CAPITOLO XII:
ACCETTAZIONE



La sua lingua delineava ancora l'interno del mio orecchio facendomi morire, i brividi mi paralizzavano e non avevo proprio voglia di muovermi. Volevo solo rimanere lì così, la sua mano fra i miei capelli a tenermeli indietro e fermo ed io... beh, lì a farmi fare di tutto, al sicuro delle pareti dell'ascensore bloccato.
Chiusi gli occhi, non respiravo, non mi muovevo.
Dopo un po', non so proprio dire quanto, spostò l'altra mano sull'altra guancia, un altro brivido. La mano scese leggerissima sul collo, era calda ed il suo tocco esperto. Sensualmente percorse il petto attraverso i vestiti per poi arrivare all'inguine. Il mio inguine ora teso ed eccitato.
La lingua smise di muoversi quando lui arrivò lì, non mi masturbò, non fece nulla. Mi toccò fra le gambe e basta.
- E' per questo che non volevi che lo facessi allo stadio... - Disse senza fare domande.
Non riuscivo ancora a parlare, ma roco mi sforzai di dire qualcosa lo stesso.
- Tu che dici? - Non ero mai un agnellino, specie se con le spalle al muro, ma il mio piede di guerra ora era affondato.
Stavo bene così in quel modo e volevo che muovesse la mano sul mio pacco, ma lui non sembrava volerlo fare.
- Dico che in effetti sarebbe imbarazzante far notare quest'erezione a migliaia di persone. - Così, senza avvisarmi, proprio mentre mi stavo abituando e sperando andasse oltre -dopotutto io lo volevo sempre più- lui si fermò, tolse tutte le mani da me, fece un passo indietro e mi lasciò andare. Per poco non caddi, vacillai e mi appoggiai alla parete.
- Scusami, allora. Non immaginavo d'aver esagerato fino a questo punto. - Disse poi con un'eccellente padronanza di sé. Lo stavo odiando, giocava con me per il gusto di giocare.
A quel punto era evidente che mi piaceva, quanto meno a livello fisico. Volevo starci, se non faceva nulla era perchè non ne aveva davvero intenzione. In quel momento lo capii.
Fece partire l'ascensore mentre io rimanevo appoggiato incapace di muovermi e parlare.
- A proposito della nostra partita di doppio? Ci hai pensato? - Certo farmi quella domanda in quel momento fu deleterio per me, dovetti sforzarmi di ricordarmi quel che avevo pensato prima.
- No io... ecco, non mi pare una buona idea. Non saremmo capaci di capirci e di seguirci. Vorremmo comandare entrambi e non collaboreremmo abbastanza... - Nole sospirò deluso stringendo contrariato le labbra.
- Certo, all'inizio, ma bisogna allenarsi e provarci. E non solo una volta, forse all'inizio può non funzionare, ma bisogna rifarlo fino a che non si trova un sistema. Un sistema c'è sempre per tutto. - Io però sospirai sull'apertura delle porte, mi staccai dalla parete per uscire. Cercai di riprendermi anche a livello mentale e scossi la testa.
- Non so, Novak... siamo giocatori di singolo, noi. Puntiamo a quello, non ci interessa avere successo nel doppio, no? -
Uscimmo entrambi dall'ascensore avviandoci verso le nostre camere, le mani nelle tasche, più rilassati, come se il prima fosse stato cancellato con l'apertura delle porte.
- Sì certo, ma per provare... probabilmente è come dici tu, andremo male e tutto il resto... e probabilmente insistendo e provando troveremmo la soluzione per farcela bene... certo a due che non sono interessati alla carriera di doppio che senso ha? - Ci fermammo davanti alla mia camera, la chiave inserita, la porta scattata per aprirsi. Noi ancora lì in corridoio uno davanti all'altro. - Però mi piacerebbe provarci lo stesso... non so, non ha proprio senso, eh? Però vorrei comunque... anche solo per sentire la reazione mondiale al 2 e al 3 che fanno il doppio insieme. Tanto più che tutti ci vedono come rivali e basta, sarebbe bello farli rimanere male, no? - Con questo sorrisino, mi fece l'occhiolino, mi toccò il mento col dito e concluse. - Pensaci ancora. - Io non dissi nulla, rimasi ebete a fissarlo, per poco non spalancai la bocca. - Buonanotte. - Fece poi con un sorriso che sapeva di dolce. Non mi ero nemmeno accorto di trattenere il fiato con la speranza che mi chiedesse di entrare. Gli avrei detto di sì, ma non potevo chiederglielo per primo.
