CAPITOLO XII:
UN UNICO COLPO

Fu lì, due settimane dopo, che ci incontrammo di nuovo.
Negli spogliatoi per prepararci a giocare la nostra finale, una delle nostre eterne finali.
Ero molto concentrato e ci tenevo tanto a vincere proprio contro di lui. In testa avevo la vittoria dei tornei più importanti dell'anno, io ce la dovevo fare.
Dovevo passare primo.
Dovevo.
Però vederlo a tu per tu fu sconvolgente e non facile.
Mi sentii morire una volta entrato e trovato a torso nudo che si metteva una delle sue magliette.
Perchè a lui piaceva cambiarsi lì, era una specie di rito. Lui era molto rituale, ogni volta che tirava il servizio faceva le stesse identiche mosse e se doveva ripetere la prima di servizio, ripeteva di nuovo i gesti. Così quando si preparava a rispondere all'avversario.
Così in quel caso, prima di giocare, si cambiava nello spogliatoio.
Entrai e vidi la sua schiena ampia e muscolosa, una schiena che conoscevo molto bene e che mi aveva fatto sospirare molte volte.
Volevo toccarla, provai un fortissimo impulso di toccarlo, ma si girò, mi vide e si oscurò irrigidendosi. Nudo era ancora più evidente. I suoi muscoli guizzarono, indurì la mascella e fece appena un cenno forzato.
Sospirai e salutai.
Non dissi altro, il silenzio regnò per tutto il tempo, non ci guardammo più e l'atmosfera era così tesa che si poteva tagliare con un coltello. Non volevo dire nulla, lui odiava la mia capacità di parlare, potevo anche essere convincente, ma voleva che lo fossi a fatti ed in quel momento c'era solo un fatto che poteva dimostrargli quanto serio fossi.
Vincere il torneo.
Per anni avevo scherzato col mondo dicendo che battere Rafa era una cosa proibitiva, che non mi riusciva mai, ma che almeno riuscivo a fare le imitazioni e cose così. Poi nel 2011 ci ero riuscito, anno stupendo, prima posizione per la prima volta. Peccato che poi se lo era ripreso. La vissi come una doppia sconfitta.
Quindi sì, volevo essere sicuro di farcela proprio dove avevo sempre detto di non potercela fare e questa volta meglio, per più tempo, per sempre!
L'avevo sempre posta come un gioco per dimostrare che non ero ossessionato da lui anche se poi lo ero.
Bene. Ora dovevo far vedere quanto ci tenevo, invece.
Quel giorno vinsi e lui non mi abbracciò come sempre, una stretta di mano formale per i nostri standard. Niente viso contro viso, niente parole, complimenti o consolazioni. Nemmeno sorrisi.
Mi resi conto della differenza solo in quel momento.
Quando mi lamentavo dicendo che si sforzava di essere in buoni rapporti con me, ma che in realtà mi detestava.
Dio, come mi ero sbagliato... ora vedevo come Rafa odiava sul serio e non c'erano paragoni.
Quelli di ora erano sorrisi di circostanza, non quelli che mi aveva regalato gli anni passati. Ed io sempre a lamentarmi.
Cosa avrei dato per tornare indietro?
Cosa?
Ma ormai avevo sbagliato e dovevo rimediare.
Negli spogliatoi lo raggiunsi un po' dopo perchè come da rito dopo la vittoria si doveva rispondere ad alcune domande, visto che poi ci sarebbe stata la premiazione ce ne sarebbero state altre, quindi non furono troppo lunghi.
Andai nello spogliatoio ben consapevole della scena che mi avrebbe aspettato.
Non avevo idea di come avesse potuto prendere la mia vittoria nell'ambito della nostra relazione.
Forse come un'ulteriore offesa, non sapevo.
Arrivai che si apprestava ad infilarsi in doccia, feci in tempo a vedere le sue chiappe d'oro sparire.
Sospirai fra me e me.
