CAPITOLO XXI:
LA SCELTA




Il torneo asiatico è anche peggio di queste semifinali di Davis Cup, perchè lui è totalmente distratto da me e non pensa alle partite, cosa che speravo non accadesse visto che di solito quando le cose vanno bene con me lui a tennis va bene, però posso capire che sia distratto perchè proprio all'inizio di questi tornei asiatici, abbiamo una serata dello sponsor di cui entrambi facciamo parte, a cui dobbiamo partecipare insieme.
È una cena per una marca di champagne di cui siamo entrambi testimonial e visto la particolarità della cosa, ci concediamo qualche bicchiere anche se stiamo per fare un torneo e siamo qua per quello.
La serata è devastante anche per me, perchè sono a cena con lui, fortunatamente in mezzo a molte altre persone, ma di fatto siamo in un tavolino nostro, ordiniamo per conto nostro, parliamo da soli ed è come un appuntamento.
Il bere champagne non ci aiuta, specie lui che non regge un cavolo!
Io sono euforico, ma lui è davvero brillo e mi vien voglia di strizzarlo tutto perchè ha il viso rosso, è ridente e mi si appiccica come un cucciolo. Io vorrei carezzarlo e dargli tanti baci, ma per qualche strano miracolo mi trattengo.
La serata è molto bella, non parliamo di noi, di problemi e di casini e nemmeno di Rafa e Nole e del loro strano momento. Perchè loro, tanto per cambiare, vivono sempre strani momenti.
Parliamo di tutto, di cazzate, di cose serie, di cose personali, parliamo e ridiamo così tanto che non credo lo facessimo a questo livello da molto.
Lentamente siamo tornati a comportarci come prima di parlare dei nostri sentimenti, solo che ora tutto assume una sfumatura diversa perchè sappiamo. Sappiamo tutto. Ci viviamo diversamente. Ci vediamo diversamente.
Quando usciamo a prendere un po' d'aria perchè qua dentro comincia a mancare, sorseggiamo ancora l'ultimo goccio e l'aria fresca di questa bellissima città notturna, ci investe piacevolmente. Ed è così piacevole che Stan propone un giro insieme.
La questione diventa strana quando cerchiamo di andarcene insieme, perchè i nostri autisti vogliono impedirci di andare via insieme nella stessa auto, nessuno dei due capisce perchè, ma a quanto pare hanno una specie di regolamento, non lo sappiamo.
Fatto sta che fra l'alcool che ci fa sragionare e la mancanza di noi, di tutto questo, ce la prendiamo con loro e ci facciamo portare in albergo.
Io sono seccato e Stan è dispiaciuto ed io sono seccato perchè Stan è dispiaciuto e non sono riuscito ad accontentarlo.
Però vedendomi imbronciato, mi bussa al vetro dell'auto dove sono salito sbattendo la porta e mi manda un bacio. Questo mi scaccia ogni malumore, sorrido e ricambio.
Dio, siamo proprio andati.
Adesso più di prima. Nella nebbia che mi invade lo capisco e capisco che andare in albergo ora è pericoloso.
Però è lì che ci facciamo portare ed è lì che ci ritroviamo di nuovo insieme. Su, in ascensore a ridere ed inveire contro gente che non fa quello che vogliamo anche se sono lì proprio per noi.
In corridoio mi aggancio al suo braccio, traballiamo entrambi, lui però se lo lascio va a sbattere per cui diciamo che cerco di limitare i danni.
Ed alla fine ci ritroviamo in camera insieme, nella sua.
- Adesso devi mettermi a letto perchè non riesco da solo. - Mi dice trascinandomi dentro con sé.
C'è un momento, un piccolo momento fugace, in cui capisco che questo andrebbe evitato.
Ma poi mi dico al diavolo, la mia famiglia non c'è, la sua nemmeno. Non ci sono fotografi, paparazzi. Non c'è anima viva che ci vede o ci ha visto.
E nessuno vedrà.
E siamo ubriachi.
Chi se ne importa, insomma? E così vado consapevole che non ne uscirò. Non integro.
