CAPITOLO XXI:
CONFIDENZIALMENTE

video ghiacciai



Il mattino arrivò con una certa fatica in quanto mi svegliai spesso e non era mai l'ora. Ad un certo punto decisi di scivolare via dal letto ed andare a guardare la città che si svegliava, così mi detti una sistemata ed uscii a fare due passi.
Era praticamente l'alba ed era bello camminare così, da solo, in pace.
Mi fermai a prendere delle brioche e dei caffè, poi quando ormai la città era sveglia e caotica e l'ora di attivarsi era giunta, tornai in albergo, in camera.
Arrivai che le sveglie non avevano ancora cominciato a suonare e gli misi il caffè sul comodino, mentre la sua brioche nel letto, al mio posto. Io andai a fare la mia colazione in terrazzo, mentre facevo un giro su internet tramite il cellulare.
Non sapevo cosa pensare su Nole e non sapevo cosa fare con lui, per cui avevo elaborato la strategia del niente. O meglio niente di programmato. Comunque non ne ero capace, ero uno troppo impulsivo ed anche se dicevo di fare una cosa poi era facile che non riuscissi a farla.
Persi la cognizione del tempo, non so quanto rimasi lì a trafficare col telefonino, comunque dopo un po' la porta vetri della camera si aprì e sbucò un insonnolito Nole in boxer che decise di salutarmi con un bacio sulla guancia ed un rauco grazie per la colazione. Il cuore iniziò subito a galoppare.
- Avevi mica qualcosa di cui scusarti? - Chiese sedendosi nella sdraia vicino alla mia, appoggiando il bicchiere del caffè per terra mentre si mangiava la brioche.
Io sorrisi.
- Anche se fosse non lo farei nemmeno morto. - Così lui annuì ridendo sempre insonnolito.
Cercavo di non guardarlo molto perchè era troppo sexy per me. E poi era coi boxer. Poteva una persona dormire coi boxer? Sì, era normale, ma mi metteva in subbuglio.
- Quando abbiamo il primo impegno oggi? - Chiese sbadigliando.
- Alle 9. -
- E a che ora ti sei svegliato? - Chiese vedendo che erano le otto e che ero già pronto e con la colazione prelevata. Io ridacchiai appoggiando la schiena alla sdraia ed allungando le gambe davanti, poi chiusi gli occhi rilassandomi al sole che colpiva il nostro terrazzo e che mi baciava dolcemente la pelle.
- Ho visto l'alba. - Lo sentii rivolgersi verso di me sorpreso nell'esclamazione.
- Cosa?! - Io rimasi beato nella mia posizione comoda. - Ma soffri d'insonnia o cosa? - Io alzai le spalle.
- Più o meno. Non mi piace dormire, lo sai. Ci sono così tante cose da fare da sveglio, dormire è una perdita di tempo. Solo che in vacanza non ho praticamente nulla delle cose che farei di norma, per cui anche se mi sveglio presto mi annoio... -
- E perchè ti svegli presto? -
- Perchè ormai ho l'orario incorporato. - Glielo avevo già detto e mi girai a guardarlo pigramente, lui era nella mia stessa posizione, con il caffè in mano, che sorrideva con aria strana. Ci perdemmo a guardarci, poi con una dolcezza insolita mi scostò i capelli dalla fronte, i miei soliti ciuffi ribelli.
- Potevi tornare a letto e coccolarti contro di me. Anche se dormo, nel sonno tendo ad abbracciare chi ho vicino... - Non riuscii a trattenere la risposta divertita.
- Lo so bene! - E lui aprì bene gli occhi guardandomi stupito.
- Davvero? - Io risi. - L'ho fatto? - Annuii divertito e lui scosse il capo girando la testa. Io rimasi a guardarlo.
- Non devi sopportarmi se ti schiaccio contro di me... - Io però alzai le spalle continuando ad osservare il suo profilo arricciato.
- Non sei poi così fastidioso... - E lui tornò ad osservarmi per l’ennesima volta, ci sorridemmo con una tenerezza nuova e ci piacque l'atmosfera che riuscimmo ad instaurare in quel momento.
Non fece il maniaco, non ci provò, però rimase con me con una semplicità che mi piacque molto.
