6. SENZA MOLLARE



Il suono del suo cuore sotto il proprio orecchio era calmo e conciliante come il torace che si alzava e abbassava regolare.
- Come ti senti?  - Chiese Alessio dopo mezz’ora circa, sapeva che non dormiva. Era rimasto con la testa sul suo petto a riflettere.
- Io? Tu piuttosto. Cosa è successo? - Chiese subito Leo. Alessio scosse il capo e si sollevò appoggiandosi sul gomito, di fianco a lui per potersi guardare. L’espressione era triste, limpidamente triste.
- Se parlo di me e di come sto mi butto dalla finestra. Perciò distraimi coi tuoi drammi. -
- Aiuterai me per non pensare a quanto stai male? -
- Pensarci di meno. - Disse con un sorriso per nulla convincente. Leo sospirò e capì che era una difesa tipica, così lo assecondò.
- Strano. Sto strano. Non so che dire sinceramente. Non ero mai andato con nessuno. -
“Nemmeno io, non lo volevo tradire anche se abbiamo sempre detto che andava bene pur di dirlo.” Pensò Alessio senza dirlo per non farsi troppo male. La voce probabilmente si sarebbe incrinata ancora parlando di sé, perciò si concentrò su Leo.
- Ci sei riuscito, ti è piaciuto almeno un po’? - Leo cercò il termine adatto e si strinse nelle spalle malizioso.
- Particolare! - Alessio scoppiò a ridere finalmente.
- Particolare significa tutto e niente! - Leo rise con lui sollevato che ci riuscisse dopo quel pianto che ancora si vedeva nei suoi bellissimi occhi.
- Diverso da come lo immaginavo. - Alessio arrossì un po’ coi sensi di colpa.
- Ho preso il sopravvento, magari tu volevi qualcosa di più dolce, ma io a dispetto da ciò che sembro, sono molto... -
- Focoso! - Concluse per lui concordando. - Ma va bene, più ti scopro e più sei incredibilmente interessante. - Alessio sperò che non si stesse prendendo, non ci sarebbe mai stata quel genere di storia.
- Le altre volte sarà meno shoccante. È che oggi io ero... fuori di me. Quando è successo mi sono reso conto che c’ero, capisci? Stavo dimostrando a quello stronzo che aveva torto ed era così perché tu non eri lui e non ci stavo riuscendo. Non ci stavo proprio riuscendo. Ma andrò fino in fondo. - Alla fine aveva detto qualcosa e si sentiva un po’ meglio. Leo, steso supino accanto a lui sul fianco, ascoltò attento ed annuì togliendogli poi una ciocca dal viso con un che di dolce.
- Lo rifaremo? - Chiese sorpreso. Alessio annuì.
- Sarà più rilassante la prossima volta, oggi l’abbiamo fatto lottando ognuno coi propri demoni, ma la prossima volta sarà solo per puro piacere, per distrarsi, e sarà più bello. - Leo non ne era convinto ma voleva vedere se aveva ragione e sorrise annuendo.
- Mi fido. - Alessio sembrava sapere cosa faceva, anche se non era detto.
- Forse sei più pronto di quel che pensi, no? - Disse poi dopo un po’ stendendosi a pancia in giù sempre accanto a lui, le braccia conserte sotto il mento.
- Dici? - Chiese Leo sempre guardandolo e trovandolo semplicemente bello.
- Lui ti fa ancora effetto. Però forse da questa esperienza puoi capire che stai meglio di quel che ti sembra. A volte si cade, a volte fa più male, ma non sei al livello di un anno fa. No? - Leo si incuriosì di quella sua uscita e si mise sul fianco piegando il braccio sotto il cuscino.
- Come fai a dirlo? - Alessio alzò una spalla da cui spuntava il suo viso guardandolo.
- Ti ho sentito più trasportato di quel che pensavo, credevo sarebbe stato più difficile farti venire e convincerti, invece ti sei lasciato andare subito. Si capisce quando piace. Sbaglio? - Chiese poi non volendolo ferire. Leo non sapendo cosa dire alzò la spalla.
- Mi è piaciuto, è vero. Più di quel che pensavo. Avevo paura di non potercela fare invece ci sono riuscito e mi è piaciuto. È vero. Forse sono meglio di quel che pensavo anche se a volte sto più male di altre. -
- Se dovessi rispondergli ora cosa gli diresti? - Chiese improvviso su due piedi. Leo con un pugno allo stomaco boccheggiò, poi guardò in alto cercando di trovare una risposta nel panico e sebbene non fosse abituato a confidarsi fino a quel punto, quella volta ci provò.
