DISCLAMAIRS: i personaggi sono reali e quindi, purtroppo, non miei ma di loro stessi, ciò che scrivo è frutto della mia fantasia e non realmente accaduto.
NOTE: questo altro non è che una specie di omaggio a quello che è stato il mio primo giocatore preferito, ovvero Andriy Shevchenko, che io amerò sempre comunque.  
Di recente ho saputo che dopo gli Europei del 2012 Sheva lascerà il calcio giocato e la cosa mi ha rattristato poiché ho ripensato a come gli sono andate le cose dopo il Milan. Così siccome io ho sempre pensato che fra lui e Kakà ci fosse stato un passato insieme che non ho mai avuto il coraggio di scrivere perché poi è evidente come sia finita, ora ‘male per male‘, mi son detta, ‘perché non scriverlo?’
La storia si basa sulla reazione di Riky alla notizia che Andriy mollerà il calcio giocato, di conseguenza è ambientata al momento attuale, lui è fermo per il proprio ginocchio. Sta già con Cris.
Cosa hanno in comune Mourinho e Kakà? Shevchenko! E Shevchenko e Mourinho? Il Chelsea… ebbene sì, mister Mou è stato l’allenatore di Andriy! Al che mi son voluta informare sui loro rapporti ed ho scoperto un sacco di cose interessanti, del tipo che all’inizio i due si apprezzavano, poi quando hanno cominciato a giocare insieme lentamente hanno preso a detestarsi fino a giungere ad una situazione insostenibile. Molti sono gli articoli che ho letto ed ho riflettuto: alla fine José non andava d’accordo con Andriy, ma all’inizio le parole che aveva detto su di lui erano le seguenti:
"Oggi è il giorno in cui un sogno diventa realtà. Andriy è sempre stata la mia prima scelta per il Chelsea fin da quando sono arrivato. Prima non era possibile, adesso questo è realtà.  Il Milan è un grande club, un grandissimo club, è stato difficile per loro lasciarlo andare".
Ed io non ho potuto non provare a tirare fuori qualcosa anche da lui.
Questa altri non è che la mia personale versione dei fatti. Quella che per me è stata la storia. Naturalmente ho molta fantasia, però è così che la vedo io (e che mi piace vederla).
Buona lettura.
Baci Akane

UNA STORIA FINITA MALE

andry andry-jo andry-riky



“Ho bisogno di un altro posto
Là sarò in pace
Ho bisogno di un altro mondo
Questo è quasi andato
Ho ancora molti sogni
Non vedo più la luce
Ho bisogno di un altro mondo/
Un posto dove posso andare
[…]
Mi mancherai…”

/Another world - Antony and the Johnsons/
Ricardo era seduto ad aspettare il suo turno per entrare a parlare col medico riguardo sempre il solito argomento.
Tuttavia quella volta il motivo della sua insolita cupezza non era la salute del ginocchio come ormai era da un po‘ di tempo, c’era ben altro che l’aveva oscurato e non si trattava di una piccola nube passeggera come capitava ogni tanto, quella che ora albergava nel suo sguardo era un nuvolone enorme, nero e minaccioso che girava con le correnti tempestose più forti mai viste.
Qualcosa che non si vedeva spesso in nessuno, soprattutto in lui.
Quando l’infermiera venne a scusarsi per l’attesa dicendo che il dottore era stato chiamato d’urgenza e se lo poteva aspettare, il ragazzo mugugnò con fare totalmente opposto al suo solito e quando la donna corse via chiedendosi se non avesse sbagliato persona, subito fu interrotto di nuovo da una voce familiare e decisa:
- Notizie brutte? -
Ricardo si girò di scatto e quando vide l’allenatore non si distese in alcun sorriso di saluto come faceva di solito, nemmeno parlò, in effetti. Fece un cenno col capo negando, allora José si sedette trovando il suo atteggiamento oltre che strano ed insolito, davvero allarmante.
- Sei già entrato? - Scosse di nuovo la testa.
- Perché diavolo non c’è Cris? Mi farebbe da traduttore e per una volta oltre che a segnare sarebbe utile per un’altra cosa! - Disse con la sua ironia maligna intenzionale; non aveva assolutamente niente contro Cristiano, anzi, lo apprezzava molto sotto ogni aspetto, però amava scherzare su di lui -e con lui- in quel modo. Solitamente Ricardo lo difendeva in modo delizioso.
All’ostinato mutismo che non era davvero da lui, José si preoccupò seriamente e guardando oltre il ragazzo notò un giornale sportivo chiuso sulla sedia accanto.
Lo prese e lesse veloce il sommario cercando di capire perché fosse così cupo e fu subito colpito da un titolo, capì subito che l’articolo dovesse essere il colpevole del suo pessimo umore, del resto era bastato il nome del calciatore…
Andriy Shevchenko ed il suo annuncio di addio al calcio dopo gli Europei del 2012.
Aprì svelto sulla pagina indicata e scorse con sorpresa.
- Cavolo, che notizia! Capisco perché sei così… - Quando però si trovò a doverlo definire non trovò la parola giusta, anzi, in realtà si sentì proverbialmente spiazzato per colpa dello sguardo con cui ora il giovane lo fissava.
Semplicemente sembrava stesse per scoppiare a piangere, angoscia allo stato puro.
Non disse niente e così José capì che era davvero un oracolo visto che era arrivato nel momento giusto. Sì, giusto per lo scoppio!
- Era da immaginarsi che sarebbe successo da un momento all’altro… dopotutto è come se si fosse già ritirato da tempo… e poi l‘età ormai è quella… - Stoccata velenosa in pieno suo stile!
Ma anche volendo difenderlo, Ricardo parve impossibilitato a farlo, come se la voce gli fosse sparita del tutto. Forse aveva paura di non reggere un dialogo, si stava trattenendo con tutte le sue forze e non è che ci riuscisse molto bene, in realtà.
