CAPITOLO XIV:
BLACKOUT



Il giorno dopo lo vivo serenamente senza pensare a nulla, mi tuffo in questo periodo con lui come se non avessimo mogli e famiglie a casa, come se ci fossimo solo noi da sempre, come se fosse tutto perfetto.
Mi lascio andare ed anche lui è più sereno e tranquillo, cosa insolita visto che ultimamente aveva quell'alone costante di malinconia. So che è dovuto al fatto che vive una vita privata che non gli piace, che gli sta stretta.
Per cui vederlo così divertito e rilassato è bellissimo.
La sera chiudo il cellulare per evitare che Rafa o qualcun altro ci disturbi.
Aspetto di essere soli in camera, pronti per il letto.
Lo vedo giocherellare con il pigiama che alla fine si mette, poi si siede sul letto ed incerto, con un'aria strana, guarda ovunque tranne che me, già seduto con la schiena alta sulla spalliera, comodo e pronto per la chiacchierata promessa che pare non voglia fare.
- Allora? - Lo incito. Lui sussulta e mi guarda.
- Cosa? -
Sorrido e faccio segno di sistemarsi vicino a me, sul letto, come sono messo io. Gli sistemo il cuscino alto in modo che possa appoggiarci la schiena alzata e stare comodo.
- Non c'era una cosa di cui volevi parlarmi? - Sa che mi riferivo a quello, sospira e si rassegna. È una cosa che va fatta.
Non so di cosa si tratti. Non credo che sia nulla nei miei confronti.
Si sistema come sono messo io, le gambe lunghe davanti a sé, sul letto, le mani a tormentarsi.
Guarda ovunque tranne che me, alla fine a voce bassa lo dice.
- Voglio lasciare mia moglie. - E' un mormorio.
È inudibile.
Io spalanco gli occhi e lo fisso diretto come se avesse sparato a qualcuno.
- Cosa vuoi fare tu? - Chiedo shockato. Quasi urlo. Lui allora si decide a guardarmi un po' sorpreso della mia reazione e risponde sulla difensiva.
- Come pensavi andassi avanti così? Non l'ho mai amata! Non posso... -
- Ma hai una figlia! - Espongo subito il problema maggiore, il cuore esplode e non so se sono più felice o più contrariato ed in ogni caso che senso ha!
Stan non si capacita della mia reazione, figurati io!
Mi guarda circospetto, spaventato.
- Lo so, non lascio mia figlia. Ovviamente starà con Ilham perchè io per lavoro sono sempre via, però la vedrò tutte le volte che posso. Ma uscirò allo scoperto! Tutto qua! Non posso continuare a nascondere che non la amo e a fare finta. Fra l'altro faccio finta molto male! -
Mi alzo con la schiena e mi rivolgo totalmente verso di lui gesticolando sconvolto, anche piuttosto sul sentiero di guerra.
Non credo mi abbia visto spesso così.
- Ma è da quando sei nato che lo fai! Ingoi tutto quello che non ti va bene e vai avanti! Adesso non dico che devi tornare a farlo sempre. Solo con lei! Perchè avete una figlia. Deve crescere con una famiglia unita... - Stan si spazientisce e mi interrompe girandosi anche lui verso di me, è chiaramente agitato ed arrabbiato.
- Unita? Pensi che una bambina sia stupida? E poi andiamo, ha pochi mesi! Quanto può capire di quello che succede? È meglio ora che non capisce cosa succede piuttosto che da grande quando capirà, quando lo vivrà sul serio! - Forse non ha torto. Forse. Ma non so cosa mi contraria tanto, non capisco cosa sia però non riesco a fermarmi.
- Ma sareste messi sotto una centrifuga! Sei un personaggio pubblico, ti metteranno in croce... perchè è così che va! -
Stan piega un ginocchio sotto di sé e mi guarda ancor più inferocito.
- Stai scherzando spero! Chi se ne frega degli altri? È la mia vita! Tu... tu riesci a vivere nella menzogna per le apparenze, io non ci riesco! Come fai a vivere così? -
- Dovresti saperlo, hai soppresso tutti i tuoi sentimenti per anni! È da poco che vivi tutto come ti viene! -
Sono cattivo, acido e freddo, però non voglio la lasci anche se dentro di me sono felice; non capisco cosa mi sta succedendo, mi sembra di essere uno schizofrenico che lotta con due diverse personalità.