Stan entra ed io lo lascio cercando di accendere la luce, ma non l'ho ancora trovata che sento un tonfo.
- S-Stanley? - Chiamo incerto. Un lamento dal suolo mi fa ridere, accendo la luce e lo trovo giù. - ho un deja vu! - Era già successa al suo addio al celibato, ma non ricordo altro, è stata una notte intensa, ho solo qualche flash.
Succederà la stessa cosa?
Inghiotto mentre lui da giù tende le braccia con aria lasciva. Mamma mia, lo trovo erotico. Beh, lo è. È un bell'uomo, ha un bel viso, un bel corpo ed un carattere così dolce.
Addio Roger.
Mi chino per tirarlo su, gli prendo le mani e tiro. Stan si siede e mentre penso che andrò giù con lui, collabora alzandosi. La collaborazione dura poco, il tempo di fare qualche passo all'indietro e finire sul letto. Ci si butta di proposito e mi tira con sé.
Ecco il delirio.
- Sei davvero così ubriaco? - Chiedo impastato e confuso mentre cerco di sgrovigliarmi.
Lui ridendo alza le spalle.
- Pensi che farei così da sobrio? - In effetti no.
Questo mi rilassa. Di solito il fatto che lui non sia cosciente e che nessuno sia testimone, mi aiuta a fare quello che mi pare.
Ed ora mi pare proprio che approfitterò di lui.
Perchè lo voglio. Perchè sì.
- Spogliami, ho caldo... - Ridendo inizio a slacciargli i bottoni della camicia.
- Tu non riesci? - Stan ha la ridarola.
- No. Ma anche se riuscissi sarebbe meglio farlo fare a te. - Ora che sappiamo di noi è anche più facile togliere i freni. Un po' credo lo faccia apposta, ma del resto anche io. L'unica cosa è che sappiamo che non dovremmo, ma non dovremmo perchè l'abbiamo stabilito noi.
Noi possiamo sempre stabilire che invece possiamo.
E lo stiamo facendo.
Alza le mani ai lati del viso, come in una resa, mentre io seduto a cavalcioni su di lui gli apro la camicia e lui smette di ridere. Smetto anche io e mentre la stoffa si apre e rivela il suo petto nudo, mi mordo il labbro per poi succhiarlo con desiderio.
L'integrità non è una dote che mi si addice in questo momento.
Mi fermo un attimo piegando la testa di lato.
- A cosa pensi? - Chiede piano in attesa che io faccia qualcosa di diverso dal divorarlo. Devo avere uno sguardo lussurioso.
- Che non sono una brava persona come il mondo pensa. - Stan fa un risolino.
- Lo sei. Solo in modo diverso da quello che la gente pensa. Ma non vai mica ad ammazzare la gente... - La sua visione semplicista mi piace, sorrido e mi piego su di lui, metto le mani sulle sue, intrecciamo le dita e con le labbra sulle sue, dico malizioso.
- Ammazzare no. Ma se la desidero la faccio mia. - E con questo aderisco le labbra alle sue che sono aperte ed in attesa delle mie.
Arrivo, le infilo fra le sue, gliele succhio e lui fa altrettanto, poi mi separo per far passare la lingua e lui mi imita. Ci troviamo e ci carezziamo eroticamente, succhio anche quella e poi unisco e fondo le bocche in modo da non farlo nemmeno respirare. Gestisco un bacio che non è molto casto. Qua c'è tutto il mio desiderio di lui.
La testa gira più che mai, il calore sale ed è come avere tanti aghi elettrici che mi penetrano in ogni cellula. Scivolo dalla sua bocca e vado al suo orecchio.
- Ti voglio. - Poi lo lecco e succhio il lobo. Lo sento sospirare, l'orecchio è sensibile. Le sue mani finalmente si liberano delle mie per andare alla vita, prende la mia camicia e la alza tirandola fuori dai pantaloni. La solleva ed io mi slaccio i primi bottoni, poi l'aiuto a sfilarmela. Lui la sua ce l'ha ancora addosso anche se aperta, ma è steso e non riesco a levargliela, così mi concentro sulla sua cintura, gliela apro e con essa i pantaloni. Poco dopo gli tiro fuori l'erezione, l'accarezzo, la lecco in tutta la lunghezza e l'avvolgo facendola mia.
