CAPITOLO XXIV:
EROI



/Roger/
Non so cosa sia stato di particolare, onestamente.
Se il fare l'amore con lui, l'aver rivissuto in quel modo il mio percorso tennistico o cos'altro.
Però abbiamo giocato il doppio ed abbiamo vinto.
È stato bello e sconvolgente, una sensazione ubriacante.
Vincere con lui e ritrovare me stesso.
Non so, quindi, cosa di preciso, ma ha funzionato.
Giocare proprio io la partita decisiva mi ha dato una tremenda scarica elettrica.
Eravamo lì a parlarne su chi far giocare al quarto turno.
Se avessimo vinto avremmo avuto il titolo, altrimenti avremmo dovuto giocare tutto nel quinto turno.
Io nel singolo non ero andato bene, avevo perso, e ripetevo le mie perplessità sul fatto che da solo avessi perso e che avessi vinto solo in coppia con Stan. E lui diceva calmo:
- E allora? Anche se perdi, dopo gioco io e rimedio! - Stan lo diceva scherzando, come per dire che non sarebbe servito, ma io la presi sul serio.
Ok, mi dissi.
Se perdo, poi ci sarà Stanley.
Il fatto d'avere lui, pronto, dopo di me, mi ha aiutato a calmarmi.
Io ero in campo e lui era lì a bordo campo, nella panchina dei compagni di nazionale, insieme agli altri. Mi guardava e mi incitava gridandomi consigli o incitamenti, io guardavo lui tutte le volte. Quando facevo bene, quando sbagliavo, quando ero sicuro od incerto.
Ogni istante lo sguardo andava a lui e lui non mancava mai di guardare me.
Per molti quella verrà definita la partita del maestro, come mi chiamano.
La partita in cui ho insegnato come si gioca a tennis.
Stessa cosa già dicono del doppio di ieri.
Io e Stan non abbiamo giocato un doppio, dicono in giro. Abbiamo dimostrato come si giocano i doppi perfetti.
Eravamo sincronizzati, in linea uno con l'altro, all'unisono. Eravamo una cosa sola, mentalmente connessi.
È il doppio che preferisco.
Oggi io ho giocato la mia partita, ho guardato di continuo Stan e devo dire che è stata una delle migliori considerando che è stata a senso unico.
Se devo scegliere la migliore in assoluto dico una di quelle contro Rafa, perchè lui mi fa sempre tirare fuori il meglio.
Però oggi è diverso, oggi è una splendida partita perchè vinco quel titolo che mi ossessionava e perchè lo vinco con lui.
La pallina prende il punto, il punto decisivo. La mia testa lo grida.
Ho vinto, ho vinto.
È il titolo.
È la Davis Cup!
E mi butto a terra piangendo. Piangendo sento Luthi che mi abbraccia, piangendo vedo Stan che corre verso di me al colmo della gioia e da qui in poi penso di non capire nulla. Se prima potevo pensare di tenere un piccolo contegno, da qui so che non potrò. È come se dopo Luthi la mia mente catalizzasse tutto su Stanley.
Dov'è lui?
Dov'è?
E lo cerco in panchina, lo vedo che corre verso di me e tendo il braccio, vedo il suo viso felicissimo e mi sento morire.
Mentre siamo tutti e tre abbracciati io e lui ci guardiamo, ho la testa contro la sua, fronte contro fronte, non riusciamo a dire nulla, ci stringiamo e basta e quando arrivano gli altri sento che voglio baciarlo.
So che non devo, che siamo in uno stadio davanti ad un sacco di gente, ma voglio farlo.
E da qui la mia testa mi alterna da 'ho vinto' a 'lo amo' a 'non baciarlo'. Per evitare che mi scappi il bacio cerco di non toccarlo e abbracciarlo troppo se non quando siamo insieme a tutti.
Ho il cuore che scoppia, la testa in totale confusione e la gioia è al colmo.
E corriamo intorno allo stadio tutti insieme, lui ed un altro con il trofeo alto ed io dietro con altri che facciamo il corteo.
