5. MANDANDOLO AL LIMITE



Sinisa si stese nel lettino imbottito e sottile, le gambe piegate, larghe, coi piedi a terra.
- Mettiti qua. - indicò sopra la sua testa. Alessio si piazzò a una discreta distanza e Sinisa sbuffando lo prese per i glutei e se lo tirò sulla testa fino quasi a sfiorarsi con le ginocchia.
Alessio trattenne il fiato.
- Qua! Se ho un crampo e tu mi devi togliere il bilanciere me lo fai crollare addosso! Devi stare qua così riesci ad esercitare la forza necessaria se occorre! - Sinisa sembrava avere una risposta plausibile per tutto, non sapeva che in realtà stava gonfiando un po' di cose.
- O...ok... - balbettò imbarazzato.
Dopo di questo il mister cominciò, prese il manubrio, lo tolse dai ganci e si mise ad abbassarlo e sollevarlo ad altezza delle spalle, con una certa facilità.
Alessio inarcò le sopracciglia tenendo gli indici ed i medi in mezzo.
- Mi sembra te la cavi molto bene da solo... - Sinisa lo fissò male.
- Ti secca aiutarmi? - Grugnì offeso.
- No, no... Ma sento che hai una gran forza... -
Sinisa ghignò soddisfatto e mettendo a posto il bilanciere gli disse di aggiungere dei pesi alla fine.
Alessio eseguì e tornò come prima, sfiorandogli la testa con le gambe, molto imbarazzato.
L’erezione per fortuna si vedeva di meno anche se aveva il suo corpo steso davanti ai suoi occhi, le sue gambe aperte e le braccia coi muscoli in tensione.
Un bello spettacolo dopo tutto...
Sinisa ricominciò e fece un po' più di forza, Alessio si scordò di chiudere la bocca.
- Ma non è pesante? Sembra così facile a guardarti... - Sinisa rise, fece ancora un po’ poi si alzò.
- Dai prova tu... -
Alessio boccheggiò ed esitò, poi guardò il lettino su cui prima era steso lui ma andò a stendersi col cuore stupidamente in gola.
Sinisa ci stava prendendo molto gusto, non poteva negarlo.
Gli tolse i pesi in più e si sistemò dietro di lui come prima, gambe divaricate, in piedi praticamente sulla sua testa.
Alessio guardò alzando gli occhi ed inghiottendo. Aveva degli shorts comodi e larghi e poteva intravedere al di sotto, da lì.
Avvampò e mise le mani sul manubrio totalmente a caso, Sinisa gliele sistemò.
- In realtà adesso ci sono macchinari che aiutano a controbilanciare e fare quello che fa la persona in piedi che assiste, per evitare che ci sia troppo peso sulle braccia o che la persona rimanga schiacciata accidentalmente, ma qua non sono aggiornati con tale attrezzo. -
Spiegò il mister spingendolo per le spalle in modo da metterlo ad altezza giusta.
- Ok, adesso vai. - Disse alzandogli il bilanciere al suo posto. - Ce l’hai? - Chiese prima di lasciarlo. Alessio annuì sempre imbarazzato, ma quando Sinisa lasciò, il dover usare la forza per non venir soffocato, lo fece riprendere immediatamente.
Così invece di fare l’ennesima figura di merda, riuscì ad abbassarlo contro il petto e a rialzarlo per un paio di volte senza grossi problemi, dopo un po’ cominciò a sentire la fatica.
- Questi sono i pesi minori? - Chiese sorpreso, ricordandosi che prima il mister ne aveva alzati di più.
- Sì. Come ti sembra? - Alessio annuì concentrato.
- Bene. Cominciano a pesare, ma prendo mano. - Sinisa annuì scendendo con le mani sulle sue braccia, sugli avambracci e poi sui bicipiti e sulle spalle, come se lo carezzasse.
- Qua, senti? Principalmente sviluppi questi muscoli. - Disse con voce bassa e un po’ roca. Alessio doveva ricordarsi seriamente di respirare. - Poi a lungo andare sviluppi anche qua, i pettorali, perché senti che tirano, no? - Sinisa scese sui pettorali con le mani, dopo essersi accucciato al contrario rispetto a lui, dietro la sua testa. Le mani sul petto che gli toccavano i muscoli interessati nell’esercizio, come prima aveva ampiamente fatto con culo e schiena.
Alessio ora cominciava a sospettarlo.
“Ma ci sta provando?”
La sua beata ingenuità gli impediva di capirlo, non si era mai trovato in situazioni simili e non voleva illudersi che l’uomo che gli piaceva lo accontentasse.