- No. Non sarei pronto per rispondergli ora. Ho lavorato molto, ho sofferto molto per uscirne. E ci ho provato tantissimo prima di arrendermi. Non so, non credo che accetterei. Per principio, perché in realtà mi voglio molto bene e non posso calpestarmi così. L’ho implorato in mille modi, ho pianto, mi sono infuriato, ho fatto di tutto, proprio di tutto. E non ha mai funzionato. Poi me ne vado, soffro ma provo a ricominciare e quando mi pare di stare meglio cosa fa? Ci riproviamo? E buttare tutto il duro lavoro che ho fatto, tutta la sofferenza, ogni tentativo? Come se niente fosse successo, solo perché ora è lui che sta male e vuole? - Alessio lo guardò orgoglioso della sua risposta, alla fine fare sesso con lui gli era servito e gli aveva fatto bene. - Posso avere anche io qualcos’altro, essere di nuovo felice, uscirne davvero. Forse non sono pronto in questo preciso momento, forse ci vuole ancora un pochino, ma posso riuscirci. Ci vuole poco, no? Dopotutto come hai detto tu, ce l’ho fatta e mi sono lasciato andare. - Alessio sorrise un po’ triste e nostalgico. Il suo lavoro stava già finendo. Un mese e mezzo di scopamicizia l’avrebbe aiutato il necessario, poi sarebbe stato pronto per una vera nuova relazione.
- Gigi ha perso un bel treno. - Rispose a quel punto. Leo gli mise una mano sul collo per dietro e gli carezzò quel punto fra i capelli, rilassandolo dolcemente, ricoprendolo di brividi di piacere.
- È dura ma ci riuscirai anche tu. - Alessio chiuse gli occhi nascondendo la propria sofferenza.
- Io non devo lasciarlo andare. Io devo solo dimostrargli che ha torto. Devo solo tenere duro. -
- Nel frattempo... - Con questo, senza dirgli che lui era convinto che quello che stava facendo Ale era niente meno che avviarsi alla fine di una relazione, una fine reale, si protese e gli baciò la spalla su uno dei suoi tatuaggi. Infine senza dire più niente lasciò che il sonno lo cogliesse.
Rimase ad osservarlo un po’ per poi addormentarsi anche lui e pensare, nel dormiveglia, che dopotutto quell’esperimento poteva valerne la pena.
“A patto che poi lui non torni davvero con Sinisa. Mi sa che mi sto solo uccidendo. Se lui è masochista io non sono da meno!”
Ed Alessio lo era davvero, masochista.


- Sono invalido, mica impotente! - Con questa Alessio aveva fatto ridere Leo che aveva accettato di raggiungerlo a casa sua dove viveva da solo.
Durante il derby si era infortunato e così in seguito ad una diagnosi di diverse settimane di stop, Leo si era visto invitare a casa sua un giorno dopo gli allenamenti che Leo poteva svolgere regolarmente.
- Ma sei sicuro? - Gli aveva detto sapendo a cosa pensava. Così quella era stata la sua risposta.
“Mi sa che diventa matto se sta solo a casa per tutto questo tempo! Sai prima almeno aveva il calcio, fra allenamenti e partite il mese e mezzo gli poteva passare, ma stare così tanto tempo fermo mentre non puoi sentire e vedere il tuo uomo... non è mica facile!”
Alessio naturalmente aveva molti amici, alcuni sapevano delle sue tendenze ma nessuno sapeva che aveva una relazione con Sinisa.
Quando arrivò da lui, Alessio non perse nemmeno tempo ad offrirgli qualcosa e a proporgli un preliminare non sessuale.
Alessio, secco e deciso, gli aveva solo dato il tempo di togliersi la giacca di mezza stagione e l’aveva poi spinto contro probabilmente una libreria da cui era caduto qualcosa. Non aveva nemmeno potuto accertarsi che non fosse una scossa di terremoto, visto che la sua lingua l’aveva subito invaso.
Leo cercava almeno di respirare mentre colto totalmente alla sprovvista per tanta irruenza cercava di rallentare e tornare a dei modi meno fuori controllo.
- Sei arrabbiato? - Chiese cercando di uscire dalla sua bocca. Alessio lo accontentò e si spalmò sul suo corpo iniziando a leccargli il collo, la mano invece viaggiò diretta fra le sue gambe, sotto i jeans che... un momento, quando li aveva aperti?
- Sto cercando di non andare da lui e dirgli che un mese e mezzo è troppo... - Leo rise.