E lui che si gira verso di me a guardarmi sempre ad ogni passo.
Splende di luce propria. Luce.
Luce che mi ha dato, luce che è anche mia, luce che ho preso per vincere oggi.
Vengo portato come un eroe, ma per me è lui il mio eroe.
Gli eroi degli eroi nessuno li conosce, forse, o nessuno sa chi sono. Però sono i più importanti, sono preziosi.
E Stanley è il mio eroe e non smetto di guardarlo, carezzarlo, toccarlo mano a mano che i festeggiamenti proseguono e la voglia di baciarlo davanti a tutti si calma un po'.
Magari non lo bacio, ma mi concedo di carezzarlo sulla testa e stringerlo e toccarlo e mettergli le mani ovunque.
Mi basta questo.
Poi Stan comincia a bere e non capisce niente, infatti l'esordio è:
- Le domande in francese a Stanley che lo parla meglio di me. -
- Sì, beh, non quando sono ubriaco! - Con questo so che finirà sicuramente per dire cose che magari non direbbe, ma non immagino certo a che livelli arriva.
Parte con la lista di doti super che secondo lui io ho, per cui abbiamo vinto la Davis Cup.
E poi, in conferenza stampa dove siamo attualmente, davanti a tutti, giornalisti e il mondo intero, si gira verso di me, per fortuna ci separa Luthi, e dice:
- Sì, ti amo ancora Roger! -
Perchè nei giorni scorsi si era parlato di continuo della litigata avvenuta negli spogliatoi alle finali di Londra, abbiamo ripetuto mille volte che era una cosa finita lì, ma non ci credevano. Non potevamo certo dire che ci siamo messi insieme per questo va bene...
Comunque dice che mi ama, fortunatamente dopo aver detto che è ubriaco e poi lo dice con quel tono tragicomico, insomma, chiaro che scherza, penseranno tutti. Amore in senso di amicizia. Non sanno di certo quale tono intende lui.
Faccio un sorrisino e ringrazio, poi si va oltre, per fortuna, mentre continuo a dirmi di stare calmo ed essere lucido anche per lui.
La conferenza finisce per fortuna e poi siamo liberi di andare in albergo a prepararci per la serata di festa organizzata per i vincitori.
Stan continua a bere come un po' tutti, io cerco di contenermi.
Pur io sia un po' meglio di lui, comunque non riesco ad evitare che faccia il gattino. Del resto la mia mano si muove da sola sul suo collo e sulla sua nuca. Ovvio che poi lui si appoggia alla mia e chiude gli occhi mugolando.
Peccato che questo succede vestiti bene alla festa seria davanti ad un sacco di gente che ci acclama e fotografa.
Non credo sia bastato fare sesso in camera quando siamo andati a cambiarci.
Lo vedo ancora voglioso. E pure io, chiaramente. Ma più che voglioso cerca coccole!
- Stanley, così ci scoprono... - Sussurro in un momento di pseudo calma.
- Colpa tua, mi hai scopato senza darmi le coccole. Mi mancano... - è particolarmente appiccicoso in effetti, di solito sa gestirsi, non si butta così fra le mie braccia. Però ora è davvero sfacciato ed alla fine arrossisco spostandomi dall'altra parte per evitare che dica altro.
La separazione dura poco.
In due minuti siamo ancora insieme, vicini, appiccicati a fare foto e festeggiare.
La notte è lunga e bellissima e finisce con noi che arriviamo in Svizzera il giorno dopo per un'altra festa d'accoglienza del nostro popolo.
Cose da delirio... loro non hanno giocato e sono più giovani, possono andare avanti anche due giorni di fila, io ho giocato ed ho 33 anni.
Se per cortesia mi danno tregua forse sopravvivo e riesco a giocare un'altra stagione di tennis.

Finalmente Dio ascolta le mie preghiere e mi lascia andare via. Afferro il braccio di Stan, appiccico la bocca al suo orecchio e dico che dobbiamo andare.
Non dico 'io vado'. Dico 'andiamo'.
Lui mi guarda alzando un sopracciglio, sta ancora a festeggiare.
Dove le trova le forze?