- Proprio per questo so che non posso vivere tutta la vita così! L'ho già fatto e mi sono liberato. Sei stato tu, ti ricordo! Ora so cosa si prova a vivere sé stessi e non intendo più vivere in una menzogna, fingere che tutto mi vada bene! A maggior ragione perchè mia figlia non ha fatto nulla di male per vedere suo padre triste quando è a casa con lei! Tu sei diverso, non so come ci riesci... - Questo mi coglie impreparato, sento che sta per uscire una bomba che mi sconvolgerà e non è in grado di fermarla.
- Cosa vuoi dire? - Chiedo piano, sempre duro.
Lui si riappoggia di nuovo allo schienale e senza guardarmi lo dice arrabbiato.
- A stare con tua moglie anche se non la ami. A fingere di essere felice con lei. A fare la persona perfetta in pubblico e ad ingoiare tutte quelle cose che hai dentro. - E' la bomba che immaginavo, ma non è completa.
- Di quali cose parli? - Forse era giusto, dopotutto. Forse era necessario.
Stan non si fa pregare oltre, è come se non vedesse l'ora di poterlo dire.
E lo dice con voce piatta, girando il volto verso di me.
- Di quello che provi per me, ad esempio. Che con altri amici, anche d'infanzia, anche stretti, non fai determinate cose. Come sopportare che da ubriaco ci provo insistentemente con te. - Lo guardo e non riesco a rispondere. La lingua è legata. L'onda d'urto della sua esplosione. - Rafa l'hai respinto quando ci ha provato. Sei stato deciso e fermo. E so che ci sono stati altri a provarci, uomini e donne. Sei uno dei tennisti più forti di tutti i tempi, sei un partito estremamente desiderato da chiunque, hai a che fare con miliardi di persone e per forma non rifiuti la conoscenza di nessuno. So che ci sono stati altri che ci han provato, prima e dopo il tuo matrimonio. Ma non ci sei mai stato. Nessuna attenuante. Con me sì. -
Boccheggio, devo dire qualcosa, sono rigido, sento i legamenti frantumati, non so cosa dire, ma devo parlare.
- Come fai a dirlo? Si parla di occasioni in cui eri ubriaco, non ha senso quel che dici... -
Stan si rialza verso di me sempre arrabbiato, gli occhi fiammeggianti come non gli ho mai visto.
- Non ricordo bene, ricordo che però c'è stato qualcosa. È come un sogno, ma so che è reale. So che qualcosa è successo, tutte le volte che sono andato oltre e che non mi hai mai respinto. Non sono stupido, Roger. - silenzio. Lo guardo ma non so cosa rispondere, non so cosa dire. - Non dico che tu provi qualcosa per me. - Respiro. - Però nascondi un universo là dentro. Forse sei bisessuale, provi attrazione per alcune persone, magari per me. È quello che succede a me, insomma. Mi capisci perchè lo vivi anche tu. Solo che io lo dico apertamente ed ora voglio quanto meno affrontare la cosa lasciando mia moglie, tu invece non solo non fai nulla nel tuo privato, ma nemmeno lo ammetti. Né con me né con te stesso. Io non posso dire cosa sei, cosa provi, cosa vuoi. Ma posso dire una cosa. Non sei quello che sembri, non sei quello che mostri. Ed io sono così, per questo devo liberarmi delle catene del fingere di amare una persona che non amo. Non dirò che sono gay e che la lascio per questo. Però dirò che la lascio perchè ho bisogno dei miei spazi. Io l'affronto così. -
Con questo si alza e va in terrazzo chiudendosi la porta dietro di sé.
Mi lascia solo a fissarlo, fuori è buio e si vedono le luci della città in cui siamo, siamo in un piano alto di un bell'albergo pieno di comfort.
E la sua schiena è rigida nella maglietta bianca, le gambe scoperte perchè indossa degli shorts comodi. Il resto è nudo.
Ha centrato il punto, ma non con uno stoppino, una freccetta od una pallottola. Ha centrato il punto con un bazooka!
Ed è vero che sono qualcosa e non decisamente quello che faccio credere a tutti. È vero che non voglio affrontarlo nemmeno da solo.
