*In The Paramour Session, una canzone in particolare spicca sulle altre ed è anche quella che hanno fatto più di rado in live, si tratta di Roses on my grave che è una canzone che Jacoby ha scritto per suo nonno, il testo sembra una specie di lettera d'addio e la musica, Jacoby stesso ha rivelato, è stata voluta così orchestrale e diversa dalle altre e dal loro solito genere di proposito, perché voleva essere una specie di addio a suo nonno. Jerry nelle interviste ha detto anche che Jacoby è fra tutti il più stacanovista, quello che quando fa canzoni passa più tempo a perfezionare e studiare i pezzi. È anche quello che è più capace di perdersi mentre è in fase creativa. Buona lettura. Baci Akane* 

41. UNA CANZONE CATARTICA

jacoby jerry

"Mi sento come se guardassi la vita
Attraverso un telescopio perché sono così in alto
E il terreno non mi è mai sembrato così lontano
La verità deve esser detta un giorno
Un giorno, sarò sotto terra
Avevo una donna
che metterà le rose sulla mia tomba

Le rose sulla mia tomba
Avevo una donna
che metterà le rose sulla mia tomba

Le rose sulla mia tomba
Non dimenticarmi
Per favore, perdonami
Non dimenticarmi
  è la mia redenzione
É il momento della redenzione
è la mia redenzione
É il momento della redenzione
Ti vedrò dall’altra parte
Ti sto aspettando dall’altra parte"

- Roses on my grave - 

- Domani arrivano per sentire quel che abbiamo fatto e se tutto va bene si può registrare. - Annuncia Tobin che ha appena parlato al telefono con Ben. Jacoby che sta mangiando annuisce. 
- Però penso manchi ancora qualcosa... - Dice facendosi serio mentre stava sparando una serie di cagate come sempre. Tobin si siede e riprende a mangiare con noi, lo guardiamo in attesa. 
- Una canzone specifica o qualcosa in generale? - Alza le spalle pensandoci aggrottato mentre guarda in alto. 
- Non saprei è una sensazione, credo che... forse manca una sorta... sapete, di conclusione... - Non lo interrompiamo, ancora non abbiamo pensato ai dettagli della scaletta e certe canzoni incise probabilmente subiranno ulteriori mutamenti. 
Jacoby in questi giorni ha lavorato molto, a volte siamo stati su anche fino a tardi. È quello che il più delle volte si distrae facilmente, però quando si mette a lavorare non molla un colpo. Ripete le cose anche un centinaio di volte, cambia anche solo una piccola tonalità, è capace di stare ore ed ore su un unico pezzo e non è mai sicuro e convinto. 
Ogni tanto mi dà lezioni perché solitamente faccio la seconda voce dietro di lui, in realtà è bellissimo lavorare con lui. Non sono pentito d’averlo seguito in questo gruppo, in realtà, anche se poi quando il tour inizia le cose cambiano sempre. 
Però se pensi al Jacoby professionista, niente da dire. 
Così quando cerca di spiegare questa cosa lo ascoltiamo con attenzione. 
- Una canzone conclusiva? - Si stringe nelle spalle ancora un po’ confuso sulla questione. 
- Sì, tipo... un orgasmo alla fine della scopata... o non so, un cazzo grande e grosso dopo i preliminari che ti fanno impazzire... o che, non so, dopo che viene uno, venga anche l’altro... insomma, che non si concluda tutto troppo presto... oppure... - Ci pensa ancora non convinto dei pirotecnici paragoni che ogni volta riesce a tirare fuori, chissà come mai sempre riguardando il sesso. Poi finalmente si illumina e trionfante fa: - manca il rutto alla fine del pasto! Ecco cosa manca! - E questo, che per qualche strana ragione non c’entra niente con il sesso, è meglio di tutto il resto messo insieme. 
Così scoppiamo tutti a ridere, io per primo, e quando vede me che mi asciugo le lacrime perché è stata una migliore dell’altra, realizza che deve aver detto qualcosa di buffo che non era nelle sue intenzione. Questo lo rende ancor più divertente.
 Parare con lui è sempre delirante per un motivo o per l’altro. A parte che parla tanto e quando attacca cerchi solo l’interruttore per chiudergli la bocca, ma se lo stai a sentire non ti annoi, non dice mai la stessa cosa allo stesso modo. Ha una fantasia in tutto quel che fa che lo ammiro un sacco. Vorrei avere io una parte di questa sua dote. Una parte, eh, perché in realtà tutta poi mi ucciderei anche io. 
- Oppure il vomito dopo un’indigestione... - continua questa volta di proposito. - O una sega dopo un porno... - Ah ecco che si torna al sesso. - Oppure gli sguardi di Jerry dopo che faccio una stronzata! - E con questo lascio perdere la cena perché rido troppo per continuare a mangiare. Jacoby a questo mi prende il piatto e mangia anche il mio come se non fosse nulla di strano. 
Che posso fare con questo idiota? 
Gli vengono naturali, non ci deve nemmeno pensare. 