- Dove? - Io lo guardo come se fosse scemo.
- Sto dando l'ultimo respiro, vuoi che lo dia qua davanti a tutti o a te in una camera d'albergo? - Ovviamente capisce cosa intendo e si illumina tutto, quindi malizioso e squillante gracchia un saluto a tutti, poi mi afferra per la manica -fortunatamente non per la mano- e mi trascina via.
Qualcuno lo nota, ma sono tutti un po' andati. Credo che in generale siamo passati inosservati.
Appena in macchina mi rilasso con la testa dietro il sedile e rido:
- Non ti facevo così pazzo! - Dico mentre la macchina va nell'albergo più vicino.
Non diamo mostra di noi all'autista.
Stan ride guardandomi appoggiato a sua volta.
- Davvero? - Scuoto la testa.
- Sembri sempre timido, contenuto, a modo... poi a volte prendi e parti con una riga d'insulti o con il rispondere a tono a chi ti manca di rispetto e lì sorprendi. Però hai anche un lato... non so... pazzo! - Stan si avvicina a me sul sedile, ma non fa altro, poi piano e complice dice:
- Sono contento di stupirti dopo tanti anni! - E così approfitto e dico allo stesso modo, malizioso e piano:
- Mi stupisci già a letto... - Stan arrossisce ed io gli metto la mano sulla faccia amichevole. Ci mettiamo a ridere e per fortuna arriviamo in albergo, entriamo insieme e prendiamo la stessa camera, siamo riconosciuti ma chiediamo di non fare foto e divulgare la notizia perchè vorremmo solo riposare prima di andare nelle rispettive città.
Così arriva quella che posso definire pace.
Una pace che ci vede stesi nudi nel letto senza la forza di fare l'amore. Peccato.
Lo vorremmo, ma non ci riusciamo. Siamo troppo stanchi, io soprattutto, che mi accoccolo sul suo petto forte.
- Hai molti lati nascosti, l'ho sempre saputo, ma a volte mi stupisce scoprirne altri. - Dico continuando sul discorso di prima, mentre ci abbandoniamo alle famose coccole fra baci e carezze.
- Mi sono rilassato. Prima tenevo tutto nascosto e mi soffocavo per paura di non essere appropriato o accettato. Poi quando tu mi hai detto che se mi fossi lasciato andare ed aperto sarei migliorato a tennis, ho deciso di provarci. E nel farlo ho capito quanto bello fosse. Piano piano l'ho fatto con vari aspetti di me, in vari momenti. Ora non sono la persona più aperta del mondo, ma ci sono certi momenti, certi istanti, in cui riesco a fare quello che mi va, che mi sento. Ed è bellissimo. Questo solo grazie a te. -
Un bacio nel sorriso stanco di entrambi, poi ci sbiadiamo scivolando in un dolce sonno meritato.
Le nostre vite ci fanno visita in sogno ed al risveglio lui dorme ancora, ma ha un bel sorriso stampato su e rimango un po' ad osservarlo.
Amore mio.
Sono pronto, adesso sono pronto per un'altra vita. Sarà incredibile.


Rafa ci mette un po' a fare pace con me, mi tiene il muso per diverso tempo perchè ha elaborato il fatto che per anni non gli ho mai detto niente di Stan e di quello che provavo per lui.
Non mi ha fatto piazzate come sarebbe nel suo stile, però non mi parla, è freddo e secco.
Sono costretto a chiedere a Nole cosa succede a Rafa e lui mi illumina.
- Qualche tempo fa Stan era in crisi profonda, ricordi a Londra, nelle finali, quando avete avuto quel momento difficile? - Annuisco sorseggiando una bibita fresca. Nole allora continua. - Era con me a piangere e in quel momento ha chiamato Rafa che si è messo a difenderti, Stan è scoppiato e gli ha detto tutto. Che lui non ti conosce affatto perchè in realtà è da anni che gli nascondi quel che provi per lui ed anche in quel periodo di crisi fra di voi in estate, tu non gli hai detto nulla, solo che andava tutto bene e che obbligavi Stan a dire lo stesso. - Silenzio. Abbasso lo sguardo e Nole beve la sua bevanda mentre si asciuga il sudore con l'asciugamano.
