CAPTOLO XIII:
NASCONDENDO



Sono il primo a svegliarmi, ho un peso addosso e non sento metà corpo.
Faccio una smorfia e sento il suo profumo. O meglio quello di Rafa. Improvvisamente nella mente un flash mi dà una scarica elettrica da manuale.
Io, Stan e Rafa a letto insieme.
Spalanco gli occhi e guardo chi ho sopra, vedo la sua testa bionda e sospiro.
Ha il profumo di Rafa perchè ieri dopo gli allenamenti e le partite si è fatto la doccia e si è fatto prestare i prodotti di Rafa.
Per un momento nel dormiveglia ho avuto pensieri impuri su entrambi, forse sono i postumi della ciocca di stanotte.
Poi realizzo il resto.
Certo, perchè avere Stan addosso è meglio. Le mani scendono sulla sua schiena, o meglio l'unica mano che ancora sento.
Si abbassa sentendo la sua pelle nuda sulla schiena e continua a scendere fino a che continuo a non trovare elastici e stoffe.
Quando penso di essere nei guai trovo il famoso elastico. Dannazione, è così basso!
È sotto la curva delle sue chiappe accentuata e avvolge le gambe sulle mie come se fossi il suo palo. Stringo gli occhi cercando di capire cosa sento visto che metà corpo è addormentato.
Insomma, Stan è quasi del tutto nudo sopra di me, tutto attorcigliato, certe parti sfregano sulle mie e mi pare che non siano divise dai vestiti.
Dio ti prego fa che non abbiamo fatto davvero quello che penso, quello che forse ricordo vagamente.
- Stanley... - Comincio a chiamarlo e a scuoterlo dolcemente. Non voglio che si svegli male, però io devo sapere.
- Stanley, ti prego. - Allora salgo con la mano autonoma e gli tocco il viso che è contro il mio collo, non riesco a vedere. Alla cieca lo carezzo, delineo i suoi tratti anche se non ha senso.
Gli occhi chiusi, il naso, le guance, la barba morbida e le labbra.
Chiuse, morbide. Le percorro e mi chiedo quanto stia dormendo davvero. Non ha il respiro alterato, non lo trattiene, nemmeno il suo battito mi arriva alterato.
È mattina, un'ora imprecisata. Sono a casa di Rafa, lui e Nole saranno in camera, probabilmente hanno consumato, chi lo sa.
Io e Stan siamo stesi uno sull'altro sul suo divano, non sento mezzo corpo, io credo di essere vestito, ma non sono certo sullo stato del mio inguine, se sia coperto o no. Non capisco. È schiacciato contro il suo che invece mi pare scoperto. Ha solo i boxer e sono abbassati.
So che abbiamo bevuto tutti stanotte per giocare a poker e vodka o quel che era.
E so che nessuno ha retto.
E so che Stan deve aver seguito in maniera marcata la sua vena omosessuale che ormai ha.
Nessuno ci ha visti, nessuno ci vede ora, nessuno ci vedrà.
È tutto silenzio, tutto regolare. Come se non esistessimo, come se non fossimo qua, come se fossimo in un sogno. E così, visto che non sta succedendo nulla, visto che nessuno lo vede, visto che non esistono testimoni, il dito che carezza le sue labbra si infila dentro forzandolo, non ci mette molto.
Non oppone resistenza, credo dorma davvero.
Fa che dorma.
Aprendo la bocca, anche la mascella si lascia andare e raggiungo la sua lingua.
È morbido ed abbandonato.
La sua lingua è lì sulla soglia dei denti, calda, umida. Stringo gli occhi, mi piace la sensazione avvolgente delle sue labbra sul mio dito, la sua lingua sulla punta e mi inumidisco la mia, inghiotto a vuoto e muoio per un secondo.
Cosa sto facendo, cosa voglio fare?
Se fossi in un nulla inesistente, se potessi fare quello che voglio perchè tanto non lo sto facendo davvero, perchè se nessuno sa non esiste, cosa farei?
Così senza esitare tiro fuori il dito e gli sposto il volto prendendolo bene da sotto il mento.
Stan nel riflesso si lascia fare, torna a chiudere le labbra, fa un verso con la gola che mi fa eccitare.
Lo chiamo, non risponde.
Si sistema come piace a me, la testa all'indietro, il viso rivolto al mio, a pochi centimetri, a portata di bocca.
Lo guardo e sorrido.