Non sparava stronzate, non flirtava, ma era lì dolce in qualche modo, normale, calmo.
Si creò una connessione speciale, molto speciale. In quel momento sentii il desiderio di dirglielo.
'Sai sono gay e mi piaci da un sacco di tempo!'
 Ma alla fine non trovai il coraggio di farlo e controllando l'ora lo mandai a cambiarsi perchè era quasi ora di andare.
Quel giorno avevamo il giro promozionale dei ghiacciai dove avremmo dovuto fare una specie di partitella su un mini campo da tennis su una nave davanti, appunto, a questi fantomatici ghiacciai.

Arrivammo senza far capire che venivamo insieme, camminammo separati e tutto andò bene.
Fu bello e divertente perchè chiedevano proprio di mostrarci amichevoli e non ci venne difficile.
Fu una mattinata freddolosa, ma divertente, piacevole comunque.
Poi dopo di quello avemmo un paio d'ore libere per pranzare e riposarci in vista del prossimo impegno.
In auto chiedemmo consiglio al nostro autista su un posto adatto dove mangiare, un posto che non fosse troppo affollato, ma che si mangiasse bene, così lui ci portò in un ristorante di pesce eccellente dove effettivamente riuscimmo a stare tranquilli.
- Sembriamo una coppia. - Disse lui una volta scesi dall'auto, io per poco non misi male il piede, poi lo fulminai con uno sguardo infuocato. In risposta lui rise.
Pranzammo tranquilli e sereni, ridemmo molto, lui non esagerò mai e fu come gli anni passati durante i quali, dopo il doppio insieme del 2010, non ci provò con me nonostante prima d’allora avesse passato periodi a farlo ferocemente.
Era bello stare con lui, si parlava di tutto e si rideva un sacco, anche io riuscivo a scherzare rilassato e mi trovavo a conversare. Gli insegnai un po' di spagnolo e mi divertii a fargli la fonetica dove se non mettevi la lingua in un certo modo non ti uscivano le parole giuste.
Con questo certo suono si protese verso di me, fissando inquietante la mia bocca per vedere bene come mettevo la lingua, ovviamente finii per ridere così tanto che non riuscii a parlare e lui rimase con il mento sulla mano ad aspettare che gliela mostrassi.
Alla fine non ci riuscii e decidemmo di rimandare la lezione ad un'altra volta.
- Ok, però stasera mi insegni ancora! - Io così risi allontanandolo da me, mettendogli la mano sulla faccia.
Mi piaceva immensamente stare con lui, ridere così tanto, parlare fluido.
Le ore passavano, anzi volavano, e finì sempre più che non mi importò mai di chi ci poteva riconoscere. Si inventò un paio di scenette divertentissime per deviare l'attenzione e mentre lui distraeva la gente, camerieri compresi, io scappavo senza farmi vedere. Era rischioso farci vedere insieme, anche se teoricamente non ci avevano riconosciuto.
Ero sul punto di lasciarmi andare definitivamente.
Ero davvero su quel punto. Sentivo di poterlo fare, che non era niente di male.

Nel pomeriggio si iniziò col tennis e poi la sera ci ritrovammo in camera, non troppo stanchi visto che erano stati incontri leggeri.
Era solo un piccolo torneo d'esibizione per salutare un nostro amico tennista argentino.
Quella sera fu come se l'atmosfera intima e rilassata non si fosse mai interrotta. Forse ci piaceva troppo uscire dalla camera insieme e tornarci sempre insieme. E ci piaceva fare praticamente tutto in coppia.
Gustarlo era diverso dall'immaginarlo, almeno per me.
Magari anche a lui stava piacendo passare questo tempo con me. Non ci provava però mi sembrava che stesse bene con me.
Eravamo stesi nel letto mentre discutevamo su cosa guardare in tv.
- Tanto tu dormi subito! Ho diritto io di decidere! -
Dissi come un tiranno mentre gli tiravo su le lenzuola fin sopra la faccia. Lui se le tolse mettendole su di me, prendendomi il telecomando di mano. A quel punto cercai di riprenderlo, ma lui girò e se lo infilò sotto ai boxer.
Io a quel punto mi fermai.
Ok, mi dissi. Avevo cantato vittoria troppo presto. Ma dopotutto adoravo anche quella versione e quando non usciva spesso mi preoccupavo.