Ci siamo trovati in zona allenamenti e ci siamo presi una pausa insieme, visto che siamo lontano da occhi indiscreti ho deciso di chiederglielo.
Rafa va male da quando ha iniziata la stagione di tennis e volevo capire cosa gli succede e non mi risponde. Oltre a questo avrei bisogno di parlargli di Stan.
E così ho deciso di fare il passo e chiedere a Nole.
- E così sa... - Faccio mentre inizio a sentirmi in colpa. So che ho sbagliato, ma se tornassi indietro rifarei tutto. Perchè è il mio carattere.
- Sì... - Non capisco che tono sia il suo e cerco di capirlo guardandolo in viso, ma il suo sguardo è illeggibile così glielo chiedo.
- Cosa ne pensi tu? - Un po' si stupisce che glielo chieda, così decide di dirmi la sua apertamente.
- Onestamente? Un po' ci sono rimasto male anche io, ma non sono stupido, Stan mi diceva 'tutto ok' ed io capivo che dietro aveva ben altro che un 'tutto ok', quindi gli rispondevo 'quando ti va di parlarne ci sono'. Alla fine è venuto. Non sono caduto dalle nuvole. Rafa sì. Completo. Come un pero. - Stringo le labbra dispiaciuto e colpevole e distolgo lo sguardo.
Quando sono arrivato al torneo, Rafa e Stan si stavano allenando insieme, lo stanno facendo parecchio in questo periodo. Chissà di cosa parlano.
- Nella mia vita ho sempre detto  tutto solo ad una persona ed anche con lui comunque ho tardato e faticato, perchè pensavo onestamente di non dover dire niente. -
Il tono di Nole si abbassa.
- Parli di Stan... - Annuisco.
- Lui si è sempre accorto delle cose che nascondevo, un po' tirava frecciate, un po' faceva finta di niente. Poi ad un certo punto non ho più potuto nasconderlo. - Non pensavo che Nole me lo chiedesse, credevo continuasse con la sua linea del 'quando vuoi e se vuoi ci sono', ma invece mi fa una domanda specifica e diretta, forse la prima della sua vita diretta a me.
- Perchè hai nascosto questa cosa di Stan per tanto tempo? Prima addirittura anche a lui e poi dopo che l'hai detta a lui, anche a noi. A Rafa... lui ti raccontava tutto di sé, era sicuro che anche tu facessi altrettanto. - Sospiro e mi passo la bottiglietta fresca sul viso, lo sguardo basso, pensieroso, cupo, dispiaciuto. Mi stringo nelle spalle e cerco una risposta accettabile, poi mi rendo conto che non ci sono risposte accettabili.
- Se non  lo dico a nessuno non è reale. Se nessuno ne è testimone non è reale. Ed io non devo affrontarlo. - questo è facile da spiegare. Nole annuisce.
- Lo capisco. Ma poi? Quando ti sei messo con Stanley e poi vi siete lasciati... - Sospiro e mi strofino il viso con le mani mettendo giù la bottiglietta. Nole silenzioso aspetta fissandomi in attesa.
Mi sento un verme, ora. Capisco quanto sbagliato è stato quel che ho fatto.
- Perchè non sono abituato a dire le cose? Non lo so... io... io non lo so Nole, l'ho fatto e basta. - Nole non insiste, non è soddisfatto della risposta, ma non mi tormenta. Lascia un po' di spazio, poi si alza e si stiracchia dicendo che torna ad allenarsi, io annuisco e lo guardo che va, si ferma, si gira e riprende:
- Non permettere che le cose si rovinino fra te e Rafa. -
Mi chiedo se sia per questo che va male, se è tormentato da questo oltre che per una questione fisica di tennis.
Annuisco, sorrido e lo ringrazio.
Una volta solo mi chiedo cosa debba fare per convincere Rafa a parlarmi, poi penso a come è fatto e mi rispondo.
Non posso convincerlo, non lo convincerò mai, lui è testardo.
