CAPITOLO VI:
NON PIANGERE PIU’

Suonò e non gli fu aperto.
Sapeva che era a casa, la macchina era in garage e a parte quello ne era sicuro comunque.
Decise di usare la propria copia di chiavi che gli aveva dato ed entrò, al piano terra non c’era nessuno, deserto oltre ogni dire; salì le scale ed andò diretto a quella che sapeva perfettamente essere la sua camera.
Aprì e la vide vuota, quindi si girò verso il bagno adiacente e notò infatti la porta schiusa.
Entrò senza fare confusione o chiamarlo e come si aspettava lo vide nella vasca immerso nell’acqua e nella schiuma.
Tutto completamente sotto.
Per un momento rimase interdetto a fissare la scena.
Se non l’avesse conosciuto avrebbe potuto pensare a qualcosa di allarmante, ma poi emerse come si aspettava facesse e quando aprì gli occhi rossi e gonfi capì che José aveva ragione.
E capì anche cosa ci faceva nella vasca.
Era una cosa che gli aveva detto qualche tempo fa.
‘Quando ho voglia di piangere mi ficco nella vasca e mi faccio un bagno. L’acqua mi impedisce di frignare’.
Sapeva anche quanto fosse contrario al piangere troppo facilmente, anche se per qualche vittoria importante che gli aveva valso una coppa o per qualche sconfitta bruciante le lacrime le aveva versate eccome, aggrappato al collo del capitano o dell’allenatore di turno.
Ma quelle erano cose diverse. Per il calcio si poteva piangere, per le persone no.
Quando la nebbia andò via, a Cristiano venne un colpo autentico e per poco non ci rimase secco.
- C-che diavolo ci fai qua? - Si asciugò il viso dall’acqua, era riuscito a non piangere ma non voleva che sembrasse che invece l’avesse fatto.
Ricardo stava in piedi ad un metro e mezzo da lui e lo guardava aggrottato, era chiaro che cercasse di capire se stesse davvero piangendo, poi si rese conto di quanto comunque strano fosse la sua presenza lì e si ricordò della visita di José… sgranando gli occhi allarmato, chiese subito dopo: - Cosa ti ha detto quello? - ‘Quello’ era il mister e Ricardo lo capì subito.
Senza chiedersi cosa sarebbe stato il caso di dire, parlò spontaneo evidenziando l’unica cosa che gli era rimasta in testa del suo discorso.
- Che stavi piangendo. -
Sulle prime Cristiano se ne seccò. Tutti gli sforzi che stava facendo erano proprio per non piangere, e che diamine! Poi realizzò e aggrappandosi al bordo dell’ampia vasca con idromassaggio -al momento spento-, disse con un filo di voce:
- E sei venuto per questo? - Cioè contava tanto da farlo venire fin lì?
Fu come se improvvisamente tutto si cancellasse, non c’era un prima e nemmeno i suoi propositi e le sue decisioni. Per un momento si dimenticò di tutto, voleva solo parlare con Cris. Tutto lì.
Per un momento non c’era nient’altro.
- Perché non hai combattuto? - Chiese senza avere la minima idea che da una settimana era questo che gli era rimasto maggiormente impresso, il fatto che non avesse litigato per tenerselo e l’avesse lasciato andare in quel modo.
Cristiano non poteva credere che glielo chiedesse proprio ora, dopo giorni d’inferno che aveva passato a contrastare quella dannata voglia di piangere.
Stizzito e con il desiderio di tirargli un pugno per cancellargli quella faccia che continuava a desiderare con tutto sé stesso, si alzò di scatto e tirando tutti i muscoli del corpo per domare qualunque istinto, specie quello di piangere, disse concitato, quasi gridando:
- Non ho combattuto? Non ho combattuto? Tu vieni a dire a me che non ho combattuto, porca di quella puttana? Ma ti senti? Cosa ti sembra abbia fatto da quando hai detto che avevi di nuovo male al ginocchio? Da quando hai cominciato questa tue inesorabile depressione, questo tuo buio assoluto… cosa pensi che abbia fatto in tutto questo tempo? Niente? E mi vieni a dire tu, che vuoi mollare e che ti lagni dalla mattina alla sera, che non ho combattuto? MA VAFFANCULO RICARDO! - Alla fine si trovò ad urlare davvero e non solo. Si trovò a liberare quelle maledette lacrime che aveva fatto di tutto per contenere, perché nessuno se le meritava, tanto meno uno che ragionava a quel modo.
Voleva sparire di nuovo ma rituffarsi nella vasca sarebbe stato da stupidi, quindi rimase lì in piedi coi piedi ammollo e per il resto nudo e gocciolante. I pugni stretti, le braccia tese, l’espressione dura, ferita e fuori di sé.