Rimasi seduto sul letto a guardare il telecomando sotto ai suoi boxer e lui si mise le mani dietro la nuca con aria provocatoria.
- Se vuoi girare devi prenderlo! Sappi però che l'ho sistemato bene! - E con sistemato bene immagino intendesse ben incastrato col suo gioiello che, se ricordavo bene, era anche lungo.
Arrossii violentemente, stavo contemplando l'idea di lasciarglielo quando in televisione cominciò il programma che voleva vedere.
Realizzato che si trattava di un musical, ovvero Mamma Mia, dissi agguerrito con il cervello in pappa come mio solito.
- Col cazzo che mi guardo sta merda! - E detto questo gli abbassai i boxer e prima di bloccarmi imbarazzato gli presi velocissimo il pene, lo spostai e mi ripresi il telecomando, poi non lo rimisi certo apposto. Girai canale e solo allora realizzai cosa avevo fatto e continuai a girare come un pazzo senza saper dove fermarmi.
La risata di Nole risuonò nella camera mentre rimaneva fermo senza toccarsi.
All'ennesima giro di risa, lo guardai torvo ed isterico urlai.
- Vuoi sistemarti o cosa?! - Lui continuava a ridere, ma faceva anche la faccia del 'che c'è di male?' che odiavo.
- Io non ho problemi a stare nudo, tu hai problemi a vedermi nudo? - Che domande, certo che sì!
Mi fermai sul dirglielo e capii che poi mi avrebbe chiesto perchè e non sapevo cosa dire.
In realtà mi piaceva guardarlo. Troppo.
Così spaventato all'idea che si vedesse QUANTO mi piacesse, mi stesi e mi misi il lenzuolo addosso trovando una partita da guardare.
- Oh, fa quel che ti pare! - Nole smise di ridere e si girò verso di me, sempre continuando a stare con le gioie al vento. Quel bastardo. Mi stava ancora mettendo alla prova.
- Allora in questo caso penso che rimarrò così. Mi piace stare nudo, se posso lo faccio. E trovo che faccia caldo! - Io sospirai insofferente concentrandomi sul non guardarlo anche se lui guardava me come se fossi più interessante.
- Ripeto. Fa quel che ti pare! - Ma lui fece un sorrisino sbieco e percepii i suoi occhi brillare in modo preoccupante.
- Oh, non dovresti dirmelo. È un rischio darmi il via libera, hai visto ieri sera, no? - Trattenni il fiato realizzando a cosa alludeva e quindi a cosa stava per fare, mi girai di scatto con la testa per guardarlo, ma era tardi perchè si stava masturbando vicino a me.
Guardandomi. Come se fosse normale, se andasse bene.
- N-Nole? - Chiesi imbarazzato guardando la sua mano muoversi sul suo membro.
- Mmm? - Stava lì beato a godere via via sempre più ed il suo viso abbandonato divenne ben presto il ritratto dell'erotismo. Strinsi le gambe imprecando, mentre rigido pregavo che non si notasse niente della mia eccitazione. Ma non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, né dal suo viso né dal suo inguine. Alternavo impazzito mentre mi sforzavo di non respirare, cosa impossibile visto che altrimenti morivo. Ma se respiravo, ansimavo. Non sapevo come fare, non mi stavo toccando ma stavo messo davvero male ed ormai bastava abbassare lo sguardo per notare la montagnetta fra le mie gambe. Così infatti lui fece e sorridendo malizioso lo disse con voce roca.
- Forse non sono una visione così spiacevole... - Disse. La sua voce mi diede il colpo di grazia e mordendomi le labbra aggrottai la fronte mentre venivo senza toccarmi. Senza toccarmi! Come potevo? Capii d’aver toccato il fondo del mio desiderarlo, perché a quei livelli non ero ancora arrivato. Fino a quel momento mi era bastata la sua voce od il vederlo in certe vesti, però io mi ero sempre toccato.
In quel momento, la mia mano era stata superflua.
Lui fece altrettanto, toccandosi come io non avevo avuto il coraggio di fare.
Chiuse gli occhi, si mise sulla schiena, si inarcò e gemette più forte.
Lo vidi sporcarsi la sua stessa mano e sapevo che qua sotto avevo fatto un disastro anche io.
