SCELTE DI CUORE E DI TESTA

1. NON FA RUMORE



Sarebbe stato onesto.
Sapeva cosa andava fatto e l’avrebbe fatto, sapeva anche che sarebbe stato difficile.
Sarebbe stata dura, ma alla fine avrebbe capito ed accettato, non aveva scelta, non poteva farci nulla, avrebbe potuto solo accettare la realtà.
Sinisa sapeva che era la cosa migliore per Alessio, lo sapeva dolorosamente.
Probabilmente la cosa più difficile della sua vita, probabilmente la peggiore dopo la guerra a casa sua.

‘Te lo scrivo perché nero su bianco tu non potrai farci nulla, consumerai queste righe fino ad impararle a memorie, le rifiuterai, griderai, spaccherai tutto. Volerai da me appena potrai e farai una sceneggiata, farai tutto quel che è in tuo potere per convincermi a tornare sui miei passi, ma non cambierò idea. Mi conosci e sai che quando decido è così.
Te l’ho spiegato bene di persona e sai perché lo faccio, sai anche che l’avrei fatto.
Il nostro sogno è stato inaspettato e non voluto, ma l’ho accettato e colto come è venuto, ho vissuto ogni cosa come mi arrivava ed ho fatto tutto quello che mi sentivo e che volevo. Non ho rimpianti e tornerei indietro perché è stato il periodo più bello della mia vita.
Non è un capriccio ma una consapevolezza ponderata, ho evitato di guardare per molto, ma non posso più tirarmi indietro. Bisogna essere uomini e fare le cose che vanno fatte.
Ti ho sempre detto che le nostre differenze ci uniscono, ma c’è una differenza che non potrà mai farlo. So cosa significo per te e so che mi ami sinceramente e che ti sto dando un duro colpo, ma un giorno la supererai e ne uscirai più forte e saprai che ho fatto bene, un giorno lo capirai.
26 anni non sono pochi e peseranno sempre più, specie perché non siamo persone qualunque che possono vivere la loro relazione come vogliono, siamo amanti, io ho la mia famiglia, abbiamo un lavoro pubblico, siamo sotto l’occhio di tutti. La nostra è una storia che si può vivere solo fra quattro mura ed anche se possiamo compensare con la qualità del tempo che passiamo fra noi e magari organizzando qualche viaggio in posti sconosciuti, non è vita questa. Non è questo il modo di vivere una relazione.
Una relazione deve essere libertà e questa, soprattutto per te, non lo è.
Tu mi ami ma soprattutto mi adori sin da piccolo, se mi avessi conosciuto senza avermi mai adorato sono sicuro che sarebbe stato tutto diverso.
La nostra età ti pesa e ti peserà sempre più. Meriti una relazione alla tua portata, da vivere apertamente e liberamente, invecchiare insieme, vivere le stesse esperienze insieme, avere gli stessi problemi e le stesse gioie.
Ti auguro di trovare un ragazzo vicino a te d’età, brillante, coraggioso e dalle idee chiare che non abbia paura di nulla. Che ti ami fino alle viscere e che non ti lasci mai andare e che ti faccia ridere. Ti auguro un ragazzo che abbia tutto quello che cerchi, con cui fare le cose insieme alla luce del sole, se vi va.
Ora non capirai, mi odierai e combatterai e ti amo anche per questo, perché sapevo che avevi questo splendido carattere.
Mi ricordi i fiori d’acciaio. Fiori splendidi ed apparentemente delicati, ma in realtà indistruttibili.
Sii come i fiori d’acciaio e non mi deluderai mai.
Perdonami, un giorno. Non cambierò mai idea perché so che questo è meglio per te ed io ti amo, spero che tu mi creda perché è importante che tu capisca.
Vivi la tua vita a pieno con coraggio e a testa alta.
Per sempre tuo.
Sinisa’

Sinisa l’aveva riscritta dieci volte ed aveva dovuto interrompersi perché piangeva e non riusciva a vedere i tasti del computer che pigiava con una certa difficoltà di suo.