José sospirò capendo che farlo visitare dal medico ora sarebbe stato come metterlo su un patibolo, quindi senza pensaci un istante di più si alzò e se lo prese per il braccio trascinandoselo per il corridoio con l’unica intenzione di portarlo via da lì e tirargli fuori uno sfogo decente ed affrontare la cosa.
Camminarono in silenzio per un po’ e Ricardo seguì il mister docilmente senza nemmeno rendersi conto di ciò che stava facendo, quindi quando giunsero in un luogo piuttosto tranquillo ed isolato della clinica dove era certo che non sarebbe venuto nessuno e che avrebbero potuto passare un po’ di tempo in santa pace, lo lasciò per cominciare l’indagine personale.
Per una volta avrebbe dovuto usare i suoi metodi anche con lui, in fondo erano i più efficaci.
- Eravate molto amici? Ora che ci penso avete giocato insieme per un po’… -
In realtà stava andando totalmente ad intuito perché di quella storia non ne sapeva proprio niente, anzi… stava letteralmente cadendo dalle nuvole.
Ricardo sospirò e finalmente mormorò con un filo di voce sottile che confermava l’impressione di prima: si stava trattenendo da uno di quei pianti storici!
- Quattro anni in tutto. -
La sala era probabilmente per le riunioni del personale medico, infatti era fornita di tavolo e sedie e fra il mobilio vario c’era anche un bell’acquario gigantesco pieno di pesci tropicali. José si chiese distrattamente come mai lo tenessero in una stanza riservata ad un numero ristretto di persone piuttosto che in quella d’aspetto, però non ci diede più di tanto peso.
Ricardo si sedette lì davanti perdendosi a guardare l’ampia vasca dove l’acqua limpida era illuminata ed abitata da dei graziosi pesci colorati di piccole dimensioni.
- E’ stato con me due anni quando eravamo al Chelsea. L’ho avuto subito dopo che è andato via da Milano. -
Questo disse molto.
Lasciò del tempo per assimilare la notizia e dopo un po’ che Ricardo ancora non reagiva fissando con occhi assenti i pesci che nuotavano placidi nell’acquario, gli si avvicinò guardandoli a sua volta ma stando molto attento al discorso.
- Quando giocava nel Milan era al suo massimo, non è mai stato più grande in quel modo. Era il mio pallino come giocatore, in quel periodo, solo che pensavo che strapparlo alla sua squadra sarebbe stato impossibile, però è sempre stata la mia prima scelta per il Chelsea e lo volevo a tutti i costi, aveva tutte le caratteristiche che cercavo in un attaccante, era il mio giocatore ideale, una specie di sogno. Sai, forse se non avessi rotto tanto i coglioni per averlo, ora starebbe finendo la sua gloriosa e fantastica carriera al Milan. Penso che quello sia stato uno dei miei pochi errori. - Sorvolando sul fatto che lui ritenesse di averne fatti pochi, di errori, le sue parole colpirono Ricardo come tanti pugni in pieno stomaco e l’ultima stoccata lo raggiunse sul mento stordendolo, dandogli il colpo di grazia. - Andarsene dal Milan è stata la sua fine, dopo non è stato più lo stesso ed io ho assistito da vicino alla sua caduta netta e mentre stavo lì a guardare sempre più infastidito da lui, mi chiedevo cosa diavolo ci fosse di sbagliato, all‘epoca mi ero fatto tante di quelle teorie che non ti dico, in primis colpevolizzavo sua moglie, convinto che fosse lei ad averlo costretto a fare qualcosa che non voleva e che quelle fossero le conseguenze. Però ora, solo ora lo capisco. Sai, al di là di chi poi fosse la colpa veramente, in un certo senso tu è me che devi odiare… scommetto che ce l’hai sempre avuta con lui. -
In fondo non era nemmeno servito che parlasse. Aveva già capito tutto in pochi secondi di silenzi e di sguardi cupi.
Spostò poi gli occhi affilati e penetranti sul ragazzo che parve rendersi conto di dove fosse solo in quel momento. Nel tornare al presente per colpa delle sue ammissioni, Ricardo si spezzò.
José vide chiaramente i suoi occhi scuri come la pece riempirsi di lacrime, quelle trattenute a stento fino ad allora, e mordersi il labbro inferiore.
Stava tenendo il fiato e tendeva tutti i muscoli del corpo, duro e rigido seduto su quella sedia a fissare qualcosa che non vedeva più e a ripetersi le parole dell’uomo. Tutto quello che esse significavano.
José sapeva di stare ferendolo ma non era uno che poteva vivere nella menzogna credendo in qualcosa di totalmente sbagliato come aveva fatto fin’ora senza nemmeno saperlo.
Non aveva mai saputo niente di preciso sul suo ormai ex giocatore e sulla sua vita privata, non aveva mai conosciuto una persona più riservata di Andriy, così si era fatto le sue idee. Per anni aveva creduto di aver ragione ed invece ora veniva fuori che non era per niente così. La verità era proprio un’altra ed ora davanti a quella reazione di Ricardo gli parve tutto fin troppo chiaro e qualcosa di estremamente forte cominciò a muoversi dentro.
Reagì senza nemmeno pensarci, quasi con durezza, come volesse volontariamente ferirlo. E forse era proprio così.
- Lo sai, no? Lo sanno tutti. Quando mi metto in testa una cosa la ottengo in un modo o nell’altro. Non c’è verso di non accontentarmi. L’hai visto anche qua a Madrid… - Si interruppe poi sorrise con amarezza ricordando il pessimo rapporto con l’ucraino negli ultimi tempi a Londra: - Peccato che poi non siamo andati d’accordo! Aveva un carattere molto difficile. - Ricardo pensò vagamente da che pulpito venisse un’affermazione simile, ma non replicò: - Credo che oltre all’incompatibilità di carattere sia stato il suo deprimersi ed il suo spegnersi come giocatore e come persona, ad avermelo reso antipatico. Non ci siamo mai presi e vedendolo andare sempre peggio lo tenevo spesso fuori nonostante l’avessi voluto io e all’inizio fossi stato contento di averlo. - Lo disse nonostante fosse superfluo, ma lo fece per scuotere il ragazzo.