Continua a dormire. Continua a non esistere.
Faccio quello che ho fatto altre volte, perchè posso non guardarci dentro, ma so cosa c'è nel mio antro.
Ci metto anche questo bacio a fior di labbra, chiudo gli occhi e aggrotto la fronte coinvolto in questo gesto, in questa sensazione.
Mi sento strappare dalla mia coscienza, come se qualcosa mi chiamasse dall'altra parte del mondo.
Mi ritraggo, scuoto la testa e mi copro il viso con la mano.
Cosa sto facendo?
Sono impazzito?

Quando finalmente si sveglia riesco a mettermi la mia maschera da Roger. Roger è in grado di sorridere e far sembrare che tutto sia a posto, tutto sia normale.
Stan appare confuso e me lo mangerei tutto, ha un'aria così tenera, mentre apre e chiude gli occhi, la fronte corrucciata, il broncio sulla bocca che mi fa impazzire.
Ci siamo.
Stai andando oltre. Riprenditi.
- Guten Morgen! - Dico allegro in tedesco, la mia lingua madre. Lui stropiccia il viso con una smorfia deliziosa e se lo strofina con le mani.
- Bonjour! - Mi risponde in francese, la sua lingua madre.
Amo quando parla in francese, mi piace un sacco, solo che di solito parliamo tedesco perchè lui lo conosce perfettamente visto che è la lingua di suo padre. Lui è nato e cresciuto nella zona francese, ma parlano da sempre entrambe le lingue allo stesso modo.
Io, come tutto gli svizzeri, so la mia lingua, nel mio caso il tedesco, ma anche le altre degli altri cantoni. Solo che alcune le ho imparate meglio, altre non mi piacciono.
Il francese non è male, ma se posso scegliere, preferisco il tedesco.
Mi trovo alla perfezione anche con l'inglese ovviamente. Visto da quanto lo uso e a quale livello.
- Da quanto aspetti che mi svegli? - Chiede capendo che sono sveglio da un po', ora è passato al tedesco. Che carino.
- Non molto. - Inarca le sopracciglia come per chiedere quanto di preciso ed io ridacchiando specifico con faccia tosta: - Il tempo per perdere la sensibilità anche dell'altra metà del corpo. Forse mi sono fatto la pipì addosso perchè non sento più nemmeno l'inguine. - Stan spalanca gli occhi e cade giù rotolando all'indietro, impreca nella sua lingua e si guarda corrucciato senza capire.
- Perchè diavolo sono così? - E a questa domanda geniale rivolta alla sua nudità, io colgo l'occasione per alzarmi e scappare. O meglio sarebbe stata la mossa geniale se effettivamente non avessi avuto davvero le gambe addormentate.
Risultato?
Gli frano addosso, non l'avrei fatto se non fosse stato lì, ma ovviamente lo è ed eccoci qua!
Io su di lui, al contrario della posizione di prima, e lui che dolorante non sa se spingermi via o tenermi qua.
- Che combini? - Chiede sempre con aria un po' stralunata.
- Eh, tu che dici? Se dico che ho il corpo addormentato forse non mento... - Stan capisce che allora potrei davvero fare la pipì addosso, io ridacchio e rotolo di lato liberandolo. - Non l'ho fatta, andiamo! -
Stan rimane steso a pancia in su, come me. Siamo a terra uno accanto all'altro, le mani sulla pancia, io cerco di non morire alla terribile sensazione del corpo che riprende brutalmente sensibilità come se fosse trapassato da mille lame vibranti.
Lui credo stia egregiamente.
- Mi spieghi che ho fatto stavolta? Quando mi ubriaco divento un maniaco, ormai l'abbiamo appurato. Ti salto sempre addosso. Sono sicuro d'averlo fatto di nuovo! Vorrei sapere perchè hai proposto come pegno di bere se sapevi che quando mi ubriaco ci provo con te! - Eh, appena sveglio è davvero acuto, il ragazzo. Fa proprio le domande giuste.
Cavolo, non riesco ancora a scappare. Ed ora che dico? Se lo sapessi...
Alzo le spalle.
- Non lo trovo così terribile! Anzi! Se devo essere onesto è divertente... - Forse dovrebbe tranquillizzarlo. Non so. Comunque gira la testa verso di me e mi guarda stupito, io devo ricambiare e siamo di nuovo vicini a guardarci.
Sospira.
