CAPITOLO V:
HO SBAGLIATO IO



/Lost2 - Coldplay/
Morale o non morale?
Questo era il problema, un problema visto come tale solo da Iker, in effetti, visto che era l’unico dei due ad averla. Cristiano nemmeno si era posto la domanda, ovvero: dirlo a Ricardo o no?
In effetti sarebbe stato eticamente corretto, per non parlare del fatto che una buona coscienza avrebbe dovuto impedire di tenergli nascosto il piccolo particolare, ovvero che Cristiano ed Iker si erano ubriacati ed erano finiti per fare sesso insieme.
Certamente erano uomini e solo questo sarebbe dovuto essere sufficiente come giustificazione, ma a Ricardo che non era come loro -sebbene fosse indubbiamente un uomo anch’egli- poiché non ragionava con gli ormoni, con le parti genitali maschili né tanto meno si ubriacava perdendo il controllo di sé, non sarebbe bastato.
Il discorso era sostanzialmente uno, Iker non sapeva di preciso come considerare i due ragazzi ma sapeva che sarebbe stato giusto dire tutto al brasiliano anche se era una cosa che non si sarebbe mai ripetuta. Cristiano, invece, non ci pensava minimamente visto che sosteneva che la loro relazione era anomala e che non si potevano usare le regole di etica e morale comuni.
- E’ giusto dirglielo in ogni caso! - Asserì Iker mentre si avviavano insieme agli allenamenti mattutini dopo un risveglio quasi tragico nel divano del portoghese.
- Tu non capisci… e sì che a vostra detta parlate di continuo di me! - Incalzò Cristiano sbuffando.
- E allora spiegami, genio! - Rimbeccò il capitano che stentava sinceramente a stargli dietro… aveva dei ragionamenti che non stavano né in Cielo né in Terra!
Il ragazzo più giovane si girò verso l’altro e con aria decisa e seccata disse stufo di doverglielo spiegare:
- Io e lui non stiamo insieme… o meglio sì, ma tecnicamente lui è sposato ed ha famiglia mentre io, per non farlo sentire troppo in colpa verso sia me che lei, mi sono fidanzato a mia volta con un’altra… questo funziona, noi due viviamo la nostra relazione più o meno serenamente ed in modo clandestino - Al che Iker aveva pensato “Clandestina un cazzo, lo sa tutto il Real Madrid…” - lui non si sente eccessivamente in colpa ed accetta la sua natura. Se si opporrebbe diventerebbe l’ombra di sé stesso. Lui ha bisogno di vivere i propri sentimenti e gli istinti senza reprimersi! Quindi, tecnicamente, non abbiamo dei veri e propri obblighi l’uno verso l’altro! Tanto più che sua moglie sa solo che lui è in crisi col loro matrimonio e non che viene a letto con me! Vivono ancora insieme, cazzo! -
Iker ne avrebbe avute tante, ma proprio tante, da dirgli, però si limitò ad  una diretta e brutale:
- Cris, l’hai detto tu stesso! Lui vive i propri sentimenti! Lui è innamorato di te! Come puoi fare questi discorsi? - Era scandalizzato e Cristiano si stizzì anche per questo, oltre che per il fatto che quel tipo stesse ficcando il naso negli affari propri.
Sbuffò e contrasse la fronte piantando le mani sui fianchi. Proprio non capiva.
- Perché? - Chiese infatti ostinato.
Iker si fermò prendendolo per un braccio e obbligandolo a guardarlo, si fissarono fra le auto parcheggiate di tutti gli altri loro compagni e tecnici sportivi che erano sicuramente già entrati nel campo per allenarsi.
- Lo capisci che è innamorato di te? - Provò con calma forzata, in realtà sembrava parlasse con un bambino imbecille. Cristiano infatti lo notò e se ne risentì ulteriormente, imbronciandosi incrociò le braccia al petto.
- Ne sei sicuro? Come fai a dirlo? - Certamente era in una di quelle fasi dove non pensava a quello che diceva, perché altrimenti non avrebbe fatto quella sparata. Iker con pazienza quasi esaurita lo capì e strinse le labbra contrariato, sospirò di nuovo e rispose cercando di non prenderlo di nuovo a pugni:
- Sicuramente te l’ha detto! -
- No. E’ già tanto che facciamo quello che facciamo… il nostro rapporto parla per noi, non ci diciamo mai smancerie simili… - Ed era vero, nonostante il tipo che era Ricardo non era mai riuscito a dirgli che l’amava anche se era così. Forse in cuor suo cercava ancora una sorta di parvenza decente, sapendo che davanti a Dio e per suo figlio stesso sarebbe rimasto per sempre sposato con Caroline. Dopotutto non gli aveva mica fatto niente di male, lei, anzi… continuava a dimostrare enorme pazienza nella speranza che tornasse quello di sempre.