- C’è stata una volta, però… - riprese allora ricordando qualcosa che gli venne in mente solo in quel momento, non sapendo quanto bene o quanto male gli avesse potuto fare dicendogliela. - una volta in cui siamo riusciti a parlare civilmente e come si deve. Eravamo io e lui da soli, era nel culmine del suo buio ed io della mia insofferenza verso di lui. Gli ho chiesto che cosa non funzionasse e lui per la prima volta mi rispose davvero e mi disse una cosa che mi colpì. Disse: ‘non pensavo che potesse mancarmi in questo modo, fino ad annullarmi totalmente’. Non andò mai nel dettaglio ed io non gli chiesi altro, anche perché non me ne fregava veramente, però era chiaro che si riferiva al suo vecchio club. Solo ora so che precisamente si riferiva a QUALCUNO del suo vecchio club. Perché lo sguardo smarrito e angosciato con cui lo disse era identico a quello che hai tu ora, ecco perché solo adesso il mosaico è completo. È stato lì che gli ho proposto di tornare per vedere se riusciva a riconquistare ciò che aveva perso. E non sai quanto mi è costato ammettere che non potevo recuperare un grande campione come lui. È stato un duro colpo per il mio orgoglio ma davanti ad un Andriy che non era più sé stesso, così spento e annullato e che mi dava altamente sui nervi per questo, facendoci quasi prendere a pugni, non ho potuto insistere come normalmente faccio in ogni altro campo. È stata la prima volta che ho spinto qualcuno semplicemente a mollare e a tornare indietro invece che stringere i denti e andare avanti, a scuotersi, a combattere. Peccato che dopotutto non sia servito lo stesso a niente… -
Il resto della storia la poteva solo dedurre, non aveva veramente idea di cosa potesse essere accaduto dopo, ma a giudicare dalle grosse lacrime che rigavano il volto sorpreso di Ricardo capì di aver colpito a fondo proprio come aveva voluto e che qualunque cosa fosse successa, dovesse essere stata davvero dura per entrambi.
Ripensò a quanto si fosse sentito deluso da Andriy dopo aver passato anni ad adorarlo mentre l’osservava giocare al Milan e poi nell’averlo in squadra e constatare che non era più quello che gli piaceva.
Ripensò a tutti gli scontri, anche piuttosto forti, che aveva avuto con lui e a tutti i muri contro cui si erano scontrati vicendevolmente, alle volte in cui si era chiesto cosa diavolo ci fosse di sbagliato, perché i sette anni precedenti era stato quel fuoriclasse pazzesco che aveva incantato tutti ed ora in un anno si era spento trasformandosi a quel modo, a come si era arrabbiato furiosamente e alle frustrazioni che aveva provato.
Ripensò ad ogni cosa ed ora che aveva la risposta in quel ragazzino lì davanti che frignava come un bambino dal cuore infranto, si rendeva conto che contro certe cose non poteva niente nemmeno lui, per quanto la cosa gli stesse sulle palle!
Ricardo era la causa di uno di quelli che aveva, sotto sotto, sempre considerato un proprio fallimento: la caduta di un grande campione.
Certo all’epoca non si era mai girato indietro e non ci aveva pensato due volte a tenerlo in panchina, a dare la colpa ad Andriy, a litigarci e a criticarlo duramente alla prima occasione, ma nel profondo gli aveva sempre urtato da matti il fatto di non essere riuscito a tenersi il famoso Sheva, il Re dell’Est, ed anzi di aver magari contribuito in qualche modo al suo calo, cosa che non aveva mai voluto ammettere.
Si chiese come dovesse sentirsi ora e si rispose che vista da fuori quella poteva sembrare una specie di vendetta… di fatto aveva detto delle cose intenzionalmente difficili da digerire e l’aveva fatto consapevole che gli avrebbero fatto male. Voleva farlo reagire, vero, ma magari dopo aver capito che la causa più o meno indiretta della perdita di una stella e della propria chiusura non proprio splendente col Chelsea, era Ricardo, semplicemente aveva voluto sfogarsi e dare una piccola stoccata laddove sapeva l’avrebbe ferito.
Non poteva escludere questa seconda versione dei fatti, era onesto con sé stesso. Però ormai il passato era passato e ad essere onesti il suo periodo coi Blues non era andato poi così male, anche se era finito in quel modo amaro. Amaro, dopotutto, quanto lo era stato per Andriy.
Una sorta di pareggio, tutto sommato.
Però ora era lì, ad allenare il Real Madrid e guarda caso proprio la famosa causa della sua rottura con quello che aveva sempre considerato una specie di sogno, Andriy il Re dell‘Est.
Cosa avrebbe dovuto provare? Tornò a chiederselo ma nonostante capisse che per i suoi canoni avrebbe dovuto provare anche un certo piacere nell’avergli spiegato perfettamente tutti i vari retroscena facendolo sentire in colpa fino a farlo star male, ora vedendolo piangere mentre lo guardava smarrito e addolorato si sentì solo un perfetto stronzo.
Uno di quegli stronzi colossali.
Ora il suo giocatore era Ricardo ed il passato era passato, sebbene per un lunghissimo attimo si fosse trovato a detestarlo per ciò che indirettamente gli aveva fatto.
Aveva sinceramente apprezzato profondamente Andriy. E poi, altrettanto sinceramente, l’aveva biasimato fin quasi a non sopportarlo più.