Ma perchè? A che pro dovrei farlo?
Io non lascerò mai la mia famiglia, i miei figli non vivranno mai un calvario solo perchè loro padre è egoista e famoso e se starnuta tutto il mondo lo sa e fa mille domande sul perchè starnuta!
Devo pensare in base a quel che sono agli occhi del mondo. Non posso essere egoista. Non posso.
Quindi non ha senso che affronto questa cosa fra me e me. Non ha senso.
Per un momento pensavo che dicesse che sono innamorato di lui, ne sono stato sicuro. Sembrava quello il discorso. Poi invece non l'ha fatto.
È strano.
L'ha messa come se io vivessi quel che vive lui.
Lui non dice di amare un altro uomo, dice che è gay ed è attratto da alcuni. Poi realizzo.
Fra i quali ci sono io, allora?
Aggrotto la fronte, prendo un respiro profondo ed esco. Devo capirlo.
Quando esco l'aria fresca mi investe pungente, mi stringo le braccia intorno al corpo.
Siamo a settembre, comincia a sentirsi freddo fuori, la sera.
Poi mi riscuoto e lo trovo appoggiato alla balaustre del terrazzo, ricurvo, silenzioso.
Mi appoggio lento vicino a lui, stessa posa. Guardo dove guarda lui, è un bel paesaggio pieno di piccole luci. Mi lascio abbracciare da questo mondo fantastico, poi stringendo le mie stesse mani, riprendo questa volta calmo e non più freddo.
- Provi qualcosa per me? È questo che hai detto prima? -
Stan trattiene il fiato, sta un po' zitto ed allora lo guardo. Esita, ma si decide a girare la testa a sua volta.
Ha gli occhi più confusi e spaventati mai visti e vorrei abbracciarlo e annullare tutto. Di nuovo la voglia di prendermi cura di lui, di farlo sorridere spensierato. Qualcosa che mi dilania dentro.
- Certo che provo qualcosa per te. -
- Ma è solo attrazione o... - Stan distoglie lo sguardo a disagio, cambia posizione coi piedi e allora mi affretto a continuare calmo. - Stanley, hai detto delle cose, non puoi non chiarire. Dici che sono come te, e tu sei bisessuale e attratto da alcuni uomini in particolare. Io sono fra questi? Per questo quando bevi ci provi con me? - L'affrontiamo così? E se esce allo scoperto io che faccio poi?
Non volevo, non dovevo. Spero non risponda, ma dopo un paio di respiri si calma, si stringe nelle spalle e mi guarda in un modo così strano che non lo dimenticherò mai. Di chi sa che non succederà mai.
- Sono attratto da alcuni uomini. È così che ho capito di essere gay. O bisessuale, non saprei. Comunque tu sei fra questi. Come posso dire? Ci sono alcuni uomini con cui andrei volentieri a letto. Se quando bevo sono con uno di loro, i miei freni inibitori mi fanno agire secondo desideri profondi. Tu sei fra questi. Ora è chiaro? - Ora è chiaro. Molto.
La scarica mi attraversa da capo a piedi e si concentra nel mio inguine, spero non si veda che sono eccitato. Farebbe sesso con me.
Anche io, credo.
Ma questo è diverso dal dire che mi ama, che prova qualcosa per me o cose del genere. E non dice altro. Dice solo questo.
Siamo in confidenza, penso che lo direbbe se lo provasse, sarebbe perfetto.
Vorrei chiedergli se con Nole prova la stessa cosa, ma ho paura che dica di sì e che magari dica che ci è già stato. Quindi non glielo chiedo.
Lascio il silenzio per un po', lascio che la notte ci culli e rinfreschi i pensieri, poi riprendo a parlare calmo e dolce come sono sempre con lui, perchè voglio che stia bene, che non si allontani da me.
- Devi fare quello che ti senti. Ti sosterrò. Però sappi che non sarà facile. Fra il dire ed il fare c'è di mezzo un abisso. Dire di essere in grado di gestire la massa è un conto, esserlo davvero è un altro. - Sono molto chiaro e lui annuisce, finalmente quando mi guarda è a posto, sereno. Triste ma sereno. Si tira su, mi guarda ed io faccio altrettanto. Mi appoggio con la schiena alla balaustra in ferro e lui ci sta appoggiato con le mani.
