CAPITOLO XI:
INCOMPATIBILITA'

Arrivammo allo stadio con non troppo anticipo, eravamo nella zona riservata per cui pur non avendo i posti numerati, sapevamo che avremmo trovato posto.
Ci sedemmo insieme mentre lui parlava tutto felice e contento di quanto bello sarebbe stato giocare insieme e nemmeno il tempo di sentire la presentazione dei giocatori che gli schermi ci stavano riprendendo come a sottolineare che eravamo lì insieme.
Io in quel momento stavo registrando un video col telefonino mentre tenevo un pezzo di sciarpa romanista dal mio vicino, Nole, seduto poco interessato al rito iniziale della partita, appena vide che eravamo inquadrati nello schermo, si alzò di scatto tutto contento e prendendo in fretta il suo cellulare si mise a riprendere lo schermo che riprendeva noi, come per avere un ricordo di quel momento insieme.
- Guarda che i telefoni hanno anche le videocamere interne... - Dissi con aria da maestro.
- Perchè, ti presteresti a fare una foto con me? - Chiese scettico. Io non dovetti nemmeno pensarci.
- Fossi morto! - Lo dissi spontaneo e lui rise. Fortunatamente aveva il senso dell'umorismo, avrebbe potuto rimanerci male.
- Quindi riprendo! - Concluse continuando a riprendere lo schermo. Io scossi il capo ma ridevo.
In quello mi suonò il cellulare, così dovetti smettere di riprendere per rispondere, rimanendo in piedi a guardare quel che succedeva in campo.
Era Roger.
- Ti sto vedendo in tv! - Disse senza nemmeno salutare.
- Che novità! - Risposi senza rifletterci. Era normale essere in tv per me.
- La novità non sta in te in tv ma in te con Nole in tv! Il mondo è appena venuto a conoscenza che tu e lui siete ad una partita insieme... da soli! - Sottolineò il soli facendomi quasi soffocare, tanto che dovetti sedermi e dimenticarmi di quel che succedeva in campo.
Nole mi guardò con aria interrogativa e si sedette a sua volta.
- Insieme a miliardi di persone! Lo stadio è pieno, sai? - Ribattei scorbutico. Roger parve non intenzionato a mollare.
- Lo so che è pieno, lo vedo. Ma tu e lui siete lì soli, niente morose, amici, collaboratori... -
- Siamo in uscita libera... senti, che male c'è? Abbiamo avuto tutti l'invito, io ci volevo andare e Nole... -
- A Nole non frega così tanto del calcio, anche io ero stato invitato, ma non ci sono andato... - Silenzio. - Rafa, Nole è venuto solo perchè ci andavi tu! - Io non potevo dire cose particolari, ero seduto vicino a Nole che mi guardava per capire con chi parlasse di me e la mia faccia era probabilmente tragicomica, mi sentivo sull'orlo di una crisi isterica. Volevo ridere e non riuscivo a respirare.
- E quindi? -
- E' vicino a te e ti guarda? -
- Non lo sai? Non hai detto che mi stavi guardando? - Dissi polemico cercando di uscire da quella situazione senza perdere la faccia.
- No adesso non vi inquadrano più! - Roger si stava divertendo.
- Beh senti, è normale! Siamo stati invitati e siamo capitati insieme in tribuna! Che c'è? - Non sapevo proprio come non dire cose equivoche, non avevo idea di che cosa fosse o non fosse equivoco.
Nole cercava ancora di capire che tipo di conversazione fosse, visto che centrava lui.
- Non saprei, amico... la vuoi far passare per una cosa casuale? Io non sapevo nulla, ma quando vi ho visto in tv insieme mi è preso un colpo. Ho detto 'ehi, hanno un appuntamento e non mi dice niente?' - sospirai, Roger aveva un modo di dire le cose che faceva ridere, però mi stava facendo penare, in quel momento. Infatti arrossii e fissai in basso distogliendo lo sguardo da Nole curioso.
- E' questo quello che hai pensato? - Un filino di voce, la sua risata.
- Sì, sono sincero. Avete una appuntamento? - Precisò.
- No. - Sbottai secco.