Volevo unirmi a lui.
Perchè non potevo?
Perchè non sarebbe stato serio da parte mia.
Così mi spogliai e persi tempo a preparare la borsa ed il cambio, visto che Rafa era più lungo del solito non ebbi scelta che raggiungerlo.
Quando entrai lui si stava ancora sciacquando, ma era sotto la doccia con le mani appoggiate alla parete scivolosa. Si faceva carezzare dal getto caldo, la testa abbandonata in avanti, gli occhi chiusi.
Non stava piangendo, ma non stava bene, aveva una delle sue smorfie di dolore.
- Tutto bene? - Chiesi improvviso senza saper trattenermi.
Lui si riscosse sentendomi e si voltò come un gatto a cui avevano pestato la coda.
Quando mi vide fu come se si svegliasse da un sonno e si rese conto d'aver perso la cognizione del tempo.
- Sei qua da un po' e non sembri stare bene... - Aggiunsi aprendo un rubinetto non proprio vicino al suo.
Gli scomparti delle docce di tennis erano più di due per le volte in cui si giocava a squadre ed erano divisi da piccoli muretti in piastrelle.
Mi misi due in là per non avere troppe tentazioni.
Lui annuì veloce, chiuse il rubinetto e scrollò la testa come un cane bagnato. I capelli selvaggi tutti scomposti sul viso e sulla fronte. Mi morsi il labbro. Lo trovavo sempre splendido, poteva avere l'età che voleva. Migliorava, per quanto mi riguardava.
Non era più un ragazzino tutto muscoli e lineamenti felini. Ora era un uomo, una bellezza matura ma sempre un po' selvatica. Un corpo meno prorompente, ma sempre ben modellato.
Conoscevo ogni centimetro di lui e non riuscii a staccargli gli occhi di dosso nonostante tutto. Mi eccitai e lui per fortuna evitò di guardarmi. Si avvolse nell'asciugamano ed uscì.
Mi presi tempo cercando di calmarmi, nella speranza che lui fosse andato via. Poi pensando che non potevo aspettare troppo per via della premiazione, uscii.
Quando andai di là lui era avvolto nell'asciugamano, ancora bagnato e gocciolante. Seduto. I gomiti sulle ginocchia, incurvato in avanti. Testa ciondolante, occhi chiusi e di nuovo quell'espressione di sforzo sul viso.
- Tu hai qualcosa che non va! - Esclamai deciso, sbottando dimentico dei precedenti e delle mie buone intenzioni di mantenere le distanze.
Lui mi guardò torvo.
Stavamo facendo finta che nulla fra noi fosse successo e ci eravamo riusciti quasi bene.
Potevo essere molto soddisfatto di me perchè quando ero nervoso per i fatti miei giocavo male, quella volta ero riuscito ad incanalare lo stress che avevo per lui e a giocare bene, con distacco.
Quindi decisamente potevo essere felice di me, ma realizzai che anche lui di solito sfogava le sue frustrazioni nel gioco risultando letale.
Quel giorno lo era stato di meno.
Forse era colpa mia, mi ero detto durante la partita. Ma non potevo avere pietà o se la sarebbe presa, dovevo fargli vedere che facevo sul serio. Però ora forse mi rendevo conto che avevo interpretato male.
Ci scambiammo uno sguardo significativo, testardo.
- Non ti riguarda! - Disse ostinato infilandosi i calzetti come prima cosa. Io lo guardai nei movimenti meccanici che faceva.
- Rafa, cos'hai? - Chiesi mani ai fianchi, davanti a lui.
- Cazzi miei! - Grugnì rabbioso.
- No invece! -
- Certo che sì! - Non era una conversazione sensata, dopotutto.
Eravamo solo entrambi arrabbiati ed ostinati.
- Sono cazzi miei perchè ci tengo a te, sono preoccupato. Ho capito che c'è qualcosa. Hai male da qualche parte? - Rafa si infilò gli slip aderenti e poi si tolse l'asciugamano.
