CAPITOLO I:
QUALCOSA CHE NON VA

/Grenade - Bruno Mars/
La cupezza del Bambino D’Oro cominciò a farsi più incombente subito dopo i mondiali, quando una volta tornati erano stati liberi di riposare.
Che tutto quel tempo per pensare non gli avesse fatto bene, poteva essere una valida teoria, peccato che nella vita non potesse fare a meno di farlo, che lo volesse o meno.
Tutto l’anno non era stato facile ma aveva nascosto molto bene le sue perplessità, nessuno aveva percepito il suo stato d’animo via via sempre più sull’orlo di una crisi leggendaria. Del resto bisognava dire che dei suoi nuovi compagni nessuno lo aveva conosciuto prima talmente bene da sapere quale fosse il vero Ricardo.
Però era riuscito a controllarsi bene e domarsi, aveva legato subito con tutto il gruppo ed era entrato facilmente nelle simpatie di ognuno. Del resto era praticamente impossibile che non piacesse a qualcuno, era la persona più onesta, gentile e solare del mondo.
Bè, solare magari di meno, non certo come quando era a Milano…
Però faceva del suo meglio e non poteva lamentarsi, tutti lo aiutavano ad ambientarsi. Avevano la vaga idea che le sue prestazioni non fossero al cento per cento ma capivano che staccarsi da un club che gli era entrato tanto dentro non era facile.
Iker e Cristiano soprattutto se l’erano presi a cuore, anche se l’avevano dimostrato in modo differente. Il portoghese, arrivato in contemporanea al brasiliano, gli si era attaccato come un polipo sia per il fatto che parlavano la stessa lingua, sia perché aveva sentito che la maggior parte degli altri nuovi compagni sulle prime aveva dimostrato di avere riserve nei suoi confronti mentre l’unico privo totalmente di pregiudizi era stato proprio Riky.
Aveva inoltre percepito da subito il suo malcontento segreto ed il suo sottotono che tardava a sistemarsi, a modo suo aveva cercato di aiutarlo e si era convinto che sarebbe bastato diventargli amico e legare con lui.
Bè, con lui ci aveva legato, ed anche molto, e dopo che erano diventati amici nel giro di subito si era innescato un meccanismo particolare.
Cristiano aveva bevuto da Ricardo come una spugna trovando ogni lato positivo per nulla nascosto. Gli era entrato nelle ossa e l’aveva fatto in un modo lento e strisciante, dopo che aveva constatato che uno così era vero ed autentico e non una falsa copia di un angelo perfetto.
Non lo era, aveva quei difetti che però non pesavano e complessivamente risultava una persona davvero da mangiare, così l’aveva definito.
Solo che il portoghese non era molto bravo a fare il confidente e soprattutto a suscitare quel tipo di istinto.
Ricardo nonostante fosse diventato subito suo amico e avesse ringraziato Dio ogni giorno della sua vita lì a Madrid per averglielo affiancato poiché così ritrovava facilmente il buonumore e la voglia di ridere e scherzare, non aveva mai trovato il coraggio o forse la spinta giusta per parlare seriamente con lui e confidarsi.
Non in quel primo anno.
Invece ci era riuscito col capitano.
Iker era una persona carismatica, aperta e di polso, acuto e sveglio ed era estremamente corretto. Non si faceva mai mettere i piedi in testa e quel che doveva dire lo diceva ma trovava sempre le parole giuste.
Di certo la guida ideale sia di un club così importante che della Nazionale Spagnola.
Aveva ispirato da subito una grande fiducia in Ricardo e mancandogli una figura adulta, seria e matura di riferimento che non era riuscito a trovare, stranamente, nell’allenatore, si era tuffato a capofitto su Iker.
Non aveva però trovato il coraggio di iniziare per primo il dialogo e l’anno era passato in vari tentativi da parte di entrambi di andare in argomento.
Il più delle volte Iker tirava su di morale un moscio Ricardo che si rendeva conto di non aver giocato come sapeva, gli dava un’amichevole pacca sulla spalla e gli diceva che sarebbe andata meglio la prossima volta, di non crucciarsi che era normale dopo tanti anni al Milan non riuscire a ritrovarsi in una squadra così diversa.
Ricardo si aggrappava a quelle parole e se le ripeteva di continuo… finché non arrivava subito dopo puntuale Cristiano a sparare qualche battuta spassosa che lo faceva piegare in due dal ridere rischiarandogli totalmente l’umore.