- Ma insomma, chi è che non si fa i fatti suoi? - Chiese Nole sgomitandomi ed avvicinando l'orecchio al mio telefono, io mi girai di scatto come un gatto e ci trovammo a fissarci da vicino, sgranai gli occhi e lo spinsi.
- E non starmi appiccicato! - Che modi! A mente fredda me ne rendo conto ma sul momento reagisco così.
- Scusa... - fece lui rimanendoci male.
- Rafa! - Ammonì Roger sconcertato.
- Eh?! -
- E' questo il modo di trattarlo? - Sospirai seccato. - Scusati subito! - Broncio. - Subito! - Ma il suo tono perentorio non mi lasciò scampo e dovetti arrendermi.
- Scusa, ma sono un po' nervoso, ci hanno visto tutti sullo schermo ed in tv e pensano che abbiamo un appuntamento! - Per me era una questione di stato, non avevo pensato bene a quel che avrebbero pensato tutti, cioè me ne ero preoccupato, ma Nole aveva sminuito la cosa. Invece avevo avuto ragione io a pensarci.
Nole scosse il capo e sorrise.
- E' Roger? -
- Da cosa l'hai capito? -
- E' l'unico in grado di metterti a posto! - Disse divertito. Io arrossii.
- Dai, goditi la serata e non pensare a quel che diranno gli altri. Siete stati invitati alla partita. Stop. Niente di male. -
Con questo Roger chiuse lasciandomi davvero 'solo' con Nole che ridacchiava divertito.
- Pensa che abbiamo un appuntamento? - Chiese capendo solo ora il senso della mia conversazione. Io annuii impacciato.
- Tutto il mondo credo che lo pensi, ora... - Nole accentuò il suo sorriso sedendosi più comodo, incrociando le braccia al petto e fingendo di guardare il campo.
- Sei contento? - Chiesi capendolo. Lui alzò le spalle fingendo indifferenza.
- Dovrei? - Stizzito mi girai verso di lui.
- Non lo so, dovresti? - Nole si voltò a sua volta a guardarmi, rimanemmo incrociati così per qualche istante e lui fece un sorrisino particolare, che non seppi decifrare. Poi il boato del pubblico per un'azione della Roma ci distrasse, guardammo in campo cercando di capire cosa fosse successo e poco dopo Nole mormorò piano.
- Sono contento di essere qua con te, non importa cosa penseranno gli altri. - Io mi strofinai le labbra, ma non osai guardarlo, sapevo che se l'avessi fatto sarebbe stata la fine. Non so di cosa. La fine. La fine punto e basta.
Forse non sarei più riuscito a capire un accidenti di quel che avrei visto in campo.

- Dunque è vero che potevi diventare un calciatore? - Mi chiese ad un certo punto, a partita avviata, mentre seguivo con interesse certe azioni interessanti.
Io non riuscivo ancora a guardarlo, l'idea di avere un appuntamento con lui mi stava mettendo in crisi, ma risposi ringraziando il fatto di essere a vedere una partita di calcio.
- Sì, certo... -
- E come mai hai scelto il tennis? - Strinsi le spalle e mi grattai la nuca alzando gli occhi in alto per ricordarmi cosa era successo nella mia vita.
Cosa mi aveva spinto a scegliere il tennis?
- Preferivi il tennis, semplicemente? - Chiese visto che sembravo non saperlo. Scossi il capo.
- No, calcio e tennis sono molto diversi, a calcio io mi divertivo ed ero anche piuttosto bravo, a tennis ero bravo ma non mi divertivo quanto a calcio. - Nole allora aggrottò la fronte guardandomi.
- E cosa è successo allora? - Così, ricordandomelo, sorrisi come un bambino colto in flagrante delitto con le mani nel barattolo della nutella e ricambiai lo sguardo nel rispondergli:
- E' successo che mi piaceva vincere ed essere il solo lodato! - A questo Nole scoppiò a ridere battendo le mani e coprendosi il viso. Rise un sacco ed io gli andai dietro sapendo che era divertente la cosa.
- Oddio, tutto questo parla così tanto di te! - Fece ancora ridendo.
- Ah sì? E cosa dice? - Chiesi io divertito mentre la mia tensione scemava, mi stavo trovando bene ed il mondo intorno a noi, il caos, le grida, tutto sparì lento e repentino.