Iker strinse i pugni domandosi a fatica. Contrasse la mascella e si morse il labbro, poi riprese con pazienza marcata:
- E’ così, fidati. -
- Te l’ha detto lui? -
- Certo che me l’ha detto lui! -
- Con queste precise parole? ‘Sono innamorato di lui’? - Continuava testardamente ad insistere convinto che si sbagliasse e che non fosse possibile e somigliando ad un mastino più che ad un essere umano, il compagno stava davvero perdendo la testa, di nuovo, come solo lui riusciva a fargli fare!
- No, i suoi discorsi sono così contorti e complessi che bisogna impegnarsi e tradurli. La parte sintetica di quello che mi dice è questo. È innamorato di te. -
Cristiano, però, non ci avrebbe comunque mai creduto, nemmeno se spiattellato direttamente dall’interessato. Sapeva essere cocciuto come pochi!
- Ne sei assolutamente certo? - Fece infatti provocatorio.
- SI’! E Dio solo sa perché mai lo sia e cosa diavolo ci trovi di tanto fantastico e amorevole in te! - Esclamò alzando la voce. Cristiano capì che era ora di mollare e di ascoltare il resto del suo ragionamento, quindi tacque seppure platealmente contrario. - Ma ha diritto a sapere che siamo finiti a letto insieme, anche se non ha significato niente perché eravamo ubriachi! E soprattutto… -
Ma lì si fermò non sapendo se potesse effettivamente osare oltre. Cristiano insistette:
- Dì tutto! -
Iker ebbe un vago sentore che non fosse una gran buona idea, ma lo accontentò sapendo che comunque era la pura verità:
- Devi chiarire a te stesso cosa vuoi da lui e cosa provi e poi parlargliene, perché se lo stai solo usando come pupazzo personale non è giusto. In questo caso devi lasciargli vivere la sua vita come ritiene giusto, permettergli di ricostruirsi. Se però provi anche tu qualcosa per lui al di là dell’attrazione fisica… bè, glielo devi dire comunque, è ora che definiate meglio ciò che siete! -
Cristiano divenne un unico nervo teso e stringendo le labbra respirò a fondo. Ne pensò una cinquantina da dirgliene, però alla fine scosse la testa a scatti, come stesse per esplodere, e disse laconico ed incisivo:
- Tu non capisci un cazzo! - Così dicendo si voltò entrando negli spogliatoi ormai vuoti poiché tutti gli altri loro compagni erano già in campo.
Iker lo raggiunse subito e si prepararono in silenzio per cominciare l’allenamento, ognuno convinto della propria ragione e consapevole che non era più il caso di parlarne.
Solo un istante prima di varcare nuovamente la soglia per raggiungere gli altri, Iker prese di nuovo per il braccio Cristiano che lo precedeva di un passo, lo fermò con decisione e lo girò.
- Eh?! - Grugnì sgarbato il ragazzo guardandolo battagliero.
- Se vuoi fare di testa tua, allora dimostragli che ieri sera abbiamo solo fatto semplicemente pace e che ora è tutto a posto fra noi! - Ordinò con un tono che non ammetteva repliche davanti cui perfino l’altro vacillò.
- Perché, mica c’è! - Ma lo spagnolo alzò lo sguardo indicando con un movimento leggero della testa proprio davanti a loro. Sull’erba insieme al resto della squadra che parlava allegramente, c’era proprio Ricardo più sorridente e felice che mai.
Cristiano si girò di nuovo verso il compagno e lo guardò con stupore:
- Che diavolo ci fa? Mica ha ripreso gli allenamenti con noi! - E di questo ne era certo, ma non era ancora molto attivo, dopo la sera precedente, o ci sarebbe arrivato subito.
- Immagino che sia venuto a vedere quanto bene va fra noi! Dopo quello che è successo in giornata… - Non completò la frase riferendosi sia al loro litigio che alla pace serale. E che pace.