Un brutto carattere lo poteva soffrire, ma un auto infangarsi in quel modo no.
E non è che avesse visto male, lui fino a che non se ne era andato dal Milan era stato grandissimo, con tutte le doti che cercava con fervore in un attaccante.
Però era andato tutto in fumo e Riky adesso, colui che l’aveva praticamente bruciato senza nemmeno saperlo, a quanto pareva, piangeva disperato e silenzioso fissandolo con una muta richiesta di aiuto.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Era la terza volta che si faceva quella domanda.
Magari a seguire la propria natura avrebbe solo dovuto andarsene e mandare tutto al diavolo, ma lì per lì, su due piedi, si trovò semplicemente ad andare contro sé stesso e avvicinatosi al giovane gli mise una mano sulla nuca e scivolando sul collo strinse paterno infondendogli tutta la sua forza per dirgli che andava bene comunque.
Ricardo a quel gesto, un gesto nel quale evidentemente aveva fortemente sperato, si accasciò contro l’uomo abbandonando la fronte sul suo fianco, poi chiuse gli occhi e continuò a piangere ma senza quel nodo che aveva minacciato di ucciderlo.
Infine rivisse quel tremendo addio.
L’addio più terribile della sua vita.

***

Quando viene a sapere del suo ritorno gli sembra di ritrovarsi per un attimo interminabile in una specie di dimensione onirica.
Rimane fermo e sospeso, ogni funzione vitale si blocca e nemmeno respira. Non sa effettivamente come si sente, sa solo che è completamente sconvolto, ma non capisce bene in che modo lo sia.
Se positivamente o negativamente.
Non riesce proprio a capire.
Cioè, parlargli per telefono insieme al presidente era una cosa, sentirgli dire quanto gli mancava la squadra e dirgli che per loro era altrettanto… ma sapere che sarebbe tornato, anche se in prestito dal suo attuale club, il Chelsea, per un solo anno, lo destabilizza totalmente e questo è l’unico termine adatto che trova.
Andriy di nuovo al Milan per un lungo anno con la speranza che poi ci possa rimanere.
Cosa è successo al mondo?
Ricardo non capisce più niente.
Ma poi?
Dopo quel momento di euforia caotica nel quale entrambi, reincontratisi, hanno sicuramente pensato per assurdo che tutto potesse tornare come prima, l’obbligo è stato semplicemente quello di chiedersi una cosa.
Com’erano prima?
Quando sono lì che cercano di capirlo, giorno dopo giorno, non possono che ripercorrere il loro rapporto in tutti quegli anni e capire che dopotutto non si sono mai presi la briga di definirlo, ma non solo.
Quello che hanno vissuto non ha mai avuto niente di facile e normale.
Incontratisi nel lontano 2003 con un Riky poco più che adolescente, Andriy si era ritrovato catapultato in un universo parallelo dove aveva scoperto una nuova razza aliena che in vita sua non aveva mai incontrato.
Non è che fosse solo diverso da tutti gli altri, era quanto di più interessante potesse esistere, per lo meno ai suoi occhi.
Peccato che una volta appreso che quella specie di perla pura in mezzo agli orchi non era tale solo per posa, Andriy avesse deciso di darci un taglio prima ancora di vivere quel sentimento e lasciarsi andare.
Non aveva mai lasciato che i propri istinti verso quel ragazzino di una semplicità e bontà innaturale lo sporcassero, consapevole che così sarebbe stato se avesse forzato la mano con lui.
Non era religioso per modo di dire, lo era davvero e aveva capito il suo livello quando gli aveva candidamente rivelato di essere vergine e di voler arrivare tale al matrimonio!
Si era quasi sentito male nel saperlo e prima di diventare matto aveva frenato ogni raptus prima ancora che si verificasse e fermando la cosa sul nascere, appena aveva capito che stava nascendo, si era sposato con Kristen. Proprio nel 2004, l’hanno dopo il suo arrivo a Milano.
Non che avesse creduto di sentirsi effettivamente meglio, ma forse ci aveva sperato.
Ricardo non si era accorto di ciò che provava, però il loro rapporto si era rafforzato a tal punto da voler emulare quello che ormai era praticamente il suo idolo.
Riky per Andriy aveva una vera e propria adorazione e l’ucraino stesso se l’era preso sotto la sua ala, nonostante tutti i freni che si auto imponeva perché una rarità così non andava sporcata.
Però il fatto che sua moglie fosse sempre a Londra per lavoro e lui in Italia sempre per lo stesso motivo, a strettissimo contatto con quello che lentamente era diventato la sua fissa, non l’aveva di certo aiutato a calmare i propri istinti -sentimenti- per lui.
E Ricardo si era sposato a sua volta l’anno dopo, nel 2005, probabilmente per emulare il suo punto di riferimento, colui che si era sempre prefissato di raggiungere in ogni modo possibile. Da quando era arrivato lì in quel club non aveva fatto che pensare a come seguire ogni sua impronta e sebbene il loro gioco fosse diverso, erano entrambi formidabili con una palla al piede ed insieme facevano magie nonostante uno fosse ormai consolidato e l’altro appena arrivato ed in fase di crescita.
Quello però aveva dato il colpo di grazia ad Andriy e sapendo quanto fosse di fede il ragazzo, il suo sposarsi l’aveva vissuto come una posizione definitiva irremovibile e di nuovo, giorno dopo giorno, si era reso conto di non poterlo più fare.
Non poteva più stare con lui lo stesso, tenendoselo così stretto per avere ciò che poteva sempre continuando a frenarsi perché così era giusto e basta.
Quando aveva capito di non esserne più capace perché il sentimento che provava per lui era troppo forte, aveva deciso che l’unica cosa da fare, a quel punto, per il bene di entrambi, era andarsene.
Così lontano sarebbe stato il solo modo per fargli vivere la sua retta via, quella giusta per lui.