Quando la inviò spense il cellulare, non avrebbe risposto alle sue chiamate né letto i suoi messaggi perché sarebbe stato peggio. Questo l’avrebbe fatto infuriare, ma non avrebbe potuto volare da lui subito perché ormai era in volo con la squadra per la partita del week end, perciò sarebbe passato un po’ di tempo prima del suo arrivo lì a Roma da lui. A quel punto l’avrebbe incontrato, ma sarebbe stato più calmo e non nella foga del momento, più ragionevole.
Sperava in qualche amico fidato in grado di farlo ragionare e calmare, magari Leo alla fine poteva essere utile.
Alla fine avrebbe capito, non aveva scelta.
Lo faceva per lui. Doveva accettarlo e basta, un giorno l’avrebbe ringraziato.


Quando il mondo ti crolla addosso non fa rumore.
Quando ti crolla addosso non c’è una musica spettacolare e tragica che inonda il mondo circostante, non ci sono odori da luogo sacro e nemmeno luci diverse che creano atmosfera.
Quando il mondo ti crolla addosso è tutto in silenzio e spesso nessuno si accorge di nulla, specie se tu sei in camera d’albergo a leggere le mail dal tuo cellulare.
La fronte si aggrotta, gli occhi strabuzzano e la mano che regge il telefono trema vistosamente.
Improvvisamente il tuo IPhone ultimo modello dallo schermo grande come una casa non è abbastanza grande, così tiri fuori il portatile e rileggi perché deve esserci una postilla o magari hai visto male.
Il mittente è lui, l’oggetto è ‘perdonami’ e l’ha spedita dal suo indirizzo privato, quello che nessun altro sa che esiste. Si è registrato col nome di ‘Lo Scemo’, gliel’ha aperta lui quella mail apposta per potersi scambiare mail, file, foto, documenti senza usare il non propriamente sicuro whatsapp, anche se poi usa sempre whatsapp lo stesso e quell’indirizzo mail lo usa di rado.
Così rileggi e il testo è sempre uguale, le parole non cambiano ed è lui, lui per davvero.
No, quando il mondo ti crolla addosso non ci sono rumori, il cuore si spezza ma non c’è un ‘crack’ che lo rende noto a qualcuno. Lo senti tu e senti il fiato che manca, i nervi che tremano sotto la pelle, gli occhi che bruciano mentre li sgrani terrorizzato. Bruciano da matti.
Ma è solo quando prendi il telefono e lo chiami e lui ce l’ha spento che capisci che è vero, perché se fosse stato un terribile scherzo non l’avrebbe torturato più a lungo dei secondi impiegati per leggere.
Allora realizzi che è dolorosamente vero, lui ti ha lasciato ed il mondo è appena crollato.

- Andiamo? - La voce di Leo risuonò come se lo svegliasse da un brutto sogno, quando lo guardò Alessio tornò bruscamente alla realtà e con gli occhi spiritati, sgranati e lucidi di chi stava per scoppiare a piangere, col telefono all’orecchio a chiamare ossessivamente Sinisa senza successo, si alzò in piedi di scatto raccogliendo il necessario per partire.
Leo lo guardò spaesato capendo che stava succedendo qualcosa, anche se non aveva idea di cosa.
- Ale? - Chiese mettendosi istintivamente davanti alla porta, come se capisse che non stava andando a cena con gli altri della squadra.
- Devo andare. - Disse categorico cercando qualcosa senza trovarlo e per quello buttando all’aria tutto il suo borsone da viaggio. - Dove cazzo è! -
- Cosa cerchi? - Chiese Leo cercando di rimanere calmo.
- Il telefono! - Rispose secco Alessio. Leo gli indicò la mano.
- Ce l’hai in mano... - Alessio realizzò che stava ancora cercando di chiamare Sinisa col solo risultato di una segreteria telefonica a cui si rassegnò a lasciargli un messaggio.
- Pezzo di merda, se non mi rispondi vengo lì e ti ammazzo! - Ringhiò in stretto dialetto romano, furioso. Leo rimase basito, spalancando gli occhi. Poi lo vide mettersi l’auricolare e richiamare per poi lasciare un altro messaggio in segreteria.
- Ovvio che non rispondi, allora vengo lì e basta! Ti conviene accendere lo stracazzo di telefono o piombo lì da tua moglie! - Continuò sempre più feroce Alessio mentre adesso cercava qualcos’altro che forse non sapeva nemmeno lui.