Aveva lentamente capito quanto preziosi fossero entrambi, solo che i sentimenti che li legava ad uno e all’altro erano certo diversi. Diverso anche l’istinto che lo spingeva verso Cristiano.
Un istinto che nel ritiro dell’estate del 2010 avrebbe ampiamente scoperto grazie alla brutalità di qualcuno molto ma molto insistente… e allo zampino non da poco di un certo nuovo allenatore, qualcuno che finalmente lo conosceva già da prima di approdare in quella squadra.
Subito dopo la fine dei mondiali, Ricardo aveva fatto di tutto per non pensarci e per distrarsi dal pensiero assillante ed insistente che ormai fosse finito come giocatore, sebbene fosse presto e dovesse essere positivo poiché era importante non deprimersi in quel momento.
Certo l’avere tutto quel tempo libero non l’aveva aiutato per niente e più si ostinava a schiacciare in profondità queste idee negative, più si notava che aveva effettivamente qualcosa che non andava.
Con l’arrivo a Madrid di Iker e la fine delle conseguenti e meritate vacanze, decise di approfittarne per andare da lui a complimentarsi come si doveva. In Sudafrica l’aveva fatto ma era stato fugace e caotico, ora ci teneva a farlo come si doveva e così era finito a casa sua, nella sua non piccola villa ad interrompere il meritato riposo prima dell’inizio di un nuovo massacrante anno calcistico.
Sempre più impaziente, tra mille paranoie se fosse o meno il caso di rompergli le scatole o meno, l’aveva traumaticamente buttato giù dal letto alla bellezza delle… undici del mattino!
Immaginando che lui fosse abbastanza normale da prendere alla lettere il periodo di riposo e che quindi effettivamente riposasse, si era sforzato di non andare a disturbarlo troppo presto.
L’aveva comunque trovato scarmigliato ed assonnato, in tenuta da notte che consisteva in un paio di boxer ed una canottiera intima bianca, scalzo, tutto spettinato e le pieghe del lenzuolo ben evidenti sul viso dagli occhi mezzi chiusi e la fronte aggrottata. Era favolosamente abbronzato e doveva ammettere che complessivamente faceva la sua figura anche in uno stato simile poco presentabile.
Però era evidente che non riuscisse a capire in che parte dell’universo fosse e trattenne a stento una sonora risata, pensando di non dover fare il maleducato.
- Iker? - Lo chiamò titubante dandogli tempo di riconnettersi. - Sono venuto a quest’ora per non disturbarti ma mi sa che l’ho fatto lo stesso… - asserì onesto e già mortificato facendo la sua famosissima e assolutamente naturale aria da cucciolo dispiaciuto. Non ricevendo ancora un minimo cenno -Iker era appoggiato alla porta aperta e sembrava riuscisse a dormire anche in quella posizione scomoda!- si fece coraggio e proseguì: - Volevo complimentarmi per i mondiali ma mi sa che preferiresti dormire, posso tornare un’altra volta! -
Essere di peso era una cosa tremenda per lui, così prima che potesse dire altro il brasiliano si girò avviandosi verso il giardino spazioso e sistemato con gusto.
Una presa non molto ferrea ma comunque convincente lo fermò prendendolo per il braccio, quindi si voltò nuovamente e vide un Iker in difficoltà che tentava di esprimere quello che la sua mente aveva composto con fatica.
- Fa nulla… vieni… - La sua voce era roca per il sonno e così pareva particolarmente profonda.
Ricardo dedusse che non voleva se ne andasse e che non importava anche se l’aveva svegliato, ma pensando lo facesse solo per gentilezza cercò di divincolarsi, senza successo:
- No, lo capisco, riposati, io torno magari in serata, dai! - Era agitato all’idea di essere stato tanto inopportuno.
Iker contrasse ulteriormente i lineamenti affascinanti in un’espressione di sforzo, quindi tentando di articolare meglio la contro risposta l’attirò dentro senza troppi complimenti, in perfetto stile Cristiano!
- No problema! - Borbottò infine trascinandoselo fino in soggiorno. Era ampio e accogliente.
Ricardo si guardò intorno per capire se fosse solo e alla conferma di ciò da un altro bofonchio traducibile in ’Sara lavora, non c’è nessuno ed io ho fatto le ore piccole per questo sono uno zombie’, Ricardo si sentì ancora più un verme, ma ormai era dentro e pur cercando di liberarsi non ci riusciva. Forse non lo voleva poi tanto…
Iker comunque lo mollò sul divano e vi si buttò di schianto a sua volta senza la forza di andare in cucina a cercare del caffè; tirò su una gamba che piegò per appoggiarsi col gomito e quindi il mento al palmo, l‘altra l‘allungò sul tavolino basso davanti. Non era una posa molto aggraziata, come quella assunta dall’ospite, anzi… e considerando le sue vesti poco convenzionali ed i capelli arruffati, c’era da chiedersi dove fossero finite le buone maniere.