Ci guardiamo seri, solenni.
- Ho bisogno di provare a liberarmi. Se poi vedo che ero un illuso e che è peggio per qualche motivo, troverò una soluzione. Ma io non ne posso più. - annuisco. - Ed ho bisogno che tu mi sostenga sempre e comunque. -
Con questo sorrido dolcemente e l'abbraccio attirandolo a me. Stan si appoggia con tutto il suo corpo, ogni sua parte. Vorrei potermi perdere, vorrei essere libero di fare quel che desidero davvero almeno con qualcuno, almeno con lui. Però se lo facessi sarebbe reale e non posso renderlo reale.
- Non potrei mai esserti contro, Stanley. Mai. -
Si aggrappa a me e nasconde il viso contro il collo.
- Grazie. -
Io lo bacio sulla guancia.
- Ti voglio bene. - Questa non andava detta, ma per fortuna è aperta a molte interpretazioni.
- Ti voglio bene anche io. - E così mi sento felice, felice perchè è ancora con me e lo sto stringendo e lui sta qua. Felice perchè, in qualche modo, c'è comunque un noi.

Il periodo successivo è molto intenso emotivamente parlando.
In pratica sono unicamente concentrato su Stan, trascuro Rafa e gli spiego un po' che gli succede senza andare nel dettaglio. Lui ovviamente capisce e lascia stare. Credo sia alle prese con Nole.
Stan non la vive molto bene, però si butta sul tennis e sembra trovare un buon rifugio.
Non dico che scoppia un caso mediatico come sarebbe successo se avessi annunciato io la separazione, ma non passa inosservata e per il fatto che Stan dice che lo fa per concentrarsi di più sul tennis, viene dipinto come una persona egoista e senza cuore e la cosa mi irrita molto.
Non sopporto che sia considerato così, non è vero, non sanno nulla.
In questo periodo dove non si fa che parlare di questo in tutte le occasioni possibili, mi rivolgono spesso domande su di lui perchè sanno che siamo molto amici ed io dico sempre cose belle e positive dandogli il mio sostegno. Ma non so quanto convinco i media e la gente che Stan è a posto.
Per lui non è facile, come immaginavo. Inizialmente aveva lasciato casa a Ilham e se ne era andato in albergo. Poi lei è andata dai suoi dicendo di tenersi la casa che è sua.

La sua chiamata mi coglie totalmente impreparato, lo vengo a sapere praticamente in diretta. Non sapevo quando l'avrebbe fatto di preciso, sapevo che voleva farlo.
Al telefono la sua voce è tesa e capisco immediatamente che ha qualcosa che non va.
Non ci gira molto intorno.
- L'ho fatto. - Da questo capisco tutto e capisco anche che la sua telefonata non è per una conversazione a distanza, ma è per chiedermi di andare da lui.
E naturalmente lo faccio.
Gli chiedo dove è ora, avverto mia moglie con il tono da 'non fare domande perchè non risponderò' e vado.
Penso che quando viene a sapere dai giornali che Stan ha lasciato la moglie, capirà da sola che ero da lui. Ma non me ne importa nulla.

Arrivo in un paio di ore, non so nemmeno a quanto viaggio, ma sono da solo ed ho una macchina fatta per correre. Almeno la uso bene.
Salgo direttamente da lui passando dal retro dove aveva lasciato detto di tenere aperto.
Vado su e busso alla sua porta, lui mi accoglie e sembra uno che ha passato le ore a trattenere ogni cosa. Una maschera facciale encomiabile.
Una maschera che crolla immediatamente quando mi vede. Entro, mi chiudo la porta alle spalle e senza dire nulla lo abbraccio. Lui si lascia avvolgere ed è dolce.
Fuori dalla finestra grosse gocce iniziano a cadere mentre il vento impazza. Quel vento che mi ha accompagnato per tutto il viaggio, le nuvole erano minacciose, sapevo che si sarebbe messo a piovere.
Stan si accoccola fra le mie braccia e si lascia stringere e, senza che io dica nulla, piange.
Non saprei dire per cosa piange, non lo fa da una vita.
Piange e mi stupisce che lo faccia ora che ha lasciato sua moglie, che ha preso questa posizione netta seguendo il suo istinto, il suo desiderio.