- Che sei competitivo fino alla morte e che sei narcisista! - Disse subito con semplicità.
- No io... - Aggrottai la fronte contrariato. - Non sono narcisista! - Lui rise annuendo.
- Oh sì! Ed anche permaloso! -
- Non è vero! -
- E polemico! - Continuava ad elencare tutti i miei difetti.
- Andiamo, solo da questa cosa tu non puoi dire che... -
- E sei anche fortemente testardo! - Così mi zittii incrociando le braccia al petto facendo il broncio, tornai a guardare il campo senza vedere nulla di quel che c'era, sentivo i suoi occhi addosso, divertiti.
- Sai, un po' lo seguo il calcio. Sono tifoso del Milan dei tempi d'oro... non sono uno sportivo accanito come te, ma qualcosa ne so. - Introdusse allora calmo, tornando a guardare il campo.
- E? - Chiesi scorbutico ed offeso.
- E adesso si fa un gran parlare di Cristiano Ronaldo... ha vinto un Pallone D'Oro, una Champions, un sacco di titoli e premi ed ora è passato l'estate scorsa al Real Madrid per una cifra spropositata, la più alta della storia del calcio. - Strana introduzione. Annuii guardandolo curioso, il suo profilo alto, dritto, l'aria sicura.
- Cosa c'entra con me? -
- C'entra perchè di lui dicono che ha sicuramente talento e tecnica, ma secondo me la sua dote principale non è la bravura pura, che è indiscutibile. Ma la sua sete di vittoria. È ambizioso. È questa la sua qualità maggiore, la più importante. Ha vinto tutto con una grande squadra ed ora è passato ad un'altra per vincere di nuovo tutto da capo. È ambizioso ed è grazie a questo, alla sua grande fame, che è già così in alto ed arriverà ancora più in alto. Però per molti è presuntuoso, egocentrico e tutte queste cose qua che si dicono... - A questo capii cosa voleva dire e stupito del significato, di cosa intendesse, rimasi a respirare piano e a guardarlo senza parole. Lui si voltò verso di me e continuò con un'espressione morbida. Particolare. Mi piacque troppo. - Per me tu sei così. Spiccano i difetti, come dicevo. E ne hai. Ma sono tutte interpretazioni di una tua grande qualità. - mise la mano sulla mia coscia ed io sbiancai trattenendo il fiato, pregando che non ci riprendessero proprio ora. - Sei ambizioso, Rafa. E questa tua ambizione ti ha portato in alto e ti porterà ancora più in alto. L'ambizione ti porta ad essere competitivo e a voler vincere sempre e ad avere riconoscimenti tutti tuoi. Grazie a questa tua fame tu otterrai tutti i tuoi obiettivi. Per me questa è una grande qualità! - Continuò tenendomi la mano sulla coscia. Mi stava bruciando, mi sentivo ustionato.
Ed eccitato.
E terrorizzato.
In campo ero un toro, andavo dritto per i miei obiettivi ed ero agguerrito da morire, poi fuori diventavo un agnellino spaventato dal mondo. O per lo meno da chi mi piaceva.
Beh, non ero mai stato spaventato da Roger, ma forse l'amore che avevo nutrito verso di lui era davvero diverso. Un amore platonico, un amore rivolto a lui come giocatore e persona, globalmente, diciamo. Ammirazione, stima... non so bene... forse mi è mancata l'attrazione vera e propria.
Nole non lo stimo e non lo ammiro particolarmente e penso sia pieno di difetti, ha un gran carattere di merda... però mi attrae ed ormai sono sempre più preso da lui.
Inghiottii a vuoto specchiandomi nei suoi occhi chiari, sorrisi ed annuii impacciato.
- Grazie. - Dissi senza saper che altro dire. Lui sorrise e tolse la mano lasciandomi dispiaciuto e sollevato insieme.
Era davvero difficile gestirsi. Impossibile, direi. E con lui stava diventando sempre più difficile.

Dopo quella conversazione mi convinsi quasi a provarci, la sua presenza era piacevole al di là dei miei bassi istinti. Avevo vissuto Nole sempre con molta ansia perchè era un maniaco che a volte ci provava con me, altre volte con altre persone. Mi incasinava, insomma.