A quel punto cercai di non guardare il suo corpo totalmente nudo coperto solo da una sottile stoffa bianca che mostrava decisamente troppo.
Puntavo il suo viso, non che fosse meglio visto che coi capelli bagnati era la fine del mondo.
Visto che mi ignorava, iniziai ad elencare tutto quello che poteva avere.
- Caviglia? No, zoppicheresti. Spalla? Beh, non muoveresti proprio il braccio. Influenza? Cervicale? Giramenti di testa? Nausea? - Continuavo a spararle mentre lui si vestiva con movimenti robotici, tesi. Un po' per la rabbia, un po' per il male che aveva da qualche parte.
Allora capii e come un fulmine a ciel sereno mi ricordai di Melbourne e del suo infortunio alla schiena durante la finale con Stan.
- E' la schiena! Non è ancora guarita! - Esclamai improvviso.
Lui sicuramente non voleva darmene conferma, ma era troppo spontaneo per nascondere le cose e si fermò guardandomi astioso come se dovesse sputare veleno.
- Non sono cazzi tuoi, ti dico! Hai vinto, sei stato bravo! Non ti sei fatto prendere dal nervoso come fai di solito quando hai qualche problema per i fatti tuoi! Finalmente hai giocato con freddezza! Adesso vestiti e vatti a prendere il tuo cazzo di trofeo e non rompermi! - Lui sempre così dolce... volevo prenderlo per le spalle e sbatterlo, ma sapevo di fargli male e scuotendo la testa mi tolsi l'asciugamano davanti a lui, coi suoi occhi ancora sui miei. Che scesero inevitabilmente sul mio inguine perchè l'avevo appena scoperto.
Ci rimase un attimo a fissarmi e lo notai.
- Sei un idiota! - Dissi poi infilandomi i boxer e riottenendo così gli occhi sui miei e non sui miei gioielli ben fatti.
- Perchè? - Chiese seccato infilandosi la maglietta.
- Perchè pensi che visto che sei arrabbiato e deluso da me, a me non debba importare di te! Pensi che siccome tu hai chiuso con me, anche io abbia chiuso con te. Beh, vuoi sapere una cosa? - Con questo mi fermai ormai vestito a tempo di record, lo puntai col dito e davvero arrabbiato come raramente mi capitava, dissi tagliente. - Non ho smesso di amarti solo perchè ti ho deluso! Mi dispiace averlo fatto, ma ho detto che riconquisterò la tua fiducia e lo farò! Nel frattempo non congelerò di certo i miei sentimenti per te! Posso cercare di gestirli in modo più adeguato, ma questo non significa che sono eliminati! - Tutto questo per dire... che continuavo ad amarlo.
Rafa rimase senza parole, con mia somma gioia, a fissarmi esterrefatto della mia arringa seria e risoluta. Poi mi sedetti infilandomi le scarpe ed il tutto in perfetto silenzio.
Una volta pronto mi alzai, lui ancora lì, vestito ma senza scarpe. Fermo come l'avevo lasciato, non sapeva cosa dire, non voleva fare la parte di quello verbalmente sottomesso, ma di fatto era così ora.
Mi piazzai davanti e lo vidi col broncio, l'aria corrucciata che non sapeva cosa dire e mi sciolsi cancellando la mia rabbia. Gli misi una mano sulla guancia e ammorbidii il mio sguardo.
- E' solo che mi importa di te e mi dispiace se stai male. - Non mi spinse, non mi picchiò e non mi allontanò, un gran miracolo.
Rimase lì senza muovere un muscolo. Credo confuso, combattuto. Dopotutto mi voleva bene anche lui, forse mi amava, a giudicare dalla reazione di giorni prima.
- Ce la faccio. - Disse infine. Io strinsi le labbra poco convinto.