La sensazione del suo membro nella mia bocca, sulla mia lingua, mi dà alla testa ed è peggio quando geme e spinge il bacino mentre con le mani sulla mia nuca mi preme su di sé.
Aumento vertiginosamente il ritmo e lo sento mentre cresce e pulsa.
Mi fermo e mi alzo sulle ginocchia, mi apro i pantaloni da solo mentre lo guardo steso, lascivo.
È in uno stato di totale benessere e abbandono, mentre io sono così eccitato che potrei morire.
Quando mi tolgo il resto dei vestiti, sto zitto ed aspetto. Lui realizza cosa aspetto e si toglie velocemente tutto quello che indossa, poi si mette a carponi sul letto, davanti a me, e scivola col la lingua sulle cosce, risale dal basso verso l'alto, passa all'intero e trova la punta dura del mio membro.
La stuzzica senza usare le mani, ci gioca con la lingua e poi l'afferra e finalmente succhia per bene con bocca e mano.
Il gioco completo mi sconnette, mi dà il colpo di grazia.
Da sobrio faremmo quei ragionamenti da 'non è ora, non così, non da fuori come siamo', ma ora non siamo sobri e non possiamo controllarci nemmeno volendo. Ora c'è solo quel che vogliamo, ora siamo veri al cento percento.
E siamo eccitati.
I gemiti salgono, così come le spinte nella sua bocca e l'intensità mi annebbia al punto che sentendomi vicino all'orgasmo lo separo con un gesto secco e deciso, tiro la testa e lo alzo dritto, in ginocchio, davanti a me come lo sono io.
Lui mi guarda, apro la bocca e tiro fuori la lingua, lui mi viene incontro alla stesso modo piegandosi lascivo di lato.
Gliela succhio e la prendo fra le labbra, poi porto la sua mano sul mio membro duro, la mia la metto sul suo e riprendiamo da dove ci eravamo interrotti.
Le mani si muovono all'unisono, in sincronia, febbrili mentre godiamo di quel che ci fa l'altro. I brividi si espandono lenti e decisi, è come andare in automatico, godere di quel che riceviamo e farlo perchè lo riceviamo.
È una sensazione unica. Andiamo veloce come vogliamo che faccia l'altro ed è un istante, un istante breve o lungo che sia, ma è un istante perfetto dove andiamo alla perfezione uno sull'altro, persi e fusi a modo nostro.
Perfetti.
L'orgasmo arriva quasi insieme e separiamo le bocche per gemere e ansimare, le teste scivolano, le fronti sulle spalle del compagno, nascosti nell'incavo.
Il mondo sparisce. I ricordi spariscono. I doveri, le regole.
Eppure farlo così senza penetrazione è un po' come ricordarci che deve essere diverso da così.
Che quando succederà, dovremo essere coscienti, liberi e sicuri.
Quindi va bene così.
Alzo la testa, trovo la sua e lo bacio prendendogli il viso fra le mani che sanno di noi.
Le sue sui miei glutei.
Un bacio lento e dolce, sfinito e finalmente consapevole.
- Ti amo. - Ripeto.
- Ti amo. - Ripete.

Il giorno dopo ci svegliamo insieme, stesi nel suo letto, nudi e con un mal di testa micidiale.
Ricordiamo un po' cosa è successo, io più di lui.
Ci guardiamo spaesati, confusi e decidiamo di lasciar stare e vedere come si muovono da sole le cose. Senza forzarle e decidere cose a tavolino.
Però l'idea è che sia tutto solo rimandato, perchè ormai ci siamo.
La sensazione è questa.
La sensazione è che io ormai non possa più fare a meno di lui.
Qua Stan esce presto, in entrambi i tornei, perchè ha la testa a me e a quel che sta succedendo, si vede che pensa a questo. Ha la faccia da innamorato perso che non sa che pesci prendere. Se gli chiedono come si chiama non sa rispondere.