Non potevo invitarlo.
Così non lo feci.
Lo guardai andarsene, mentre mordendomi il labbro mi infilai in camera ed una volta dentro mi appoggiai alla porta sospirando.
Era stata la serata più strana della mia vita ed ancora fremevo tutto per quel che era successo in ascensore e la speranza che volesse entrare in camera.
Non avevo idea, in quel momento, se mai saremmo riusciti a capirci, ma le sue parole mi rimbombavano nella testa.
'C'è una soluzione ad ogni situazione. Prima o poi la si trova.'
Forse aveva ragione. Forse dovevamo impegnarci a trovare una soluzione anche a noi due...


- Ma quando avete questi momenti intimi, non vi dite nulla a riguardo? Voglio dire, se qualcuno mi toccasse fra le gambe gli chiederei perchè lo fa... al di là delle mie reazioni spontanee... - La domanda di Roger fu epicamente legittima. Lasciai sospesa la tazzina di caffè e ci rimasi a pensare per un po'. Poi scossi la testa.
- No non diciamo nulla... sono troppo nel pallone! - Roger strabuzzò gli occhi.
- Ma non vi fate delle domande? Insomma, cosa penserà lui di questi vostri momenti? - Mi innervosii perchè era proprio quello che volevo capire anche io, così sulla difensiva, attaccai:
- E che ne so, Roger? È quello che non capisco nemmeno io! Magari pensa la cosa più ovvia, ovvero che sono gay e che mi piace essere toccato, che reagisco così per quello... - Roger ci pensò un attimo e fece un aria poco convinta e perplessa.
- Insomma... può anche essere una reazione spontanea ad una situazione poco convenzionale ed eccitante. Cioè non è detto che tu sia gay o che per lo meno ne sia consapevole. Non è detto che Nole si sia detto 'ok, Rafa è gay e si eccita quando lo tocco o sono nudo davanti a lui per questo!' - Posai la tazzina nel provare ad immaginare cos'altro potrebbe aver pensato in quei momenti e irrigidii i muscoli del collo con una smorfia delle mie in viso.
- E cos'altro può pensare, scusa? - Roger provò a tirare fuori qualcosa sforzando il suo lato ingenuo. Ma sapevo che Nole non era ingenuo. Non poteva avere ragione.
- Non è normale che un uomo ti faccia delle avance. Non importa per quale motivo, se per passatempo o se perchè lui fa così di natura con alcuni... ma te ne ha fatte. Quindi questo fa scattare in te un'eccitazione incontrollata. È fisiologico. - Scossi il capo.
- Nole sarà mica così contorto? - Roger alzò le spalle e provò a tirare fuori dell'altro.
- Puoi anche essere del tutto ignaro di essere gay, possono essere i primi approcci omosessuali... considera che lui in quanto maniaco pensa che gli uomini ragionino con la parte anatomica maschile. Ovvero gli basta poco per reagire, anche in situazioni avverse o strane! - rimasi perplesso a sentire le sue idee. Non sapevo, forse era come diceva, ma non ne ero convinto.
Però di fatto non potevo saperlo.
- Magari nemmeno si chiede perchè mi eccito quando mi tocca o lo guardo... lui fa quello che gli pare perchè sì e non gli importa perchè io reagisco in quel modo. Magari nemmeno si è mai posto il problema se sono gay o no! O se lui mi piace! - Questo, pensai in quel momento, era la versione più probabile e Roger dovette ammetterlo. Aveva senso.