- Io arrivo ed è solo peggio per te! Sei un vigliacco, non si fa per lettera spegnendo il telefono! Hai paura che ti faccio cambiare idea! Allora io vengo lì e vedrai quel lato di me che ti piace tanto e che sei diventato matto a tirare fuori! - La sua voce diruppe ancora nella stanza sempre più concitata e sempre più dialettale, poi rinunciando a qualunque cosa stesse cercando, andò alla porta dove davanti c’era un shoccato Leo che aveva appena scoperto della sua relazione segreta con un uomo sposato.
Gli shock non erano  stati pochi tutti in un attimo, ma capiva che Alessio era sconvogentemente fuori di sé e che voleva andarsene, così per il momento catalizzò le proprie forze nel cercare di impedirglielo mettendosi davanti alla porta.
- Spostati, devo andare! - Disse Ale smettendo di lasciare inutili messaggi in segreteria. Leo scosse il capo spaventato e deciso, non l’aveva mai visto così.
I due in quei mesi si erano finalmente trovati ed erano diventati amici, Leo aveva smesso di ‘fare’ e si era limitato ad ‘essere’, questo aveva fatto breccia in Alessio che l’aveva accolto e rivalutato tantissimo trovandolo una persona piacevole ed ‘adatta’ ad ogni situazione, soprattutto affidabile e divertente.
Non al punto, però, da confidarsi circa la propria relazione segreta.
Cosa che però stava per succedere, anzi, che era appena successa.
- Non puoi Ale, siamo con la squadra a Torino, domani abbiamo la Juve! Non puoi muoverti se non vuoi essere estromesso dalla rosa seduta stante per chissà quanti giorni! Pensi che con Gattuso si scherzi? È Ringhio, dannazione! - Leo cercò di farlo ritornare in sé, ma non era facile perché Ale aveva l’aria di uno che non stava ascoltando una parola, infatti lo prese e lo spostò di peso usando anche forza bruta che lo sorprese.
Per poco cadde di lato, ma si riprese e gli mise la mano sul petto spingendolo usando altrettanto forza per impedirgli di andarsene.
- Non te lo posso far fare! Ora sei sconvolto, ma fidati di me! -
- CAZZO DEVO ANDARE INVECE! -  Tuonò furioso Alessio allontanandosi da lui per poterlo aggirare, in qualche modo doveva uscire da quella porta, lui doveva andare da Sinisa a Roma, non poteva proprio rimanere lì ora.
- Cristo Santo, che momento d’oro per lasciarti! - Imprecò fra sé e sé Leo che non sapeva proprio come fare per fermarlo, stava considerando l’idea di prenderlo a sberle, poi si ricordò che quelle porte potevano essere bloccate usando la chiave elettronica, in quel momento le loro due erano insieme appoggiate nel ripiano vicino all’uscio, così Leo allungò la mano veloce, le prese entrambe e la bloccò inserendola fino a far diventare rossa la spia, poi se le mise entrambe nell’elastico dei boxer, infine si spostò lasciandolo fare il toro.
Alessio capì che l’aveva bloccato dentro e col cervello totalmente disinserito stile Sinisa prima di prendersi un rosso, si avvicinò per infilargli le mani nei pantaloni, al che Leo realizzò che l’avrebbe anche violentato se necessario, così per la propria incolumità, sconvolto che dovesse arrivare a tanto, si infilò in bagno e si chiuse a chiave dentro.
Il cuore per un momento batté a folle velocità mentre anche un filo di paura lo attanagliava. Non paura per quel che Ale poteva fargli, ma per la situazione assurda.
Infine capendo che Ale batteva stile Jack di Shining e che lui quindi sembrava Wendy, si mise a ridere stemperando la tensione salita in un attimo alle stelle insieme al testosterone. Si guardò il pacco che iniziò a gonfiarsi e si diede del malato.
- Sono un demente. - Si ammonì mentre Ale batteva sulla porta cercando di buttarla giù. Leo si appoggiò con la schiena e la nuca, poi sospirò e scosse la testa calmandosi e prendendosi tempo per realizzare seriamente cosa stava succedendo.
- Impossibile che sia vero. - Pensò poi cercando di conciliare l’immagine carina e coccolosa di Ale. Certo ogni tanto dava di matto e si faceva espellere o prendeva gialli, insomma, non era un santo, ma erano più raptus.
