3. LE LACRIME DI UNO IL SORRISO DI UN ALTRO



- Andrai giù dopo la partita? - Chiese Gigio accompagnandolo in camera. Alessio annuì stanco e depresso stropicciandosi il viso. Ogni gesto e parola era estremamente difficile, si chiedeva quanto sarebbe durata la tortura, ma ovviamente era anche troppo.
- Pensi di potergli far cambiare idea? Sappiamo entrambi che quando decide una cosa... non so sinceramente come hai fatto a farla funzionare tanto. - Alessio scosse la testa ed alzò gli occhi in alto.
- Semplicemente l’ho fatto! Ho lottato quando dovevo e l’ho lasciato libero di fare a modo suo quando serviva. Ma ora... - Esitò fermandosi davanti alla camera. Gigio lo guardò dispiaciuto rivedendosi in lui e nel suo dolore, nello smarrimento. - Ora non so come fare. Non posso lasciargli fare come vuole e aspettare che torni perché è una di quelle cose che... non cambierà idea da solo. Sai. Una volta andando con un altro l’ho fatto tornare indietro e ci siamo legati di più. - Alessio era una cascata a getto, ogni volta che aveva un’occasione ne parlava. L’aveva fatto con Leo che ora sapeva vita morte miracoli ed ora anche con Gigio, perché ne aveva proprio bisogno. Sentiva di non potersi frenare dal parlarne.
- Volevi tradirlo? - Ale si strinse nelle spalle, aprì la porta della camera e lo implorò di entrare, Gigio non sapeva se poteva sopportare dei monologhi distruttivi, ma glielo doveva visto come l’aveva raccolto in lacrime quando lui e Manu si erano lasciati.
Così una volta dentro Alessio iniziò a camminare su e giù e a sfogarsi tirando fuori qualunque pensiero riguardasse Sinisa, per mettere ordine in sé. Gigio, paziente, seduto sul letto ad ascoltarlo sperando che Leo arrivasse presto a salvarlo. Ormai era lui il suo baby sitter, che si prendesse le sue responsabilità.
- Ho avuto l’istinto di farlo per ferirlo, ero furioso. - Gigio spalancò gli occhi.
- Con Leo? -
- E con chi? Avevo solo lui sotto mano! - Giustamente.
- Ma l’hai fatto o no? - tutti si erano accorti del debole di Leo verso Ale, se l’aveva fatto era da bastardi. Comprensibile, ma bastardi. Ale scosse la testa subito.
- No no, mi ha respinto e messo a posto. Però volevo. L’altra volta ha funzionato quando sono andato con... - Stava per dire con chi, ma pensò che non fosse carino parlare di come passava le serate Alvaro Morata. Magari voleva tenerlo segreto.
Gigio sospirò di sollievo. La propria immagine di Leo non era andata distrutta.
- Comunque non credo funzionerà, è quello che vuole. Che vada con altri, mi distragga, mi prenda da qualcuno più giovane e vicino a me e lo dimentichi. Perciò non posso farlo. - Gigio annuì stando dietro ai suoi ragionamenti astrusi, assurdamente chiari.
- Cosa farai allora? - Alessio si fermò dal camminare, lo guardò e mani ai fianchi ed aria più decisa di prima, disse sicuro:
- Vado là e lo ammazzo. Punto. - E Gigio capì che l’avrebbe anche potuto fare se Sinisa non gli avesse dato retta. Per quanto impensabile trattandosi di Alessio, Gigio capì che poteva farlo.

Leo aveva praticamente fatto da balia ad Ale per tutto il tempo, apprensivo, premuroso e abile ad alleggerire quando serviva o inserirsi al suo posto quando c’era necessità.
Nel corso dei mesi insieme Alessio era riuscito ad accettarlo e poi anche a legare, l’aveva rivalutato molto ma non al punto da considerarlo un amico. Nell’arco di meno di ventiquattro ore, si dovette ricredere.
In Leo c’era molto più di quello che mostrava sempre a chiunque, anzi. C’era davvero tantissimo. Le cose più interessanti e piacevoli.
Ricordava cosa gli aveva detto quel giorno, quando poi avevano iniziato a comunicare sul serio.
Leo si sforzava davanti agli altri di ricoprire il proprio ruolo come riteneva giusto, ma in realtà se si limitava ad essere sé stesso era molto meglio.
Ci aveva visto bene, ma non aveva capito quanto.
Se era riuscito a scendere in campo l’aveva dovuto solo a lui, anche se poi sulla prestazione non proprio brillante non aveva potuto farci molto. Non era stata colpa di Leo, quella.