Per me è diverso, riesco a separare, vivo in compartimenti stagni, ora sono Roger il giocatore, prima sono stato Roger l'amante, poi sarò Roger il padre e su Roger il marito... non so come andrà.
Vivo giorno per giorno, momento per momento.

Le finali di Londra vengono così in questo momento delicato e strano dove sappiamo che le cose cambieranno di nuovo, ma non sappiamo come e quando.
È come camminare sui gusci. Quando ci vediamo sorridiamo come due adolescenti alla prima cotta ed anche il nostro atteggiamento in generale dice questo.
Credo che Mirka se ne renda conto.
Un po' dalle foto e dalle mie didascalie, un po' da tutto quello che dico sempre su di lui nelle interviste. Un po' da come lo guardo quando ci incontriamo in pubblico, da quello che faccio con la nazionale e con lui, da come lo tratto.
Insomma, ci sono molte cose e me ne rendo lucidamente conto, ma è come se non volessi pensarci, gestirle, affrontarle.
Prima non volevo affrontare il fatto che amavo Stan, ora non voglio affrontare il fatto che Mirka non c'entra niente con me.
Faccio finta che sia sempre mia moglie e che vada sempre tutto bene. Mentre aspetto di rivedere Stan per stare bene. È come vivere al contrario, ma in modo incompleto.

Le finali del torneo ATP di Londra si svolgono lisce e spedite, io e lui siamo i soliti inseparabili, Nole il solito scemo, manca Rafa perchè si è deciso a farsi operare di appendicite. Il genio aveva paura dell'operazione e dell'anestesia generale, era un insieme di cose. Un po' perchè sa che il corpo smaltisce tardi tutta l'anestesia e che questo dà conseguenze fisiche a lungo tempo per un atleta, un po' perchè ha paura proprio di addormentarsi. Insomma, Nole ci ha litigato però alla fine lo ha convinto che non poteva vivere con l'appendice infiammata.
So che avrà un lungo recupero ed un lungo momento di alti e bassi a tennis, ma la vita è così.
Quel che conta è che al momento i due stiano insieme e siano felici, alla fine è l'amore che ti fa andare avanti, perchè ti riempie, ti rende felice.
Il sorriso di Stan me lo ricorda tutte le volte.
A volte è un sorriso triste, perchè si ricorda di come stanno in realtà le cose, ed in quei momenti mi odio. Odio che abbia un sorriso triste per colpa mia e faccio di tutto per rischiararglielo.

Sia io che Stan vinciamo le serie preliminari e ci ritroviamo in semifinale uno contro l'altro. È una partita particolare, perchè amo lui, amo giocare con lui e amo giocarci contro.
Però è particolare perchè questa volta c'è Mirka, l'ho vista prima e l'ho identificata fra il pubblico. È dietro alle nostre postazioni di gioco, considerando che si cambia campo.
Non so perchè è una cosa che mi dà peso, è una sensazione strana, ma posso capirlo solo alla fine.
A metà partita, quando Stan mi sta per fare match point ed io gliene annullo quattro di fila, lo vedo nervoso, nevrotico e scorbutico, inveisce contro qualcuno del pubblico, non capisco cosa succede un po' perchè sono concentrato sulla partita che sto per perdere, un po' perchè sono distante da lui.
Poi vinco io, non è una sorpresa perchè spesso ci riesco a fare l'impresa, so che è nelle mie possibilità. Quel che mi ha dato da pensare è stato il nervoso di Stan. Era proprio al limite.
E quella sensazione trova conferma dopo, nello spogliatoio, quando gli chiedo cosa sia successo.
- Cosa? Non lo indovini? - Il tono nervoso e polemico mi riporta indietro a qualche mese, a Wimbledon, quando mi ha detto che Mirka aveva inveito contro di lui distraendolo ed innervosendolo.
- Mirka? - Chiedo incerto. Lui annuisce, si toglie seccato la maglietta e la getta a terra.
- Avevi detto che non l'avrebbe rifatto! Io capisco che mi odia, capisco che una donna capisce le cose anche se uno gliele nasconde, capisco tutto, ma avevi detto che non sarebbe successo! Lei mi odia ed io ti ricordo che abbiamo una finale di Davis Cup da giocare! Pensi che ci farà la grazia di trattenere il suo odio incommensurato per me? - E' polemico e furioso e parla come un treno.