- Troppo tempo da passare a casa da solo senza far nulla eh? - A dir poco.
Alessio si tirò fuori l’erezione e si leccò la mano, non potendo inginocchiarsi per via dell’infortunio si lubrificò così provando a girare Leo subito seduta stante, ma lui provò ad opporsi rallentando l’amplesso.
- Quindi cosa sono, un freno a mano che ti impedirà di perdere la tua scommessa? - Alessio tentò ancora di girarlo per entrargli, ma Leo si abbassò al suo posto lavorando di mano prima e di bocca poi sulla sua erezione.
- Sei quello che deve impedirmi di fare una sciocchezza! - Leo si fermò, ma Alessio gli schiacciò la testa contro di sé facendoglielo succhiare per bene. Il compagno non si oppose, anche perché sembrava impossibile in quel momento.
Alessio non era solo arrabbiato, era anche parecchio fuori di sé, perciò decise di assecondarlo.
- Dovrei andare giù dai miei perché ho alcuni giorni da stare fermo prima della terapia, ma non sono sicuro di non stalkerarlo sotto casa e fare qualche cazzata. Perciò devo trovare un modo per calmare i nervi. E poi gli ho detto che ci avrei provato davvero a dimenticarlo e come lo faccio se rimango un mese fermo da solo a casa? Mi ammazzo, altro che dimenticarlo! - Leo sentendolo parlare troppo capì che comunque così non sarebbe servito a molto la distrazione se pensava comunque a lui mentre gli faceva un pompino, così si impegnò e succhiò più deciso, stringendo di più le labbra sul suo membro, aumentando il ritmo e l’intensità. Questi finalmente lo zittì iniziando a gemere.
Leo soddisfatto lo sentì indurirsi ed eccitarsi, fino a che Alessio lo prese e bruscamente lo spinse contro la famosa libreria, gli abbassò i jeans ed i boxer quel che serviva, e lo penetrò brutalmente.
Fece non poco male a Leo che però con Gigi era sempre stato passivo, perciò a parte il doversi riabituare in un primo momento, e dopo che Alessio si svegliò e fece cadere più saliva là sotto, riuscì anche a rilassarsi e a sentire un po’ di piacere.
Specie quando con foga, spinta dopo spinta, sempre più virile, Leo trovò il suo apice in modo alquanto insperato visto che non ci aveva creduto vedendo come aveva iniziato, con un bidone al posto del cuore.
Rise per il paragone usato, citando inevitabilmente proprio il suo uomo che ogni tanto dava di matto.
Ex uomo.
Leo si perse per un momento fino a che sentì Alessio aumentare le spinte brutalmente e chiedendosi quando sarebbe diventato piacevole e rilassante, lo sentì venirgli dentro, tendendosi contro di lui mentre le mani affondavano sui fianchi.
Ansimante si appoggiò alla sua schiena, la bocca sull’orecchio.
- Scusa. Ho esagerato di nuovo... - Leo rise girando la testa verso di lui alla ricerca della sua bocca.
- Oggi non ti sei fatto picchiare, hai fatto progressi! - Deduceva che i giochi erotici con Sinisa fossero davvero da film porno e per un momento sentì una bella scarica elettrica mentre pensava che sarebbe stato bello assistere.
“Oddio sono malato!” Pensandolo lo baciò.
Alessio accolse la sua bocca più per abitudine che altro, poco dopo si sciolsero e si ricomposero senza dirsi nulla per diversi minuti abbondanti.
“Shoccante non è nemmeno il termine giusto. Mi userà davvero come bambola gonfiabile? Chiodo scaccia chiodo, si dice. È il primo passo per sopportare la separazione da qualcuno, io lo so anche se poi non sono mai stato con nessuno volevo provarci, ma poi alla fine non è mai andata per un motivo o per l’altro e poi arrivato qua pensavo di poterci riuscire con Alessio e... beh, eccoci qua. Anche se non come immaginavo. Beh, per niente. Mah... vedremo come va, tanto ormai siamo in gioco, tanto vale andare fino in fondo!”
- Come stai? - Chiese Alessio ricordandosi delle buone maniere dopo un bel po’.
Leo rise tornando dal bagno dove si era dato una sciacquata ed una sistemata controllando di non essersi macchiato.
- Meglio, meglio. - Rispose sedendosi su una sedia della cucina mentre Alessio versava il caffè che gli aveva preparato. Leo chiese del latte e poi insieme si sedettero al tavolo facendo quello che prima era mancato, ovvero conversazione.