Nole litiga con lui perchè gli dice che dovrebbe cambiare allenatore e Rafa dice che anche se dovesse finire centesimo non licenzierà mai suo zio.
Insomma, è disposto a rinunciare alla sua carriera per i suoi principi.
Non posso convincerlo ad ascoltarmi. Posso solo obbligarlo.
Il punto è... cosa gli posso dire? Dopotutto sono io che ho sbagliato e non so nemmeno perchè.


Raggiungo Stanley in camera con la copia di chiavi che mi ha lasciato e mi lancia una lunga occhiata di traverso, fa un mezzo sorriso e poi torna alle sue cose.
- Che succede? Hai parlato di me con Rafa? - Gli chiedo. So che ultimamente ho sempre quello in testa. Mi spiace.
Stan scrolla le spalle.
- Ci ho provato ma è stato un muro. Mi sento in colpa perchè sono stato io a dirgli tutto. Dovevo stare zitto e basta. Farmi i cazzi miei come sempre. - Aggrotto la fronte e mi avvicino di lato, lo circondo e me lo giro verso di me. Lui si lascia fare e mi mette le braccia intorno al collo.
- Non è colpa tua, è colpa mia che ho gestito la cosa così e non so perchè. Ti ho obbligato a fare quello che volevo e non dovevo. - Alza le spalle con aria un po' triste.
- Alla fine la verità viene sempre a galla. - Annuisco.
- Spero che mi perdoni un giorno. - Lui sorride e mi bacia.
- Impossibile tenerti il muso per così tanto. - questo mi rilassa un po' e mi rifugio nella sua bocca dove approfondisco il bacio.
Per me vivere a compartimenti è possibile, suddivido i momenti della giornata, della mia vita, i miei ruoli, e li vivo autenticamente senza mescolare le cose.
Mi ci è voluto un po' ma ci sono riuscito.
Forse però devo mettere a punto il concetto di amico, non ho mai pensato a quel ruolo.
- E' per questo che sei così distratto ultimamente? - Chiedo cercando di essere delicato su un argomento potenzialmente spinoso. Lo vedo strano e non so come fare perchè non mi dice cosa gli succede e lui mi ha sempre detto tutto. Posso andare per tentativi.
Ora so cosa prova la gente quando io faccio così.
Quando dico che va tutto bene anche se non è così. Solo che io sono bravo a mentire, Stanley no.
Lui scioglie l'abbraccio e si siede sul letto tornando a sistemare le cose che si è portato per giocare il torneo.
- No, no... mi dispiace per lui e per voi, mi sento in colpa, ma non da farne una malattia... - Mi siedo accanto a lui e gli passo una mano fra i capelli corti che stanno spettinati per conto proprio.
- E allora cosa ti sta ammalando? - Dico continuando ad usare il suo termine.
Lui non mi guarda, stringe le labbra e alza le spalle.
- Sai... - Trattengo il fiato, forse si decide. - Sono sempre stato uno che nasconde, e poi sono diventato quello che non è capace di nascondere alle persone importanti della sua vita. Per questo sono sbottato con Rafa ad un certo punto e gli ho detto tutto. - Silenzio.
- Ok. - Incoraggio a continuare con la mano che scende dai capelli alla schiena.
- Ed ora che sto con te di nuovo e regolarmente a tutti gli effetti, mi chiedo cosa devo fare con Ilham. - Mi irrigidisco.
- Vuoi lasciarla? - Finalmente mi guarda con aria un po' persa.
- Forse. Perchè quando finisco col tennis vado a casa e lei mi riempie di domande se la tradisco e con chi e non è un ambiente sereno. Non sono mai rilassato. E non sono felice, mai, mai. Non posso finire col tennis ed andare in un posto dove mi sento in catene. Non sono libero di dire e di fare quello che vorrei perchè devo recitare e ricordarmi cosa le avevo detto. Prima era diverso, non stavo con te, ti amavo ma non stavo con te. -
- L'hai lasciata e sei tornato con lei per tua figlia. -
- Sì, perchè via dal tennis e via da lei, non avevo mia figlia e non avevo te. Ora ho te. -
- Ma non avresti tua figlia. -
- Però potrei convincerla a farmela vedere quando posso. - Mi stringo nelle spalle e ci penso un po' prima di rispondergli, gli prendo la mano e gioco con le sue dita riflettendoci.