Quindi non lo vivevo nella giusta ottica. Per lo più non lo credevo capace di cose serie di alcun genere.
Quando parlammo in quel modo, fu la prima conversazione seria in assoluto e rimasi stupito nel constatare che allora poteva anche esserlo, a volte. Che non era solo stronzate a caso.
Poi le parole di Roger mi rimbombarono nella mente.
'Devi cogliere tutte le occasioni che ti si presentano per conoscerlo meglio e capire le sue intenzioni.'
Era un consiglio saggio e sicuramente la naturale applicazione di tale consiglio era accettare di giocare quel doppio con lui.
Ci stavo giusto pensando, quando Nole, nel mezzo della partita nonché dei miei pensieri, si avvicinò al mio orecchio e ci parlò dentro appiccicandoci le labbra.
Il respiro e l'aria delle sue parole, per non dire i movimenti delle labbra conto il mio orecchio, che per di più quello era anche quello più sensibile, mi fece scattare di lato e quasi franare addosso all'altro seduto di là che mi guardò strano. Io mi scusai e torna a fissare Nole male, bordeaux.
Lui stava lì come l'avevo lasciato prima di saltare letteralmente di lato, la faccia shockata da 'che è successo?' ed io ebbi l'impulso di dargli un pugno.
- Che ho fatto ora? - Disse infatti con una vocina di chi davvero non aveva capito nulla.
Io non potevo urlare sebbene volessi, quindi mi avvicinai e puntandogli il dito contro dissi a denti stretti, col viso vicino al suo per farmi sentire in quel baccano che c'era come di consueto in uno stadio.
- Mi hai parlato all'orecchio! - Dissi minaccioso.
- Ed è una cosa così grave? - Chiese piano alla mia stessa maniera, ma senza il tono minaccioso. Solo di scherno.
- Sì! Quello è il mio orecchio sensibile! E poi mi hai preso alla sprovvista! - Nole a quel punto si mise a ridere.
- Cosa dovevo fare, dirti 'attento sto per parlarti all'orecchio? Ah scusa, in quale posso farlo?' - Ed eccolo lì che mi prendeva in giro.
Io e lui a lavorare insieme?
Cosa ero, un pazzo suicida?
Io permaloso e suscettibile e lui sadico bastardo?
No, mi dissi. Non era un accordo che si poteva fare!
- No razza di stupido! Ma essere meno improvviso... -
- Ma come! - Eravamo entrambi convinti di quel che dicevamo ed in un istante ebbi la visione di quel che avremmo combinato al doppio.
Entrambi a comandarci, nessuno dei due a seguire l'altro... un disastro.
No, non potevo farlo.
- Sei davvero insensibile! - Dissi scuotendo il capo come se fosse una risposta normale. Nole continuò a ridere prendendosi gioco di me.
- E tu lo sei troppo, a quanto pare. Ma cosa succede se ti parlo all'orecchio sensibile? - Con questo tornò a farlo, ma non parlò. Questa volta ci infilò la lingua. Fortunatamente ebbe la creanza di coprire la bocca e l'orecchio con le mani poste a coppa ai lati.
Questo non mi fece sentire meglio visto che con la sua lingua dentro, e nemmeno troppo velocemente, io morii quell'attimo.
Trattenni proprio il fiato e spalancai la bocca impallidendo.
Avevo un caldo micidiale e mi sentii di nuovo eccitarmi fisicamente.
E non potevo fare assolutamente nulla.
Lo sgomitai e mi alzai fingendo di guardare il campo, alcuni intorno a noi erano in piedi, la partita era in un momento caldo, quindi aveva senso guardarla in piedi.
Nole continuò a ridere divertito e malizioso e si alzò a sua volta affiancandomi.
- Allora succede davvero qualcosa se ti parlo all'orecchio sensibile... - Era davvero divertito, io davvero allucinato.
- Quello non era parlare! - Precisai come se avesse importanza, l'aria arrabbiata, fissavo sempre il campo, le braccia conserte.
- Lo so bene cos'era quello... se vuoi che lo chiami col suo nome... - Lo fissai stralunato conscio che stava per dire 'leccare' e alzai le mani verso di lui come per fermarlo.