Abbiamo lavorato fino a tardi stasera, ripassato alcune canzoni, cambiato qualcosa altrove e poi abbiamo pensato un po’ a questa canzone di cui parla Jacoby senza tirare niente fuori, alla fine gli altri sono andati a dormire sbadigliando, io mi trattengo a sistemare in giro visto che domani verrà un po’ di gente. È quasi come che finisse la magia, segna la fine che si avvicina... sospira sperando che vada tutto bene anche dopo, potrebbe essere nervoso Jacoby in vista di questa fase finale. 
Pensandoci, mentre raccatto roba in giro, lo cerco perché non l’ho sentito andare a letto e comunque mi aspetterebbe. 
Lo vedo seduto sul divano, gambe incrociate, quaderno sul ginocchio, fronte appoggiata alla mano. 
Scrive. 
Mi aggrotto. 
Scrive senza un riff di partenza? Di solito ha bisogno di qualcosa per innescarsi. 
Continuo silenzioso a sistemare tutto intorno senza dire nulla, non lo interrompo, sembra preso. Ha l’aria particolarmente seria e cupa e scrutandolo con attenzione capisco che è da tutt’altra parte, è sparito da qua, se lo chiamassi non risponderebbe nemmeno al suo nome. 
Seguendo un istinto fortissimo prendo la chitarra e parto con qualche nota senza cercare alcun giro interessante. 
Quando è così o lo fotografo o suono qualcosa e di norma escono sempre cose molto particolari. 
Visto che sono già pieno di foto sue, ora suono. 
Passa non so quanto tempo così, credo un’altra ora intera. Io seduto a guardarlo scrivere, non sto facendo nulla se non qualche nota a caso e starei anche tutta la notte così a guardarlo con questa espressione assorta. La sua voce si è sviluppata molto dall’inizio, ogni tanto ci ripenso mentre lo ascolto, mi piace sempre di più. È più profonda e graffiante, mi fa venire degli orgasmi solo ascoltandolo.
Le canzoni che registreremo sono molto belle, soprattutto alcune. 
Spero davvero che questa concentrazione continui.
È incredibile come riesca a perdersi ore ed ore nella musica senza sentire alcuna necessità. 
Lui a volte soffre ancora del disturbo dell’attenzione, si distrae con uno schiocco di dita, non riesce a fare la stessa cosa per troppo tempo, necessita di cambiare. 
Come quando ha gente intorno fa il coglione, oppure se si è in tour deve per forza fare festa come tutti perché è così che si fa, quella è la vita della rock star. 
Però quando fa musica lui può stare anche giornate intere senza interrompersi. È la cosa più sana della sua vita, anche se lui sostiene che sia io la cosa più sana della sua vita. 
Quando finisce non realizzo nemmeno io quanto siamo stati così. Silenzioso mi porge il quaderno con la sua scrittura particolare come lui, righe grosse, righe piccole, cancellature, scritte maiuscole e poi minuscole. 
Questo testo è un gran casino, come tutti i suoi testi. Come lui.
Credo che un esperto di lettura di scritture ne avrebbe da dire su questa sua. 
Mi prende la chitarra che sta cercando di imparare di nuovo un po', ma non suona, si limita ad imbracciarla e a guardarmi mentre leggo. 
C’è ancora un silenzio perfetto fra noi, il salone dallo stile antico è ripristinato per quanto possibile dopo le loro scorribande, la penombra su tutto lo stanzone illumina solo noi in questo angolo, il caminetto ormai è spento da giorni, anche se ci mancava. 
Quando leggo quel che ha scritto, rimango di sasso. 
L’avevo letta quel giorno, poi l’ho messa in un angolino della mia mente perché era troppo da sopportare l’idea di che cosa fosse. E penso che anche lui ha fatto la stessa cosa. 
Rileggerla sotto forma di canzone è sconvolgente, mi viene un pugno allo stomaco e lascio andare il quaderno per terra fra di noi fissando le righe scritte a mano che mi sconvolgono. 
- Hai scritto una canzone sulla lettera di tuo nonno. - Annuisce, gli occhi tremano, non sa se ha fatto bene o se deve solo sentirsi in colpa, ma io mi avvicino passando dalla poltrona al divano vicino a lui, gli prendo la chitarra, la metto giù e lo circondo con un braccio facendogli appoggiare la testa sulla mia spalla, una mano sulla sua nuca, fra i suoi capelli incolti e sparati ovunque vogliano stare. 