- Sì... forse ti aiuterebbe. Credo che per come sei fatto tu sarebbe una buona soluzione. - Lui mi guarda.
- Ma? -
Mi stringo nelle spalle e lo guardo un po' poco convinto.
- Ma poi le chiacchiere riprenderebbero. Perchè la lasci, con chi stai, se la tradisci, che genere di problemi hai. Non puoi dire di nuovo per il tennis. E poi... - Mi mordo la bocca trattenendomi e lui mi guarda.
- E poi? - Mi spinge a dirlo e so che se la prenderà, ma bisogna iniziare a dire tutto subito prima di far passare anni.
- E poi tua moglie è come Mirka per me, una specie di sicurezza per l'immagine. So che è un discorso brutto, però sono realista ed è una cosa a cui dobbiamo pensare. Siamo uomini pubblici, personaggi sempre sotto i riflettori, spiati, guardati e messi in croce al primo passo falso. Facciamo mille conferenze stampa a stagione dove ci passano ai raggi X e non ci fanno passare nulla. Avere una compagna accanto permette di essere lasciati in pace e di avere un'immagine a posto, normale. È apparenza, ma è questo che il mondo chiede per lasciarti in pace, capisci? - Stan scuote il capo e comincia a respirare scocciato, si alza e si mette a camminare nervoso per la stanza.
Lo guardo paziente aspettando il suo scoppio che non tarda ad arrivare.
- Ah perciò dovrei fingere tutta la vita come fai tu? Non capisci che ormai lei sa che io non la amo? Fingere cosa? Mi conosce bene, sa che ho problemi e mi tormenterebbe ogni giorno della mia vita! Io non posso vivere così solo perchè mi serve una storia da copertina o quel che è... - sospiro e mi strofino il viso.
- Lo so, però sono realista. Ci serve qualcuno accanto. Qualcuno di credibile e rispettabile. Prova ad immaginare. Ti lasci di nuovo con lei, lei magari arrabbiata dice che la tradisci visto che ne è convinta. I giornalisti cominciano a fare storie ma visto che  tu non hai una donna accanto le domande sorgono spontanee... con chi la tradisci? Se è una donna perché non la mostri? E se è un uomo? Ti tartasserebbero giusto perchè è una novità fino a trovarti in fallo! - Stan scuote la testa amaro e furioso, con occhi sottili dice:
- Stai proteggendo solo te stesso. Se scoprono che noi stiamo insieme mentre indagano sulla mia vita e sul perchè ho lasciato mia moglie, per te è finita. Tu vuoi che io faccia come te, che abbia una vita rispettabile di facciata. Stai solo proteggendo te stesso! - Con questo non mi fa nemmeno rispondere, prende e se ne va sbattendo la porta.
Sospiro di nuovo.
Le sto sbagliando tutte, dannazione.
Scuoto la testa e do un calcio alla scarpa che mi ero tolto.

Adesso né Stan né Rafa vogliono parlarmi. Che successo!
La cosa assurda è che entrambi vanno male nei tornei a cui partecipano, escono subito. So che Rafa ha problemi effettivi di recupero, penso che non dovrebbero essere tali da farlo uscire ai primi turni, al massimo quarti o semifinale. Non lo so, se non mi parla non riesco a capire.
E Stanley esce subito solo perchè ha altro per la testa, emotivamente non c'è, lo so. È colpa mia. Devo rimediare, ma anche qua non me lo permettono.
A quel torneo sono uscito subito pure io, pensa un po'!
Stanley va avanti sempre peggio, Rafa dà qualche segnale di ripresa, ma non è costante. Dice che gioca coi nervi tesi, dà spiegazioni tecniche, ma io so che ci deve essere altro. Non lo so.
Forse continua a litigare con Nole. È l'unico che mi risponde, ma perchè non siamo tanto amici...