Rimango basito mentre la rabbia sale anche in me.
È assurdo che sia successo di nuovo. Le avevo detto di non riprovarci. La cosa mi irrita più di quel giorno, perchè glielo avevo detto, l'avevo avvertita. E se lo fa contro altri è una cosa, ma lo fa solo con Stan ed è qualcosa che mi muove il mondo dentro.
Non credo di essere stato così furioso tanto spesso.
- Che ti ha detto? -
- Piangi bambino... Qualcosa di simile... - si toglie il resto dei vestiti e va in doccia. Io chiudo gli occhi e respiro a fondo, poi cercando di calmarmi mi svesto e lo raggiungo.
- Mi dispiace... -
- L'hai già detto! - dice duro, dandomi le spalle. La cosa mi spaventa. Mi spaventa moltissimo. Perchè fa così? Non intende perdonarmi? Non può. Non per la finale, non per una questione di tennis. Non può perchè lo amo.
- Lo so, ma... lo sistemerò... - Stan allora si volta a braccia larghe, visibilmente arrabbiato:
- L'hai già detto! Se pensa di ottenere qualcosa... beh, non so, forse ce la sta facendo! Io perdo contro di te e noi litighiamo! Penso che fosse esattamente tutto quello che sperava! - Noi litighiamo... questo è l'anticamera del 'basta così, la voglio far finita'. Che poi non stiamo insieme, ma le cose stavano andando molto bene. Era un corteggiarci senza andare troppo oltre. Non da sobri per lo meno.
Stan si lava in fretta e furia e non mi permette di ribattere subito perchè sono shockato ed inebetito dalla sua posizione netta e contraria. Esce ed io mi riprendo, mi lavo in fretta e lo inseguo. Lui si sta già asciugando, io sono nudo con l'asciugamano intorno alla vita. Bagnato come un pulcino.
- Non voglio che litighiamo. - Stan ride amaro.
- Sta succedendo. Tu non sai tenerla a bada e lei fa quel che vuole! Ed io non ce la faccio! Piangi bambino?! A me?! Sai quello che ho superato e passato. Non mi piace essere trattato come uno che non ha vissuto e subito e superato problemi! Esigo rispetto! E tu non sai gestirla! Mi ferisce perchè è proprio tua moglie. TUA MOGLIE! - Con questo lui torna a voltarsi, si abbassa e cerca rabbioso il cambio che non trova, io mi muovo verso di lui, ma mi inciampo sull'asciugamano che cade fra le gambe, infastidito, col cuore in gola, lo stropiccio e lo calcio, rimango nudo e mi avvicino a lui.
- Stan, Stan guardami... -
- No, non voglio... -
- STAN! - Alzo la voce, lui allora si decide a girarsi, ma rimane accucciato e mi guarda realizzando a cosa sta davanti. Insomma, sono nudo. Questo mi riporta un po' alla realtà ed anche lui che si alza per guardarmi quanto meno in viso.
- Vestiti! - Dice. Io mi irrigidisco e lo guardo infastidito.
- Anche tu! - anche lui è nudo in fondo.
Stan se ne accorge e torna a girarsi per cercare quello che stava cercando, di nuovo basso.
- Senti, non importa. È così. Dopotutto non stiamo insieme. Tu hai la famiglia, non sai separare quella stronza di tua moglie dai tuoi figli, pensi che se tradisci lei che non hai mai amato allora tradisci anche loro e ne soffrano, non capisci che in realtà i genitori separati sono ottimi genitori, in molti casi. Fai come credi. Orami le cose sono così, lei mi odia, io la odio. Tu non sai prendere una posizione e chiuderle quella bocca ed io se la incontro le tiro un pugno! Non dobbiamo per forza andare d'accordo, che ti devo dire? Le cose possono anche finire qua. Hai scelto così? Mi andrà bene! - non so nemmeno perchè dice tutte queste cazzate, da cosa gli derivano, so solo che vuole troncare qualcosa che non era proprio completo, ma che comunque era qualcosa di importante.
