CAPITOLO VIII:
CAPIRSI E CREDERSI

Si chiusero la porta alle spalle e ben sapendo che dall’altra parte c’erano Marcelo e Pepe che cercavano di ascoltare la conversazione attaccati all’uscio, José condusse Ricardo nell’angolo più lontano ad esso e parlò subito diretto e schietto ma con un tono basso.
- Allora, come ti sembra? - Sembrava che Ricardo fosse uno psicologo a cui José aveva chiesto una consulenza. Ricardo capì all’istante che all’altro interessava molto Karim ma si chiese se in ogni caso fosse vero che lo riteneva un peso o se invece era solo molto preoccupato e basta.
Secondo lui l’aveva a cuore, secondo Karim stava cercando di toglierselo di torno.
- Bè, è molto… - ma non sapendo trovare le parole adatte si grattò la nuca con difficoltà. José lo fissò impaziente e accigliato ed incutendogli parecchio timore nonostante fosse più basso di lui, si decise a dire qualcosa: - Secondo me lui viene solo frainteso perché parla e agisce poco… - Era davvero come se lui fosse uno psicologo che stava dando una consulenza su un caso difficile e José non se ne curò incuriosito da quella teoria.
- Quando sei arrivato cosa ha fatto? - Ok, ora invece si sentiva una spia però all’idea di non rispondergli si sentì terrorizzato. Quell’uomo era così inquisitore che lo spaventava.
- Dormiva e all’inizio l’ha presa male. Pensa che stai cercando di scaricarlo in qualche modo, che non vuoi più occuparti di lui e che … - arrossì molto ma si fece forza e lo disse. - che scegliermi sia una conseguenza di quello che era successo questa mattina. - Fu la cosa più difficile che avesse mai dovuto fare, era convinto che quell’uomo avesse la licenza di uccidere e lo vide non imbarazzarsi ma diventare come uno spietato serial killer che progettava il prossimo omicidio.
- Cosa ti ha detto di stamattina? - Ricardo sospirò. Sarebbe stato comunque sincero anche se non avesse usato quel tono e quello sguardo atroce, ma così parlare era molto più difficile. Si allargò il colletto della maglietta che lo soffocava e mordicchiandosi il labbro tossì e proseguì:
- Era molto infuriato, ha fatto una scenata pazzesca quando mi ha visto al posto tuo ed ha sparato un sacco di parole da cui ho capito che avevate avuto un contatto strano ed involontario. Più o meno. Insomma… -
- Cosa diavolo ti ha detto di preciso? - Ringhiò cominciando seriamente ad arrabbiarsi. Le vene gli pulsavano nel collo e nelle tempie, voleva fare una strage.
Ricardo sospirò cercando un modo per scappare ma capì che sarebbe stato peggio ed allora aprì gli argini con la sua consueta onestà ed agitazione.
- Prima ha usato parole volgari che non ripeterò, voleva venire da te e spararti. Poi mi ha spiegato con calma che era addormentato e non aveva smaltito la sbornia e che ha agito senza riflettere. È stato frainteso, non l’ha fatto con serie intenzioni ed ha visto che ci sei rimasto… bè, ha detto turbato. Ha detto che secondo lui l’affiancarmi proprio ora è collegato a quell’episodio e che tu non fai mai niente a caso. Ha detto che secondo lui tu lo consideri un peso ed un piantagrane e che stai cercando di scaricarlo, che viene sempre frainteso perché non sa comunicare e che ha paura che tutto quello che ha ora sparisca. - qua il tono si abbassò di netto e l’agitazione scemò mentre si ricordava quella parte del suo discorso, una parte che l’aveva toccato nel profondo. - Ha detto che tu sei la seconda cosa bella della sua vita dopo la musica e che l’hai salvato e ti deve tutto, ma che se tu lo mandassi veramente via non saprebbe come fare. È convinto che ogni cosa bella finisca, prima o poi, perché pensa di rovinare tutto ciò che tocca e vive. È convinto che fallirà di nuovo in qualche modo, che tutti lo lasceranno come sempre e che questo splendido angolo di Paradiso che ha si concluda da un momento all’altro. Per questo, per non soffrire troppo quando succederà, si stordisce con l’alcool e dorme tanto. Perché non vuole vivere il momento in cui perderà tutto, perché è sicurissimo che succederà. E comunque la cosa che lo angoscia di più è essere un peso per te e perderti. -
Sapeva vagamente che quelle erano confidenze che doveva tenersi per sé ma nel momento in cui gli veniva espressamente chiesto delle stesse non poteva mentire e dire una bugia. Lui era sincero fino allo sfinimento. Rispondeva e basta, era più forte di lui. Omettere era come mentire, per lui.