Mi conferma che sta litigando con Rafa perchè vuole che scarichi suo zio, io gli dico che non lo farà mai. Lui dice che lo sa. Poi gli chiedo di Stan e lui mi dice che lui è sull'orlo di una crisi esistenziale. E forse ci è già dentro.
Sospiro, mi sento un verme e non so come fare, non so proprio come fare con entrambi.
Mi rendo conto di cosa significhi Rafa solo ora che non vuole parlarmi.
Alla fine, stufo marcio di tutti che non mi parlano, approfitto di un momento in cui ho un servizio fotografico con Rafa ed un'intervista.
Ci incontriamo per quello ed io lo placco, quasi, bloccandogli il passaggio per andarsene una volta che non c'è nessuno intorno.
Rafa mi guarda con aria furente, gli occhi sottili, forse sputerà veleno dalla bocca.
- Adesso parliamo! - Lo obbligo perentorio.
- Sempre quando vuoi tu, sai? Dopo anni, ti viene su di parlarmi? - Ovviamente intende sul serio. Beh, almeno è una conquista. Mi risponde.
- Lo so, scusami. Ho gestito male la cosa... - Rafa spalanca gli occhi in stile pazzo furioso.
- Gestito male la cosa? Rog, uno che gestisce male la cosa magari nasconde che ama un uomo, ma quando ci si mette e poi si lascia ne parla. Quello è gestire male una cosa. Tu non l'hai proprio gestita! Mi hai nascosto cosa provavi per lui e poi, dopo che vi siete lasciati, hai continuato a dirmi che andava tutto bene! Come hai potuto? Mesi, Roger. Mesi! Cosa dovrei fare ora? Cosa dovrei pensare? Che conto qualcosa per te? Io ti raccontavo tutto, tutto! E tu invece nulla! Pensavo che fossimo amici! Mi sbagliavo. Ti sto trattando come volevi che facessi! Tu non mi dicevi nulla, non ti dirò nulla nemmeno io. Tutto bene Rog. Tutto bene! - Con questo fa per spingermi per superarmi ed uscire dalla stanza che ci han dato dove mettere giù le nostre cose, ma io non mi sposto, gli prendo il braccio e lo fermo. Cerca di divincolarsi, ma non usa molta forza, io ne metto di più e lo blocco contro la parete bloccandogli la strada col mio braccio. Lo guardo risoluto poi realizzo.
- Che ti sta succedendo, Rafa? Fino a pochi mesi fa mi avresti surclassato in forza... - Rafa gira la testa dall'altra parte e stringe gli occhi in una smorfia di rabbia.
- Niente. - Dice a denti stretti testardo.
- Invece c'è qualcosa. Va così male fisicamente? Che ti prende? Non è solo un essere indietro per i mesi di stop. Cosa succede Rafa? - Rafa scuote la testa ed io insisto, così' lui finalmente mi guarda e furioso urla:
- COSA PENSI CHE SIA FACILE TORNARE A GRANDI LIVELLI DOPO UN OPERAZIONE ED UN ANESTESIA GENERALE? TUTTI AD INSULTARMI DICENDO CHE ERO INCOSCIENTE A NON VOLERLA FARE E POI SONO IO QUELLO INCULATO CHE NON RIESCE A SMALTIRLA  E CHE HA PERSO FORZA ED ENERGIA! DANNAZIONE TU E NOLE! ANCHE SE CAMBIO ALLENATORE IL PROBLEMA NON E' LI', IL PROBLEMA E' IN ME, VOI NON LO CAPITE! HO LIMITI FISICI CHE NON POSSONO ESSERE SUPERATI IN FRETTA! -
Shockato, lo guardo realizzando che cosa si celava dietro.
- Nole lo sa? - Chiedo piano. Lui stringe la mascella e scuote la testa guardando di lato,  io gli metto la mano sulla guancia per spingerlo a tornare con gli occhi su di me e quando lo fa ho un'aria dolce per lui, dispiaciuta e gentile.