- Davvero? - Chiese scrutandolo con cura. Leo annuì.
- L’effetto Gigi è passato, mi basta aspettare un po’ quando succede qualcosa... - Alessio sospirò.
- Ti invidio. Io dovrei tenermi costantemente occupato e comunque ci penso sempre. Perciò tu sei più per il no al venti maggio. - Alessio passava di palo in frasca, stargli dietro era difficile ma Leo ci riusciva abbastanza.
- Penso di sì. Sento di essere vicino all’uscirne, non voglio buttare tutto il duro lavoro. Sai... quello che mi ha davvero ferito è che lui abbia deciso per me senza interpellarmi. - Alessio cercò di non mostrare la fitta che provò nel sentire quelle parole, ma non fu tanto bravo. Leo però continuò: - Se mi avesse detto che non mi amava più me ne facevo una ragione, ma lui diceva che la nostra relazione mi avrebbe frenato e che non voleva. Io tutt’ora non ho capito cosa intendesse perchè tanto non è che io abbia mai parlato di andarmene all’estero... o di non andarmene per rimanere con lui. Io stavo bene lì alla Juve, non mi interpellavo su nuove esperienze! Ha fatto tutto lui! Ha deciso che io ne volevo fare ma che non le facevo per stare lì con lui! La presunzione di sapere tutto! E non mi ascoltava! Non mi ha mai dato retta! È andato dritto come un treno! Sinisa almeno ti ha dato questa seconda occasione... -
- Perché è convinto che lo dimenticherò! In un mese e mezzo! Forse non ha mai dovuto dimenticare nessuno, perciò non sa come funziona! -
Alessio riprese preferendo infervorandosi e sbattere la mano sul tavolo che deprimersi come aveva fatto in quei giorni da solo a casa.
- Credo che lui si aspetti che tu inizi a stare un po’ meglio senza di lui in un mese e mezzo. Che vedi che puoi andare avanti da solo e farti un’altra vita. Non che lo dimentichi. - Alessio scosse la testa deciso.
- Anche se fosse così, non rinuncerei mai a lui sapendo di poter tornare con lui, perché nessuna valida nuova esperienza sarà sufficiente a farmi dire che la preferisco a lui. Capisci? Non so cosa pensa di ottenere! Cosa crede? Che non lo ami poi molto? Forse è questo! Sono giovane, no? Noi giovani siamo volubili, cambiamo idea facilmente! - E Ale era partito di nuovo. Leo lo ascoltò per tutto il tempo del caffè e oltre, poi venne richiamato dalla moglie che l’aveva dato per disperso. A quel punto, sospirando, se ne andò dicendo che si sarebbero risentiti e di distrarsi il più possibile.
“Più facile a dirsi che a farsi!”

Andare giù dai suoi fu la cosa più difficile mai fatta, perché non aveva avuto motivo ufficialmente per rifiutarsi.
Frenarsi dall’andare sotto casa di Sinisa fu una di quelle prove stoiche che superò solo filmando dei video per lui che gli avrebbe fatto vedere quando sarebbero tornati insieme.
Aveva iniziato il giorno dopo che aveva fatto sesso con Leo, quando in uno strano stato d’animo, una via di mezzo fra la furia e il caos, si era messo a parlare con lui sgridandolo.
Il tema era stato: ‘hai visto cosa mi hai fatto fare? Io non ho mai voluto tradirti da quando ci siamo messi seriamente insieme, questo è colpa tua! Hai tanto voluto ed ora eccomi qua! Spero tu sia contento!’
Il secondo l’aveva registrato quando si era infortunato e solo in casa si era sentito impazzire tutto quel tempo a pensare e a sentire la sua mancanza.
Il video era stato prevalentemente furioso.
‘Non riesco a pensare che a te, nonostante l’altro ieri ho scopato con un altro! Vorrei solo venire sotto casa tua e rivederti! E devo tornare a casa a Roma qualche giorno e tu sei lì ed io non so come farò a resistere!’
Il terzo dopo la visita di Leo, lì con gli ormoni più calmi era stato più depresso che altro.
‘Non mi piace quel che sto diventando. Uso un bravo ragazzo che rischia di prendersi per me e lo faccio solo per tenermi buono, per sfogarmi e dimostrarti che hai torto. Perché tu hai torto, lo sai? L’ho rifatto e lo rifarò e sono sempre qua ad impazzire per te.’
Il quarto lo fece a Roma, chiuso nella propria camera, dopo aver rivisto la famiglia.