- Ma cosa ho fatto? - Chiede. Sento onestà nella sua voce, davvero non ne ha idea e questo mi salva.
Alzo le spalle guardando in alto, il soffitto, come fa anche lui. Ormai il corpo lo sento e le formichine sono meno pesanti.
- Mah... le solite cose... insomma, ad un certo punto non stavi in piedi, ricordo solo che hai cominciato a sbattere sulla porta perchè non riuscivi ad imboccarla, così ti ho portato di qua mentre loro son rimasti di là. - Stan torna a girarsi e a fissarmi insistente.
- E ci ho provato con te di qua! - Si conosce bene, eh? Mamma mia! E che gli dico?
È vero che ho i ricordi un po' confusi, ma ricordo abbastanza. Non come se fossi stato totalmente lucido, però le cose successe sono tutte qua nella testa. Più o meno!
Non riesco a guardarlo, faccio finta di nulla e sono davvero bravo.
- Sì. Beh... è che io ero andato quanto te, insomma... non saprei dire bene, sai... credo che qualcosa l'hai fatta visto che eri praticamente nudo... solo che io... - E a questo punto mi ricordo di controllarmi, cosa che nel trambusto non ho più fatto!
Ho solo i pantaloni slacciati, ma il sotto sembra a posto, devo averlo fatto quando ci siamo messi stesi a dormire, per fortuna.
Anche lui controlla.
- Beh, ma sei aperto... -
- Ma coperto! I pantaloni stringevano ma sono coperto! - Stan è preoccupato e si appoggia sui gomiti guardandomi il pacco. Io con una smorfia pongo fine a tutto e mi alzo piano, con dolore e fatica.
- Senti, non importa cosa è successo, non ricordo bene e se non ricordo io, non ricordi tu e nessuno è stato testimone, è come se non fosse avvenuto. Quindi non ha importanza! Eravamo andati, stop! Non penso d'aver fatto nulla, forse hai solo fatto uno spogliarello! Chi se ne importa? - E con questa facilata, me ne vado al bagno facendo una smorfia da 'Roger sei proprio meschino!'
Stan non insiste, però quando torno è pensieroso e per il resto del tempo parla poco e nulla, è come se si chiudesse di nuovo nel suo mondo. Non so a cosa pensi e cosa ponderi, glielo chiedo mentre facciamo colazione con i due zombie che non sono al massimo del loro splendore, a cui non oso chiedere cosa sia successo dopo. Tanto Rafa me lo dirà comunque.
Insomma, l'atmosfera è strana per tutti, tutti zitti, tutti a pensare alla notte traumatica.
E così cerco un po' di alleggerire e ravvivare, Nole mi dà una mano e le cose tornano un po' normali, ma è quel normale falso, quel normale forzato perchè cerchi di coprire quell'anormale shockante.
Per cui lo facciamo sapendo che è tanto per fare, ma dentro di noi vorremmo solo sparire, rinchiuderci soli a pensare e trovare una soluzione.
Ma a cosa, poi?
Alla fine Stan mi mormora che me ne parlerà e così capisco che la specie di vacanza è finita.
Forse è meglio. Se rimanessimo non sarebbe bello come ieri, non sarebbe spontaneo, allegro e vero.
Sarebbe forzato, pesante, strano.
Così propongo di tornare a casa, che devo riprendermi dalla nottataccia e che anche loro ne hanno bisogno. Dico che dubito riusciremmo ad allenarci ancora. Gli altri approvano la nozione e annuendo ci permettono, a me e a Stan, di tornare a casa.
Vorrei poter rimanere con Rafa e raccontargli tutto e sapere che ha combinato, ma so che mi bloccherei.
Quando lui indaga su me e Stan io mi irrigidisco e chiudo senza dire nulla, nego e basta. Categorico.
Dentro di me vorrei parlargliene, lui mi dice tutto e poi mi farebbe bene confidarmi, ma non ci riesco, è più forte di me.
Non credo ci riuscirò mai.
Forse non succederà nemmeno nulla.
Il non parlarne nemmeno per sfogo con un confidente fidato significa la negazione assoluta.
Se nego non esisterà mai.
È questo.
Non penso che sfocerà mai in nulla.
Se devo essere onesto con me stesso e vedere in quell'antro dentro di me, vedo il suo viso e non sono stupido.
So cosa significa.
Ma saperlo è un conto, dirlo, anche solo a me stesso, è un altro.