Piange e mi va il cuore, non voglio che pianga, non posso sopportarlo.
Lascio che lo faccia, mi appoggio alla porta dietro di me e me lo tengo addosso. Lui non si muove, sta qua e singhiozza senza dire nulla. Gli carezzo la nuca arruffata, ascolto il pianto che si sincronizza con la pioggia. Un lampo, un tuono fragoroso, la luce si spegne improvvisa. Il buio ci inghiotte, noi non ci muoviamo ed è come se il mondo si cancellasse.
Come se il mio antro oscuro si aprisse, una voragine sotto di noi ci inghiotte e finiamo dentro. Qua è dove possiamo fare quello che vogliamo perchè non sarà mai esistito.
Non è ubriaco, ricorderà, però è un momento particolare.
Qua può succedere qualunque cosa, va bene tutto.
Ed il buio, insieme ai tuoni che illuminano tutto ad intermittenza facendo un caos inimmaginabile, ci avvolgono facendo scorrere veloce e burrascoso il sangue nelle vene, l'adrenalina, l'eccitazione. Ed io che non intendo lasciarlo. Non posso. Non voglio.
Ora io e lui siamo insieme in quell'oscurità che ho dentro. Ora io e lui ci siamo e siamo insieme.

/Stan/
Credo che fondamentalmente non ho idea di cosa sto facendo, so solo che se trattengo ancora qualcosa scoppio.
Ce l'ho messa tutta per ingoiare e trattenere per questi giorni, ma non ci sono proprio riuscito.
Appena l'ho visto sono crollato.
È come quando ficchi tutto dentro ad un barattolo minuscolo e ci metti il mondo. E poi ad un certo punto, dopo l'ultimo spillo, esplode ogni cosa e quel che esce... Dio, quel che ne esce da quel barattolo, è inconcepibile.
Fra le sue braccia piango, immerso in questo blackout che rispecchia il mio mondo interiore.
Sento che la sola ancora di salvezza è lui, lui che amo, lui che desidero, lui che voglio.
E lui che, come sempre, mi salva senza saperlo.
Non sa cosa provo di preciso, non lo saprà mai e non credo mi ricambi, non ricambierà mai, ma solo per quello che mi fa provare quando mi stringe così io ringrazio il cielo.
Perchè se non l'avessi ora sarei in un manicomio.
Piango aggrappato a lui e sento... sento che se non vado oltre... se non mi abbandono del tutto, ora, subito, muoio.
Un lampo, un tuono, tutto rimbomba, lo scroscio della pioggia, il fischio del vento, i vetri che sembra debbano rompersi. Tutto impazza, tutto infuria.
Ed io sono esattamente così.
Alzo la testa, prendo il viso fra le mani e lo bacio.
Poso le labbra sulle sue, sto immobile così un attimo, poi prendo respiro, le apro e prendo le sue fra le mie. Mi faccio largo con quello inferiore fra le sue e succhio una volta che riesco a prenderglielo. Lui impreparato, sorpreso, senza respirare, mi asseconda dopo un momento di incertezza.
Non sa cosa sta succedendo, non sa cosa sto facendo o forse lo sa, ma finchè non mi respingerò io non mi tiro indietro.
Rafa lo ha baciato e lui lo ha fermato. Voglio vedere se fa altrettanto.
Dopo che le nostre labbra sanno delle mie lacrime, dopo che si sono fuse insieme, apro ancora di più ed entro con la lingua. Mi viene incontro con la lingua anche lui.
Ci incontriamo, ci intrecciamo, ci fondiamo e non ci lasciamo andare.
Le mie mani sempre sul suo viso, le sue sui miei fianchi.
Un altro tuono, questa volta più forte, ci fa sussultare e mi rendo conto che lo sto baciando. Scuoto la testa e faccio un passo indietro, mi asciugo il viso e mi passo le mani come un isterico respirando affannato. Lui rimane immobile appoggiato alla porta, non so se mi vede, è buio, ci sono solo i flash dei lampi.
