*Riky tende a pressare tutto, soffocare, ignorare, si sforza di fare ciò che pensa sia giusto per chi lo circonda, per Dio, per la famiglia, per la società, perchè cerca l'accettazione e pensa che sia giusto così, ma poi essendo lontano da ciò che è e che vuole davvero, esplode e fa quel che sente nel profondo. Lentamente il rapporto con Cris lo sta portando a guardarsi in faccia, ma non è facile per uno che vive in quel modo e dopo un periodo di negazione, torna lì a fare ciò che in precedenza aveva già fatto. Perchè questo è il suo canone d'azione, può modificarsi, può sforzarsi, ma non può cambiare davvero. La pazienza di Cris aveva davvero del sovrannaturale. Buona lettura. Baci Akane* 

 

12. CANONE D’AZIONE

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Quello doveva rimanere un momento, mi dissi in seguito una volta tornato in me e lucido. 
Ero in uno stato di debolezza e quindi avevo desiderato cose inappropriate, proprio come in passato quando era successo con Andry. Infatti anche in quel caso mi ero trasferito da poco dal mio continente natio. 
Cambiare così tanto e drasticamente mi faceva quell’effetto, mi faceva sentire perso e mi aggrappavo al primo porto sicuro che arrivava.
Andry e Cris erano quei porti sicuri, sebbene molto diversi fra loro. 
Il giorno dopo pensavo di essere più lucido e vedere le cose con chiarezza. I miei genitori mi avevano cresciuto con valori e principi ben precisi ed io stesso ero molto devoto a Dio e sapevo cosa voleva, altrimenti non avrebbe permesso solo all’uomo con la donna di procreare, ma avrebbe consentito anche a due dello stesso sesso di farlo. Per me era chiarissimo insomma. In quel momento, per lo meno. 
Ormai ero sposato ed avevo un figlio che amavo con tutto me stesso e Carol era perfetta, non mi rendeva infelice dandomi motivo di cercare altro.
Certo a letto non c’era passione ed intesa, andavamo pochissimo insieme ed ogni volta era come se fosse una sorta di dovere da entrambe le parti, credo che anche per lei non ci fosse molto, ma del resto non essendo stati insieme prima del matrimonio a volte è un terno al lotto, può essere che non c’è intesa sessuale fra due. Mi dicevo questo e sicuramente anche lei.
Cristiano aveva solo avuto breccia perché stavo male a Madrid ed in squadra in generale, posto e specificato che non avevo problemi con nessun compagno, né con l’allenatore che all’epoca era Pellegrini. 

Quando rividi Cris il giorno successivo, gli feci il discorso che mi ero preparato. 
Sapevo che non era colpa sua e forse non si era nemmeno accorto di nulla, volevo solo farlo a me stesso ma ad alta voce, così prima di ogni cosa andai da lui che stava facendo macchine in palestra, ero in divisa d’allenamento. Lui era seduto sulla macchina per gli adduttori, apriva e chiudeva le gambe con gli shorts alzati fino all’inguine in modo molto indecente, ma cercai di non notarlo troppo. 
- Cris... - Cominciai traballando, lui non si fermò, continuò ad aprire e chiudere quelle cosce già perfette di cui lui andava fiero. Ci teneva molto al suo corpo, lo curava in ogni dettaglio. 
- Mm? - Fece lui calmo in quella posizione che diventava sempre più porno. - Come stai, meglio? - Ovviamente dopo la serata che avevamo avuto era logico chiederlo. Inarcai le sopracciglia e distolsi subito lo sguardo perché in pratica mi sentivo di non poter non fissare il suo pacco. 
- Sì grazie. Molto. Volevo... volevo ringraziarti per ieri, sai... non eri tenuto a sopportarmi in quello stato e tu sei stato meraviglioso e senza di te non so cosa farei. - Era vero, ero sincero. La parte facile era dire quello, quella difficile era dire quello di cui io avevo bisogno senza essere offensivo o scocciarlo. In realtà Cris non aveva fatto nulla, era tutto un mio problema. 