Il portoghese si mordicchiò il labbro e si voltò di nuovo verso il campo, Iker lo mollò affiancandolo spiando con lui il protagonista della loro recente discussione, dopo un po’ che lo videro parlare amabilmente con tutti senza nemmeno il minimo pensiero cupo per la testa, il capitano riprese sottovoce:
- Allora, come sono i nostri rapporti, ora? - Giusto per sapere come comportarsi, visto che una scenata in mezzo alla squadra era la cosa meno gradita possibile.
Cristiano sospirò urtato ed esitò prima di rispondere, suo malgrado vedendo il proprio ragazzo contento di essere venuto a trovarli capì che dopotutto il discorso di Iker poteva avere un vago senso logico. Cioè non avrebbe mai ammesso che aveva ragione, però a conti fatti era così!
- Ottimi! Meglio che mai! - E con questo prese un respiro profondo e mettendosi in viso la sua migliore faccia da schiaffi, uscì raggiungendo gli altri.
Iker rimase incuriosito a guardarlo aspettandosi un teatro interessante e non fu deluso. Si stupì profondamente della sua qualità nel cambiare viso indossando una maschera praticamente impeccabile.
Raggiunto Ricardo, Cristiano gli batté la mano sulla schiena, lo salutò allegramente e con entusiasmo tipico suo lo abbracciò davanti a tutti come niente fosse. Certe manifestazioni plateali non se le concedeva nemmeno lui, non se aveva un secondo fine specifico come marcare il territorio su chi gli interessava. In quel caso il suo fine era rassicurare Ricardo.
Vide il brasiliano rispondere all’abbraccio con titubanza e mettersi poi a parlare tranquillamente con lui insieme ad altri compagni di squadra, così sospirò capendo che fra i due quello più complesso e contorto era proprio Cristiano e non Ricardo, sebbene quello più emotivo e quindi quello più facile agli sbalzi di umore fosse il secondo.
“Quello ne ha di problemi…”
Asserì fra sé e sé entrando in campo anch’egli.
Senza pensarci su si diresse a sua volta dai due indefinibili compagni e perplesso si chiese se il loro amico ci sarebbe cascato veramente.
“Tanto…” Si disse stringendo amichevolmente la spalla del loro ospite e interrompendo l’apparentemente serena chiacchierata col fenomeno dell’anno. “è lui quello che li ha, mica io! Che me ne frega a me!”
Conclusione degna.
- Allora, sei venuto a trovarci! - Disse Iker infilandosi i propri guanti da portiere.
Ricardo rispose altrettanto felice di vederlo così disteso e lo notò soffermarsi particolarmente sulla sua guancia colpita il pomeriggio precedente dal pugno di Cristiano.
- Certo, volevo vedere se eravate ancora tutti interi dopo ieri sera! - Rispose andando subito al punto con sincerità. Iker fece fatica a rimanere sorridente e calmo mentre Cristiano parve completamente a suo agio e affiancandolo, ponendosi con lui davanti al brasiliano che li stava scrutando attento, si chiese come diavolo facesse.
Lui la voragine di colpa la sentiva come un terremoto forza nove!
- Ieri sera? - Chiese con una leggera tensione nella voce. Per un momento credette che per assurdo sapesse tutto e si accorse quanto male avessero fatto ad affrontarla in quel modo.
- Certo, ho mandato Cris in missione a scusarsi! - Fece allegramente.
- Ah! - Rispose l’altro guardando il colpevole del misfatto e cercando con lo sguardo un aiuto. - Allora sì, missione compiuta! -
Cristiano lo colpì con un pugno giocoso sulla spalla inserendosi con scherzo:
- Taci, non era cosa da far sapere al mondo… ricordi? La mia reputazione da cattivo… - Con quello il capitano si rilassò e parve dimenticarsi totalmente di ciò che era successo, tenendo solo la parte leale della serata, quella accettabile.
- Suvvia, non devi vergognarti! E’ una cosa bella, mica brutta! - Esclamò circondandogli la schiena con disinvoltura per dimostrare che era tutto a posto fra loro. Cristiano colse l’occasione al volo e gli si appiccicò più che volentieri, continuando a scherzare come niente fosse, fra le risa di tutti che capivano solo la metà del reale significato dei loro dialoghi.