Ricardo sorrideva fra sé sforzandosi di non farlo apertamente per non dimostrarsi maleducato più di quanto non lo fosse già stato, però vedere il proprio capitano in quelle condizioni era buffo, non si lasciava mai andare tanto, ci teneva alla sua immagine!
Comunque si chiese a cosa servisse averlo fatto rimanere se poi si metteva a sonnecchiare…
- Sei sicuro che vuoi che rimanga? - Fece a disagio non sapendo proprio cosa fosse meglio fare… certo voleva rimanere ma gli pareva di stare torturarlo!
Iker annuì con un occhio chiuso ed uno aperto solo per metà. In quella fessura la pupilla e l’iride scura erano magneticamente puntate sull’amico seduto accanto a disagio. Le testa era sempre più cadente.
Forse non voleva farlo andare via perché capiva che quella visita era tanto importante quanto insolita visto che non si era mai preso la briga di ’disturbre’ tanto!
Cercava di riattivarsi per capire cosa succedesse al suo trequartista, ma non era facile. All’ennesimo scrutamento semi imbarazzato di Ricardo, questi optò per una possibile soluzione:
- Un caffè ti farebbe bene… - Fece cauto e gentile. Iker annuì pesantemente ma non si mosse. - Lo… lo faccio io, se per te va bene e non sono troppo invadente… è il minimo dopo che ti ho svegliato… è che pensavo non dormissi…  altrimenti portavo io la colazione! - All’idea di mangiare, lo spagnolo si contorse accomodandosi meglio in una posizione quasi distesa. Appoggiò il gomito direttamente al divano e fece cadere così il ginocchio fra loro; lanciando poi un’altra occhiata al compagno seduto elegantemente accanto, bofonchiò un grato ringraziamento che sfociò nella sua testa che sfuggiva alla presa della mano finendo distrattamente addosso a Ricardo.
Al gesto involontario quest’ultimo rise e si alzò subito decidendo che per una volta avrebbe fatto il maleducato facendo da sé gli onori di casa altrui.
Dopo un paio di traffici durante i quali si era sentito ignobile come un ladro, uscì vittorioso dalla cucina con una grande tazza fumante di caffè caldo, quando però tornò al divano lo vide naturalmente addormentato, come aveva immaginato di trovarlo.
Comodamente accoccolato di lato sembrava un intrigante angioletto. Anche se i suoi lineamenti non avevano molto di etereo… erano più tentatori e decisi in realtà.
Sorrise intenerito e divertito insieme, quindi scosse la testa e poggiando la tazza sul tavolino accanto al bello addormentato, fece per andarsene in silenzio ma fu nuovamente fermato da una mano che questa volta lo artigliò dietro al ginocchio, la prima cosa che fu trovata.
Il punto particolarmente sensibile ed il modo in cui lo prese, fece reagire Ricardo di riflesso e al solletico che provò si piegò incontrollatamente all’indietro, peccato che lo fece così tanto da trovare un ostacolo sul quale rovinò inevitabilmente.
L’ostacolo era il ragazzo steso sul divano!
Gli piombò addosso in un groviglio confuso di gambe e braccia che ebbe il potere di svegliare drasticamente il sonnambulo.
Ricardo con fatica cercò di districarsi ma senza successo per la posizione scomoda, quindi decise di fermarsi e di dare un senso al caos.
Quando si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Iker, ora finalmente sveglio, confuso e corrucciato, gli venne un colpo che lo paralizzò facendolo cadere nell’indecisione: imbarazzarsi, mortificarsi o ridere?
All’espressione buffa del suo capitano vinse l’ultima in un’esplosione d’ilarità volta anche a nascondere la vergogna. Premette il viso sul suo torace cercando di domarsi ma quando sentì le mani altrui frugarlo nel tentativo di alzarlo da sé, provò di nuovo quell’incontrollata ondata di solletico e scattando senza controllarsi diede una testata al mento di Iker che quasi svenne!
