguardo. - Ho pensato che fosse più facile fare come ho sempre fatto, buttarmi a livello fisico con qualcuno piuttosto che scavare nei miei sentimenti ed ho colto la palla al balzo mettendo da parte Thiago e prendendo te. Scusami, so di aver frainteso il tuo imbarazzo, pensavo lo volessi, di piacerti, ed invece non era così. Non avrei dovuto. - Trovò questa parte più facile di tutto il resto e non capì il motivo. Paradossalmente ad Alex apparve invece tutto molto più semplice e mettendo giù i piedi si mise in punta sulla poltrona per avvicinarsi a lui.
- Va bene, ho capito. Io ingigantisco le cose più del necessario e tutti mi hanno detto che non era niente, ma sono fatto così… apprezzo le tue scuse. Non ho mai pensato di non parlarti più ma ora che ho capito cosa è successo va meglio. - Aveva un tono delicato e gli veniva così facile parlare in quel modo che Kevin lo invidiò. Come poteva?
Gli occhi sempre più lucidi insieme a quel nodo che saliva crescendo sempre più.
Ma quale cazzo era il punto?
Si prese le dita e se le storse stringendo fino di nuovo a farsi male e Alex gliele prese istintivamente impedendogli di ferirsi. Era così difficile parlare di sentimenti, per lui?
Pensò a Zlatan… anche per lui era così e per Roby, poi, nemmeno a dirlo… ma lui e Thiago invece ci riuscivano senza problemi. Le persone erano semplicemente diverse, complicate ognuna a modo proprio, ma tutte strane.
Arrivò a tale conclusione.
- Hai parlato con Thiago? - Disse sapendo che doveva farlo e che se era lì era anche per quello.
Kevin annuì sussultando a quel nome e alle sue mani sulle proprie. Si chinò avvicinandosi all’altro, appoggiato coi gomiti alle ginocchia, porgendosi di più all’amico, conscio che per proseguire gli serviva maggiore forza.
Ricordò il discorso di Thiago, il suo rifiuto diplomatico e attento, ricordò anche le sue labbra e l’ultimo bacio, quel moto di ribellione che aveva provato nel realizzare che non ne era valsa la pena di vivere i sentimenti invece del lato fisico. Ricordò ed il nodo fu ormai improponibile.
Alla fine lo disse quasi liberatorio senza più riuscire a trattenersi e abbassando la testa premette le labbra sulle mani di Alex che stringevano le sue con sentito dispiacere per il suo stato perso, abbattuto e confuso.
- Alla fine non ne è valsa la pena… perché io mi sono sempre dato fisicamente e mai interiormente, convinto che le persone volessero solo questo di me, che ormai tutto funzioni così. Ed avevo ragione. Non vogliono ciò che sono ma solo ciò che so fare e che ho. - Perché poi fino a che l’aveva impostata come una questione fisica era andato tutto bene, quando l’aveva messa sotto un piano diverso, più interiore, l’aveva perso, era andato tutto male. Allora perché credere che le proprie convinzioni iniziali fossero sbagliate? Perché cambiare?
Alex sentì una fortissima stretta alla bocca dello stomaco e con un’ondata di calore che lo investì sentì il suo dolore. Strinse istintivamente le sue mani e poggiò le labbra sul suo capo poiché in quella posizione era tutto ciò che poteva fare, poi ci mise la guancia e rimase così su di lui in qualcosa che non era un abbraccio ma comunque un conforto fisico, tutto ciò che poteva dargli.
Ma non era così come diceva… non era affatto così… lui non era un vero esperto in quelle cose, sentimentalmente parlando aveva sempre sbagliato tutto e probabilmente lo stava facendo ancora con Zlatan, però sentiva nel profondo che non era così come diceva lui, non poteva, era impossibile che fosse meglio vivere le relazioni solo col corpo e mai con il cuore. Non ci poteva credere e con un filo di voce a sua volta confuso e flebile, disse piano andando ad istinto:
- Io non ci credo, invece. Che le persone vogliano solo il corpo, dico. Io penso che vogliano tutto, cuore e corpo insieme. Le persone vogliono la luna, le stelle e tutto il firmamento. Ma sanno che è impossibile ed allora si accontentano di quello che trovano, che gli altri offrono. Io penso piuttosto che sia solo una pura e semplice questione di fortuna o sfortuna. Devi avere fortuna per riuscire a pescare la cosa giusta, nella speranza di poter trovare, prima o poi, anche il resto che manca. Però se hai sfortuna e peschi la cosa sbagliata… bè, a mio avviso devi solo continuare a cercare, senza smettere di crederci. Non è una questione di volontà. - Poi tolse una mano dalle sue e gliela mise sulla schiena carezzandolo con dolcezza perché se lui aveva una dote che altri non avevano, al di fuori del campo da calcio, era quella sensibilità particolarmente spiccata che gli permetteva di arrivare più facilmente ai dolori altrui e di saperli raccogliere con semplicità disarmante.
Kevin, sconvolto da ciò, si abbandonò a quel contatto e aggrappandosi alle sue parole si spostò alzando il viso per nasconderlo nell’incavo del suo collo, sospirando con fiato tremante, cercando di trattenere con tutte le sue forze le lacrime che volevano stupidamente uscirgli per le parole che riceveva e il pensiero di Thiago.
- Sono solo un’idiota che ha perso ciò che non meritava. - Concluse contro la sua pelle. Alex rabbrividì e rafforzò l’abbraccio circondandolo meglio anche con l’altro braccio. Kevin si aggrappò alla sua maglia sentendosi semplicemente più a terra di prima, prima di esternare a parole ogni cosa.
- L’hai perso perché non era tuo, non perché non lo meritavi. Però c’è quello che ti appartiene, quello che sarà solo tuo, c’è. E non è vero che la gente vuole solo quello che sai fare e che hai, vuole soprattutto te, quello che sei, ma se pensa che tu sia disposto a dare solo l’altra parte e non quella là dentro, non si darà mai a te a sua volta come tu vorresti. Devi dare ciò che vuoi avere dagli altri, devi essere disposto a perdere una parte di te se ne vuoi una da qualcun altro. - Non seppe come gli uscirono quelle parole ma gli vennero e si sentì istantaneamente meglio, orgoglioso di sé poiché si sciolse sotto il suo abbraccio, cedere e snodare tutto il fascio di nervi che lo tendeva.
- Ho sempre sbagliato tutto. Ed uno raccoglie quello che semina. -
Su questo Alex non seppe cosa dire ma lo strinse tenendolo con sé per tutto il tempo necessario, perché comunque era tutto ciò che a quel punto rimaneva e che sapeva fare.
Tutto quello che a Kevin sarebbe servito.