- Sicuri che sia tutto a posto? Non vi siete picchiati di nuovo? - Chiese Ricardo diventando serio nello scrutare con cura il viso del capitano, convinto di trovarci qualche nuovo livido nascosto.
- Tutto a posto! Guarda qua! Liscio come il culo di un bambino! - Sparò Cristiano indicando il viso dell’altro, sembrava non avere davvero niente che non andasse. La sua maestria era ammirevole!
- Grazie per la faccia da culo! - Rispose Iker volendo assolutamente deviare l’argomento, non sapendo però come fare. Non fecero in tempo a dire altro che Ricardo senza pensarci oltre alzò la mano e la pose sulla sua guancia tumefatta dal giorno prima, per assicurarsi che fosse effettivamente tutto a posto, nei limiti del possibile. L’accarezzò con ingenuità e la risata del diretto interessato fu quasi isterica mentre quella di Cristiano più forzata che mai.
- Vero… pensavo ti rimanesse un livido terribile… ma nemmeno lui ha nulla di particolare… evidentemente non ci avete dato giù pesantemente. - Concluse dopo la carezza più interminabile e accurata che si fosse mai vista.
Sembrò una scenetta alquanto divertente, vista dall’esterno, Iker e Cristiano incredibilmente abbracciati e sorridenti con un Ricardo insolito che carezzava la guancia del primo.
C’era proprio da chiedersi cosa stesse succedendo al mondo!
Capirlo non era certamente facile, non lo era per chi viveva quell’assurda situazione, figurarsi per chi non ne sapeva nulla!
Il giorno prima i due titolari litigavano, quello dopo si stringevano come due amici di vecchia data… con in mezzo l’elemento di risaputa proprietà di uno dei due.
Le idee non si sprecarono!
- Andate d’accordo, è importante… e se lo sa il mister… - Ma non riuscì a finire la frase che il diavolo di cui si parlava giunse a destinazione fra i tre che si divisero all’istante come colti in flagrante delitto.
- Se il mister sa cosa? - Chiese incalzante, ridacchiando accattivante.
Era ovvio che sapesse tutto ma vedendo che si erano sforzati di risolverla fuori dal campo e dagli spogliatoi, ed in modo un po’ misterioso anche se immaginabile, decise di fingere indifferenza per il bene comune, anche perché se ci si fosse messo in mezzo anche lui la situazione sarebbe diventata davvero complicata.
- Quanto io ed Iker ci amiamo! - Esclamò con prontezza ammirevole Cristiano, abbracciando di nuovo il portiere con entusiasmo eccessivo. Questi ricambiò con titubanza ma alla fine lo lasciò fare capendo che in quel genere di cose quell’idiota era un maestro.
Il suo problema non era districarsi dai momenti imbarazzanti o complicati, bensì affrontarli dopo ad acque calme, quando andavano effettivamente affrontati.
“Chissà quanto pensa di andare avanti, questo fenomeno da baraccone… “ Pensò Iker lasciando il fenomeno in questione gestire l’intera situazione a modo suo, ancora appeso alla sua spalla. “ignorando le vere pulsioni vitali. Che non sono quelle del suo cazzo, ma quelle che stanno da qualche altra parte!”
L’avrebbe scoperto presto.

Fu l’ultimatum di Iker a farlo decidere.
‘O glielo dici tu o glielo dico io! Così lo stiamo prendendo in giro ed io non ci sto.’
Non era servito a niente gridargli dietro che la loro notte insieme non significava niente, che non c’era nulla fra loro e che non era dunque un vero tradimento, non da raccontare a colui per il quale era nient’altro che un amante, dopotutto.
Gli aveva ricordato che quello sposato fra tutti loro era proprio Ricardo, ma non c’era stato verso.
Aveva esclamato che non importava cosa fossero, comunque qualcosa erano, se non altro per Riky.
Poi la frase finale:
‘E piantala di prenderlo per il culo! Se non vuoi dirgli cosa è successo significa che non te ne sbatte niente di lui, altrimenti vorresti parlargliene! Ne dovresti sentire il bisogno!’
Era stata una frase che l’aveva fatto imbestialire, perché lui pretendeva di sapere tutto di lui e della loro storia, sempre che tale fosse, e poi anche di quello che doveva provare, che doveva fare e dire anche se in realtà non sapeva proprio un cazzo.
Nessuno sapeva mai niente di lui!
Chi credeva di essere, quello?