Volevo chinarmi e pulirlo con la bocca, volevo risalire con la lingua sul suo corpo e baciarlo, volevo fargli tante di quelle cose che non immaginava e volevo sedermi su di lui e farmelo mettere dentro. Ero impazzito dall'eccitazione nonostante l'orgasmo.
Non ce la facevo proprio e lui comunque non staccava gli occhi dai miei, non riuscivamo a smettere di guardarci, ansimanti, eccitati.
- Scusami io... mi dico di non esagerare, ma alla fine non riesco proprio a trattenermi... non ci ragiono, succede e basta... - Disse alla fine. Se non avesse parlato ma si fosse sporto per baciarmi avrei ricambiato. Però il fatto che non l'avesse fatto, mi fece capire che non voleva me o non voleva me in modo particolare. Forse se avessi preso l'iniziativa ci sarebbe stato, ma non volevo farlo solo per il gusto di farlo, ormai era così e basta.
Le mie idee erano chiare, in effetti. Solo che non erano chiare riguardo quel che voleva lui.
- Non importa. - Feci piano.
Non sapevo che altro dire, così mi alzai e andai in bagno senza avere la minima idea se lui avesse capito che mi ero eccitato fino a venire anche io.
Mi rinfrescai e mi schiaffeggiai. Quando tornai ci andò lui in bagno, in silenzio, senza più parlare.
Io tolsi le lenzuola perchè dalla mia parte si erano sporcate, solo quelle di sopra. Ma tanto faceva caldo e non sarebbero servite.
Per il resto non parlammo più, passavamo la giornata insieme a divertirci, poi potevamo rovinare tutto la sera con qualcosa di eccessivo e non parlarci più. Sicuramente il giorno dopo sarebbe tornato tutto a posto.
Quando si addormentò, mi dimenticai della partita che comunque non avevo guardato per nulla e mi girai verso di lui sospirando.
Perchè doveva essere così complicato?
Perchè non poteva essere chiaro?
Gli piacevo o no?
Quando chiusi la televisione e mi accostai a lui, gli baciai la spalla e mi addormentai faticosamente. Non pensavo di potercela fare.


Come previsto, il giorno dopo le cose andarono lisce e normali, come se la sera non fosse successo nulla. Credevo fosse schizofrenico, ma probabilmente lui pensava lo stesso di me.
La giornata andò bene fra tennis e impegni vari, ridemmo, scherzammo, mangiammo, ci incontrammo con altri nostri amici fra altri giocatori che partecipavano al piccolo torneo d'addio, come il mio amico Pico, e altri amici che comunque erano lì in Argentina.
In generale le giornate lì andarono tutte così, noi ci muovemmo praticamente in tandem, non ci fu un effettivo momento in cui ci separammo per fare una cosa diversa uno dall'altro e potemmo approfondire la nostra conoscenza ulteriormente, capire quanto bene insieme potevamo stare, quanto bella era la nostra compagnia.
Poi la sera tornava quella strana atmosfera, quella in cui due che si piacevano si ritrovavano a stare insieme e a non saper che fare per sembrare normali.
Ero ancora combattuto su cosa fare per fargli capire che mi piaceva, ma non sapevo comunque se ne sarebbe valsa la pena.
Così quella sera, mentre ci preparavamo per andare a dormire, con la mente agitata perchè ero convinto si sarebbe inventato qualcosa che mi avrebbe fatto morire di imbarazzo, si ritrovò a rispondere alla chiamata della sua ragazza.
Lo sentii parlare in serbo con lei per la prima volta, non andò fuori in terrazza, per cui ci andai io. Ero infastidito dal sentirlo parlare con lei, non aveva un tono dolce o cosa, anche se era amichevole. E non capivo cosa si dicevano, forse era questo. Però non volevo sentirlo. Io guardai il mio telefono chiedendomi se avessi dovuto chiamare Xisca, ma non lo feci. Non eravamo una coppa sempre al telefono. Non eravamo una vera coppia, se non di amici.
Era ormai sera inoltrata e dalla nostra camera si vedeva un bel paesaggio argentino, si respiravano mille profumi diversi e c'erano tante luci ad allietare la sera.