- Per questo non mi guardi? Perché sono stato meraviglioso? - Chiese Cris fermandosi con le gambe spalancate sempre incastrate sul macchinario. Io sgranai gli occhi fissandolo negli occhi, rosso. Cercai di non scivolare sotto a fissargli le cosce, mi sentivo il cuore in gola, il sangue pressare il cervello in modo indecente, ma non era facile. 
Credo che notò i miei occhi sforzarsi di non scivolare giù e notò anche che poi, invece, impudenti ci andarono. 
Le sue gambe in quel momento tornarono a muoversi aprendosi a chiudendosi mentre i muscoli guizzavano lucidi di sudore, le vene esposte erano così sexy sulla sua pelle liscia e bronzea. Inghiottii teso, le mani nelle tasche erano strette a pugno. Penso che Cris capii in quel momento qual era il mio problema, prima magari non ne aveva avuto certezza e forse aveva cercato di non farci caso, ma in quel momento lo sapeva, in quel momento lo capì. 
- Scusa io... io sono in difficoltà su certe cose che però non sono colpa tua, è un problema che... che mi porto dietro da prima e qua a quanto pare sta tornando, ma non è colpa tua e tu sei solo fantastico con me e se non fosse per te credo che affonderei e... volevo solo dirti che risolverò tutto. - Se non gli avessi detto nulla cercando di sembrare normale non avrei combinato alcun casino, perché cercando di essere chi non ero gli feci capire la verità, una verità inevitabile da vedere se un gay viene a dire ad un altro gay che è etero e che a volte si è comportato da gay ma che risolverà le cose. 
Non avevo detto la cosa in modo chiaro, ma Cris non era stupido. 
Ci avrebbe messo poco a capire e forse l’aveva già fatto. 
Avvampai quando lui smise di muovere le gambe su cui i miei occhi erano fissi ed ipnotizzati, si mise la mano sul pacco e si toccò da solo fingendo di sistemarsi le grazie, mi leccai istintivamente le labbra e sentivo il suo sguardo penetrante sul mio viso. A quel punto prese la stoffa delle gambe degli shorts e tirò ulteriormente in su per scoprire ancora di più le cosce, in quel modo scoprì una parte di inguine che vidi e mi mandò ai matti, letteralmente. 
Mi eccitai in un’ondata di calore istantaneo e sperai che non si notasse, non riuscivo a staccare gli occhi dal suo pacco e da quel che vedevo. L’avevo visto nudo, anzi, era stato nudo con me spesso, ma mi ero sempre sforzato di non guardarlo, mi ero sempre girato dall’altra parte o scappato in qualche modo, consapevole che con lui poteva finire male, che lui lo potevo desiderare. Era andata così subito, anche se all’inizio, inconsapevole del pericolo, in camera con lui l’avevo guardato e sapevo com’era nudo. Lo sapevo molto bene. 
Era bello, era perfetto e forse non era la creatura sessualmente più dotata a riposo, ma quando era in tiro era perfetto e l’avevo visto in tiro una di quelle notti estive. 
Tutto nella mia testa vorticava in un istante ed io ero lì bloccato davanti a lui che si toccava e mostrava e faceva cose strane, in silenzio, davanti ai miei occhi. Io nel panico. 
- Sicuro che le risolverai? E se invece non sono cose che puoi risolvere, se invece non è un problema quello che cerchi di risolvere? Se invece va bene e lo devi solo accettare? - 
Quello fu l’unico dialogo che ebbi con lui senza chiarezza, Cris era sempre dolorosamente diretto quando parlava, ma in quel caso fu indiretto e sibillino, ma comunque molto chiaro. Lo fece per me, per permettermi di prepararmi al dialogo vero che avremmo avuto presto e lo sapevo che l’avremmo avuto.
In quel momento non risposi. Scossi il capo e scappai da lì letteralmente, non sapendo come fare, cosa fare.
Per fortuna fuori pioveva e faceva freddo, per cui mi immersi nella pioggia e tutto andò meglio in un attimo. Almeno i miei bollenti spiriti davvero tanto bollenti. 

Mi aveva provocato perché aveva capito che ero sessualmente attratto da lui, che ero gay. Forse prima l’aveva sperato e sospettato, ma gli avevo dato conferma con quello stupido discorso evitabile. 