Alessio annuì ancora cercando disperatamente di non dimenticare di alzare dopo aver abbassato, ma le mani appoggiate sui pettorali e sulle spalle non aiutavano sul serio, così come non lo facevano le dita che, ad un certo punto, andarono sui capezzoli che si intravedevano duri attraverso la maglietta leggera. Senza dire nulla. Solo toccarli e basta, coi polpastrelli, nessun pizzico malizioso.
“Oh mio Dio!”
Il viso vicino al suo per la posizione, il respiro sul suo viso. I brividi, il calore e di nuovo l’eccitazione.
Gli occhi sottili e maliziosi di Sinisa risalirono sul suo inguine che da lì vedeva chiaramente più gonfio del dovuto, di nuovo.
La musica si susseguiva con un certo ritmo, pop o house, alimentando l’eccitazione di Alessio, uno sfondo ed una combinazione deleteri. Alla fine sentendosi cedere, rimise il bilanciere nei ganci prima di realizzare che forse non era una grande idea.
- Il compito dell’assistente al bilanciere non è tenere le mani sul manubrio? - Disse senza pensarci. Sinisa sogghignò, ma non le tolse e non si alzò, era come se lo tenesse giù, ma senza esercitare pressione.
- Non avevi dei pesi così pesanti. - Commentò tranquillo.
“Però non gli chiedo perché non mi lascia, ora…”
Ed ora cominciava a pensarlo, perché a quel punto era impossibile evitarlo.
Era proprio impossibile.
Per quanto vero, era comunque pazzesco, Alessio non se ne capacitava al punto da rimanere paralizzato e non dire o fare assolutamente nulla. Alzò finalmente gli occhi alla ricerca dei suoi, Sinisa ancora accucciato al di sopra della propria testa, le mani sul petto, le dita sui capezzoli e lì, fermo a fissarlo.
Poi mosse le mani, nel silenzio che si era creato fra loro, la canzone cambiò.
Universe, Kids of 88.
Un ritmo molto insinuoso.
Le dita alla ricerca del colletto e poi sotto, sul collo, oltre il colletto, le clavicole ed il petto. Poi di nuovo su, di nuovo il collo, risalì sulla giugulare che batteva prepotente e arrivò al mento, gli delineò il viso, le labbra morbide, schiuse, risalì la mascella e raggiunse le orecchie, prese i lobi fra indice e pollice e glieli massaggiò coinvolgendo anche il resto dell’orecchio e qua Alessio chiuse gli occhi, abbandonato completamente a quei brividi insani, esplosivi proprio come quelli di prima, quando gli aveva toccato la schiena.
Punti erogeni. Alessio li stava scoprendo tutti lì con lui.
Si morse il labbro cercando di trattenere gemiti ed ‘altro’, come prima non era riuscito, ma non era certo facile. Il mister ci stava provando con lui come aveva sognato per mesi e non aveva senso, ma stava succedendo punto e basta.
Dopo quel momento magico, Sinisa semplicemente staccò le mani e si alzò lasciandolo abbandonato, steso.
Alessio aprì gli occhi dopo poco, stordito, incredulo e rossissimo con un’erezione molto evidente.
- Cos’hai dopo di questo, come programma di palestra? - Chiese poi come niente fosse, come se fosse del tutto normale quanto successo.
Alessio voleva morire e dirgli cosa diavolo importava del programma. Voleva inginocchiarsi davanti a lui e metterglielo in bocca e provarlo una volta per tutte, ma gli mancava completamente il coraggio per farlo.
Invece si alzò lentamente e smarrito e Sinisa andò ad un altro macchinario.
Il giovane, pensando d’aver sognato, si cercò di fare mente locale sugli altri esercizi da fare, li fece tutti e male, ma li fece e Sinisa un po’ lo corresse, un po’ parlò d’altro, distraendolo, come se fossero anche amici di vecchia data.
In certi momenti lasciò che il silenzio facesse il suo effetto.
L’ora di palestra normale sfiorò di mezz’ora, al termine della quale finirono a rinfrescarsi e cambiarsi, non si fecero la doccia poiché nel pomeriggio avrebbero avuto allenamento.
- Colazione? - Chiese Sinisa ben sapendo che Alessio faceva così, come gli avevano spiato le guardie che per fortuna non controllavano l’interno del centro, ma solo l’esterno ed il parcheggio.
Alessio annuì sempre smarrito ed imbarazzato.

Si ritrovarono in cucina con Sinisa che preparava caffè e latte per due e Alessio che tostava delle fette di pane prese dalla dispensa. Tirò fuori anche qualcosa da spalmarci sopra e quando entrambi ebbero concluso con le loro preparazioni, si sedettero a tavola insieme, davanti a delle tazze di caffè latte, un bicchiere di succo d’arancia, fette tostate e marmellata di fragole.