- In effetti per quel che ho capito di Nole, potrebbe proprio essere così. -
A quel punto il nostro caffè finì e il suo telefono squittì.
Roger lesse l'sms che gli era arrivato e fece uno di quei sorrisi dolci particolari. Lui era sempre dolce e gentile e sorridente, ma in certi casi davvero era diverso.
In certi casi aveva una dolcezza più spiccata, un'aria quasi adorante.
- Chi è? - Chiesi incuriosito. Roger rispose automaticamente perchè non era uno maleducato che diceva di farsi i fatti propri.
- Stanley... - Disse senza rifletterci. - Ha detto che ha fatto un record personale di ace consecutivi in allenamento... - Ovviamente non mi interessai a cosa gli aveva detto, ma alla faccia di Roger nel leggerlo. Scossi il capo senza che nemmeno se ne accorgesse, Roger non mi stava per niente calcolando.
Per un momento provai un po' di fastidio, immagino fosse normale. Mi chiesi se avesse mai avuto quella faccia nel leggere i miei sms... mi guardavo mille volte tutte le foto esistenti su noi due e mentre mi vedevo con obiettività perso per lui e adorante, tutto un fremito, lui per quanto sorridente e allegro fosse verso di me, non aveva quella stessa dolcezza che aveva con lui. Ovviamente lo guardavo sempre tutte le volte che potevo, non mi perdevo nulla di Roger e spesso con lui c'era Stan. Difficile non notare questa cosa.
Ci potevo pensare e rimanere male, ogni tanto. Era normale, comunque. Un po' di invidia, più che gelosia.
Non ero Stan, punto e basta. Forse non era innamorato di Stan, forse era un amore fraterno, come diceva Roger, però comunque per me non aveva mai provato nulla di simile.
- Ripeto, secondo me dovresti accettare di fare il doppio con lui, con la scusa degli allenamenti potete passare del tempo insieme e per te è prezioso per capire cosa pensa. Anche se una cosa non la capisco... - Fece poi dopo aver messo giù il telefono.
- E cioè? -
- Perchè vuoi decifrarlo? Se tu cerchi un divertimento e a lui piace divertirsi, perchè devi capire che tipo è, perchè fa certe cose, cosa pensa, cosa vuole? Finchè ti darebbe quel che vuoi... - Mi morsi il labbro mentre un pugno allo stomaco mi colpiva. Non era facile, non lo era per nulla.
Realizzare che c'era una di quelle bombe pronte ad esplodere. Che quella bomba era lì ed io non avevo idea di come disinnescarla. Mi sentii così, in quel momento, mentre lo guardai perso realizzando che aveva ragione e che avevo sempre nascosto la testa per evitare di guardare questo particolare importante.
- Ecco io... - Feci allora incerto, in difficoltà.
- Se tu cerchi solo del divertimento, della distrazione... voglio dire... è questo che cerchi, no? - Avevo detto così all'inizio. Avevo deciso così.
Cercavo questo, ero stato chiaro con me stesso e per questo avevo deciso Nole. Perchè lui era uno che si divertiva e che sicuramente era disposto a fare queste cose.
E l'avevo detto a Roger proprio così.
Ma in quel momento, fissandolo negli occhi, mi sentii come se fossi sul punto di mentirgli. Assentire sarebbe stato mentire ed io a lui non ci ero mai riuscito.
Fu lì che lo capii davvero, che lo ammisi, lo realizzai a me stesso.
- No io... non credo sia più così. Sono lontano dall'esserne innamorato e non voglio cose serie, però non è solo una distrazione, la fase della distrazione è passata, ormai... io... io sto molto meglio riguardo te, adesso abbiamo trovato un equilibrio che mi sta bene e sebbene a volte io abbia dei rimasugli... - Abbassai lo sguardo intimidito. - Comunque ho superato la cosa. E sento che non è più una distrazione quella che cerco... - Ma la stavo dicendo così come la stavo capendo, in effetti.