Solo perché era amico della persona con cui andava letto si credeva in diritto di fargli certi discorsi?
Però l’idea che comunque gli spiattellasse tutto, alla fine l’aveva fatto decidere.
Si ostinava a non ammettere i propri sentimenti né tanto meno i doveri, ma alla fine non avrebbe mai voluto che lo sapesse in modo sbagliato.
Forse in cuor suo non aveva voluto dirglielo semplicemente perché sapeva che anche se per lui non era niente, per Ricardo sarebbe stato importante e ci sarebbe rimasto male.
Sapeva che non sarebbe finita bene, ne era certo, però ormai che c’era doveva andare fino in fondo, togliersi il peso dalla coscienza -o qualunque cosa fosse quella roba che parlava con la voce di Iker-  e sistemare le cose.
Già… ma dopotutto cosa mai c’era da sistemare?
Forse prima di farlo avrebbe dovuto capirlo.
Tuttavia, come nel suo stile, decise di non perdere più tempo e di prendere la situazione di petto.
Quando raggiunse Ricardo in palestra dove sapeva di trovarlo a quell’ora della giornata, con la solita occhiata eloquente fece sparire il fisioterapista che gli lasciò la sala libera.
- Ehi! Che sorpresa! Mica hai litigato di nuovo! - Asserì allegramente Ricardo non avendo la minima idea di che cosa potesse essere, convinto che ogni bufera fosse ormai passata.
Cristiano tirò fuori un sorriso tirato ricordandosi la volta precedente in cui si erano ritrovati lì dentro da soli… il litigio con Iker era stato storico e sicuramente se non fosse stato per lui avrebbero continuato a prendersi a pugni. Quello gli fece venire inevitabilmente in mente anche il motivo di tale scoppio e rimase per un attimo basito e senza parole rendendosi conto che si era trattata di gelosia.
Un tale sentimento devastante da farlo uscire di testa in quel modo… e voleva forse dire che non provava niente per Riky?
- Cris? - Lo richiamò il compagno avvicinandosi zoppicante. Il turbamento sul suo viso fu lampante e si impensierì immediatamente. Quando arrivò a lui gli si appoggiò contro toccandogli il viso in una sorta di carezza delicata. Sapeva di essere solo, a quell’ora non sarebbe stato disturbato da nessuno.
Il portoghese a quel contatto si riscosse come se fosse attraversato da una scarica elettrica e trattenendo il respiro indietreggiò istintivamente. Ricardo rimase di sasso e barcollante rispettò quel suo strano gesto.
In perfetto silenzio attese che parlasse, sicuro che si trattasse di qualcosa di brutto, qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai preventivato fosse così difficile, specie per chi la doveva sparare fuori. Colui che l’aveva presa con tanta leggerezza da non saper dove sbattere la testa ora che era al dunque.
Contrasse la mascella e tirò i muscoli del corpo ora evidenziati più che mai, poi respirò profondamente e si decise mandando sé stesso al diavolo insieme ad Iker e a tutto il resto.
- C’è una cosa che dovresti sapere, penso. - Ricardo capì quanto difficile fosse e non lo interruppe, ma mano a mano che lo ascoltava si sentiva sempre peggio, come se una sensazione sgradevole lo attanagliasse da dentro crescendo a dismisura. - Ieri sera, quando ho fatto pace con Iker. Era difficile e così ho voluto farlo a modo mio. Abbiamo bevuto. Bevuto molto. Troppo. - L’esordio più diretto e semplice del mondo fece puntare subito le antenne dell’ascoltatore in modalità d’allarme. Sapeva il resto, o meglio poteva immaginarlo, ma magari fino a che non l’avesse sentito avrebbe potuto ignorarlo e non crederci. Davvero erano ad un punto simile? Davvero era tutto degenerato? E come?
Eppure se per Ricardo fu difficile ascoltare ogni cosa fino in fondo, per Cristiano fu quasi una tortura dirglielo e non se ne capacitò, convinto che dopotutto non sarebbe dovuta essere così dura, anzi… ma quella sciocchezza stava diventando più complicata del previsto e non sapeva proprio come fare, così semplicemente vomitò il resto fuori senza più pensarci, sparando il proiettile dritto dritto nel petto immobile di Ricardo.