Mi ero dato la zappa sui piedi da solo, ma ci potevo fare poco, solo raccogliere. 
Raccolsi, però, la pubalgia che mi tenne fermo un mese e mezzo che si trasformò in quasi due mesi alla fine per ragioni di sicurezza. 
Quando venni a sapere che avevo la pubalgia, che quei fastidi insistenti all’interno coscia e all’inguine erano provocati dalla pubalgia, non la presi male.
La situazione con Cris era strana ormai, lui era come in attesa di parlarne apertamente di quella cosa, come se sapesse e mi aspettasse al varco, prima o poi sarebbe uscito di nuovo tutto quello. Io dal canto mio avevo preso ad allontanarmi un po’ non sapendo come fare, mi ero per l’ennesima volta eccitato un sacco e pur provando ad usare Carol per sfogare gli ormoni, non era proprio la stessa cosa. Non ci riuscivo, non era un orgasmo completo ma molto pilotato dalle fantasie che mi venivano pensando a Cris. Non ce l’avrei mai fatta e quando mi dissero che avevo la pubalgia, fu una specie di tragedia, ma non sapevo che era solo la prima di una lunga serie in quattro anni lì a Madrid. 
Emotivamente fragile, in una situazione di stallo totale sia a livello personale che professionale, la presi molto male, come se fosse il punto di non ritorno, la famosa ciliegina sulla torta. 
Mi mancava una roccia, un punto di riferimento, quella cosa incrollabile che mi rendeva comunque felice a prescindere da tutti i disastri che mi potevano capitare.
Sapevo che doveva essere Dio, ma non trovavo quel conforto in Lui e mi sentivo in colpa anche per quello, oltre che per tutte le altre cose. 
Infatti come prima cosa dopo il medico corsi in una cappella a piangere e pregare. Ovviamente la cappella era cattolica ed io sempre stato evangelico, però non era un problema, era lo stesso Dio per cui mi inginocchiai sotto la sua croce, quel giorno, e piansi lacrime amare chiedendo aiuto, pregai ed invocai la sua benedizione, ma non mi aiutava più. Non sentivo nulla, in quel momento, solo buio e smarrimento. 
Non ce la facevo, non mi sentivo meglio anzi, mi sentivo peggio perché in Gesù non avevo trovato il conforto che avrei dovuto. 
Nella mia testa era la fine del mondo perché mi privavo di quella che era la mia reale natura solo per non deludere Gesù ed il risultato era che comunque non riusciva ad aiutarmi, per cui il mio sacrificio non serviva a nulla. Stavo affondando e anche se capivo che stavo vivendo troppo male la cosa, non riuscivo a trovare un modo per risalire.
Così uscito dalla cappella con ancora gli occhi gonfi e pesti di lacrime solo sospese, mi avviai a casa. Non volevo andare a casa in quelle condizioni da Carol e Luca, non sapevo come spiegare come mi sentivo, che era una somma di tutti i mali che mi stavano capitando, specie perché una parte era la mia sessualità che tornava a far capolino. 
Davanti al cancello, prima di entrare dentro e parcheggiare, mi fermai a guardare la casa gigantesca di Cris, lui era in casa. In qualche modo aveva aperto il vaso di Pandora, il vaso da non aprire. 
Senza rendermene conto, girai la macchina e andai da lui, suonai al citofono esterno e mi aprì subito. Entrai, parcheggiai e suonai alla porta. Non sapevo come mi sentivo, cosa volevo fare e perché. Sapevo solo che in qualche modo lui centrava o forse no. Forse sapevo che lui poteva essere il solo ad aiutarmi, forse volevo questo da lui. Aiuto. 
O forse ero stufo di trascinarmi in una menzogna che stava diventando sempre più grande e di privarmi di ciò che mi faceva stare bene, della mia natura, di ciò che ero. 
Cristiano mi aprì con una faccia un po’ strana, ovviamente mi aveva visto al citofono ed in quel momento era solo perché era quasi sera, la governante non c’era più.
Quando vide la mia faccia piena di lacrime appena versate capì che era successo qualcosa, visto poi che lo evitavo da un po’. 