Ci fu un lungo momento d’incertezza ulteriore dove la vittima si teneva il viso e il carnefice più mortificato che mai si sentiva un meschino senza precedenti. Naturalmente non aveva pensato di dispiacersi alzandosi da quello che non era un divano ma bensì un corpo, così fra brontolii e lamenti non identificati, lo spagnolo dalla corporatura possente ritrovò le forze tutte in una volta e si alzò con decisione, facendo finire l’amico steso dall’altra parte mentre lui era finalmente seduto.
Un’operazione complicata che poi a ripensarci non sarebbe mai stata chiara nemmeno a loro due, tuttavia Ricardo rimase giù shockato a fissarlo come un grazioso cagnolino bastonato che chiedeva umilmente perdono al padrone!
- Ma che diavolo combini? - Chiese Iker massaggiandosi il mento che ancora gli doleva. Si girò a guardarlo per capire cosa gli avesse preso poiché non si era nemmeno reso conto di averlo afferrato proprio dietro al ginocchio, punto debole di chiunque, ma notando lo stato mortificato del compagno ancora immobile così come l’aveva scaraventato, non poté che ridacchiare spontaneamente divertito.
- Mi hai fatto il solletico, non mi sono controllato… - Si giustificò con una vocina sottile non osando ancora muoversi, quasi spaventato dalla reazione per un istante brutale del suo capitano.
Iker accentuò la risata mentre l’immagine di un cocker nero si sovrapponeva a alla sua, così l’afferrò per il braccio e lo alzò di forza senza troppi complimenti. Una volta seduto cercò di domare le risa, per cui si prese la tazza e cominciò a sorseggiarla, ora sì che era sveglio!
- Sì, ma perché te ne stavi andando… - Spiegò cercando di ricostruire l’attimo precedente al caos.
- Dormivi… - Era logico…
- Riposavo gli occhi! - Rispose puntualizzando fintamente serio.
- Se sembravi un angioletto! - Commentò spontaneo Ricardo ora rilassato, sistemandosi i vestiti stropicciati ed i capelli in disordine.
- Qua l’unico angioletto sei tu, caro! - Concluse deciso e diretto Iker non capendo ancora quali fossero i propri pensieri e quali invece le parole che uscivano dalla bocca. In qualche modo doveva averlo colpito lo stesso virus che aveva fatto radice in Cristiano, visto che aveva appena preso la sua stessa mania di non ragionare!
A giudicare dall’espressione stupita e dal rossore sul suo viso candido, dedusse che quell’ultima sparata l’aveva detta ad alta voce e non poté non continuare a pensare a Cristiano e le sue soluzioni contro l’imbarazzo o le gaffe: fingere di aver fatto tutto di proposito e di non essersene pentito per niente. Certo questo lo faceva spesso passare per uno sbruffone presuntuoso pallone gonfiato, però lo tirava sempre fuori da ogni ingombro!
Così seguendo le sue orme, ma solo per quella volta, fece finta di aver fatto di proposito quell’uscita equivoca e Ricardo non ebbe il coraggio di commentare né tornare sull’argomento.
Fu lieto di intavolare finalmente un dialogo pseudo normale sui mondiali, sul nuovo allenatore, sul ritiro alle porte, sulle vacanze e su qualunque altra cosa gli potesse passare per la mente.
L’ora passò in un attimo e fu piuttosto piacevole se non ché Iker tornò su ciò che non gli era sfuggito nemmeno da addormentato.
Lo fece con fare discreto ma deciso, buttandola come se fosse una chiacchierata normale:
- Come mai sei venuto qua? - Come se tutti i discorsi fatti fino a quel momento non lo giustificassero veramente.
Ed era così.
Il brasiliano sospirò e col suo viso espressivo e avvilito si mordicchiò imbarazzato il labbro carnoso inferiore.
Si passò anche le mani fra i capelli scarmigliati per via del groviglio precedente, quindi guardò l’ambiente circostante e sforzandosi di evitare lo sguardo dell’amico, disse con un filo di voce, facendosi improvvisamente serio, lasciando perdere i convenevoli sul ‘ma che dici così di punto in bianco.’
- Pensavo che un anno bastasse… ma mi sbagliavo… - Il tono estremamente ponderato con cui lo disse colpì Iker che sebbene se lo aspettasse capì solo ora quanto a cuore gli stesse quel discorso. Un discorso che di certo aveva cercato di fargli da tempo ma che non aveva mai trovato il coraggio di fare.
Non lo interruppe ma lo guardava con intensità da quella distanza ravvicinata, il suo profilo delicato e regolare, lo sguardo basso, le sopracciglia aggrottate e la bocca verso giù.