Così vado via con Stan e penso, nel silenzio strano che c'è fra noi, un silenzio di chi sa che ci sarebbe molto da parlare, ma che nessuno dei due vuole farlo, a quale possa essere un dialogo sostenibile per entrambi.
Abbiamo lasciato le nostre cose in un albergo qua vicino a casa di Rafa pensando di fermarci qualche giorno per aiutarli con gli allenamenti, sapevamo di dover fare tutto in rigoroso segreto.
Alla fine non l'abbiamo usata, ma tornati in camera, una in due, una matrimoniale fra l'altro, come se una doppia singola non potesse esserci, ci sediamo stanchi e silenziosi sul letto, ognuno dalla propria parte. Guardiamo il soffitto, respiriamo rilassandoci.
Non so nemmeno cosa dire, scarto tutto ed alla fine non rimane nulla.
- E' stata solo una notte da gomito alto, una di quelle che non succedono praticamente mai. Non è stato altro. Tutto quel che è successo è nato e morto lì, non serve pensarci e tormentarsi. Non ricordiamo bene, non importa. Ok? - qualcosa lo trovo comunque da dire. Lui sospira, giro la testa e lo vedo fare altrettanto. È dubbioso, un po' triste.
Sta pensando se dirmi una cosa, ma alla fine sorride e non la dice.
- Ok. - Dice solo, facendo finta che il problema fosse quello. Ma so che non lo è.
So che non è così.
Ma ora è meglio non forzarlo, chi lo sa cosa gli alberga nella mente?
Sicuramente me ne parlerà presto, gli lascio spazi e tempi come sempre. Tanto Stanley poi viene sempre da me. Lui torna. Non smetterà mai di farlo. E con questa certezza sorrido dolcemente, incoraggiante, sereno perchè ci sarà ancora. E lui si rischiara.
Poco dopo ci giriamo sul fianco, uno rivolto verso l'altro, a specchio.
Gli occhi si perdono a fissarsi per poi, in una serenità che è assurda visto quanto scuri e pesanti eravamo fino a poco fa, ci addormentiamo.
Senza aver detto nulla, senza aver fatto nulla.
Ci addormentiamo serenamente e basta.
Stiamo bene. Siamo insieme.


Dopo la stagione americana, prima che cominci quella asiatica, c'è la consueta pausa per la coppa Davis dove io e Stan ci ritroviamo insieme per la Svizzera.
Sono faticosamente riuscito a stipare tutto al suo posto, quando mi ritrovo in camera con lui perchè ormai è così che va.
L'ho rivisto altre volte prima di ora, ma forse è il fatto che dormiremo qualche notte insieme ad agitarmi.
Mi chiedo cosa succederebbe se lui diventasse più insistente. Ma forse sto sragionando. Il fatto che lui abbia tendenze omosessuali non significa che io gli piaccia o che provi qualcosa per me, so che mi vuole bene e gliene voglio anche io, siamo molto legati, però non è detto che provi altro solo perchè è gay!
Però probabilmente è normale esserne stuzzicati.
O forse no.
Conosco altri ragazzi gay, specie all'interno dello sport, però non mi stuzzicano.
Ok, l'ho detto. Stan mi stuzzica.
Forse anche più di 'stuzzica'. Perchè è vero che ho approfittato di lui tutte le volte che ho potuto, quando non era in sé. È meschino, ma non lo saprà mai nessuno e non l'ho di certo violentato. Ho solo liberato i suoi freni inibitori. Se sapevo che avesse ricordato non avrei fatto nulla, ma visto che non ricorda nulla va tutto bene.
Sono subdolo.
La gente pensa che io sia perfetto, ma non è così. Nessuno può esserlo.
Io sono subdolo, lavoro di nascosto per soddisfare me stesso, mi maschero, talvolta mento e mi viene facile. Per questo sembro perfetto.
Perchè sono bravo in questo.
Ma ripeto, non faccio qualcosa di oggettivamente male a Stanley. Lo lascio libero di esprimersi come e quando vuole, stando attento che io sia l'unico testimone e che poi lui non ricordi. Perchè affrontare il motivo per cui lo lascio libero nei miei confronti, non è facile.

Rafa è sempre più alle prese coi suoi casini con Nole e spesso passiamo al telefono le nostre ore, adesso mi ritiene il suo consigliere e mi sta bene questo ruolo.