José rimase quasi ammazzato dalle sue parole, sapere cosa albergava nel misterioso mondo di Karim fu devastante poiché non era mai riuscito a capire nemmeno la metà di tutte quelle cose. Come ci era riuscito quel ragazzino a saperne così tante?
Smarrito e spiazzato, José lo fissò come se fosse da tutt’altra parte. Lo guardava proprio attraverso e senza rendersene conto sussurrò usando un tono tutt’altro che da José.
- E… e tutte queste cose le hai scoperte parlando con lui o sono intuizioni tue? - Pur tutti quegli ‘ha detto’ non poteva non chiederlo, perché che Karim avesse parlato tanto con Ricardo era un evento e non poteva non rimanerci male visto che con lui non l‘aveva mai fatto.
Ricardo capì di essere una causa indiretta di qualche problema serio e si sentì male per questo, sperando di poter aiutare in qualche modo rispose subito con un mormorio:
- Me ne ha parlato lui… io sono convinto che tu sia solo preoccupato ma lui è sicuro che per te sia solo un peso e che stai cercando di abbandonarlo. Ma… ma mi chiedo… - a quel punto prese coraggio a piene mani: - Perché si è ridotto così quel ragazzo? Perché è tanto convinto che tutto debba finire e che le persone lo lascino sempre? Come è arrivato a quel punto? Quando l’hai incontrato era un tossico senza tetto, vero? Suonava agli angoli delle strade il suo basso per procurarsi non cibo ma droga. Perché dalla Francia è finito qua in America in quelle condizioni? Io credo che la chiave per arrivare a lui e farlo smettere di distruggersi così, per togliergli tutta la sua immensa paura, sia lì dove tutto ha avuto inizio. - Era una frase banale, forse, però era vera. Era sempre vera.
Quando qualcosa aveva inizio e non la si sapeva affrontare e chiudere, poi la si trascinava in tutti i modi possibili.
Sicuramente per Karim era essenziale esorcizzare quei demoni per poter essere felice nel presente con ciò che aveva trovato e conquistato faticosamente.
Per poter cominciare a credere che a volte le cose belle arrivavano con fatica e non se ne andavano più.
José si trovò a capire le sue parole e anche a condividerle ma si rese conto solo allora che lui non sapeva niente nemmeno di quello.
Allora più a sé stesso che a Ricardo, disse piano:
- Io… io non so nulla… l’ho solo salvato e basta. -
E chiedergli il motivo sarebbe stato davvero fuori luogo non tanto per la domanda in sé, quanto per il fatto che sicuramente non gli avrebbe mai risposto.
Ricardo gli sfiorò dispiaciuto il braccio, non sapeva come comportarsi con lui, era un uomo più grande di lui tutto d’un pezzo che di certo rifiutava qualunque forma di aiuto, ma come poteva lasciarlo lì così e basta?
Fu José e toglierlo dall’impaccio scuotendosi da quel torpore orrendo in cui era caduto.
- Vai, vai pure. Quando mi servirà di nuovo il tuo aiuto ti chiamerò. Queste sono le chiavi di casa mia. - Non disse altro, rimase nella stanza, appoggiato allo stipite della porta aperta e con un’espressione tremendamente cupo ed ermetica, ad osservare Karim suonare il basso tutto il tempo delle prove.
Niente altro.