- Ok, basta così! - Ammonii tornando a girarmi verso lo stadio. Non so quanto si divertisse, a volte avevo l'impressione che facesse finta di divertirsi e di essere così di natura per mettermi alla prova, per testare quanto lo detestassi o mi piacesse.
Forse anche lui non capiva molto di me.
A volte mi chiedevo cosa pensava di me. Io non lo capivo, ma magari nemmeno lui capiva me.
Eravamo una coppia totalmente incompresa da noi stessi, non potevamo avere un futuro, ne ero sicuro.
Successivamente rimasi sulle mie, arrabbiato per la nostra incompatibilità e per il fatto di essere giocato da lui.
La partita finì e noi cominciammo a dirigerci verso l'uscita con calma. Avevamo poi parlato della partita e di cose generiche, ma forse avendo capito d'aver esagerato non aveva più fatto cose particolari. Un po' mi dispiaceva, mi piaceva quando faceva certe cose, ma doveva essere nel momento adatto. Non in mezzo a migliaia di persone.
In macchina verso l'albergo rimanemmo prevalentemente in silenzio, mettemmo insieme qualche parola di circostanza, ma l'impressione era che effettivamente lui avesse tirato troppo la corda e che le cose si fossero rovinate.
Non volevo che lo pensasse, anche se forse era proprio vero.
Volevo dirgli che non ero davvero arrabbiato, o meglio volevo spiegargli perchè me l'ero presa e cosa non mi era andato bene, ma lì c'era l'autista e non potevo parlarne.
Quando scendemmo eravamo quasi seri, io teso con la testa a quel che volevo chiarire e lui, probabilmente, deluso da come era andata alla fine la serata.
Solo in ascensore riuscii a parlare liberamente, al sicuro da qualsiasi occhio ed orecchio e presi forza nel parlargli.
- Mi hai imbarazzato perchè eravamo circondati da moltissime persone e avevo anche paura che ci riprendessero in qualsiasi di quei momenti... - Spiegai senza il coraggio di guardarlo. Fissavo per terra, le mani sprofondate nelle tasche.
Lui, sorpreso del fatto che chiarissi, mi guardò.
- Ti stai scusando per avermi trattato male? - Aggrottai la fronte cercando di capire, poi lo guardai sul piede di guerra:
- Un momento, io non ti ho trattato male! Ti ho fatto smettere con quegli atteggiamenti equivoci che mi mettevano a disagio! Ti sto dicendo che era perchè c'era tanta gente intorno a noi, ma se... - Stavo per dire 'se eravamo soli, mi sarei lasciato andare'. Era vero, ma non potevo dirglielo. Mi morsi il labbro e mi fermai sgranando gli occhi, dandogli conferma che c'era qualcosa.
- Ma se? - Chiese infatti interessato.
- Niente. Ma se niente. È tutto qua. Troppa gente. Stop. Devi valutare meglio quando vuoi scherzare con gli altri e come lo fai. A volte scherzare come fai tu va bene solo in ambienti protetti... - Me la stavo cavando? Non sapevo.
Fatto fu che Nole come sempre mi prese in contropiede e fermando l'ascensore disse suadente:
- Vuoi dire un ambiente protetto come l'ascensore? È per questo che stai chiarendo solo ora? Perchè siamo soli e al sicuro? - Lo fissai circospetto e diffidente e molto imbarazzato, ma annuii cauto.
- Sì... -
- E quindi qua io potrei fare così? - Con questo portò la mano sul lato del mio viso ed in una specie di carezza infilò le dita fra i capelli, continuò a carezzare fino a scivolare sulla nuca e rimase lì con la mano, quasi a tenermi fermo. Poi portò le labbra al famoso maledetto orecchio e sussurrò piano.
- Se faccio così ora va bene? - con la punta della lingua leccò delineando seducente ed io trattenni il fiato con una vampata enorme di calore. Volevo scostarmi d'istinto, i brividi che mi ricoprirono però mi paralizzarono e la verità è che non volevo muovermi.
Volevo continuasse. La gola secca, le parole cancellate. Come si parlava? Dovevo farlo?
Tanto eravamo al sicuro, in un ascensore bloccato. Che poteva succedere?
Andava bene, era lui che stava facendo qualcosa a me, non il contrario. Non avevo obblighi.
Ed era bellissimo.