Peccato che il risultato era stato solo dolore e rimpianti per entrambi.
Quando Andriy se ne era andato, Ricardo aveva capito i propri sentimenti e si era detto che era il solito ritardatario, ma aveva anche capito che non poteva più fare niente.
Non è che fosse andato in un Paese vicino, era andato in Inghilterra.
Così distante… motivi familiari, aveva detto… molte le indiscrezioni, niente di certo. Nemmeno a lui gli aveva rivelato il vero motivo.
Quando la sera del suo saluto personale era andato là con una gran voglia di piangere, Andriy non aveva assolutamente detto perché se ne andasse. Aveva ripetuto per motivi familiari. Tutti sapevano che lei lavorava come modella a Londra e che aveva la fissa che quella città fosse l’unica adatta per crescere i propri figli. Bè, era incinta.
Semplicemente così. Senza vere spiegazioni. Lui se n’era andato. Lasciandolo.
Quando era stato solo aveva capito che quel dolore lancinante era provocato dal sentimento fortissimo che provava e sebbene lo combattesse e lo rifiutasse perché la sua fede gli imponeva certe regole e limiti precisi, di secondo in secondo non aveva potuto che capire di non avere la minima forza di andare contro sé stesso.
Aveva solo potuto ammetterlo, poi aveva sofferto fino ad odiare Andriy, sentendosi in colpa per questo ma non potendone fare a meno; quello che era successo l’aveva vissuto semplicemente come un tradimento sebbene non fossero altro che amici, in realtà.
Non era mai successo niente e niente, effettivamente, avevano mai vissuto se non quel rapporto che l’aveva penetrato paralizzandolo.
Non aveva mai avuto il coraggio di guardare in faccia la realtà ed ora che era troppo tardi che diritto aveva di recriminare qualcosa?
Tanto più che Andriy non gli aveva mai dovuto nulla, era sposato e lui l’aveva bellamente imitato l’anno successivo.
Cosa voleva?
Non aveva fatto altro che ripeterselo e così male non era mai stato, ma aveva provato a farsene una ragione e a ricominciare, si era aggrappato alla sua nuova famiglia, aveva lavorato tanto su sé stesso e forte del fatto che comunque alla fine dei conti non era successo davvero niente, si era illuso di aver rimesso tutto a posto.
Poi Andriy era tornato.
Era tornato completamente spento e l’aveva fatto per ritrovare quella felicità perduta, il suo posto smarrito, per riprendersi ciò che aveva perso.
Certo che è felice, Ricardo.
Ma è anche tremendamente spaventato.
Ora è lì e cosa pensa?
Perché è veramente tornato?
Non ha mai vissuto alcuna storia d’amore, non si sono mai parlati in quel senso eppure è come se così fosse stato. Devono farlo ora chiaramente?
Deve chiedere il vero motivo per cui è lì?
E se non sarebbe stato in grado di affrontare la risposta?
Ha fatto passare i giorni chiedendosi cosa fosse giusto fare a questo punto, spaventatissimo all’idea di mandare all’aria tutto quello che finalmente è riuscito a costruire con fatica in questi due anni, quell’equilibrio, quella serenità precaria… e se gli avesse detto quello che avrebbe voluto sentirsi assurdamente dire quella famosa sera in cui si erano salutati?
Avrebbe retto?
Cosa avrebbe fatto?
Avrebbe risposto positivamente mandando all’aria tutto, diventando quella pessima persona che si è sempre imposto di non essere, uno che tradisce la propria moglie per di più con un uomo e solo per amore? Oppure sarebbe riuscito ad avere la forza di fare la cosa giusta e rifiutarlo per seguire la retta via?
Però non è anche vero che il cuore è la parte più importante ed impossibile da gestire?
Se quello ama non c’è verso di contrastarlo e quello è il primo vero tradimento.
Rendendosi conto che in ogni caso ha sempre tradito sua moglie, va totalmente in crisi.
Così ora, senza più resistere nel buio dell’incertezza, si decide ad andare da Andriy per sapere una volta per tutte la verità.
Qualunque essa fosse lui deve saperla.
- Cosa ci fai qua? - Chiede con iniziale durezza Andriy fissandolo alla porta. La sua in realtà è solo sorpresa.
- Forse non dovevo aspettare così tanto, ma anche se so che è la cosa più sbagliata io devo farlo. - Dice con sicurezza eppure smarrimento. È un susseguirsi di emozioni violente l’una opposta all’altra.
- Non capisco… - Fa confuso l’ucraino rimanendo con quella sua espressione quasi impassibile. L’abitudine ad erigere un muro fra lui e gli altri mentre dentro di sé c’è ben altro, non è mai cambiata, è dura a morire, ma del resto quello è lui. Una persona per niente facile e l’unico che non ha mai avuto timore di affrontarlo apertamente è sempre stato Ricardo. Solo che ora ne ha un terrore strisciante.
E trema.
- Fammi… fammi entrare, ti prego. - Mormora con un filo di voce e senza il coraggio di guardarlo in viso. Non è di certo facile quello che sta per fare.
Andriy così si fa da parte e lui sgattaiola in casa, abita da solo visto che la sua famiglia è a Londra.
Rimangono sulla porta e dopo un po’ di pesante silenzio, il proprietario gli chiede se vuole qualcosa da bere, Ricardo nega e si lascia per lo meno condurre in soggiorno dove, seduti nel divano, rimangono di nuovo in silenzio.
Pensa, pensa come un dannato a cosa deve dirgli e come, ma non sa proprio da dove iniziare anche perché non ha idea di come reagirà alla sua risposta, qualunque essa sia.
Perché la propria personale lotta interiore non è ancora finita. Lui ancora non sa cosa sia meglio fare… però è vitale sapere cosa Andriy provi.