Sospirò e si contorse le mani, poi proseguì con un filo di voce:
- Ho qualcosa che non va e non so cosa sia di preciso. Ho paura di deludere il nuovo mister. Io lo conosco bene, se non lo soddisfo non ci pensa due volte a mettermi da parte nonostante i milioni che hanno speso per me appena una anno prima. - E forse metterla sul piano calcistico era più facile.
Iker capì che quella era la punta dell’iceberg e che c’era molto di più dietro, ma capì anche che non ne parlava perché non ne aveva ancora idea e non poteva forzarlo, per cui lo rispettò e sperando di essere abbastanza attivo da non dire cavolate rispose senza pensarci su molto, con una delicatezza ed una calma che talvolta sapeva tirare fuori solo lui:
- Devi capire da dove deriva quello che non va. Di cosa si tratta di preciso ed affrontarlo. È l’unico modo per tornare al tuo massimo. - Ed era un anno che aveva atteso di dirglielo, l’aveva fatto per rispetto nei suoi confronti, perché sapeva che doveva essere lui a chiedergli un parere altrimenti sarebbe solo stato rifiutato e basta.
Pensando di essere stato troppo brutale, cosa che non era vera, gli poggiò amichevole la mano sulla schiena ricurva appoggiandosi allo schienale, mettendosi più comodo e guardandolo per dietro. La nuca abbassata, le braccia strette in avanti.
- Lo so, ma non è facile… dopo un anno sono ancora confuso. Non so se si tratta di Milano o di cos’altro. Però con Mourinho non c’è tempo per queste cose. Io ora non so che fare… - a quello si girò guardando il proprio capitano da sopra la spalla e lo sguardo che gli lanciò fu così carico di smarrimento che sconvolse il destinatario; aveva immaginato fosse qualcosa di negativo, non certo così grosso.
Il punto era che finché il ragazzo non capiva di preciso di cosa si trattasse, nessuno poteva fare niente, nemmeno lui.
Ed in tutta onestà non aveva la benché minima idea di che cosa potesse essere.
Colpito da quel suo stato e dispiaciuto per lui, seguì l’istinto e fece scivolare la mano dalla schiena alla spalla opposta cingendolo protettivo, l’attirò così a sé poggiandolo allo schienale e se lo tenne stretto come se fosse il suo ragazzo.
Non ci fu imbarazzo ma solo un forte senso d’appartenenza ed una sorta di energia benefica. Qualcosa identificabile in trasmissione di forza e di coraggio, proprio quello che il giovane spagnolo con quel gesto aveva voluto fare.
Continuando a guardarlo da quella vicinanza quasi equivoca, aggiunse piano:
- Vedrai che presto lo capirai ed andrà tutto bene. Appunto perché il mister ti conosce meglio degli altri, sa cosa fare con te. Nonostante quello che dicono su di lui sono certo sia una persona in gamba. Fidati. - Non poteva onestamente dargli soluzioni istantanee, non ne aveva, ma Ricardo aveva bisogno di fiducia, quella fiducia che pareva aver perso in sé stesso e per lo meno quella poteva aiutarlo a riaverla. Dandogli la propria.
Il ragazzo sospirò e strinse le labbra piegandole successivamente in un tenero sorriso di gratitudine sincero.
Cominciò a sentirsi veramente meglio nonostante non avesse nessuna soluzione concreta, forse però il fatto di aver condiviso un piccolo dubbio con qualcuno ed aver ottenuto comunque la sua fiducia, era importante e sufficiente per il momento.
Capì dunque di aver fatto bene a parlarne con lui e dopo essersi rischiarato sentì incontrollato ed istintivo il bisogno assurdo di ridere. Ridere in quel modo che solo Cristiano riusciva a fargli fare.
Ridere proprio in quel modo spensierato fino a scacciargli i pensieri tristi.
L’immagine del portoghese si affacciò nella mente sovrapponendosi al volto rassicurante di Iker e si chiese cosa potesse significare, ma fu una domanda troppo fugace per essere considerata seriamente.
- Ehi, io sto morendo di fame, ti va di mangiare qualcosa? - Chiese allora Iker improvviso ed allegro. Il cambiamento di tono riportò al presente Ricardo che sorridendo apparentemente disteso accettò di buon grado l’invito, contento di essere venuto lì, capendo finalmente che dopotutto il suo compagno poteva veramente diventare un punto di riferimento.
Un vero capitano.
Dunque, allora, Cristiano cos’era?