Non sentì le voci di Cristiano e Sergio alternarsi e amalgamarsi alla perfezione, non lo sentì in gran forma solo per quell’assistente all’ascolto particolarmente azzeccato, non notò quest’ultimo fissare il cantante come se fosse l’unico uomo rimasto sulla Terra. Non si rese conto nemmeno che i suoi ragazzi erano diventati davvero bravi e che aveva fatto un gran bel lavoro.
Vide solo Karim e nemmeno lo sentì suonare.
Vide la sua disperazione mentre emetteva quei suoni bassi e veloci con tanta abilità.
Vide la sua paura e la sua voglia di stordirsi per non sentire il male che era convinto l’avrebbe colpito di nuovo, come sempre, da lì a breve.
E si chiese se non fosse lui stesso, quel male, a quel punto.


La sera si ritrovarono come sempre da soli ma l’atmosfera fra loro era molto diversa, era come se avessero litigato brutalmente eppure non era così. L’avevano fatto attraverso Ricardo ma poi poteva definirsi in ogni caso litigio?
C’era molta tensione nell’aria e i nervi a fior di pelle annunciavano tempesta, come se dovessero scatenarsi da un momento all’altro.
Mangiarono in silenzio completo e Karim non toccò un sorso di birra o altro alcolico. José lo notò e notò anche che aveva mangiato tutto senza essere obbligato e si chiese cosa fosse successo con Ricardo, cosa gli avesse fatto cambiare quegli atteggiamenti che lui da solo non era mai riuscito ad estirpargli.
A quel punto non fu certo per gelosia ma solo per capire in cosa avesse fallito per tutto quel tempo, cosa gli fosse mancato e che invece c’era in Ricardo in abbondanza.
Non era idiota, le vedeva da solo le differenze ma sicuramente c’era qualcosa di specifico che aveva fatto breccia in Karim. Lui voleva sapere.
Quando il ragazzo fece per alzarsi, José glielo chiese col suo solito piglio deciso e diretto. Non amava girare intorno alle cose e nemmeno rimuginarci sopra da solo come un idiota.
- Cos’è stato che ti ha fatto decidere a cominciare a prenderti cura seriamente di te? - L’aveva notato immediatamente nemmeno un giorno intero dopo che l’aveva deciso.
Karim lo vide e ne rimase colpito.
Si fermò sulla porta e si girò verso di lui. Non avevano parlato per tutto il tempo come se fossero arrabbiati l’uno con l’altro ed ora lo faceva di punto in bianco.
Lo guardò dritto negli occhi con la sua inespressività marcata, quel continuo mistero intorno ad ogni suo gesto ed atteggiamento, perché Ricardo lo capiva e lui no?
- Non voglio essere un peso per te. - José si alzò, girò intorno al tavolo e si appoggiò sopra in modo da non avere niente fra loro, quindi con le braccia conserte con fare di sfida, disse sottile:
- Solo perché ti ho dato un’assistente personale nei momenti in cui non posso esserci io tu sei convinto di essere un peso? - Era esattamente questa la questione principale ma in realtà si trattava di molto altro. Solo José avrebbe potuto affrontarla subito ed in quel modo, a viso aperto e senza il minimo tatto o riguardo.
Karim preferì così e sentendosi il sangue ribollire dentro al ricordo di come si era sentito quella mattina, come uno scarto, disse estremamente convinto delle cose che aveva detto a Ricardo.
- Certo che è così. Vuoi forse dirmi che mi sbaglio? - Fu lui a provocarlo a dirgli il contrario, tanto che era convinto di aver ragione. Non aveva paura di lui ed era uno dei pochi, a José piaceva anche per questo. Non aveva rispetto per niente, nemmeno sé stesso ma soprattutto non l’aveva per lui e sebbene questo normalmente avrebbe dovuto farlo andare fuori di testa, ora era motivo di compiacimento. Non era normale, lo sapeva, ma gli piaceva. Per questo andò dritto per quella strada. Per spingerlo ad andare ben oltre.