Una brezza fresca schiaffeggiava la mia pelle, mi stavo appena rilassando cercando di scacciare quel fastidio provocato dalla telefonata con la sua ragazza, che la porta si aprì e lui uscì. Si sedette nella sedia accanto alla mia, la sdraia, e rimase un po' in silenzio prima di parlare. Assaporò anche lui il momento piacevole e pacifico.
- Non mi davi fastidio, potevi restare... - Alzai le spalle. Aveva un tono confidenziale.
- Non sono uscito per questo... -
- Ti davo fastidio io allora? - Chiese inaspettatamente. Trattenni il fiato. Era così. - Scusa... - Fece allora. Io mi morsi il labbro, non sapevo cosa dire.
- E di cosa? È tuo diritto parlare con la tua ragazza... - Ero nervoso ed inquieto, mi tormentavo le mani, sulla sinistra i soliti cerotti per le vesciche e me li grattavo per toglierli, lui notandolo me la prese per farmi smettere e la tenne fra le sue.
- Non devi, non guarisci più... - Io, preso in contropiede, lo guardai.
- In realtà se non gioco posso toglierli perchè così la pelle respira e si rimargina... - Spiegai. - Mi ero dimenticato di toglierli. - Lui sorrise dolcemente, annuì e me li tolse lentamente uno per uno, con calma, come se fosse un compito che spettava a lui. Io allora mi rilassai, mi rilassai piano piano perchè era una sensazione bellissima le sue mani nelle mie, non volevo smettesse, volevo che quel momento si fermasse e fosse eterno.
Mi appoggiai allo schienale e rimasi a guardare le nostre mani, incatenato, ipnotizzato.
Poi, piano e calmo, riprese a parlare senza guardarmi.
- Mi dici perchè ti ha dato fastidio? - Non era un tono accusatorio. Non era invadente od aggressivo. Era dolce. Non so spiegarlo. Spingeva a rispondere. Sarei stato stronzo a non farlo. Forse era colpa delle nostre mani unite. Allora, come se mi avesse fatto un incantesimo, risposi senza sapere cosa avrei detto.
E dissi la verità che nemmeno io sapevo.
- Ti invidio, per me non è così con Xisca, la mia ragazza... - Lui, stupito, si girò verso di me.
- Cioè? - Io mi strinsi nelle spalle accavallando una gamba e girandomi anche col corpo verso di lui, vicino a me.
- Non ci chiamiamo anche se siamo lontani. Poteva venire, faceva un po' di vacanza con me, ma le ho detto che avevo molti impegni e lei non ha insistito. Non è gelosa. Non ci chiamiamo spesso. Viene a vedere i tornei importanti di tennis, abbiamo un bel rapporto ma... - Non sapevo come spiegare. Lui, preso dalla mia confidenza e colpito da quel che stavo dicendo, e forse più dal fatto che lo stavo facendo, disse piano togliendo il cerotto e guardando il dito e la vescica con una piccola smorfia.
- Non andate d'accordo? -
- No, andiamo d'accordo. E non si litiga nemmeno. Mi confido con lei, è mia complice. Sa che non voglio essere soffocato e mi lascia i miei spazi. È perfetta... -
- Ma? - Tornò a guardarmi senza smettere di trafficare coi miei cerotti.
- Ma a volte la sento più un'amica che altro. -
- Non la ami? - Chiese delicato quanto le sue dita che mi toglievano un altro cerotto.
Io strinsi le spalle.
- Non lo so. Però non so perchè la dovrei lasciare. Sto bene con lei, le voglio bene, mi capisce, sa come stare con me, come fare... e mi sono messo con lei per questo, perchè non mi irritava, mi dava serenità, non mi rompeva, capisci? - Lui annuì pensieroso, assorbito dalla mia confidenza. Non riuscivo a smettere. - Così non la chiamo quando siamo lontani, è lei che decide quando raggiungermi nei tornei ma sa che non voglio che stia con me perchè altrimenti mi distrae, la vedo dopo le partite, ma poi ognuno per conto suo. Insomma, ho le regole e lei non le sgarra e non tenta nemmeno, non se ne risente. -
- E' perfetta... - Ripeté capendo cosa intendevo. Io annuii.