Potrebbe anche essere l’unica occasione e se il Cielo l’ha fatto tornare offrendogli quest’opportunità insperata, magari una motivazione c’è.
Quella di definire ciò che era rimasto in sospeso.
Perché lui non è stupido.
Qualcosa in sospeso fra loro è rimasto eccome.
Poi prende un profondo sospiro e si decide:
- Perché sei veramente tornato? - Non è quello il suo modo di fare, non così diretto e deciso, ma non ce la fa più a resistere, proprio per nulla.
Andriy preso in contropiede, senza aspettarsi minimamente una domanda simile, si dice che è arrivato il momento e sebbene non se lo fosse immaginato così, lo guarda con attenzione e penetrandolo in quel modo suggestivo che gli toglie ogni volta il fiato, risponde senza mezzi termini, come è nel suo modo di fare.
Andriy o non risponde per niente oppure se si prende la briga di farlo dice sempre e solo la verità, dritto e semplice.
Brutale, spesso.
Lo fa anche ora, finalmente e per la prima volta, ed appare come un rimprovero, tanto è difficile per lui dirlo:
- Per te. - Ed è la sensazione più bella di quegli ultimi anni, poterglielo finalmente dire.
Dio, quanto era stato difficile trattenerlo in sé… atroce…
Continua a fissarlo da quella vicinanza e con cura maniacale per capire la sua reazione, conscio che non sarebbe in grado di mascherarla o fingere. Ma ha paura, dopo tutto. Paura che la verità che ora fa star meglio lui, possa far invece star peggio il ragazzino.
Ricardo pare sospendersi, di nuovo non sa più dove sia e cosa stia facendo, nemmeno cosa gli passi per la testa.
È un blackout totale.
Rimane così per un po’ e solo quando il compagno gli tocca la spalla per riscuoterlo, scatta e si sveglia ma lo fa in un modo che non ha previsto nemmeno nelle mille immaginazioni che si è fatto prima.
Le lacrime riempiono i suoi occhi e non capisce se sono perché è quello che aveva voluto sentirsi dire da prima che partisse nel 2006, oppure perché è quello che teme.
Lo voleva o non lo voleva?
Qualunque cosa sia, ora è tremendo e non lo regge, si è illuso di poterci riuscire ma quello che significano quelle parole nessuno potrebbe capirlo e forse nemmeno lui stesso a fondo.
Andriy vede le sue lacrime rigargli le guance e lo vede più piccolo che mai, stretto in sé stesso che lo guarda smarrito, piangendo. Si chiede cosa fare, se sia il caso di abbracciarlo e consolarlo, prendere il sopravvento come vorrebbe oppure lasciarlo e basta. Forse toccandolo farebbe peggio.
Se solo capisse perché diavolo piange…
Rimane sbalordito e non osa fare niente per rispetto verso il giovane, non l’avrebbe con altri, ma lui è diverso.
Di lui ne è innamorato.
Vuole fare solo ciò che è meglio, anche che vada a proprio discapito.
Ma Riky piange e pare non riesca a fare altro. Passa un bel po’ e quando il tremore smette di scuoterlo dal profondo, riesce a chiedere con un mormorio indistinto:
- Perché…? - Andriy corruga la fronte, è ancora così impenetrabile agli occhi dell‘altro… perché non si esprime in modo più chiaro e semplice? Allora torna a chiedere: - Perché me lo dici solo ora? - Ma quante altre domande vorrebbe fargli… come ‘perché te ne sei andato’, ‘perché non mi hai mai detto la verità’, ‘perché ti sei sposato’…
Andriy è preso alla sprovvista e mentre cerca di rispondere si rende conto che non sa cosa dire… in quel suo immutabile silenzio il ragazzo più giovane ha finalmente lo scoppio e non facendocela più si aggrappa alle sue braccia, lo scuote con agitazione e quasi grida continuando a piangere sconvolto e arrabbiato. Fino a dire tutto quello che non aveva nemmeno osato pensare. Qualcosa che non sarebbe mai più successo di nuovo in vita sua:
- Tu avevi ogni potere su di me! Quando sono arrivato qua e mi hai preso sotto la tua ala io mi sono attaccato a te come fossi tutto… se avessi voluto prendermi, mi sarei dato a te calpestando ma stesso e la mia fede, pur di stare con te. Perché tutto ciò che desideravo era avvicinarmi a te in ogni modo possibile, quasi con morbosità. Era te, te in ogni forma e modo, che volevo. Se tu avessi voluto mi avresti potuto prendere quando volevi. Ma prima ti sei sposato e poi te ne sei andato senza nemmeno una spiegazione decente! Ed ora torni improvvisamente dopo che ho faticosamente ricostruito tutto e dopo che sono io a chiederti perché, tu mi dici come niente fosse che è per me? Ma sai cosa questo significa? Lo sai? Io ti ho amato e per non impazzire mi sono aggrappato alla fede che mi ha imposto di tornare sulla via giusta, ma ora cosa dovrei fare? Cosa dovrei fare, secondo te? La fede è tutto ciò che mi ha permesso di non affondare e cadere, dovrei rinnegarla vivendo con te ciò che tu non hai voluto vivere con me anni prima, quando potevi, quando avresti dovuto, quando sarebbe stato giusto, quando eri in tempo? E perché dovrei? Solo perché l’amore non è una di quelle cose che si spengono? Solo per questo? Io ti ho anche odiato e quando questo sentimento mi stava uccidendo perché non sono uno che odia, perché non è la mia natura, ho accettato che ti amavo e che tu non mi ricambiavi e sono andato avanti. Sono andato avanti, Andriy. Mi spieghi cosa dovrei fare ora? -
Andriy rimane totalmente basito davanti a quello sfogo che non era stato nemmeno fra le urla, ma comunque sconvolgente per il fiume in piena straripato dagli argini.