- Mi spiace per quello che ti è successo, Rafa. Davvero. E mi spiace averti nascosto tutto quanto. Averti perso mi ha fatto capire cosa provo per te e quanto sei importante. Che ho sbagliato tutto e non so perchè. Forse mi vergognavo di aver fatto un casino simile con Stanley. Ho aspettato una vita per ammetterlo, poi mi sono messo con lui giurando fedeltà eterna ed invece poco dopo ho cambiato idea. Mi sono vergognato. Non volevo che proprio tu mi dicessi che sono un idiota, che lo pensassi. Mi.. mi piace il modo in cui mi vuoi bene. Mi manca. - E' un rapporto forte e speciale, il nostro. Ho sempre gestito le cose della mia vita a modo mio, ma forse a volte devo permettere agli altri di gestirle a modo loro. Rafa si rilassa e si lascia andare e finalmente le lacrime gli scendono, mi getta le braccia al collo e nasconde il viso contro il mio, piange come se fosse l'ultima volta che ci vediamo o la prima dopo tanto tempo.
Sono toccato e colpito dal suo pianto che è quasi disperato.
- Mi sei mancato anche tu. - Mi trasmette al mille percento tutto quello che prova. Se io sono stitico di sentimenti e di espressioni, lui riempie le mie mancanze. Saremmo una coppia perfetta per questo, ma la vita è imprevedibile.
Finiamo sempre per amare le persone che non diresti mai o quelle che forse non sono perfette per noi.
- La vita è imprevedibile, l'amore è imprevedibile. - Dico a bassa voce stringendolo.
Dopo di questo passiamo la giornata a parlare di tutto quanto, di quel che ho combinato, del perchè, analizziamo tutto e poi parliamo di lui, del suo periodo, di Nole, di Stan e poi su Stan sono io quello che quasi quasi scoppio a piangere.
Rafa qua mi aiuta moltissimo, perchè mi dà la sua opinione che è diversa da quella che ho io.
- Secondo me devi appoggiarlo. - Lo guardo in silenzio e lui continua alzando le spalle. - Se si sente di lasciarla è positivo, vuole liberarsi di un peso. Tu non puoi capire come la vive, perchè la vivi diversamente. La gestisci bene e comunque avete 4 figli, Mirka è intelligente ed ha capito che le conviene collaborare, non è un peso perchè non vuole esserlo, non vuole che tu la lasci. Però Stan è diverso. Ilham è diversa. Penso che sia pesante l'aria fra loro, quanto può andare così? Ormai tu sei il suo rifugio. Devi appoggiarlo. - Rimango in silenzio a pensarci, poi la sua mano mi sfiora il braccio e con un sorriso incoraggiante che mi mancava, aggiunge: - A volte non capiamo perchè chi amiamo deve fare una cosa, ma per lui è importante. Amare è accettare le sue idee anche se non le condividiamo. - Lo guardo e sorrido.
- Nole fatica a capirlo? - Rafa sorride.
- No, è lui che me l'ha detto. Mi ha detto che secondo lui io dovrei scaricare mio zio, ma che sa che non lo farò mai e che mi sostiene lo stesso anche così. Anche se non mi capisce. E mi accetta anche se sono bacato, come dice lui. - Ridiamo.
- E' più saggio di quel che sembra! - Rafa a questo ha un'espressione dolcissima mentre pensa a lui.
- E' molto profondo, in realtà. E maturo. È cambiato tanto nello scorso anno. Ha raggiunto tutto quello che per anni ha rincorso e questo gli ha dato una pace interiore che si trasmette nei risultati che ottiene. Si merita tutto quello che sta raggiungendo. -
Ripenso a quello che Nole dice sempre di lui in conferenza, ovvero che Rafa sa quello che deve fare per tornare al suo livello e lo difende strenuamente. Sono due persone da prendere ad esempio e auguro loro ogni bene.
Appoggio la tempia a quella di Rafa chiudendo gli occhi, sospirando rilassato mentre un enorme peso si leva.
- Sono contento di averti ritrovato. -
- Anche io. -
Adesso devo solo ritrovare Stanley. Il mio Stanley.