- Scusami io... non so cosa mi sia preso... sono impazzito, sono impazzito e basta... questa cosa mi ha dato alla testa! Ho trattenuto cose per mesi ed ora che sono riuscito a liberarmene sono esploso e non ci ho visto più. Non so perchè ti ho baciato, sono solo fuori di me. Scusami, perdonami! Ti capirò se non vorrai più parlarmi! -
Non so come la interpreti, non riesco nemmeno a vedere l'espressione del suo viso. Cristo Santo, sto impazzendo sul serio. Non so cosa devo fare, vorrei sparire, non esistere.
Mi sente muovermi alla cieca, investo qualcosa che cade, forse una sedia. Impreco e mi massaggio il ginocchio. Allora lui allunga le mani e mi afferra, poi mi riporta a sé fra le sue braccia.
- Ehi ehi ehi... - Fa calmo e dolce capendo che sono in un attacco di panico e respiro affannato. - Va tutto bene. Non importa. Non è successo nulla. Nulla. Non è successo nulla. - E lo ripete all'infinito insieme alle carezze più dolci mai viste.
Carezze concilianti insieme alla pioggia che cade, l'intensità cala, i tuoni si diradano, i lampi sono meno accecanti.
La tempesta lentamente passa e noi stiamo così abbracciati per un sacco di tempo, mentre mi ipnotizza con questa formula che mi fa credere davvero che non sia successo nulla.
E piano piano lo cancello, piano piano quel bacio assurdo va via, vaga lontano da me, portato via dalla tempesta. Cancellato. Come fosse parte di un sogno, uno strano sogno.
La luce torna e con essa io non sono più sicuro d'averlo baciato, la crisi emotiva nevrotica viene debellata ed io sono di nuovo lucido.
Mi separo dalle sue dolci braccia e lo scruto per capire se sia successo tutto davvero, ma dal suo sguardo non lo capisco, è impossibile.
Però ci rimango agganciato, rilassato, assorbito. Amo il suo sguardo, è sottile e a seconda di chi guarda, lui cambia. Può essere freddo, altero, scostante oppure gentile, dolce. Così pieno di sentimento.
Ed ora mi guarda così.
Uno lo sente. Uno se ne rende conto, quando è guardato in quel modo.
- Va meglio? - Annuisco e imbarazzato vado sul letto dove mi siedo. In parte ci sono delle valige che mi sono preso di fretta. Lui le guarda e poi si siede sul letto accanto a me.
- Scusami per tutto. - Ma non so di preciso per cosa, sono confuso su quello che è successo realmente e lui non mi fa capire nulla, perchè non ha reazioni particolari, non sembra sconvolto ed io non so cosa dire, per cui parlo di mia moglie e di come l'ha presa quando le ho detto che non la amo più e che ho bisogno di isolarmi per riflettere, che non riesco più a vivere così.
- La prima cosa che mi ha chiesto è se ho un'altra. - Continuo senza guardarlo.
- E tu? -
- Ovviamente sono stato sincero. Non c'è nessuno. -
- Ma le hai detto che hai tendenze? - Sgrano gli occhi e lo fisso di scatto come un gatto.
- Sei pazzo? No! - Lui alza le mani in segno di calma.
- Ok, ok... visto che lei ti aveva fatto quella domanda potevi averne approfittato... - Scuoto la testa energico.
- Non credo glielo dirò mai. Non voglio che esca in alcun modo che sono gay. Quello sarebbe umiliante per lei, per mia figlia e penso anche per me. Non so come verrebbe presa, come la vivrei... fra il dire ed il fare, come dici tu... - Lui continua con un sorriso comprensivo.
- Lo so, è giusto. Nemmeno io lo direi mai a nessuno, nemmeno mia moglie, anche se la lasciassi. Avrebbe il diritto di sapere, ma sono realista. Certe cose non devono essere dette. Mai. A nessuno. In nessun caso. - sospiro sapendo che è d'accordo.
- Ora? Ora come sarà? - Chiedo smarrito. Lui alza le sopracciglia incerto e si stringe nelle spalle dispiaciuto.