E guarda inebetito le sue lacrime capendo ogni cosa, capendo cosa deve fare, cosa è giusto e quanto abbia di nuovo sbagliato tutto.
Perché semplicemente quando si perde qualcosa, non la si può recuperare e anche se si potesse non sarebbe giusto.
Perché bisogna rispettare gli sforzi di chi si danna per andare avanti.
Sa bene che se solo volesse in un modo o nell’altro potrebbe prenderselo ora, perché quelle sue lacrime, quella sua disperazione, quella sua rabbia indicano questo.
Che lo ama ancora, che vuole vivere quella maledetta storia con lui, che nonostante tutto lo farebbe… ma come può?
Per una volta una cosa giusta la deve fare, ma una cosa veramente giusta. Giusta per chi ama, perché dopotutto Ricardo per lui conta fino a quel punto.
Da pensare al suo bene.
Così ci arriva, sospira con fermezza e apparente distacco e mentre dentro di sé muore, lo prende per le spalle, lo sospende come avesse una bacchetta magica, gli bacia la fronte e imprimendosi quell’unico contatto che gli sarebbe dovuto bastare per tutta la vita, si alza dal divano e indietreggia di un passo. Poi parla serio e laconico. Ogni parola un affondo dentro di sé. Ma lo fa. Così come deve. Con finta freddezza.
- Ti ho amato, ti amo e penso che non smetterò mai. Ma io finita questa stagione rispetterò il mio contratto e tornerò a Londra. Non penso che ci rimarrò molto, credo che tornerò a casa mia e là farò quello che devo fare nell’attesa di riprendermi e risalire. Tu però devi continuare per la strada che hai cominciato a tracciarti, seguire la tua fede come è giusto che sia. Perché è l’unica che non ti ha mai veramente abbandonato. Non è egoista come me. Segui quella, non seguire me. -
Poi, con ogni muscolo che gli duole per tanto che lo tende ed un pugno allo stomaco dietro l’altro, come se l’ultimo gli fosse dato al mento, si gira e se ne va in un’altra stanza per lasciare che il piccolo se ne vada.
Senza fargli replicare nulla, perché per lui sarebbe una tortura inutile e già quel che ha fatto ora è abbastanza.
Poi il giorno dopo l’avrebbe rivisto, così come tutti quelli fino alla sua permanenza a Milano, ma conclusa la stagione, così, senza dirgli nulla per non ferirlo ulteriormente e rendere impossibile quel nuovo definitivo addio, se ne sarebbe semplicemente tornato a Londra. E da là, dopo poco, a Keiv, a casa sua, nella speranza di ricostruire qualcosa con le briciole rimaste di sé stesso.


***

Continuò a piangere lacrime amare appoggiato al fianco di José, ma non capì se gli servirono poi a qualcosa oppure solo a riaprire una ferita fin troppo dolorosa.
Il suo grande rimpianto, qualcosa che non avrebbe mai potuto risolvere, né digerire, né altro.
Tanto meno sopportare.
Avrebbe solo voluto poter continuare ad andare avanti ignorando i tristi retroscena di Andriy, quelli che il compagno non gli aveva mai raccontato perché lui era così… impenetrabile… irraggiungibile.
E proprio per quella sua irraggiungibilità non era stato in grado di trovare la felicità.
Non sapeva dire, Ricardo, se lui invece l’avesse e se fosse diverso, però poteva dire per lo meno di averci riprovato in più modi fino al suo piegarsi a ciò che era. Aveva lungamente ignorato la propria vera natura per seguire la sua fede e quindi la strada giusta, ma quando era giunto al punto di affogare, nel nuotare per risalire la mano tesa a cui si era aggrappato per tornare in superficie era stata quella di Cristiano e non aveva più potuto rifiutarsi di vivere ciò che era, non quella volta, non con la lezione imparata in precedenza.
Non avrebbe più rifiutato sé stesso per qualcosa di più grande, non sarebbe più riuscito a sopportare le eventuali conseguenze, non di nuovo.
Quando il pensiero gli volò a Cristiano il respiro gli tornò ed il petto smise di schiacciarsi sotto quel peso enorme.
Con calma aveva smesso di piangere a dirotto e aggrappandosi mentalmente al suo compagno sentì di poter finalmente tirare le linee e concludere quel doloroso capitolo della sua vita, un capitolo alquanto disastroso.
- E’ affondato e si è perso perché non è mai stato capace di vivere sé stesso ed i suoi sentimenti, perché pensava troppo al bene di chi amava e non al proprio. E facendo così non ha mai capito che l’unico bene che voleva chi amava, era il suo. Lui e la sua felicità. Se ad Andriy è andata così male è solo colpa sua e di nessun altro. Ma gli auguro comunque di ritrovare un secondo riscatto da qualche parte. Davvero. - così… senza ammettere nulla chiaramente… senza nessuna vera confidenza… senza raccontare nessuna storia. Mettendoci comunque la parola fine e dando finalmente a José delle vere risposte.
- Certe cose sono perfette solo in un determinato contesto. Quando questo viene cambiato anche solo una volta, la perfezione si spezza e tutto cambia. C’è solo una precisa condizione per poter essere chi si deve essere. Non bisogna farsela sfuggire. Però una volta che si diventa chi si è, non ci si deve perdere. - Disse José con intensità seguendo i propri pensieri provocati da quel forte momento inaspettato con quel ragazzo in grado di disperarsi senza riserve e poi di risalire con una forza interiore che a guardarlo non sembrava nemmeno possedesse.
Ricardo alzò lo sguardo e si incrociarono. I suoi occhi notturni erano lucidi ed ancora colmi di lacrime che finalmente non scendevano più, ma erano tutti rossi e gonfi. Quella domanda silenziosa lui la lesse e non gliela lasciò fare seguendo semplicemente il suo istinto. Perché potendo scegliere non voleva perderne nessuno di quelli che erano ‘i suoi ragazzi’.