- Certo che ti sbagli! Come al solito non capisci un cazzo! Io cerco di non farti mancare niente perché ti vedo peggio ogni giorno che passa e tu lo prendi come uno scaricarti ad un altro! Ma dannazione, cosa cazzo c’è di sbagliato in te? Non riesco a starti vicino come vorrei, la cosa mi assilla al punto da affiancarti qualcuno quando non ci sono e tu te la prendi e la vedi male! Cosa diavolo dovrei fare di più? -
Però si stavano alterando allo stesso modo e Karim si impose di non avvicinarsi a lui per non mettergli le mani addosso. Avrebbe voluto ma non capiva se per fargli male o cosa.
- Oh cazzo, lo vedi che sono un dannato peso? Perché diavolo non mi scarichi come vorresti invece che fingere di prendermi tanto a cuore? Non voglio altri che si occupino di me, voglio che tu ti occupi di me ma prima di tutto non voglio essere un fottuto peso di merda. Cacciami se è questo che vuoi! Se sei stufo di me! Ti sto esasperando, non sai più cosa fare con me, mi mandi qualcun altro per tenermi a bada e dici che sei solo premuroso? Non sei mai stato ipocrita, non esserlo ora! Mandami semplicemente via! Sii sincero e basta, cazzo! -
José voleva prenderlo a calci, non si staccava dal tavolo e non scioglieva le braccia dal petto per non farlo, perché sapeva che poi se ne sarebbe pentito.
Come diavolo osava dire quelle stronzate?
Come poteva anche solo pensarle!?
Ma soprattutto come poteva fargli capire che non era affatto così come credeva?
Più di dirglielo… più di dirglielo cosa poteva?
Era talmente convinto di dover essere sempre rifiutato che stava rovinando tutto e non credeva nemmeno all’evidenza.
- Ma non voglio che te ne vada! Come diavolo te lo faccio capire? Voglio che tu rimanga qua con me ma che stia bene, che sia felice, che smetta di avere paura che tutti ti odino e ti tradiscano! Voglio… - Ma non finì perché si rese conto che stava per passare un segno che non aveva nemmeno mai immaginato potesse passare un giorno. Per un momento storico esitò e Karim muovendosi lontano da lui come una tigre in gabbia, sorprendentemente acceso ed infuriato come non si era mai rivelato, apparendo un altro, ringhiò furibondo:
- Voglio cosa? Cosa vuoi? Cosa vuoi veramente? Dillo che sono un peso, è così! Non ne puoi più di me, non sai dove sbattere la testa, vuoi che sia qualcun altro a farlo! Non mi vuoi e basta! Dillo! -
Ma José non ci vide più, non poteva resistere, non poteva ascoltarlo, non poteva e prendendosi il viso fra le mani se lo strofinò sentendosi ai limiti della follia. Tornò a guardarlo con quella convinzione granitica di essere odiato da lui e gridò senza più resistere oltre, mandando tutto al diavolo. Tutto.
- VOGLIO CHE TU NON TE NE VADA MAI DA QUA MA CHE SIA FELICE IN QUESTO POSTO, NON CHE SCAPPI IN TUTTI I MODI CHE CONOSCI! TI VOGLIO QUA, CON ME, VIVO E COSCIENTE. SEMPRE. VOGLIO TE E BASTA, NIENTE ALTRO! - Ma non si rese conto di ciò che aveva detto prima di vedersi Karim avvicinarsi improvviso e prenderlo per le braccia. Lo strinse tanto da fargli male, lo guardò da vicino con un’espressione terribile che ancora non sapeva decifrare, lo guardò con la tempesta negli occhi e lo sentì gridare di rimando straziante:
- GIURALO! GIURALO O SMETTILA DI PRENDERMI IN GIRO! GIURALO O NON FERIRMI ANCORA! -
José era convinto di essere in un incubo e a sentirlo pregò solo che qualcuno gli facesse dire le maledette parole giuste come evidentemente Ricardo quel giorno era stato capace di fare.