Ricordò del discorso di Suso che gli diceva del suo lato romano e capì cosa intendeva.
- Verranno a cercarci, devo calmarlo in qualche modo. Si stancherà di fare il matto! Avrà avuto delle scariche di adrenalina così forti che dovrebbe sfinirsi. -
I pugni iniziarono a calare d’intensità, fino a che finalmente smise e ci fu per un po’ solo silenzio. Leo sospirò sollevato tendendo l’orecchio verso la porta a cui appoggiava, non parlò subito, cercò di capire se era vivo o se si fosse squartato dalla disperazione.
- Ale? - Chiamò preoccupato dal silenzio completo. Niente.
Leo si girò con il viso verso la porta e bussò da dentro.
- Ale sei calmo? Stai bene? Posso uscire? -
Appiccicò l’orecchio sperando di sentire qualcosa, qualunque cosa e finalmente sentì.
Un singhiozzo.
Da come l’aveva sentito probabilmente era appoggiato alla porta. Leo sospirò sollevato, ma prima di aprire decise di nascondere bene le due chiavi elettroniche.
A momenti sarebbero venuti a cercarlo, doveva avvertire qualcuno che non stavano bene e che non scendevano, ma al tempo stesso non dovevano allarmare nessuno altrimenti sarebbero venuti coi medici e la cavalleria.
Leo stava pensando a ventimila cosa pratiche utili quando aprì la porta, fece in tempo a prenderlo di riflesso prima di vederselo cadere giù ai piedi. Leo afferrò Ale da sotto le ascelle e se lo issò addosso abbracciandolo mentre lo tirava su dritto.
Era appoggiato alla porta a piangere e probabilmente l’effetto adrenalina l’aveva esaurito togliendogli le forze.
O forse il pianto era così profondo da tagliargli i fili. Era successo, l’aveva visto accadere ai compagni quando avevano perso le finali di Champions, alcuni di essi erano stati inconsolabili dopo aver corso e sperato per novanta minuti ed alla fine le gambe non gli avevano retto.
- Ale, dai... - Mormorò piano portandolo al letto, Ale docile si lasciò portare lì e si sedette come un bambino influenzato, Leo si sedette vicino a lui circondandogli le spalle col braccio attirandolo a sé. Nascose il viso contro il suo collo lasciando le mani abbandonate in grembo come se non avesse nemmeno la forza di nascondere il proprio viso stravolto di lacrime.
Leo rabbrividì.
Alessio singhiozzava come se non riuscisse nemmeno a respirare.
Cosa si dice davanti ad un dolore così totale e profondo? Cosa dici quando non sai proprio niente di lui e della sua storia e te ne rendi conto solo ora?
Forse è meglio non dire nient; forse, dopotutto, il silenzio è la migliore soluzione.
Leo così non fece nulla se non ascoltare il suo pianto e abbracciarlo paziente e fraterno.
Non fece altro che quello.
Controllando l’ora prese il telefono.
- Devo avvertire qualcuno o verranno a cercarci. - Disse piano facendo sussultare Alessio al suono della sua voce, abituato al silenzio ed al pianto.
- Suso e Gigio. - Mormorò piano roco.
- Come? - Chiese sorpreso che parlasse.
- Suso e Gigio sono i soli che sanno. Avverti loro, si inventeranno qualcosa. -
- Vuoi... vuoi che li faccia venire? Magari ti senti meglio a parlare con loro? - Alessio ripensò a Juraj, anche lui sapeva bene tutto ed uno come lui sarebbe stato utile. Pensò che probabilmente sarebbe stata la volta buona per finire a letto insieme, perché era così che Juraj consolava gli altri o si distraeva o festeggiava. Sorrise all’idea. Avrebbe realizzato il suo sogno, se solo non fosse stato in Turchia.
Perché quando si è sconvolti si fanno sempre delle cazzate, per distrarsi dal dolore assoluto che ti attanaglia, per pensare poi a come uscire da quel casino che hai appena creato.
O, magari, per vendicarti.
O forse solo per quel calore che ti manca improvvisamente, per riempire il vuoto, per sconfiggere quel gelo che senti crescere come un cancro, che ti fa tremare.
Alessio iniziò a tremare dopo la risata grottesca.