- Riky? - Chiese vago. A quel punto le lacrime tornarono prepotenti a far capolino e scuotendo il capo con una disperazione che mi faceva sentire annegato, entrai, gli presi il viso fra le mani e proprio com’era ormai nel mio stile, dopo aver pressato l’impossibile dentro di me, esplosi nel modo più vero e spontaneo e, semplicemente, lo baciai. Un deja-vu esplose dentro di me mentre le nostre labbra combaciavano rimanendo ferme così a scaldarsi. Io che baciavo in un modo simile Andry. 
Era il mio canone d’azione. Io ero quello, mentre baciavo Cris senza aprire le labbra ed andare oltre quel contatto, capii che ero fatto così e potevo solo accettarmi, dovevo farlo per non affondare ancora. 
Naturalmente Cris non era Andry ed in quel momento, con le labbra premute sulle sue, lui le aprì e mi violò con la lingua tirandomi dentro in casa sua, mi girò e mi spinse contro una parete e con una passione che esplose da parte di entrambi, alimentò la miccia invece di spegnerla. In un attimo avevamo le nostre lingue a giocare insieme nelle nostre bocche unite ed aperte che si fondevano in un gioco erotico carico di calore e desiderio. Le sue mani sul mio corpo ad aprirmi la giacca frettoloso per infilarsi sotto la maglia e poi a toccare la mia pelle, sui fianchi e sulla vita. Solo quel bisogno di un contatto profondo, per sentirci realmente. 
E ci sentimmo, fui attraversato dalla più violenta delle scariche elettriche e dopo mi dissi che magari fu per la lunga astinenza, ma il punto era sostanzialmente uno. 
Io ero quello. Non avevo passato una fase cadendo in una buca per errore, perché giovane e fragile. Io ero esattamente quello e prima o poi avrei dovuto accettarlo per il mio bene e quello di chi avevo intorno. 
Avevo anche io il bisogno di toccarlo, sentivo di voler fare sesso con lui ma il ricordo dell’ultima volta in cui mi ero perso con un uomo tornò prepotente a massacrare la mia anima e scuotendo, proprio mentre le mie dita puntavano all’elastico dei suoi pantaloni, lo spinsi via scuotendo la testa nel panico, mentre piagnucolavo ansimante: 
- No non posso, Santo Cielo, non posso... - ma appena lo ebbi ad un metro da me, scombussolato e incredulo, mi sentii le ginocchia piagare e così scivolai giù con la schiena contro il muro, mi nascosi il viso con le mani e rimasi lì drammaticamente chiuso in me stesso a piangere. - Non so cosa sto facendo Cris... io sono perso, completamente perso... perdonami, sono fuori di me, ho saputo di avere la pubalgia e devo stare fuori un sacco di tempo e... - 
In quel momento poteva respingermi duramente e dire di chiarirmi le idee e tornare solo dopo, oppure poteva avere una pazienza infinita, la pazienza di un Santo, e prendermi per mano, condurmi in casa sul suo divano, avvolgermi in un piumino caldissimo e darmi una cioccolata calda istantanea che faceva schifo, ma aveva il potere calmante tipico di quella bevanda. 
Cris fece così, mostrando un lato di sé che non avevo ancora visto perché un conto era essere carini e pazienti quando un amico si sfoga e piange per motivi calcistici, un altro è esserlo quando ti fa credere di volerti, ti stuzzica, ti bacia e poi ti respinge. 
Ero stato super altalenante e non meritavo ancora compassione e dolcezza, eppure lui capì. Capì che ero davvero in uno stato emotivo troppo fragile per fare scelte così importanti. 
Non me lo chiese in effetti. 
Quella sera parlammo, quella sera mi aprii con lui come ancora non avevo fatto confessandogli segreti inenarrabili che volevo solo seppellire dentro di me in modo definitivo per percorrere la famosa retta via e far felici Dio e la mia famiglia. 
Quella sera gli raccontai tutto, raggomitolato in un angolo del suo enorme e comodissimo divano, sotto al suo piumino, con la cioccolata calda in mano che rendeva tutto più facile.