CAPITOLO IX:
CORAGGIO
 


Era come correre su un filo spinato, non avevi molto spazio per il piede e ovunque lo posassi ti ferivi, l’unica cosa che potevi fare era cercare di rimanere in equilibrio per non cadere.
Eppure ultimamente a questo delicato esercizio gli si era aggiunta un’ulteriore difficoltà: non solo camminare in equilibrio sul filo spinato, ma anche portarsi un peso sulle spalle e non un peso leggero, tanto meno uno di poco conto che anche se facevi cadere non aveva importanza poiché contava solo che tu andassi avanti.
Il peso che Cristiano si stava portando sulle spalle era la causa del suo fare l’equilibrista autolesionista.
Il punto era che se l’era scelto lui quel percorso e quel compito, avrebbe potuto far finta di nulla e lavorare nel suo, come aveva sempre fatto, invece si era messo in testa di tirarsi sulle spalle Ricardo e di portarlo con sé sulla cima, passando per quel percorso irto di difficoltà.
Certamente tutti avrebbero fatto a gara per potersi portare il Ricardo che tutti avevano sempre conosciuto, il ragazzo solare, allegro, dolce e generoso che per lo più la gente vedeva. Pochi però avrebbero voluto avere a che fare con QUEL Ricardo.
Quello depresso, emotivamente a pezzi che vedeva nero e non riusciva a venire a galla.
Nessuno avrebbe mai voluto stare con lui in quel momento buio dove era un nulla finire giù a sua volta o stufarsi e mandarlo a quel paese.
Cristiano l’aveva fatto e con testardaggine proseguiva facendo tutto ciò che serviva.
All’inizio era stato solo un percorso duro, poi via via era stato sempre più in salita con nuove difficoltà.
Al momento attuale era là che se lo portava addosso pur di non lasciarlo indietro, ostinato a non mollarlo come l’altro voleva e nel tenerselo con sé a tutti i costi.
Perché Ricardo viveva tutto al cento percento così come la gioia ed i momenti sereni, allo stesso modo quelli negativi e difficili. Era così capace di trasmettere tanta luce accecante a chi gli stava accanto, quanto il nero più assoluto e cupo.
Questo era Ricardo e nonostante spesso e volentieri Cristiano avesse avuto l’istinto di lasciar perdere e seguire la sua richiesta inconcepibile di smettere con quella relazione poiché non era un buon momento, alla fine con testardaggine aveva sempre deciso da sé cosa voleva ed era tornato ogni volta.
Ora era probabilmente nel punto più complicato, Ricardo dopo lunghi mesi di stop per l’operazione al ginocchio che l’aveva fermato ulteriore tempo addietro, era tornato e dopo appena un piccolo volo era tornato ad affondare sentendosi oltre che indietro e fuori forma, anche con nuovi problemi al ginocchio.
Questo l’aveva convinto repentinamente che non sarebbe più potuto tornare il giocatore di un tempo, che ormai era sulla via della fine, che il suo ginocchio doppiamente operato era irrecuperabile e che la forma persa era comunque andata.
La caduta definitiva sarebbe stata un salto. Un passo falso. Una frase sbagliata. Un momento lasciato solo. Una sciocchezza qualunque.
Cristiano se ne era reso conto e con convinzione aveva deciso che ora più che mai non poteva dargli retta nei suoi momenti autodistruttivi dove non voleva vedere nessuno perché si convinceva che era tutto finito.
Mollare proprio ora sarebbe stato sbagliato e questo per il semplice fatto che lui si stava innamorando di Ricardo e di certo non poteva essere una persona finita colui che si prendeva i suoi importanti sentimenti.
Ecco perché non l’avrebbe mai mollato, a qualunque costo.
Perché ormai tutti gli stavano alla larga vedendolo sempre più cupo e serio, ma Cristiano era quello che ad ogni incontro gli andava davanti e lo incoraggiava caricandolo positivamente, era quello che cercava di farlo ridere sempre, che non lo mollava mai e che si assicurava non stesse mai solo.
Era quello che testardamente se lo portava in groppa camminando al suo posto sul filo spinato da equilibrista per raggiungere la cima insieme.
Così anche quel giorno ad incontro cominciato da poco Cris gli andò davanti e mettendogli le mani sulle spalle lo guardò incoraggiante ed indulgente, poi gli disse premuroso e apprensivo:
- Seguimi che ti aiuto io! - Che era un ‘ti lancerò a rete’, ‘ti metterò nel gioco’, ‘mi inventerò qualcosa per te’ ma anche un ‘sono sempre con te’, ‘fidati di me’, ‘ci penso io a te’.
Nessuno voleva averlo in campo in quel periodo in cui non arrivava più, nessuno voleva passargli la palla, nessuno voleva averci a che fare. L’unico che l’avrebbe sempre fatto era Cristiano e convinto che prima o poi ce l’avrebbe fatta e sarebbe tornato il ragazzo per cui si era perso, quello che dava sorrisi a tutti sempre e comunque, non avrebbe mai mollato.
Aspettava solo il ritorno del suo Ricardo.
Ne era certo così come quando si sentiva il miglior campione del momento.
Il flebile sorriso poco convinto di Ricardo non lo buttò per niente giù, poteva dire e fare quello che voleva, non l’avrebbe mai lasciato indietro.