Quando segnò in partita per primo, la reazione di Ale fu spontanea. Lo abbracciò fortissimo come se con quello gettasse completamente via le ombre residue dell’inizio burrascoso. Come se ogni cosa fra loro andasse definitivamente a posto. Come se così lo ringraziasse sottintendendo che voleva fosse sempre in quel modo. Così vero, generoso, premuroso e altruista.

A fine partita, dopo un 3 a 1 bugiardo rispetto alla prestazione del primo tempo, Alessio vide Leo abbracciare Gigi ed ebbe un moto di invidia.
Come ci riusciva?
Si erano lasciati, se ne era andato in un’altra città e riuscivano ad abbracciarsi così, come se niente fosse.
Ale rimase basito per un momento, invidiandoli.
Lui non voleva riuscire ad abbracciare Sinisa dopo la rottura. Perché lui non voleva accettarla. Lui se lo sarebbe ripreso in qualche modo. Era il solo pensiero che lo portava avanti.
Però le parole di Leo risuonavano come lingue di fumo striscianti.
All’inizio devi lottare con ogni mezzo fino allo stremo, solo così poi riesci a lasciar andare.
“Non arriverò a questo, ma comunque li ammiro per esserci riusciti.” Pensò fra sé e sé seguendoli da lontano con attenzione.
Solo quando li vide separarsi e andare ognuno per la propria strada, notò gli occhi lucidi di Leo e capì che forse fra il dire ed il fare c’era sempre di mezzo un mondo intero.
Dire che ne era uscito era un conto, ci poteva credere finchè erano lontani, ma quando si vedevano, quando si toccavano era chiaro che la musica cambiava.
Ale si affiancò a lui nel tunnel e prima di entrare negli spogliatoi, mormorò senza guardarlo:
- Finché non ci sei dentro, sembra tutto diverso, eh? - Leo si morse il labbro, esitò, ma poi con voce rotta rispose quasi stremato:
- Funziona solo quando siamo lontani e non ci vediamo. - Ammise. Poi lo guardò un momento con un sorriso triste asciugandosi una lacrima. - Se ci vediamo è sempre un disastro. Ma mi ero illuso che fosse meglio, ormai. Lo è solo da lontano. - Alessio lo cinse con il braccio intorno al collo entrando e così si unirono agli altri più silenziosi che mai, dispiaciuti per il risultato e per come nel primo tempo tutto era sembrato possibile.
Era stato più ottimista di quanto la realtà gli aveva potuto permettere.
“Chissà se un giorno lo abbraccerò e non mi sentirò così distrutto?”
Pensò Leo sfinito come prima di decidere di andarsene dalla Juve.


- Vuoi che venga? Ti aspetto da qualche parte e se serve corro in tuo soccorso. Tipo per seppellire il cadavere. O aiutarti a farlo a pezzi... - Scherzò Leo trovando in quel momento più facile concentrarsi sui problemi di Ale. Questi sorrise sforzandosi ma scosse la testa con aria triste.
- No, devo andare io. Anche se non so come lo affronterò e cosa farò. Ieri ero furioso, avrei smontato tutto e tutti a costo di dire tutto a sua moglie, volevo anche vendicarmi! - Leo arrossì.
- Ricordo bene quella parte. - Sdrammatizzò. Alessio sospirò con un sorriso di scuse, l’ennesimo. Leo gli diede un colpetto sul braccio. - Sii quello che ti sentirai di essere in quel momento. Lui ti ama come sei, l’hai conquistato essendo te stesso al cento percento. Sai cosa gli piace, cosa vuole e perché sta facendo tutto questo. Non farti dei piani, vivila sul momento. -
Ale annuì facendo tesoro del consiglio, nemmeno volendo comunque avrebbe saputo fare un piano. Ci aveva provato ininterrottamente per tutto il tempo, con scarsi risultati.
Lo abbracciò di slancio ringraziandolo, lo strinse mentre lui faceva altrettanto sentendo la necessità di prendere da lui un po’ di forza, quella che ora come ora mancava un po’ per via di Gigi.
- Vai e riprenditelo. - Disse sperando in un lieto fine per qualcuno.
La vita doveva dare almeno a qualcuno un lieto fine, si disse guardandolo andare verso un aereo che avrebbe preso in incognito.
Aveva ancora le lacrime di Gigio in testa ed ora quelle di Ale e le proprie che non vedeva l’ora di versare ancora.
Salendo in auto alzò il volume della musica accelerando subito, mentre correva verso casa con la disperata ricerca di un pensiero felice.