Approfitto per scappare un po' da Stanley quando siamo soli in camera, principalmente la sera. Infatti è lì il problema.
La prima sera la risolvo al telefono con Rafa, quando smetto Stan ha il broncio ma è così assonnato che non riesce a ribellarsi.
- Dovevo parlarti, ma sei stato tutto il tempo con Rafa... - dice seccato. Io sorrido. Non le manda più a dire.
- Adesso ci sono... - Dico calmo. Lui fa una smorfia e si gira dall'altra parte del letto matrimoniale. Questo giro ci tocca così, c'era un numero limitato di camere doppie singole e visto che io e lui sembriamo sposati, hanno deciso che potevamo avere quella matrimoniale.
Questo non mi aiuta.
- Sono stanco, non capisco quel che dico. Ormai ne parliamo domani se Rafa ti lascia in pace! - Ridacchio e mi mordo il labbro. Vorrei sbaciucchiarlo tutto, ma mi trattengo per fortuna e chiudendo la luce dall'interruttore sul letto, mi stendo e aspetto che gli occhi si abituino al buio. Piano piano la sua sagoma si fa rivedere. Rimango rivolto verso di lui a guardarlo pensieroso, non so cosa dovrei fare, forse nulla. Non credo farò niente, mai. Però dovrei sapere perchè faccio certe cose, cosa provo per lui. Solo io. Solo per me.
No, se non lo so è come se non fosse nulla.
Non farò nulla. Non devo fare nulla.
Proprio ora Stan si gira verso di me, trattengo il fiato. I suoi occhi sono aperti e mi fissa imbronciato.
- Se succedesse qualcosa con Rafa me lo diresti? - Chiede con un tono quasi infantile. Mi intenerisco e sorrido rilassandomi. È geloso.
- Saresti il primo. Ma cosa dovrebbe succedere? - Fa una smorfia impaziente.
- Lo sai! -
- Rafa è alle prese con Nole, ormai non pensa più a me in quel senso. - Però non sembra molto convinto. - Dormi, domani sarò tutto tuo. - Mi esce così e lui sorride rischiarato.
- Promesso? - Vorrei correggere il tiro, ma l'intimità mi piace.
- Assolutamente. -
Cala il silenzio. Apriamo e chiudiamo pigramente gli occhi, il sonno però non ci prende più.
- Pensi alle partite che ci aspettano? - Chiede.
- Ripenso alle olimpiadi che abbiamo vinto, a quando facevamo quella cosa... -
- Visualizzazione? - Annuisco.
- Era bello... - Non so cosa mi prende, ma rimango aggrappato a questa sensazione intima.
- Vuoi rifarlo? - Per un attimo, un attimo solo, ripenso a quello che significa. Quello che sembra.
Sì che voglio rifarlo. Ma non visualizzazione. Quelle cose che facciamo quando beviamo troppo.
Maledizione, Roger. Così non andrai lontano. Ti sta sfuggendo di mano.
Annuisco e lui si avvicina a me, io respiro molto piano. Se prendesse iniziative non lo respingerei, non lo allontanerei come ho fatto con Rafa quel giorno.
Ma lui non lo fa, non sarebbe Stanley. E nel dolce silenzio, parla.
- Chiudi gli occhi e respira a fondo. Piano. Con calma. Ascolta il tuo respiro. - La sua voce sottile e conciliante mi guida ed io lo seguo in questo viaggio che non facevo da molto e che mi mancava.
È la cosa più bella mai fatta.
Mi tuffo in questo paesaggio da sogno e sto bene. L'agitazione e l'ansia vanno via, adesso sto bene con me stesso, con lui, col mondo e con tutto quello che c'è nel mio antro oscuro.
Sto così bene che potrei anche baciarlo senza paura delle conseguenze, potrei affrontare quel che provo. È un attimo.
Apro gli occhi, lo guardo, anche lui li ha su di me, fermo, calmo.
Mi avvicino ancora di più fino a sfiorarlo, ma appoggio la fronte alla sua e non faccio altro. Mi fermo per un millesimo di secondo. Mi mordo il labbro e sorrido ringraziandolo. Poi gli do la buonanotte e mi addormento.
Sogno di fare l'amore con lui.
È bellissimo.
Al mattino lui ha la testa sulla mia spalla, è a pancia in giù ed io sono supino, un braccio lo circonda, la sua mano sul mio petto.
Sorrido e gli bacio la testa.
Si può vivere una vita in un antro oscuro.