- Pensa alla tua salute, miraccomando. - Continuai morbido, la mano sempre sulla sua guancia.
- E tu ai tuoi obiettivi. - Disse infine mentre sfilavo la mano dalla sua guancia. Mi sorpresi, mi soffermai con lo sguardo e sorrisi.
Ci teneva. Ci sperava. Voleva che ci riuscissi. A convincerlo, ad essere degno di lui, di quel che meritava.
Ora che sapevo che era lì ad aspettarmi, potevo affrontare quel periodo meglio.
Sapevo che ce l'avrei fatta, perchè mi aspettava anche lui. Voleva vedere se ero sostanza o solo fumo.
Ci sarei riuscito, nulla me lo avrebbe impedito, nemmeno lui.

Pochi giorni dopo, vincendo una lunga e strenue lotta con me stesso per decidere cosa fare, gli scrissi un sms.
Volevo chiamarlo, ma sapevo che non era il caso, però dovevo sapere come stava, così decisi per un compromesso accettabile.
'Come stai?'
Sicuro che non mi rispondesse, saltai sul posto quando sentii il telefono bippare.
Il cuore in gola nell'immediato, presi e lessi convinto che mi insultasse, ma quando vidi la pura e semplice risposta, capii che si stava ammorbidendo molto.
Forse gli mancavo, dopotutto.
'Meglio.'
Che non era 'bene', lui non ti mentiva mai, poteva cercare di nascondere certe cose e forse lo faceva involontariamente, ma a domanda diretta rispondeva diretto e sincero.
'Non sforzarti troppo, fissa gli obiettivi importanti e considera i sacrifici accettabili'.
Sicuramente una filosofia lontana da lui, ma sostanzialmente quello che stava facendo Roger quest'anno mentre otteneva sempre più buoni risultati.
'Da quando sei così saggio?'
Sorrisi alla sua risposta, lo potevo percepire ironico e lo immaginavo ridacchiare. Stavamo facendo quella cosa che non avevamo mai fatto?
Corteggiamento, si chiama... eravamo passati dal flirtare per anni entrambi a modo nostro allo scopare per poi fermarci bruscamente, ma di fatto non ci eravamo davvero corteggiati.
Scriversi, scambiarsi opinioni, pareri, conoscersi... non era ancora del tutto così, ma poteva essere un buon inizio.
Forse crescendo si maturava e forse stava succedendo anche a noi.
'Lo sono sempre stato solo che lo nascondevo abilmente!'
Risposi ironico a mia volta, come mio solito.
Speravo che stesse ridendo, non potevo saperlo. Forse scuoteva la testa e rimasi a fissare il telefono in attesa, speranzoso di una risposta, mordendomi il labbro.
'E come mai ora hai deciso di gettare la maschera?' Una smorfia. Sferzante e velenoso, ma anche furbo. Mi stava mettendo alla prova senza dimenticare i nostri precedenti, anzi ricordandomeli.
Non era sicuro di voler portare avanti la guerra, forse si poteva fare come gli ex che sono in buoni rapporti ma che non tornano insieme.
Non sapevo cosa pensare, mi davo mille versioni mentre rispondevo sperando di azzeccare le parole giuste.
'Anche io ho fissato degli obiettivi e sto lavorando per arrivarci.'
La mia risposta era estremamente seria e decisa, non apparivo offeso o ferito e non volevo ripagarlo con la stessa moneta. Rafa quindi poi non fu sgradevole, non ci fu alcun litigio telefonico.
'Ci vediamo al traguardo.'
E sospirando mi stesi nel divano come una ragazzina alla prima cotta. Un sorriso beato, l'aria sognante.
Lui lo voleva, voleva che io ci riuscissi, mi stava ancora aspettando come aveva fatto per anni.
'Non vedo l'ora'
Non l'avrei deluso. Non questa volta.
Era una cosa da un unico colpo, uno solo.
Non lo potevo fallire o me ne sarei pentito a vita.