- Non voglio nessuno, voglio solo lui. Ho bisogno di vederlo. - Disse piano continuando a tremare. Leo scrisse così ai due da lui indicati sperando che poi gli portassero qualcosa da mangiare perché non poteva morire di fame così.
Poi mise giù il telefono e sentendolo scuotersi non per il pianto che si era esaurito come ogni altra emozione violenta, lo abbracciò meglio usando entrambe le braccia, strofinando le mani sulla schiena e sul braccio opposto a quello contro di sé.
- Lo vedrai domani sera. Non puoi ora, Ale. Va della tua carriera. Sei un calciatore professionista e domani c’è la Juve, non puoi darti per malato e volare da lui. Devi tenere duro. So che è impossibile, ma devi. Domani sera scenderai in campo e calpestando l’erba vivrai un incantesimo. Ti dimenticherai di tutto, per novanta minuti sarai solo un calciatore, non un ragazzo dal cuore spezzato. Poi tornerai ad essere quel ragazzo che soffre e andrai a spaccare la faccia al tuo uomo. - Sentendoglielo dire Alessio realizzò di aver appena condiviso con lui una parte davvero grossa di sé, pensò che forse gliene doveva parlare, spiegare, ma si ribellò totalmente all’idea. La bocca si cucì, la lingua si annodò e il tremore aumentò.
Leo stava cercando di capire come dovesse fare con lui, sperava che si aprisse e ne parlasse, gli avrebbe fatto bene. Fra l’altro era ancora shoccato per quanto successo ed appreso in pochissimo, era stato come un uragano forza dieci che si abbatteva senza preavviso. Era addirittura riuscito ad avere paura di lui. Se non era morto era un miracolo, gli aveva tolto tipo dieci anni di vita.
Ci stava ancora pensando mentre gli carezzava il braccio con la mano che gli circondava la schiena, quando Alessio di nuovo in fase imprevedibile alzò la testa e senza dargli tempo di capire, pensare, realizzare, si ritrovò con la sua mano che gli afferrava il colletto della felpa e lo tirava a sé.
Poi la sua bocca sulla propria a dargli l’ennesimo shock della giornata.
Leo spalancò gli occhi e per un momento credette di essere in uno dei suoi sogni, ma poi la sensazione troppo bella gli fece capire che era tutto reale.
Troppo reale.
E stonato.
Leo si irrigidì e gli mise una mano sul petto spingendolo deciso, sfilò via la propria bocca dalla sua e lo guardò con fermezza senza fare un dramma di quanto accaduto.
Una delle fasi, si disse. La vendetta.
- Non lo ferirai, così. Ferirai solo te stesso. Lui non sa cosa stai facendo per vendicarti. - Alessio continuando a tenergli la maglia gli scivolò anche con la mano dietro il collo e sulla nuca attirandolo ancora a sé senza mollare la presa.
- Glielo farò sapere. Prima lo faccio e poi glielo dico! - Alessio per niente in sé tentò ancora di baciarlo, ma Leo rimase fermo nel respingerlo e scuotere la testa.
- Ale, non sei in te, non vuoi davvero farlo. Sei sconvolto e vuoi solo ferirlo come ti ha ferito lui, ma fidati che non ti aiuterà, dopo. - Alessio non voleva essere aiutato o sentirsi meglio, voleva solo affondare una lama come Sinisa aveva affondato in lui.
Cercò ancora di attirarlo a sé spingendosi verso di lui, ma Leo in risposta lo abbracciò forte e veloce, impedendogli di portare la sua bocca in posti inappropriati. Mentre dentro di sé si odiava per la propria correttezza.
Aveva voluto Alessio dal primo giorno di ritiro, poi ci aveva litigato ed era stato difficile capirsi, ma una volta instaurato un rapporto era stato sempre meglio.
Quel ragazzo era meraviglioso sotto ogni punto di vista e molto più maturo della sua età.
Ora capiva perché.
Lo strinse mentre si sentiva male perché amava così tanto un altro che sicuramente non ci sarebbe mai stata storia, ma non era innamorato o chissà cosa.
Era solo un enorme rimpianto.
Il rimpianto per la bellissima storia che avrebbe potuto avere con lui, sicuramente una di quelle che ti segnano per sempre. Perché con quelli come lui, le storie segnavano sempre.