- E allora cosa cerchi ora? – Chiese piano, mettendo da parte le tazzine nel tavolino di uno dei pochi bar sicuri e tranquilli dove ci trovavamo per conversare se lontani da casa.
Io scossi la testa confuso, aggrottai la fronte e sospirai mentre guardavo il nero della lavagna mentale. Mi sentivo in un'interrogazione a scuola.
- Non lo so. Voglio vivere la mia vita, voglio una vita sentimentale in generale, penso. Voglio una storia, un giorno. Innamorarmi ancora. Per cui forse è solo questo. Non voglio tanto capire cosa pensa Nole quanto... se lui può essere quella storia, un giorno. Se io potrei innamorarmene. - Roger, quindi, riassunse con la sua calma perfetta, quella calma che non necessitava di correzioni.
- Decifrando lui, decifri te stesso. Sei tu quello confuso, capire lui è un modo per capire te. - E lì capii una volta per tutte perchè ne parlavo sempre con lui anche se a volte mi mancava perdermi per lui come facevo una volta, anche se a volte avevo l'impressione che l'avrei amato sempre, in qualche modo.
Roger era davvero in grado di aiutarmi.
Non c'era altro da capire.
Mi rischiarava, mi traduceva. Mi semplificava.
Io ero il caos, lui la chiarezza.
E Nole?
Cos'era, Nole?
Se io ero il caos lui ne era il dio? Colui che lo generava?
In quel momento non dissi più nulla e da lì in poi passai anni a cercare di capire questa cosa di me, di noi, e mano a mano che cercavo di capirla, finivo sempre più innamorato di Nole, ma al tempo stesso confuso.
Amare qualcuno era una cosa, fidarsi era ben diverso.
Questa dualità nei miei sentimenti per lui non l'avrei risolta facilmente.

Pochi giorni dopo mi decisi ad accettare la sua offerta e glielo scrissi con un sms.
'Ho deciso di provarci.'
E per un momento mi resi conto di cosa poteva significare. Mi morsi il labbro ed attesi col cuore in gola una sua risposta che venne con una sua chiamata.
La sua voce era così felice ed assordante da dover allontanare il telefono dall'orecchio e risi. Risi di gusto e felice per la sua gioia. Non capii nemmeno cosa disse, contava solo che era tanto felice per poter giocare un semplice e stupido, nonché potenzialmente disastroso, doppio con me.
Avremmo fatto una figura di merda, questo lo sapevo bene, ma che contava?
Sarebbe stato bello per noi.
Da quel momento sarei vissuto per i segnali di Nole.
Eppure non avevo idea di quanto lui non si rendesse davvero conto di quel che mi capitava, di quanto fraintendesse e, in effetti, non capisse un accidente di me.
Non ne avevo proprio idea.


Decidemmo di sfruttare la pausa estiva dopo Wimbledon, prima dei tornei americani, per fare un po' di pratica insieme.
Prima c'erano tornei troppo importanti e distrarci con le prove per un doppio di poco conto non aveva senso, specie perchè io ero in volo.
Quell'anno fu uno dei miei migliori dato che vinsi 3 Slam e diversi 1000... feci anche i primi record. Insomma, ero lanciatissimo e dopo il Roland e Wimbledon, passai primo in classifica. Nella mia mente il doppio di Toronto era lontano anni luce, ma alla pausa estiva Nole si presentò a casa mia senza chiedermi il permesso e nemmeno avvertirmi.
Una valigia con le rotelle, un borsone in spalla ed il suo sorriso da schiaffi.
Quando aprii la porta erano tipo le sette di mattina ed io ero andato a letto tardi, come sempre. Non mi piaceva dormire, ma non poteva pretendere mi alzassi così presto.
Sentii il campanello dopo forse mezz'ora di suonate incrociate al telefonino che vibrava.
Non lo notai nemmeno, sentii il campanello alla probabilmente trentesima volta e scesi trafelato convinto che a quell'ora fosse qualche parente che mi doveva dare una tragica notizia.