Non ragionò oltre, lo prese per la maglietta, l’attirò con violenza ed altrettanta violenza, ad una vicinanza irragionevole, disse basso e tagliente:
- E tu smettila di dire che sono io a farti soffrire perché non lo posso sopportare! Ogni giorno mi alzo pregando Dio che tu sia tornato e che non sia finito chissà dove in overdose o ammazzato o scappato! Ed io non prego mai Dio perché sono convinto che dopo di Lui ci sia io e che io possa fare tutto se lo voglio davvero! Ed io voglio salvarti davvero, Karim, ma se tu non vuoi essere salvato perché che cazzo ne so, non riesco. Non riesco ad arrivare a te. Non riesco più a raggiungerti per cui spero che qualcuno lo possa fare al posto mio e mi brucia dirlo ma forse non sono io quello che questa volta può tutto! -
All’idea che quello fosse veramente un addio e che stesse buttando via tutto, che stesse gettando la spugna e si stesse arrendendo, questa volta impazzì. Avrebbe potuto sopportare qualunque cosa ma non che l’affidasse a qualcun altro perché si arrendeva.
Era stato talmente convinto che lo facesse perché lo odiava e lo considerava un peso che sapere che in realtà… bè, in realtà era tutto l’opposto, gli fece perdere il controllo.
Incapace di pensare oltre, Karim lo strinse ulteriormente e sussurrando all’ultimo: - Non arrenderti mai con me, ti prego, voglio che sia tu a salvarmi sempre, ogni giorno, ancora e ancora. - Lo spinse sul tavolo, lo sedette sopra e lo baciò.
José si trovò la sua bocca sulla propria con foga che lo divorava violentemente e sentì dentro tutte le sue paure, i suoi terrori, le sue angosce e capì qual era il modo per salvarlo una volta per tutte e definitivamente, cosa ci voleva.
Lo abbracciò con forza facendogli sentire quanto lo voleva ed in un istante gli circondò il bacino con le gambe rispondendo al bacio togliendo ad entrambi il fiato.
Fu devastante e intossicante al tempo stesso.
Avere la sua bocca, la sua lingua, il suo calore, le sue braccia, la sua forza, la sua disperazione, le sue tenebre. Tutto il suo mistero. Tutto. Voleva tutto di lui e non poteva capire cosa fosse stato di quel giorno ad averlo catturato, non poteva dire il modo in cui suonava il basso ed il suo talento bruciato, ma qualunque cosa fosse stata non rimpiangeva un solo giorno di averlo tirato su.
Allora con altrettanta foga scese con le mani sui suoi vestiti, gli prese la maglietta e gliela tolse. Karim si separò un istante per poi avventarsi sulla sua camicia e slacciargliela, concluse con impazienza brutale e in perfetta sincronia si slacciarono rispettivamente i pantaloni, quando ebbero le erezioni altrui in mano mentre tornavano a baciarsi con frenesia, tornarono a fare la stessa cosa di quella mattina ma quella volta con maggior coscienza e volontà.
E soprattutto lo fecero entrambi.
Si presero e si mossero con ritmo crescente, sentirsi sotto le mani, sentirsi eccitati e aumentare insieme alla follia e alla voglia a poi guardarsi negli occhi febbrili, staccarsi per un attimo, mordersi le labbra, mescolare i respiri, abbandonarsi al piacere più intenso e gemere sempre insieme.
Venire.
Venire e basta.
Senza separarsi un istante, senza smettere, senza esitare, senza perdere assolutamente niente di loro stessi.
Finalmente si erano trovati e capiti, finalmente andava bene, finalmente si vedevano e parlavano la stessa lingua.
Ansimanti e accaldati si ritrovarono ancora intrecciati l’uno all’altro, stretti, eccitati e sconvolti e rimasero un istante ad osservarsi da quella distanza millimetrica.
Avrebbero continuato a fissarsi così per sempre certi che non si sarebbero più persi e che finalmente si erano capiti.
Era bello ascoltarsi, capirsi e credersi.
Fu stranissimo.
Il bacio che ne conseguì nessuno dei due l’aveva mai dato e mai lo diede ad altri.
Fu la prima volta che uno fu capace di dare dolcezza e che l’altro la ricevette.
Ed oltre ad essa una serie di altri sentimenti delicati, desideri di protezione, preghiere di poter esserci sempre e di farcela. E di aversi così ancora.
Si ebbero e non si sciolsero più.