E l'idea che finisca tutto mi fa impazzire e capire dove sbagliavo e cosa sbagliavo. E mi fa capire quanto idiota fossi a non capire che sono tutte cose diverse e che Mirka non ha niente a che fare con me. Niente.
E mai l'avrà.
Così mentre parla e parla ed io non riesco a fermarlo, mentre sono anche nudo e lui non trova i boxer perchè li ha già tirati fuori e non li vede, mi abbasso, lo prendo per le spalle e lo giro, poi lo guardo e mi faccio guardare. Serio, risoluto, arrabbiato.
- Smettila di dire stronzate. - Finalmente si zittisce e mi guarda corrucciato. - Sai che ti amo e ti amerò sempre, mi dispiace di non riuscire a gestirla. Farò di tutto per impedirle di infastidirti. Sai che fra te e lei sceglierei te comunque. Ti prego, non... non dire stronzate. - Stan si ferma incerto, non sa se cedere o rimanere sulla sua, poi scuote la testa dispiaciuto.
- Senti... non importa. Fai quello che ritieni giusto. Io... io dopotutto non sono nulla. - Con questo mi toglie le mani di dosso e finalmente vede i boxer che infila. Io rimango così inebetito a fissarlo. Davvero dice una cosa del genere? Davvero lo pensa?
Cosa significa questo?
Rimango così a guardarlo mentre si veste e lui fa finta di non vedermi.
- Ci vediamo in Davis Cup fra pochi giorni. Buona finale. - Con questo, duro e senza guardarmi, se ne va.
Ed io rimango qua, ebete, sconvolto, sciolto, finito e solo.
Era la fine? Era un interruzione? Cos'era?

Appena mi vesto lo chiamo, ma non risponde, così scrivo a Nole.
'E' lì con te stan?'
La sua risposta è immediata.
'Sì ma non è un buon momento.'
Sospiro e chiudo gli occhi.
'Digli che mi dispiace e che quando se la sente devo parlargli.'
A questo punto Nole fa una cosa che non mi sarei mai aspettato.
'Visto che tu mi hai aiutato quest'estate con Rafa, ti ripeto le tue stesse parole: se vuoi aiutarlo dimostragli che sei un uomo, non con parole ma con fatti.'
Questo mi trasmette una scarica elettrica inaudita, come se un fulmine mi colpisse e mi uccidesse riportandomi in vita. Quando rinasci sei diverso. Mi sento così.
Dissi questo a Nole quando Rafa perse a Wimbledon quest'anno, erano in una fase delicata della loro storia. Ricordo che lui mi chiese se con Stan andasse bene ed io mentii dicendo che andava tutto bene. Non ho mai detto nulla a nessuno di questa cosa con Stan, né dettagli di come poi sono andate le cose. Perchè è così che sono fatto. Ma gli dissi questo a Nole. Di essere uomo e dimostrare a Rafa che poteva fidarsi delle sue parole. Poi Nole ha vinto Wimbledon, è passato primo come aveva promesso di fare, ha mantenuto quella parola. E insomma, si sono messi insieme definitivamente.
Torno a me e a Stan.
Essere uomo e dimostrargli fatti e non parole.
Stan non se ne è andato, è ancora qua. Vuole  che risolva. 
Vuole vedere come l'affronto questa volta. Mi sta dando un'occasione, una cosa. L'ultima. È l'ultimo colpo, dopo di questo sarà tutto finito.
Non posso sprecarlo.
Le parole di Nole mi risuonano nella testa ed in un momento decido cosa fare.
Per prima cosa parlo col mio staff inventandomi un dolore acuto assurdo alla schiena, poi faccio girare la voce. Domani avrei la finale delle finali del tour ATP contro Nole che comunque finisca è primo lo stesso.
Intanto vado da Mirka.
Lei ha l'aria tranquilla e soddisfatta, aspettava che io fossi pronto, sa che dopo le partite mi serve un po'.