Gli venne in mente Patrick che ce l’aveva fatta con Manuel, anche se questo aveva significato dolore per Gigio.
Per le lacrime di qualcuno, c’era il sorriso di un altro.
Cercò di vederla così, anche se al momento era più l’opposto. Se qualcuno rideva, qualcun altro piangeva subito dietro.
- Che difficile questa vita. - Pensò trovando davvero pesante, a volte, essere positivi per quelli che amavi. Era obbligatorio esserlo, ne valeva la pena. Ma era comunque difficile.


Era stata una montagna russa.
Prima la rabbia cieca, poi il dolore intenso, dopo ancora la voglia di vendicarsi e ferire. Ora c’era solo il vuoto, la depressione, la mancanza di forze.
Non sapeva come affrontarlo e come riprenderselo.
Si sentiva mancare, si sentiva completamente mancare.
Ma questa volta rischiava di perdere la cosa più importante della sua vita.
Per un momento ripensò ad Alessandro.
“Con lui sarebbe stata più facile di sicuro. Perché mi sono innamorato di Sinisa? Forse hanno ragione tutti. Sono masochista. Anche con Leo sarebbe più facile. Con chiunque lo sarebbe. No, io con Sinisa Mihajlovic. Sono un idiota.” Si disse appoggiando la testa all’indietro e lasciando che il sonno della stanchezza fisica e mentale lo schiacciasse.
Magari al risveglio sarebbe stato tutto diverso come per magia. Magari sarebbe stato facile. Magari ce l’avrebbe fatta.

Sinisa si accese una sigaretta, l’ennesima della serata.
Aveva guardato la partita e quell’abbraccio non gli voleva andare via dalla testa.
Guardava ripetutamente l’ora, sapeva che sarebbe venuto.
Sarebbe venuto comunque perché l’indomani era pasqua e quindi scendeva a passarla con la famiglia. Loro non erano credenti perciò non la festeggiavano, oltretutto erano appena stati a Cortina un po’ di giorni.
Fumando uscì fuori sul terrazzo e rimase sbalordito dalla violenza con cui la pioggia veniva giù, i tuoni illuminavano il cielo a tratti, facendo successivamente tremare tutto. Solo per qualche minuto di fumo si stava già bagnando visto il vento che soffiava.
- Non verrà con questo tempo. - Disse ad alta voce come se non sapesse se esserne felice o sperarlo.
Non aveva riacceso il telefono, perciò non sapeva come contattarlo, ma aveva assunto questa linea e così doveva mantenerla.
Anche se non sapeva bene a cosa serviva se poi lui si presentava lì a casa sua di notte.
- Sarà atterrato. - Un altro tuono. - Da un bel pezzo. - Buttò la sigaretta esitando un po’ prima di rientrare, faceva piuttosto fresco con quella pioggia, si strinse nel maglione inumidito dagli schizzi dell’acqua che per via del vento arrivava fin da lui. - Ma penso che andrà a casa, piove troppo e non sa come contattarmi, non suonerà a casa mi... - Ma poi rientrando lo sguardo gli cadde sull’altro lato della strada, uno più nascosto e meno in vista. Sinisa si affacciò meglio alla ringhiera bagnandosi ancora di più e strabuzzò gli occhi.
- Ma è lui?! - Esclamò fissando una figura nel buio in piedi sotto un albero. - Ma è idiota? Si vuole far colpire da un fulmine? - Un lampo illuminò di nuovo tutto e mentre il tuono prorompeva colpendo lì vicino, i due si videro chiaramente e si guardarono nonostante la distanza, poi il buio tornò ad oscurare tutto.
- Sembra bagnato fradicio, ha solo una giacca! Ma è pazzo? Non ha suonato, non ha cercato di... - Poi si fermò, non sapeva come avrebbe potuto entrare senza fare piazzate. Forse aveva sperato nella piazzata per poter mandare tutto a quel paese. Per diversi momenti quella notte e quel giorno ci aveva pensato, nel clou della propria sofferenza. Gli era mancato al punto da voler far sapere a tutti che aveva un altro e che se ne andava.
Alessio rimaneva lì fermo sotto la pioggia e ad un altro fulmine lì vicino, Sinisa corse giù ed uscì di casa, convinto che il prossimo l’avrebbe colpito.
Disse a sua moglie che aveva una cosa importante da fare e senza dare altre specifiche, uscì, girò intorno alla casa e prendendo le chiavi dell’auto ed un asciugamano lo raggiunse fuori.
La pioggia lo bagnò subito, ma vide che Alessio lo era molto più di lui. Era un pulcino inzuppato coi capelli un po’ lunghi tutti appiccicati sul viso, lo sguardo spento e sofferente.