Sconclusionato come lui. 
Sorrido baciandogli la fronte. 
- È meravigliosa. Mi fa piangere. Pensi di poterla cantare? - Non serve che mi spieghi che è la canzone conclusiva che cercava, che sapeva che in realtà mancava proprio quella, ma non voleva ammetterlo. 
- Ho fatto di tutto per evitarla, mi sono sforzato di non pensarci e quando mi dicevi di scrivere qualcosa sul dolore per il nonno, non volevo. Perché era troppo ricordare a me stesso che l’unico di cui io ero il preferito, io, figlio di puttana, stronzo pazzo fuori di testa sempre odiato da tutti. Io, il suo preferito. L'unico di cui lo ero se ne è andato, anzi, mi ha abbandonato in quel modo, si è ucciso, mi ha fatto fuori insieme alla sua testa in quella notte di merda. - E poi le parole fluiscono libere come non è mai stato capace. Quel giorno ha urlato, ha inveito, ha fatto il pazzo ma era diverso. Era preda di un raptus, stava cercando di non darsi il colpo di grazia da solo. Poi il dolore è stato tale che non è riuscito ad affrontarlo in modo normale, lo ha stipato dentro di sé mentre cercava di tornare sé stesso. A fatica ci è riuscito ignorando, fingendo che se ne fosse andato, non pensandoci più, distraendosi con la musica. 
Ed ora è qua e si è arreso. Lo stringo più forte continuando a baciarlo e lui non smette di parlarne e di tirarlo fuori. 
- Non lo so, ma penso che glielo devo. Voglio fare qualcosa di epico, qualcosa di diverso, qualcosa che non abbiamo mai fatto e che non faremo più. Voglio degli strumenti classici, i violini, i flauti, il porco boia di sua madre. Voglio qualcosa che sia altisonante. Struggente. - E lo sei già tu ora, ma immaginarti mentre canterai questa canzone non so se posso farlo. 
Ma se lui vuole, io ci sarò e suonerò come sempre per lui. 
Non dico niente e dopo che si sfoga ancora un po’ alza la testa, cerca il mio sguardo implorante, non serve che lo chieda. Spesso non riesco ad arrivare a lui e capirlo e la cosa mi angoscia e mi terrorizza. Altre volte, invece, mi guarda così, mi mostra la sua paura di non farcela, la sua disperazione, il buco che nasconde con follie, bevute quando è fuori di qua, esagerazioni di ogni tipo e capisco. Capisco molto bene. 
Gli carezzo anche il viso con l’altra mano, poi annuisco sfiorandogli le labbra col pollice. 
- Facciamola come vuoi. - Dopo sostituisco il dito con le mie labbra e lo bacio. Lo carezzo dolcemente, succhio il suo labbro, lui si lascia andare, le apre e tira fuori la lingua che io prendo e faccio mia. Mi intreccio a lui, mescoliamo i nostri sapori e uniamo le bocche fondendole, le apriamo, giro di più il capo e premo ulteriormente. È uno di quei baci che voglio ricordi, voglio trasmettergli quello che non sono capace a voce e a gesti. 
Che capisca, che ricordi che ci sono e lo amo, anche se poi le cose fuori di qua si complicheranno. 
Si aggrappa alla mia maglia, stringe gli occhi e dopo un bacio incredibilmente lungo e disperato, esce dalla mia bocca e si nasconde contro il mio collo.
Credo che quella canzone, incrociata alle parole di suo nonno nella sua lettera d’addio prima che si suicidasse, sia stata catartica per lui. 
Così voglio esorcizzare ogni demone e riprendendo la chitarra, tiro fuori qualcosa per lui cercando di trasmettere questo enorme pugno allo stomaco che mi ha dato leggendo. 
Il resto della notte la passiamo così a fare il resto di questa canzone, poi verso le luci dell’alba lasciamo tutto qua, andiamo in camera e facciamo l’amore. 
Spero che non dimentichi mai questo momento e che in qualche modo ci basti quando si intrometteranno mille persone a rovinare questo delicatissimo equilibrio. 
Al di fuori di qua lui tornerà coi suoi demoni, non so cosa sarà di noi, ma devo ricordarmi dell’effetto che gli fa la musica, di come lo può salvare al di là di tutto e di tutti, anche di me.
Io posso esserci o meno, ma lui non deve dimenticare che la sua vera salvezza è la musica. Solo lei. 
E spero che non lo farà mai.