Sinisa spalmò la marmellata nelle proprie fette, poi leccò il coltello senza rifletterci, successivamente notò che ce n’era solo uno perché Alessio aveva pensato di condividere anche quello.
- Scusa… l’ho fatto senza pensare… - Stava per alzarsi a prendergliene un altro, ma il giovane prese quello timidamente e rossissimo disse che non importava.
Infine lo usò.
Addentò sotto la sorpresa compiaciuta di Sinisa. Alessio era goffo, ma si stava impegnando per reagire, finalmente. Forse doveva essere stuzzicato ancora un po’.
“Voglio che tiri fuori il carattere, se vuole una cosa la deve prendere, deve avere il coraggio di prenderla. Anche se sono io!”
I suoi sistemi erano sempre molto personali, non si poteva negare, ma alla lunga sembravano funzionare quasi sempre.
Alessio avrebbe sempre associato il sapore delle fragole a quello del mister.
“Chissà se baciandolo ora sa di fragola.”
La domanda gli sorse spontanea e lo fece arrossire.
- Sai, è importante che oltre a sviluppare il corpo e la tecnica di calcio, sviluppi anche il carattere. - Disse come se fosse uno psicologo.
Alessio colto in contropiede lo guardò senza capire.
- Non ho carattere? - Sinisa scosse il capo.
- Tutti hanno un carattere. Però crescendo e maturando si sviluppa. Tu non devi soffocarlo, opprimerti. Devi lasciarti andare in modo che quei lati nascosti di te escano, è una fase importante della crescita, della maturazione. Se cerchi di controllare certi comportamenti non maturi, non cresci, non ti sviluppi. Devi sbocciare. - Era un discorso molto giusto, Alessio doveva ammetterlo. Ma percepiva un PS dietro.
Come una specie di sottinteso particolare.
- Ci sono determinate esperienze che aiutano a sviluppare il carattere in un certo modo. - Rispose lui cavandosela bene.
- Certamente. E se queste esperienze non sono niente di speciale, uno se le deve un po’ cercare. Nel senso… mettersi alla prova, no? Se la tua vita è grigia non lasciarla grigia, cerca un po’ di colori, non avere paura di sporcarti. Poi vedi come va. Creati le esperienze se non arrivano da sole. - Voleva a tutti i costi che ci provasse con lui, ma non perché lo voleva. In quel caso se lo sarebbe già preso da un pezzo. Voleva che Alessio crescesse, diventasse espansivo, coraggioso. Doveva imparare a prendere quel che voleva, così poteva farsi il carattere e questo avrebbe giovato alle sue prestazioni di calcio.
Ma in generale anche a lui.
Nessuno vive bene nella timidezza, Sinisa ne era molto convinto, per questo gli piaceva M’Baye, perché lui aveva carattere, coraggio e zero paura. A volte doveva dargli calci in culo per ricordargli che non doveva fare certe cose, però preferiva uno che spingeva per agire come voleva, piuttosto che uno che non aveva il coraggio nemmeno di respirare.
Alessio capì cosa intendeva e capì che lo diceva per lui, così sorrise ammirato e perso nel suo viso che tanto adorava.
- E’ un consiglio che non mi hanno mai dato. Ma penso tu abbia ragione. -
- Devi avere fame. Fame di esperienze. Fame di quello che desideri. Vuoi qualcosa? Lotta e prendila! Provaci in tutti i modi, senza paura. Al peggio hai una porta in faccia, ma non muori. Delusioni? Aiutano a rinforzarti. Sono preziose. Il dolore ti forma una corazza, soffri oggi per non soffrire domani. - Alessio l’avrebbe ascoltato per ore, aveva una filosofia di vita particolare, trasudava forza e l’ammirava molto, lo invidiava e sperava di riuscire ad avere un briciolo di quella personalità bruciante, un giorno.
- Non avere paura di vivere. - Concluse poi, curioso di vedere come avrebbe attuato quei consigli e se ci avrebbe provato davvero.
‘L’operazione Alessio’ era particolare e complessa perché doveva agire su più fronti.
Se si fosse infatuato di un compagno sarebbe stato più facile, ma in quel caso era diverso. Era infatuato di lui, poteva accontentarlo per un po’ per dimostrargli che il rischio valeva il gioco, spesso. Che si poteva fare.
Lui si ripeteva questo, fra sé e sé, dandosi motivazioni davvero convincenti e logiche per quel piano parecchio malato che lo divertiva molto. Però non poteva negare in un piccolo posto di sé, che semplicemente avere fra le mani un ragazzo carino come Alessio, dal carattere così complesso e stimolante, era semplicemente bello.
Un po’ per ego, un po’ perché sì. Perché poteva e voleva. E quello che poteva e voleva, solitamente lo prendeva, senza altre motivazioni particolari di mezzo.
Tutto lì.