Quando lo vide, Alessio, rimasto immobile sotto la pioggia non sapendo come fare per arrivare a lui e come comportarsi, spento quasi non avesse le forze di muovere un passo e inventarsi qualcosa, si rianimò e lo abbracciò nell’incoscienza di un ragazzo di ventitré anni che sta sotto casa del proprio amante, con la famiglia dentro.
Sinisa lo afferrò sentendo un pugno violento allo stomaco, strinse forte gli occhi cingendogli la vita con un braccio, mentre teneva l’asciugamano sotto la giacca per non bagnarlo. Poi prima di perdersi e staccare il cervello, con una forza che nemmeno lui aveva capito dove poteva averla trovata, lo trascinò alla macchina parcheggiata lì vicino.
Alessio docile si lasciò condurre quasi se lo fosse sollevato con un braccio solo, quasi fosse fatto di nulla.
Non aveva saputo cosa dire, cosa fare per tutto il tempo, immaginando di volerlo picchiare e volersi vendicare e volerlo ferire e fare piazzate, ritrovandosi poi vuoto, in un dolore così grande da non riuscire nemmeno a respirare.
Si ritrovò in macchina con l’asciugamano in faccia ed un imprecante Sinisa al volante che si affrettava ad andarsene da zona casa.
Il silenzio rimase per un bel po’ mentre lui andava al mini appartamento che avevano preso per quegli incontri a Roma. Entrambi avevano le famiglie lì, ma non potevano di certo usare una delle due case come base d’amore, così avevano optato per un mini fra le due abitazioni.
Sinisa arrivò lì prima di aprire bocca e dire qualcosa, nemmeno Alessio sembrava ricordarsi come parlare. Tremava e si vedeva.
Sinisa prima di scendere si accese un’altra sigaretta e lo guardò nell’ombra dell’abitacolo, avvolto nell’asciugamano sulla testa che gli faceva giusto il solletico visto che era tutto bagnato fino alle ossa.
- Ti ammalerai. - Disse come se fosse la cosa più importante dopo quanto successo.
Forse la più logica.
Alessio lo guardò scuotendo la testa incredulo che sottolineasse che era bagnato.
- Per non bagnarmi potevo suonare ed entrare ma non sapevo come presentarmi! Ho pensato che prima o poi saresti uscito a fumare o che al massimo domani uscivi a correre e ti avrei beccato! - Alessio si rianimò polemico e seccato e Sinisa si sentì meglio, per un momento si era preoccupato nel vederlo così catatonico ed apatico. Aveva pensato d’averlo spezzato, d’aver sbagliato il modo.
- Saresti rimasto tutta la notte fuori sotto la pioggia? - Chiese incredulo con tono sostenuto. Alessio non piangeva, aveva pianto la notte precedente, poi si era svuotato. Non piangeva ancora, ma appena l’aveva visto qualcosa era tornato. La capacità di fare qualcosa.
L’aveva abbracciato e lentamente la spina si era reinserita ed ora sentiva scorrere di nuovo la corrente elettrica nei propri circuiti, non era più in corto.
Sinisa non sembrava voler scendere, continuò a fumare lì e a guardarlo al buio della macchina, un lampione poco distante illuminava un po’, quel che bastava per distinguere i loro occhi. Poi i lampi facevano il resto.
Così era ancora più bello, scuro, disperato, perso, furioso. Mille emozioni violente tutte insieme lo rendevano bellissimo. Voleva perdersi quello?
- Avresti dovuto pensarci prima di lasciarmi in quel modo! Dovevi venire su e dirmelo in faccia e non nelle vicinanze di una partita così importante, cazzo! - Continuò Alessio mentre la lingua si muoveva da sola prima ancora che la mente gli rimandasse i pensieri. Sinisa era decisamente più sereno nel vederlo arrabbiarsi e polemizzare. Ce l’avrebbe fatta. - Ora per cortesia scendiamo? Se non mi cambio e mi asciugo mi viene una broncopolmonite! E poi ti devo dare un pugno! - Sinisa sorrise ai suoi modi e alla conclusione.
- Scenderei solo per riceverlo... - Disse infatti divertito per poi ricordarsi la propria linea e tornare sostenuto.
- E allora vieni. - Alessio aprì la portiera facendo per scendere, ma Sinisa lo afferrò e lo trattenne dentro, il giovane sospirando richiuse la porta, la luce si spense dopo qualche istante.