Infatti aprii così com'ero, ovvero in boxer ed il segno delle lenzuola su tutto il corpo. I capelli sconvolti sulla faccia e gli occhi piccoli, l'aria corrucciata di chi cercava di capire chi fosse morto.
Quando lo vidi non capii subito che era lui.
- Chi... cosa... tu... - non riuscivo nemmeno a parlare. Sentii la sua risata e notai vagamente il suo gran sorriso luminoso.
Io sbattei gli occhi e lo guardai stralunato.
- Rafa, mi riconosci? Sono io, Novak! - Piegai la testa di lato.
- Sì, lo vedo... - Beh, non proprio... in effetti il fatto che si fosse presentato mi aiutò. - Ma perchè? - Ovviamente intendevo perchè era lì, ma lui aveva il patentino per essere scemo.
- Perchè sono io? Che ti devo dire, Dio ha fatto del suo meglio... e devo dire che ha fatto un gran bel lavoro... - Poi piegò la testa e mi squadrò con un sorrisino famelico. - Anche se devo dire che pure con te ha fatto un gran bel lavoro... - Misi il broncio, ero addormentato e non riuscivo nemmeno ad essere efficace.
- Con te si è dimenticato il cervello... - Grugnii. Beh, considerando tutto non ero andato male. Lui rise divertito e poi appoggiò una mano allo stipite mentre incrociò una gamba sull'altra spingendo l'anca infuori.
- Pensi di farmi entrare o continuiamo a fare conversazione alla porta? - Allora notai che aveva anche delle valige e non filtrai per nulla i miei pensieri faticosamente embrionali.
- Sei impazzito? - Borbottai sempre col broncio e la fronte corrucciata.
Nole continuava a ridere divertito e felice.
- Può essere che io non sia mai stato sano... - Scossi il capo e mi passai le mani sulla faccia, mi portai i capelli spettinati all'indietro e non ricaddero meglio. Credo di essere stato inguardabile, anche se a giudicare dalla sua espressione dovevo essere piuttosto appetibile.
Si leccò le labbra.
- Sì, è tutto vero. Io sono qua e le mie valige anche e fuori fa un caldo che a momenti mi spoglio come te, almeno non ti lascio solo nel tuo esibizionismo. - Lui parlava allegro come sempre, come se non ci fosse nulla che non andava, ma io proprio non riuscivo a capire perchè ci fossero le sue valige lì.
- Ma cosa diavolo ci fanno quelle lì! - Nole sospirò spazientito, le prese e mi spinse poco gentilmente da parte entrando.
- Vado a farti un caffè doppio così capisci da solo le cose ovvie. - Nole mollò le valige all'ingresso e dopo essersi guardato un attimo in giro si diresse verso quella che pensava fosse la cucina. Beh, si vedeva visto che la porta era aperta. Mosse qualche passo verso l'interno e si fermò fischiando.
- Però... mica male... - Poi continuò ed una volta in cucina tornò a fischiare più forte e più a lungo. - Se non torno entro cinque minuti chiama i pompieri, dovrebbero riuscire a trovarmi in mezzo a questo tugurio! - Lui scherzava. Lui scherzava sempre. Ed era sparito in casa mia come se fosse sua, come se fosse già venuto, come se l'avessi invitato. Come se fosse normale. Allora lo seguii e sull'ingresso allargai le braccia esasperato e seccato.
- Nole, e allora? - Nole si girò stupito, io pensai che lo fosse perchè ero seccato, lui invece con un sorriso mi illuminò subito.
- Che bello, è la prima volta che mi chiami Nole invece che Novak! Penso che avrò un orgasmo! - Avrei anche riso, ma in quel momento mi andava di tirargli una delle tante cose che avevo sotto mano.
- Cosa diavolo hai in testa, a parte il vuoto siderale? - Dissi burbero avvicinandomi sempre sbracciando.
Lui dopo aver aperto un armadietto in cerca di, probabilmente, il caffè ed essersi ritrovato una frana addosso, lo richiuse e pallido mi fissò.