- E mi sta bene così. Ma se non so perchè dovrei lasciarla... beh è anche vero che... -
- Perchè dovresti sposarla, giusto? - Sentendo che mi capiva, rimasi in silenzio annuendo, non distolsi lo sguardo da lui che invece guardava le mie mani ora libere. Le guardò e passò serio le dita sulla vesciche, alcune aperte altre gonfie e doloranti. Sussultai al dolore che scaturì e lui smise, ma non mi lasciò, si girò verso di me tenendomi la mani fra le sue con delicatezza, mentre dentro di me morivo di gioia e stavo benissimo.
Si appoggiò al bracciolo in una posizione analoga alla mia e si protese verso di me.
- Non hai desiderio di fare una famiglia, fare dei figli? Una famiglia diventa la tua casa, quando viaggi tanto e loro ti raggiungono ti senti a casa e quando invece non ti seguono e tu torni da loro, dev'essere bello. - Disse calmo.
Io alzai le spalle.
- Non provo questo desiderio. Voglio solo andare bene a tennis finchè il corpo regge, dopo il tennis ci penserò. Non ho questa voglia. Sto bene con lei, ma non voglio cambiare la cosa, non voglio scioglierla ma nemmeno rafforzarla. - Poi aggiunsi timidamente. - Per te è così? Vuoi una famiglia? - Lui annuì.
- Io un giorno la voglio. Un giorno penso che la sposerò, farò dei figli. Sto bene con lei. -
- Ma... ma la ami? - Chiesi titubante, arrossendo. Sapevo che era una domanda un po' oltre il mio ruolo, ma volevo saperlo e lui fece una strana espressione.
- Amare? Si ama in tanti modi. In un certo modo la amo, ma non penso che sia il modo più classico che intende la maggior parte delle persone. La amo in qualche modo. Se devo fare una famiglia la voglio con lei. Però... - Sospese la frase ed io mi protesi involontariamente per sentire il resto.
- Però? - E lui, tornando a guardarmi, avvicinò ulteriormente il viso al mio per parlare piano, come si fa coi segreti innominabili.
- Però amo anche qualcun altro e non credo questo sia facilmente comprensibile per nessuno... - Io, totalmente preso da lui e da quel che stava dicendo, risposi.
- Ami due persone insieme? -
- In modo diverso. Lei la amo come amo la casa, come un giorno amerò la mia famiglia, come amo la persona con cui passo la maggior parte del mio tempo libero. - Che non era molto, pensai. - Ma quest'altra persona l'amo totalmente, incondizionatamente. La amo come parte integrante di me, come fosse la mia stessa anima. -
Così dimenticai di respirare e soprattutto dimenticai che certe cose non si potevano dire.
- E' una persona fortunata... - Lui sorrise dolcemente e mi carezzò la guancia, mentre l'altra mano teneva ancora delicatamente la mia.
- Non ne ha idea di cosa provo. Non sono bravo a dimostrarlo, vengo facilmente frainteso. - Ma nella sua carezza mi persi. Volevo baciarlo, volevo disperatamente baciarlo, ma l'idea di poter essermi sbagliato e di aver frainteso, era pressante. Amava qualcuno, ma se ero io perchè non dirmelo? Perchè non farmelo capire?
Perchè comportarsi così?
Amava e ci provava con tutti?
Ero sempre confuso e così mi persi nelle domande, nelle sue mani, nei suoi occhi e nella bellezza del momento.
Fu lui a spezzarlo, si protese per quel poco che rimaneva, mi baciò l'angolo della bocca e con dolcezza mormorò.
- Vado a dormire. Buonanotte... - Poi mi lasciò scivolando via da me, rimasi ebete a guardare la sua sdraia vuota e non so quanto ci rimasi.
Ripensai alle sue parole e non feci altro per molti e molti giorni.
Amava qualcuno in un modo sconvolgente e non me ne ero accorto, mi ero sempre accorto del suo lato maniaco che ci provava con tutti e non gli avevo nemmeno chiesto perchè stava con una donna se gli piaceva fare il maiale con gli uomini.
Amava qualcuno e di lui avevo notato mille cose tranne che quello. Quante altre cose non avevo notato o capito? Quanto ancora, di lui, mi mancava da sapere?
Dovevo arrivare, dovevo arrivare a lui, dovevo riuscirci. Mi ci sarebbe voluta una vita, ma ci sarei arrivato.