La trovo fra altra gente con cui parla amabilmente e gentile, sorrido alle persone, saluto, faccio foto come sempre. Dentro di me urlo furioso, ma da fuori sono gentile come sempre.
Finalmente riesco a liberarmi di loro.
- Andiamo? Devo parlarti. - Mirka mi guarda fingendo di non sapere. Ma davvero? Mi prendi in giro?
Fingendo calma andiamo nel suo albergo che non è lo stesso del torneo.
La porta si chiude ed io, gelido e senza sbracciarmi o fare scenate, indico la sua borsa.
- Tu domani torni a casa. - Mirka si irrigidisce.
- Abbiamo detto che ti seguivo in Francia per la finale di Davis Cup. - Chiudo gli occhi, prendo un respiro, riapro gli occhi e la guardo sempre gelido.
- Ho detto che ho mal di schiena anche se sto bene, domani mi ritirerò, tirerò avanti la cosa per qualche giorno, poi fingerò di aver recuperato per le partite della finale contro la Francia. - Mirka spalanca gli occhi e mi guarda sconvolta.
- Cosa?! Ma perchè?! Tu stai bene, che senso ha... Roger, ma cosa... - Oh come la odio in questo momento. Il ricordo di come è finita con Stan mi monta, e quando mi succede divento il freddo polare.
Muovo un passo, alzo il dito e piatto rispondo:
- Domani doveva giocare Stan, non io. Era lui il legittimo vincitore di oggi. Non giocherò quella partita al suo posto per colpa tua. E tu non verrai più alle nostre partite. E in Francia con me non ci vieni. -
E’ come una resa dei conti che non era in programma, ma che sapevo prima o poi sarebbe successo.
Lei si accende come un vulcano e spalanca gli occhi diventando paonazza.
- E quindi scegli lui?! Scegli lui alla fine? Lo ammetti? Ti decidi a dirlo? -
Lo ripete e lo ripete fino a buttarmi fuori di testa e lo dico prima di pensare che devo negare. Ma non posso, la mia bocca si muove da sola.
- Sì, scelgo lui. Sceglierò sempre lui. -
- E i tuoi figli? -
- Loro saranno sempre al primo posto. Ma anche Stan. E se tu farai qualcosa contro di me o contro di lui hai solo da perderci. Io negherò tutto. A chi credi che crederanno? - Lei vuole rispondere qualcosa che mi zittisca, che le dia ragione, che mi ferisca o mi spaventi, cerca disperata qualcosa che non trova perchè sa che anche se dicesse la verità nessuno le crederebbe.
- Pensa al bene dei nostri figli. - dico poi più calmo e meno gelido. Lei si volta di spalle e stringe i pugni, trattiene il fiato e mi ammorbidisco. - Mirka, non ti sto lasciando, non voglio farlo. Ma se l'hai capito non ha senso negarlo e fingere. Le cose stanno così. Lo amo. E amo i miei figli. Non creerò mai scandali, gestirò la cosa al meglio, però tu devi collaborare. Altrimenti dovrò agire di conseguenza e ricordati. A perderci sarai sempre tu. - In pratica la minaccio. Ma che talento che ho.
Sta zitta per un bel po', poi sospiro e scuoto la testa mettendo la mano alla maniglia per uscire.
- Pensa a come vuoi affrontarla. Sappi che non cederò e che farò di tutto per tenere le cose sotto il mio controllo. Sei la benvenuta se vuoi seguire le regole. Altrimenti non mi piegherò. - apro la porta, abbasso la testa. - Pensa solo ai nostri figli. -
Poi me ne vado.
Separati in casa, si spera collaboranti per i figli. Questo è il progetto.
Un bel teatrino in pubblico. Dovrà continuare a fare quello che ha sempre fatto. Venire alle partite e cose così, altrimenti si capisce che c’è qualcosa che non va. Però per il resto saremo due che hanno 4 figli insieme e che ogni tanto vivono sotto lo stesso tetto e che possono andare in vacanza insieme.
Non so come andrà, è una questione di equilibrio, ma il piano è questo.
Questo è il mio modo di essere integro.
Non l'avevo pensata, ma evidentemente è così che doveva andare, evidentemente ora sono pronto.