E le guance rigate di lacrime piccole e silenziose.
Ricardo lo vide asciugarsele con un gesto secco del braccio ma non ebbe molto successo poiché continuarono ad uscire prepotenti.
Una volta liberate, fermarle non era possibile e lo capì in quel momento, quindi si girò insofferente dandogli la schiena.
Era così importante non mostrarsi debole e ferito fino a quel punto?
Ricardo ne rimase turbato ma ancor di più annientato.
Non poteva sopportare di averlo fatto piangere e ridotto in quello stato.
Non poteva proprio e con un uragano che si agitava dentro e la sensazione di essere la peggiore persona del mondo e di essere anche incapace di rimediare a quello, si arrese a rimanere così com’era per il resto della sua vita, a qualunque costo, con qualunque conseguenza. Perché finché si trattava di star male da solo e subire lui in prima persona delle ipotetiche punizioni per le cose brutte e sbagliate che faceva, era un conto, ma quando a star male come non mai era qualcun altro, qualcuno che non si meritava tale sofferenza e soprattutto che lui amava dal profondo, allora era diverso.
Era decisamente diverso.
Diversissimo.
Non ragionò più e forse avrebbe dovuto evitare di farlo molto prima.
Si tolse le scarpe e veloce come una folata di vento entrò nella vasca a sua volta, lo cinse da dietro con delicatezza e se lo trascinò giù.
Non lo girò verso di sé, rispettò la sua volontà di non farsi vedere, però si immerse con lui nell’acqua e dimenticò di essere vestito, dimenticò che stavano bagnando tutto perché in due l’acqua straripava, dimenticò tutto.
Cristiano credette di essere in uno dei suoi sogni, non si mosse, non lo contraddisse, non si ribellò e nemmeno respirò. Si lasciò completamente fare, come fosse creta nelle mani di un artista.
Si abbandonò al suo abbraccio e si cullò in quella posizione. Però perché le lacrime non volevano smettere?
Capì che continuava a scuotersi sommessamente proprio per i singhiozzi che ora erano aumentati e che non aveva la minima idea di come fermarsi.
Furono le mani di Ricardo che si spostarono dal suo torace al viso, ad aiutarlo.
Gli coprì gli occhi con delicatezza e fu allora che finalmente riuscì a calmarsi e smettere di piangere.
Si sentì quasi istantaneamente meglio, come se riuscisse a respirare a pieni polmoni dopo molto tempo d’apnea e capì cosa gli stava dicendo.
Lo capì ancora prima che glielo dicesse ma sentirlo lo stesso, con quella calma e serenità senza pari, fu balsamo…
- Scusami, non riuscivo a vedere quanto ti stavo ferendo. Non potrei mai sopportare le tue lacrime per causa mia. Non piangere più… - Attese che Cris smettesse di scuotersi, quindi quando capì che aveva smesso di piangere, gli tolse la mano dagli occhi e gli girò appena il viso con calma e sicurezza. Non sembrava più nemmeno lontanamente lo stesso ragazzo cupo e depresso di quei giorni, quello che fragile era rimasto schiacciato sotto le proprie emozioni negative e devastanti.
Era luce quella che Cris vedeva nei suoi occhi neri, era serenità quell’espressione sorridente, finalmente sorridente.
Non stava ridendo, aveva solo le labbra leggermente piegate verso l’alto ma nel complesso il suo viso era di una dolcezza e maturità inauditi e Cris si rilassò del tutto sciogliendosi in quel calore bellissimo. Trovò infatti le sue mani, ora dentro l’acqua, ed intrecciò le dita, poi parlò… oh, l’avrebbe ascoltato in eterno, con quel tono pacato e tranquillo:
- E’ che ci sono volte in cui cado e ferisco chi ho accanto senza rendermene conto, divento egoista e perdo di vista le cose veramente importanti. Non voglio ferirti e farti star così male per seguire la strada giusta. Nemmeno questo Gesù mi perdonerebbe. Andremo avanti insieme in qualche modo, va bene? -
Cristiano in quel momento si sentì molto piccolo e rimase stordito di quella seconda versione di Ricardo diametralmente opposta a quella che aveva visto in quegli ultimi giorni, ubriacante, sconcertante e sconvolgente. Roba da schizofrenia!
Suo malgrado dopo il primo momento di stordimento, dopo averlo osservato nei dettagli ed essersi perso nel suo viso rilassato e sereno, si allungò verso di lui per quel po’ che rimaneva fra loro e posò le labbra sulle sue.
Risentirle vive che rispondevano al suo bacio, sentirle schiudersi, ricevere la lingua che si intrecciava alla sua, muoversi l’uno nell’altro in sincronia e simbiosi.
Gli era mancata quella fusione, quel piacere vicendevole, quell’esservi davvero e non solo darsi passivamente.