- Forse il caffè puoi farlo tu prima che mi cada addosso quel poco che non è già a terra! - Io sbuffai ed andai da lui fermandolo, visto che continuava a cercare la caffettiera alzando e spostando cose che già erano in casino. Lo presi per il braccio e lo girai con forza, spazientito al massimo. Poi lo fissai in cagnesco.
- O mi dici cosa pensi di fare qua o ti butto fuori a calci! - Ed era probabile che l'avrei fatto.
Nole a questo punto alzò le mani, io lo lasciai e con aria da finto agnellino si affrettò a spiegare angelico.
- Dobbiamo allenarci per il doppio! Toronto si avvicina! Abbiamo poco ormai! Andiamo, ci siamo riposati abbastanza! - Poi scese con lo sguardo sul mio corpo abbronzato. Beh, ero sempre abbronzato, ma ora lo ero di più e ammiccò apprezzando malizioso. - A proposito, ottima abbronzatura... - Io arrossii e feci un passo indietro incrociando le braccia al petto. Non avevo il senso del pudore nel senso che stavo nudo senza problemi, ma con lui ormai stava diventando una croce vera e propria. Mi metteva un sacco a disagio, del resto non era modo di guardare la gente.
- Ok, ma le valige? E poi potevi chiamarmi prima di piombarmi qua... potevi trovarti un albergo prima di venire a salutarmi, non è che ci alleniamo alle sette! - Cominciai a brontolare per smaltire il nervoso e nel mentre tirai fuori il caffè, la sola cosa che potevo trovare sempre in ogni situazione in casa mia.
- Albergo?! - Fece allora. - chi ha parlato di albergo? - Disse senza capire. Io mi voltai e lo guardai con un sopracciglio fortemente inarcato.
- Dove pensi di dormire, scusa? - La mia domanda era davvero scema e la sua risposta lo sottolineò.
- Ovviamente qua da te! - Ed il caffè mi cadde, il barattolo si aprì e si rovesciò tutto sul pavimento che non era per niente pulito.
Nole si mise a ridere, io rimasi fermo a guardarlo mentre si chinava a raccogliere il barattolo con quel che rimaneva del caffè.
Si alzò e ci guardò dentro.
- Qualcosa è rimasto... -
- Tu sei matto, non puoi rimanere qua! - Dissi subito agitato con la voce che iniziava ad alzarsi, la testa nel panico.
Lui mi guardò senza capire.
- Perchè? Hai gente in casa in questi giorni? Pensavo vivessi da solo... - Mi imbronciai e gesticolai.
- Sì che vivo solo, ma non puoi stare qua perchè... - Mi interruppi, non sapevo cosa dire. Era in effetti comodo se stava da me per quei giorni che ci allenavamo per il doppio, ma ero agitatissimo, mi piaceva, era un casino, non sapevo come gestire lui e la situazione e sapevo solo che era l'anticamera del disastro.
- Perchè? - Chiese avvicinandosi mentre io indietreggiavo sempre sbracciando.
- Perchè non ci concentreremmo sul tennis, saremmo troppo distratti da noi stessi! - La sparai quasi urlando e mi fermai realizzando che l'avevo ammesso. Era così. Era vero. Non c'era un altro modo per dirlo.
Lui ci rimase un attimo, poi dopo un po' di pensarci alzò le spalle con un sorriso soddisfatto.
- Allora sarà divertente! - E con questo si girò e trovata la caffettiera iniziò a fare il famoso caffè. Mentre io rimanevo paralizzato nel mezzo della cucina e del casino, senza parole, shockato.
Ed ora cosa si supponeva che facessi?
Non potevo certo cacciarlo. Ma più che altro... che razza di reazione era quella?
Potevo prenderlo seriamente? Per lui non era un problema la cosa che c'era fra noi. Dunque non era nulla? Non era davvero nulla di nulla? Forse nemmeno del divertimento?
Per un momento ci rimasi male e solo per quello decisi di accettare. Quella sarebbe stata la prova del nove per capire una volta per tutte quel che provava e voleva Nole da me.
O lì o mai più!