- Non vuoi venire? - Chiese mentre la rabbia di prima scemava di nuovo lasciando il posto al dolore, di nuovo gli occhi gli bruciavano, voleva piangere. Sinisa scosse la testa serio, irremovibile. Un altro tuono fece vibrare tutto.
- Se entriamo in quella casa faremo sesso dopo una litigata furiosa e delle lacrime che non sopporterò. E tutto tornerà da capo. Io non posso. Non volevo vederti. Ho pensato di fare un’altra vacanza di famiglia pur di non farmi beccare da te. - Alessio si aggrottò a quello.
- Bravo, mi lasci scappando! Non lo affronti faccia a faccia! Questo non è da te, questo non è il Sinisa che mi ha fatto innamorare! - Sinisa scosse il capo alzando leggermente la voce per fermarlo visto che era di nuovo partito in quarta.
- Questo è il Sinisa che cerca di rendertela più facile. Perché io non cambierò idea e tu tenterai di tutto soffrendo. Se scendessimo e facessimo sesso alla fine di tutte le solite sceneggiate, allungheresti la tua agonia perché io me ne andrei di nuovo. Ale, io non cambierò idea. - Concluse con una fermezza adulta simile ad una lama che affondava.
Alessio alzò gli occhi in alto cercando di ricacciare indietro le lacrime, non voleva essere quel tipo di ragazzo che implorava il proprio compagno piangendo.
Sinisa gli prese una mano e questo mandò a quel paese tutti i suoi sforzi.
Le sentì caldissime le lacrime che gli rigavano il volto. Bollenti e brucianti.
Non lo guardò, non ne ebbe il coraggio. Ma strinse forsennato la sua mano di rimando, mordendosi la bocca.
- Lo sai perché l’ho fatto, ti ho preparato per fartelo capire meglio quando te l’avrei scritto. Ci ho pensato molto. Tu ora lo rifiuti e non lo condividi, ma vedrai che un giorno caprai che ho fatto bene. Siamo di mondi diversi e questo ci ha sempre unito, ma c’è una cosa inconciliabile. Tu sei troppo giovane ed hai bisogno di vivere le cose della tua età, vicine a te. E sei una persona meravigliosa, non meriti una relazione clandestina a vita. Un giorno sarò vecchio, vecchio davvero, io non voglio legarti a me quando succederà, non è giusto che te lo chieda, nessuno lo deve vivere. Non voglio allungarti l’agonia, quel giorno soffriresti troppo. Lo facciamo ora, è da poco che stiamo insieme. Quando vivrai una storia con uno vicino a te, con cui non dovrai diventare matto a nasconderti, con cui potrai fare quasi tutto quello che vuoi capirai la differenza e che avevo ragione. - Sinisa parlò molto senza dargli tempo di ribattere, sperando che qualcosa gli entrasse in testa, ma lui ora aveva solo chiuso gli occhi e stringeva forte la sua mano mentre piangeva forte. Lasciò un po’ di tempo per assorbire parole e colpi, così Alessio scosse il capo deciso per poi risollevare la testa e guardarlo con gli occhi pieni di lacrime, gli occhi così belli.
- Non cambierò mai idea. Ed è una scelta che spetta a me! Puoi andare avanti per questa strada quanto vuoi! Io aspetterò sempre te che torni e cambi idea, perché io non la cambierò mai. Se un giorno dovessi logorarmi e non ce la farò più soffriremo quella volta e forse sarà devastante se succederà, e non è detto, ma non ci saremo privati di tutto questo. Lo devo decidere io, devo avere voce in capitolo! Non puoi essere tu, dannazione, che scegli sempre per tutti! Io sono una persona senziente, non accetterò mai questo. Puoi fare quello che vuoi, io ti aspetterò per sempre e torneò ogni volta qua ad aspettarti entrare da quella stupida porta! -
La prima volta che gli aveva mostrato l’appartamentino e dato le chiavi, Alessio aveva toccato il cielo con un dito, quasi quando aveva ricevuto quel braccialetto in regalo.
Sinisa scosse la testa sospirando, era testardo, molto più di quanto non lo fosse mai stato, ma aveva voluto lo diventasse lui, aveva fatto di tutto per tirare fuori quel suo lato deciso. Alessio non si faceva più comandare, non si sottometteva, non sottostava. Decideva per la sua vita da solo, sempre.
“Sono così fiero di lui. È tutto quello che speravo fosse. Che prendesse in mano sé stesso e non accettasse a testa bassa le scelte di nessun altro che sé.”
Tuttavia non poteva tornare sui propri passi, lui sapeva che Alessio si sacrificava e se non in quel momento, un giorno lo avrebbe fatto.