Gli era mancato tutto ma soprattutto lui.
Cristiano rimase fermo e passivo a baciare il compagno per circa mezzo minuto, dopo fu come se un interruttore venisse acceso e spostandosi si girò fra le braccia protettive di Ricardo appoggiato al bordo della vasca ampia e comodissima. Era ancora vestito e probabilmente questo dava fastidio all’altro che prendendogli il viso fra le mani continuò a baciarlo più impetuosamente mettendosi in ginocchio. Era leggermente più alto di lui in quel modo e riusciva ad avere la sua bocca completamente, proprio come piaceva a lui.
Mentre i baci continuavano impetuosi, le mani scivolarono giù dal viso e cominciarono ad occuparsi con impazienza crescente dei vestiti del compagno.
Fortunatamente indossava solo una camicia, la stagione in cui erano non era così fredda e Cris ne fu lieto.
Slacciati i bottoni gliela fece correre lungo le braccia e nell’aiutarlo Ricardo si tirò in avanti con il busto, per permettergli di togliergliela anche dalla schiena.
Lo riadagiò all’indietro spingendo appena col capo mentre lo baciava e l’altro l’assecondò puntando i piedi ed alzando il bacino.
Questa volta dovettero separarsi e le labbra pulsarono vogliose di riprendere il bacio interrotto.
Cristiano fu veloce quanto più poté, considerando che indossava dei jeans che per fortuna non erano molto stretti.
Gli tirò via con essi anche i boxer e quando fu finalmente libero si riadagiò su di lui beandosi della sensazione che gli dava la sua pelle contro la propria. Nell’acqua poi era ancora più bello.
Purtroppo tutta quella schiuma non permise di fare altro se non uno sfregarsi continuo l’uno sull’altro, ma Ricardo ne fu più che appagato infatti glielo fece capire cingendogli il collo con le braccia e stringendolo a sé più che poté. Si lasciò scivolare giù in modo da stendersi, quando anche Cristiano si fu sistemato meglio quasi come fossero in un letto, gli allacciò le gambe intorno al bacino per averlo ulteriormente contro di sé.
Sentirono le rispettive erezioni strofinarsi a diretto contatto, sentirono eccitarsi, sentirono la voglia crescere, sentirono il sentimento intatto e forse anche più forte di prima, sentirono che con tutto quello che provavano l’uno per l’altro non potevano proprio evitare di viverlo. Non potevano più.
Fu Cristiano sulla sua bocca a dirlo in un raro momento di semi lucidità.
La sua voce era roca e profonda carica di desiderio e Ricardo rabbrividì:
- Ormai è troppo tardi per lasciarci. Non possiamo più evitare di stare insieme e vivere tutto questo finché possiamo. Ormai non possiamo più smettere. -
Ricardo non avrebbe potuto dirlo meglio ma sapere che anche lui lo pensava e sentirglielo dire in quel modo intenso e coinvolgente, lo scosse nel profondo con l’assoluta chiara e limpida consapevolezza che era così.
- Che Dio mi perdoni, ma io ormai non posso stare senza di te. È a questo punto che sono arrivato. Ci ho provato a seguire la strada giusta ma non è possibile, non ce la faccio perché se so che tu piangi per me non posso, non posso proprio. E quindi che Dio mi perdoni davvero, ma io ti amo e non riesco a non vivere tutto questo con tutto me stesso. -
Gli occhi di Cristiano bruciarono di nuovo ed infatti dopo averli aperti per guardarlo da quella vicinanza ubriacante, li richiuse stretti e fuggendo dal suo viso e dalle sue labbra, si nascose contro il suo collo accoccolandosi nel suo caldo abbraccio.
Si sentiva di nuovo così piccolo… ma le carezze di Ricardo furono quanto di più dolce e ristoratore potesse esserci.
Ormai non importava più niente, c’erano dentro ad un livello tale che non c’era spazio per ragioni e torti ma solo per loro stessi e ciò che provavano.
Quando si fu calmato Cristiano tornò ad alzarsi e rimase spiazzato nel rivedere il suo sorriso e questa volta radioso e contagioso come lo ricordava, lo stesso di cui si era innamorato quando l’aveva visto.
A quello non poteva proprio rinunciare ed in risposta gli sorrise allo stesso modo, con ancora gli occhi lucidi ed emozionati.
Ricardo appoggiò la fronte alla sua e rimase a fissarlo così per un po’, occhi negli occhi, sorridendo. Infine sospirò e concluse.
- Ormai non ne posso più fare a meno. -
Il sorriso orgoglioso di Cristiano si allargò ulteriormente, stava illuminando tutta la Spagna.
- Non sai quanto ne sono felice! -
Ricardo rispose divertito:
- Si vede benissimo! -