I cani sul letto con lui accoccolati felici di averlo rivisto, la gamba alta su un cuscino e ferma.
- Sono qua a Roma, pochi chilometri da te. Non sai quanto io voglia raggiungerti. Vorrei solo andare sotto casa tua e vedere se spunti. Un momento solo, senza salutarti. Ma so che il patto è astinenza totale. Ma sto respirando la tua aria, so dove devo andare se voglio rivederti e vorrei andare nel nostro appartamento e respirarti. Ma posso solo stringere il tuo braccialetto e chiedermi se tu hai la mia sciarpa. Non sai quanto mi manchi, mi manchi che voglio piangere. Era meglio la rabbia e la voglia di sfidarti. Ti ho odiato quando ho fatto sesso con Leo perché mi hai fatto fare una cosa che non volevo e solo per dimostrarti che hai torto. Ma ora non mi importa nemmeno di quello. Ora vorrei solo vederti. Ma posso solo guardare le nostre foto. Questa volta ti dimostrerò che hai torto. - La voce si incrinò e sentendosi sull’orlo del pianto aveva concluso con un ingroppato: - Mi manchi!  - Ed aveva chiuso schiacciando la faccia sul corpo massiccio di Rocco.
Quanto poteva andare avanti così? Quanto poteva sopportare di stare così male?
Come sarebbe arrivato al venti maggio?


- Sinisa è pronto. - Al richiamo di Arianna, Sinisa mise via il telefono, fiero che non gli scrivesse e non lo chiamasse davvero.
Fiero della sua forza di volontà e dei patti che rispettava.
Ogni volta che usciva a fumare o a fare un giro o commissioni, si guardava con cura intorno per vedere se era appostato da qualche parte. Sperandolo, in realtà, perché gli mancava molto.
Indossò la sua sciarpa fino a che poté, visto che il caldo arrivò tutto in un colpo. Però l’annusava di nascosto, quando si sentiva di voler piangere come un idiota.
Quando era l’ultima volta che si era ridotto in quel modo?
Mai forse. Aveva sempre avuto molta rabbia dentro, poi aveva trovato un modo per incanalarla o calmarsi, ma distrutto da piangere e non farcela mai.
Come poteva mancare tanto una persona?
Aveva riacceso il telefono per metterlo alla prova, poi aveva ascoltato i messaggi in segreteria di quel giorno, uno peggiore dell’altro.
Si era anche eccitato sentendolo così furioso, si era ricordato delle volte che avevano fatto sesso con Alessio così arrabbiato. Erano state bellissime.
La sua voce l’aveva cullato, tutto quel che gli rimaneva.
Sicuramente stava andando avanti.
L’errore che fanno le coppie quando si lasciano è che si vedono. Ma se praticassero l’astinenza sarebbe più facile.
Di questo ne era convinto.
Aessio ci sarebbe riuscito. Non l’aveva rivisto, non gli aveva riscritto. Era in gamba. Ce la stava facendo.
Era andato di sicuro con Leo, lui ci stava, ne era certo. Alessio per dimostrargli che aveva torto era sicuramente andato con Leo e Leo non era male. Era riuscito a diventargli amico nonostante l’inizio burrascoso, perciò aveva possibilità. Era un bel ragazzo e sapeva come piacere agli altri.
Era la persona giusta per lui.
Piano piano avrebbe capito che invece aveva ragione e che con Leo poteva ricominciare, che ce la poteva fare senza di lui, che era possibile voltare pagina e che si poteva stare meglio.
Se si fosse fatto odiare sarebbe stato più facile, ma Alessio meritava tutta la sua onestà.
Poteva renderla più facile anche per sé e ricominciare a vedere Dejan, ma Dejan non era Alessio. Non voleva Dejan, voleva Alessio.
Razionalmente sperava che Alessio andasse oltre in così poco tempo, dall’altro sperava che cedesse, lo chiamasse e gli piombasse lì.
Aspettare il venti maggio per essere definitivamente lasciato sarebbe stata la tortura giusta per aver permesso a qualcuno di entrargli così dentro, per aver permesso a qualcuno di colmare le proprie carenze. Per aver permesso ad un sorriso di scaldarlo.
Entrando carezzò la sciarpa di Alessio, l’annusò. C’era ancora il suo profumo spruzzato sopra, non l’avrebbe mai lavata a costo di indossarla di meno per non sporcarla.
Chiuse gli occhi, prese forza ed andò dalla moglie continuando comunque a pensare ogni istante a lui. Come avrebbe fatto sempre.