- Ma ci sono molte strade tracciate per ognuno. Anche se si perde o si sbaglia una, o magari mille, prima o poi se ne trova un’altra che va bene. Anche se smetterà di giocare a calcio sono certo che uno come lui tornerà in qualche modo e troverà un altro posto per sé, anche se il primo l’ha perso e tutti gli altri poi li ha sbagliati! -
Non era solito dire parole di speranza, ottimistiche, positive e di conforto, ma capiva che a volte erano necessarie.
Al suo sorriso ne ebbe conferma.
Uno tirato e faticoso, ma comunque sincero e rischiarante.
Lo lasciò e dandogli un fazzoletto per asciugarsi il viso, si avviò alla porta e come niente fosse disse con piglio deciso tipico suo:
- Rimettiti in sesto che se ti becca il tuo cane da guardia mi fucila convinto che ti abbia violentato! -
Ricardo sorrise con maggiore convinzione, lieto che comunque fosse un tipo così fuori dal comune anche se spesso tremendamente complicato. Non poteva infatti negare che la convivenza con lui come allenatore non era la cosa più facile del mondo. Anche se dopotutto fattibile.
Appena José aprì la porta si ritrovò un inferocito Cristiano che, come avesse dei radar, l’aggredì dimenticandosi il suo grado ed il rispetto che avrebbe dovuto in teoria portargli:
- Dove diavolo è? Sono venuto per sapere della visita e l’infermiera ha detto che era là e che poi non c’era più! L’ho cercato in lungo ed il largo e non mi risponde! Il telefono ha quella maledetta segreteria dove la sua vocetta gentile mi benedisce che mi manda in bestia! Dove cazzo è? - La segreteria di Ricardo era effettivamente un capolavoro:
‘Salve, sono Ricardo, al momento non posso rispondere ma potete lasciare un messaggio. Che Dio vi benedica!’
José prima ghignò pensandoci, poi sbuffò alzando gli occhi al cielo già sapendo cosa significava averlo già trovato, quindi indicando con un gesto veloce l’interno della sala privata, si defilò sperando di evitare assurde sceneggiate. Già, perché quell’idiota esagerava sempre!
Quando Cris si precipitò dentro, zoppicando visto che anche lui era infortunato -porco mondo!- trovò il suo adorato Riky seduto davanti all’acquario ad asciugarsi il viso e quando lo guardò da vicino non ebbe dubbi su cosa fosse successo.
Poi, come se José fosse davvero un oracolo, le urla del suddetto esagerato si sentirono fino in corridoio:
- CHE TI HA FATTO?! LO SPACCO, QUEL DANNATO… - Ma Ricardo riuscì a fermarlo in tempo… certo il mister non vide come, visto che era già avviato, ma il non sentire il resto della sparata del secolo gli aveva fatto immaginare il metodo usato da quel Santo del suo ragazzo -e ogni volta gli veniva da chiedersi come diavolo facesse a stare con uno così, tanto diversi che erano!-
- Che si goda le sue ‘vacanze’… - Disse fra i denti con malignità: - quando torna vede ben, lui e le sue scenate di gelosia del cazzo! - Che certamente non erano poche quelle a cui finiva per assistere.
Infine, salendo in ascensore per andare dal medico che probabilmente aspettava ancora di visitare Ricardo, un pensiero volò inevitabilmente ad Andriy, mentre si ricordava della propria prima dichiarazione sul calciatore quando aveva saputo che sarebbe andato al Chelsea, la squadra che allenava.
‘Oggi è il giorno in cui un sogno diventa realtà. Andriy è sempre stato la mia prima scelta per il Chelsea fin da quando sono arrivato. Prima non era possibile, adesso questo è realtà. Il Milan è un grande club, un grandissimo club, è stato difficile per loro lasciarlo andare.’
“Solo ora so quanto. Ma per lo meno tutto ha trovato un senso… non lo giustificherò mai, però almeno ho le mie meritate risposte. Che poi non serve mi spieghi per filo e per segno la storia, tanto la immagino benissimo conoscendo i tipi, specie Ricardo. Era comunque una battaglia difficile perfino per uno come Andriy… e poi cosa c’è da dire? È solo una storia finita male. Una delle tante… magari senza Riky si sarebbe ambientato a Londra e avrebbe continuato a giocare come sapeva… o magari il problema ero proprio io ed il mio modo di allenare che al principino non andava giù… o magari proprio la moglie che lo obbligava a fare cose che non voleva, come ero convinto all’epoca… chissà… è comunque andata, morta e sepolta. Tutti hanno fatto le loro scelte e mentre lui è a Kiev a finire la sua carriera come giocatore, io sono qua ad allenare il Real Madrid dopo aver vinto la tripletta con l’Inter… non gli sarò anche andato a genio, e magari oltre a Riky ho contribuito anche io stesso, in qualche modo, al suo affondo, però i risultati poi parlano.
Tanto più che io non sono fatto per pentirmi delle cose che faccio. Non è con i ‘magari’ che si va avanti.
Però quel che ha fatto al Milan in ogni caso rimane e per quanto mi riguarda è storia del calcio. È così che lo ricorderò. Come quando giocava a Milano ed io sognavo di averlo al Chelsea, anche se poi non era più lui quando l’ho avuto. Perché se non altro questo se lo merita. Perché anche se i risultati poi parlano, ciò che ha fatto rimane.
Sia le sconfitte che le vittorie.
Anzi, quando un domani mi troverò a dover mollare la mia carriera spero che la gente mi ricordi più per le glorie che per gli errori.
Chi è Andriy Shevchenko?
Il Pallone D’Oro 2004. Ecco chi è.
Uno che ha saputo essere un grande giocatore.
Il resto, ormai, non conta più, perché sono solo stupide storie finite male.”

FINE