- Non ne ho idea ma... ma la prima cosa che penseranno è che tu hai un'altra. Devi dare una motivazione specifica se non vuoi che parlino male di te, che dicano che tradisci e cose così... - Annuisco pensando ad una scusa, potrei tirare in ballo il tennis, non sarebbe una sciocchezza per un tennista. Non sarei il primo. Non è bello, ma nemmeno meschino come un tradimento. - E comunque se... se mai dovessi intraprendere una relazione con un ragazzo... devi... devi stare attento in quel caso... - Aggrotto la fronte senza capire e lui, imbarazzato, continua. - Ora sei single e non ci sono problemi. Ma se poi magari ti metti con un uomo, la cosa rischia di essere notata. -
- Ma non metterei mai i manifesti! Non farò mai coming out! Anche se dovessi mettermi con qualcuno non lo farei in modo aperto! - Sospira accondiscendente ma non convinto.
- Sì, ma si nota quando uno sta con qualcun altro. È inevitabile. E dopo che hai lasciato tua moglie, se non stai con nessun altra donna... - Impallidisco e lo guardo capendo cosa sta dicendo.
- Vuoi dire che dovrei avere comunque una donna di copertura? A quel punto tanto vale tornare con mia moglie... - Lui alza le spalle senza sapere cosa dire. - E' questo che intendi? Che comunque dovrei avere una donna per poter stare con un uomo, eventualmente? Per nascondere, per mascherare la cosa? - Alza le mani in segno di resa.
- Questo è quello che farei io. Però io e te siamo diversi, tu sei tu, devi decidere in base ai tuoi principi e a quello che ti senti! -
Sconvolto continuo a fargli le domande e a guardarlo, seduti vicini.
- Se avessi una relazione con un uomo terresti tua moglie come copertura? - Annuisce.
- Lei o comunque mi farei la ragazza. Per me purtroppo l'apparenza conta, so che è brutto, però io sono realista. Per vivere serenamente la mia vita devo pensare all'immagine pubblica e per coprire una relazione omosessuale, avere una ragazza, una moglie, è essenziale. Io lo farei. Io, nella mia posizione specifica. Ma tu sei tu. E poi ora non stai con nessuno, no? - Ecco, dopo aver buttato la bomba ritira la mano ed io dovrei sapere come prendere la cosa, cosa fare?
Mi mordo il labbro e guardo in basso oltre lui cercando delle risposte che non penso di trovare.
Maledizione come può dire certe cose e poi farle passare per nulla di particolare?
- No, non ho nessuno per ora ma... non so... e se succedesse? Dovrei... dovrei comunque stare con una donna? - questa cosa mi getta nel caos. Ho fatto una cazzata a lasciare mia moglie. Però non posso nemmeno fingere così tanto nel privato. Non è giusto.
Che dovrei fare?
Roger si rende conto di avermi messo ancor più in crisi e mi mette una mano sul ginocchio, stringe e attira il mio sguardo sul suo. Sorride comprensivo ed amichevole.
- Affronta le cose volta per volta. Non pensarci ora. Non farti programmi. Vedi come va e decidi sul momento. Adesso vivi questa cosa, pensa a cosa dirai in giro e poi vedi come procede. Puoi sempre rimediare cammin facendo, puoi tornare con lei dicendole che vuoi riprovarci. Una volta che ci torni dopo aver detto che sei in crisi è diverso, non devi fingere più di tanto perchè lei sa che sei in crisi, non si aspetta che tu finga di amarla. - La cosa che dice ha molto senso. Era comunque importante parlargliene e dirglielo per non sentirmi oppresso ed obbligato, per questo credo d'aver fatto in ogni caso bene. Poi vedremo come vanno le cose, come dice lui.
Comunque dubito che troverò presto e facilmente un altro con cui vivere una storia. Amo Roger che non mi ricambia in quel senso.
Mi adora, ma non mi ama. È diverso.
Non penso che sarà un effettivo problema che mi sfiorerà mai. Eventualmente posso provare a stare con un'altra donna. È diverso mettersi con una con l'intenzione di avere una copertura. Meschino, ma diverso, lo fai per quello. Con Ilham... non so, forse perchè è la madre di mia figlia, ma ingannarla troppo non mi sembra giusto, già non le dico che amo Roger e che la lascio per questo.
Alla fine passiamo il resto della notte a parlare di queste cose, di possibilità ed occasioni. Ci confidiamo e parliamo tutta la notte, stesi nel letto, senza mai chiudere la luce e nemmeno dormire.
Non so cosa succederà ora, ma so che avrò in ogni caso il suo sostegno ed è la cosa più importante.