- Riky, siamo finiti a letto insieme. - Ma avere qualcuno che lo prendesse a pugni invece che uno raggelato con dei grandi occhi irresistibili che diventavano repentinamente acquosi e lucidi, sarebbe stato meglio per lui.
Invece dovette affrontare lo sguardo turbato e addolorato di Ricardo che ascoltando quel po’ che rimaneva, si stava spezzando lì davanti a lui. Per colpa sua.
Era stato solo un istante brevissimo, ma tale era bastato per fargli contrarre ogni singolo muscolo, il volto si trasformò in una smorfia specchio di una ferita profonda ed il corpo non si mosse. Rimase immobile senza riuscire a muoversi ed il cervello gli si spense.
Si spense o magari gli disse il necessario per farlo crollare.
“Ecco, non contavi nulla, dopotutto…” Gli occhi gli bruciavano dannatamente ma non sapeva più per cosa aveva voglia di piangere, era tutto un tale casino.
Vedendolo così sofferente e nel panico più totale, Cristiano capì che non avrebbe mai parlato, urlato o picchiato. Non avrebbe fatto niente e quel niente con quegli occhi e quell’espressione che non avrebbe mai dimenticato, era la cosa peggiore che potesse ricevere.
Il problema era che quando si sentiva così, un tale verme strisciante in pieno torto, reagiva come uno tsunami travolgendo qualunque cosa gli si frapponesse davanti, senza pensarci minimamente. Perché lui detestava sentirsi un verme. Lo mandava fuori di testa.
- Riky, sei sposato, vivi con tua moglie, non sa di noi e per carità, sono stato io a dirti di non parlargliene, però non puoi dimenticarti che bene o male la situazione è questa! Non puoi pretendere niente! - Come a dire che non erano assolutamente nulla poiché lui era legato ad un’altra donna.
Come a dire che non era mai stato altro che sesso.
Inghiottì a vuoto e respirò a fatica. Non ce la faceva più, voleva piangere eppure non davanti a lui, voleva gridare ma non con lui, voleva sparire eppure rimanere con lui.
Voleva troppe cose e non sapeva dove sbattere la testa.
Così alla fine scosse il capo e aprì la bocca senza saper cosa dire. Rimase un attimo boccheggiante, poi alla fine dopo un paio di tentativi, qualcosa uscì.
Un filo solo.
- Ho sbagliato io. - Poi con ogni terminazione nervosa che gli rimandava una sensazione più terribile dell’altra, bisogno di ossigeno, di urlare, di piangere, di correre, di esplodere ed una violenza auto inflitta nel trattenersi come un matto, dopo un altro paio di tentativi falliti, riuscì a concludere con fatica immane, con voce spezzata: - Non provavi la stessa cosa. -
E forse sarebbe bastato dirglielo diversamente, dimostrare il suo senso di colpa che in realtà c’era anche se se ne vergognava. Forse sarebbe bastato un semplice ‘scusa, non ero io’, sarebbe bastato un abbraccio… sarebbe bastato qualunque altra cosa, ma non quello, non in quel modo e solo per difendersi dal proprio senso di colpa. Dai propri sentimenti. Però ormai non poteva fare altro che accettare come erano andate le cose e veder Ricardo andarsene camminando male e lentamente, con le spalle ricurve e nel silenzio più totale.
Avrebbe preferito gli desse tutte le colpe, lo insultasse, lo picchiasse. Avrebbe voluto ricevere una sceneggiata colossale e litigarci per bene… ma così no.
Così non reggeva nemmeno lui e rimasto solo diede un forte calcio ad uno degli attrezzi a terra che finì scagliato contro la parete.
Perché aveva passato tutto il dannato tempo a ripetersi che non erano tecnicamente niente e che non poteva avere recriminazione di alcun tipo, ed ora che effettivamente non ne aveva ricevute e se ne era semplicemente andato con tutte le colpe del caso su di sé, si sentiva peggio che mai?
Ora, da solo con sé stesso, avrebbe avuto solo una cosa da fare.
Quello che aveva evitato scappandone a gambe levate.
Fare chiarezza su quello che voleva e che provava una volta per tutte.
Anche se se ne vergognava, se ne aveva paura, se non voleva, se… se avrebbe significato cambiare una parte profonda di sé.
Perché rimanere semplicemente così a guardare Ricardo andarsene e basta, era stata la tortura peggiore.
No, si disse. Non poteva lasciare che semplicemente le cose andassero così.
Ma non lo rincorse.