NOTE: Rafa esce ai quarti di finale nel torneo Master 1000 di Roma, contro Stan che torna a giocare alla grande proprio perchè in semifinale ad aspettarlo c'è Roger. Stan e Rafa fanno un primo set fantastico, davvero molto bello, Rafa lo perde per un soffio, nel secondo set ha un piccolo cedimento e Stan ne approfitta. Presenti alla partita c'era tutta la famiglia di Rafa, nonostante questo Rafa è rimasto i giorni successivi a Roma fino alla finale di Nole, che ha vinto. La scusa è stata di farsi due giorni di vacanza con la sua ragazza. Chiaramente una bella scusa per poter stare con Nole (la sua ragazza ormai è complice, non ci sono altre spiegazioni). La sera ho scritto questa cosina qua, immaginando cosa possa essere successo dopo la sconfitta. Ah dimenticavo, la fic l'ho scritta prima di sapere che Rafa si fermava i giorni successivi. Buona piccola veloce lettura. Baci Akane


ULTIMA NOTTE A ROMA



Bussa alla mia porta e quando apro la sua espressione è davvero scura e contratta ed è anche molto pallido.
Serra le labbra strette ed evade il mio sguardo veloce abbassandolo.
- Sono venuto a salutarti, sto andando a sistemare le mie cose in camera, poi vado via. Mi aspettano, è venuta tutta la mia famiglia e non ho scelta che tornare con loro. -
Lo dice tutto d'un fiato, come se fosse difficile. E lo è.
Sospiro.
- Non puoi chiedergli di partire domani visto che è tardi? - Dico facendomi in parte sperando che entri. Lui rimane piantato lì guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno veda.
Scuote la testa sempre evitando i miei occhi che invece vorrebbero incontrarsi coi suoi.
- No, mi... mi aspettano... salutami velocemente che vado a casa... - Sembra che togliersi un dente con le pinze e senza anestesia sia più facile per lui.
Sta malissimo, gli trema la voce e stringe i pugni nelle tasche dei pantaloni. Guardo ogni dettaglio, persino la respirazione marcata.
- Vieni qua, dai... - Apro la mano in mezzo a noi per invitarlo a prenderla e ad entrare.
Lui la guarda ma non guarda me, scuote la testa e fa un passo indietro, ma inizia a tremare tutto. Non si è sfogato, non credo che con Stan si sia sfogato e nemmeno con nessun altro. Sta per esplodere, sta male e non può lasciarsi andare.
Ha bisogno di me, non c'è un'altra sera più di questa in cui lui ha bisogno di me. Lui ha bisogno di me ora.
Ed io so solo che non posso lasciarlo andare. Tira fuori la mano e la mette sulla mia, la prendo, stringo forte, lui sorride con un poco di sollievo, mi guarda velocissimo negli occhi ma poi li sposta subito e fa per sfilare la mano ed andarsene.
- Salutami velocemente. - La voce è quasi inudibile, gli occhi lucidi. Io allora lo trattengo e con decisione lo tiro dentro in camera, lo obbligo ad entrare, lui si lamenta debolmente, ma si lascia fare perchè credo ci sperasse.
- No... -
- Sì invece... -
- Devo andare... - Scuote la testa mentre lo tiro verso di me e chiudo la porta. Una mano tengo la sua, con l'altra cerco nella sua tasca, trovo il telefono e glielo tiro fuori dandoglielo.
- Adesso scrivi a tuo zio e gli dici che stai male, sei stanco morto e che vuoi partire domani mattina. - Lui scuote la testa mentre cerca di liberarsi, prende il telefono, ma io non glielo mollo fissandolo in attesa che ricambi lo sguardo e che si convinca.
- Non posso. -
- Sì invece. Sanno che sei psicopatico e che dopo le partite che perdi hai bisogno di un momento per stare solo, sanno che hai bisogno di isolarti per riprenderti... se lo aspettano anche stasera. - Alla fine smette di scuotere la testa e tirare, si ferma ed allora abbasso il capo cercando il suo sguardo che finalmente mi dà timidamente, titubante. - Scrivigli. -
Sospira e annuisce arrendendosi. Gli lascio il telefono, lui cerca il suo numero e lo chiama, mentre aspetta che risponda con l'apparecchio all'orecchio, si appoggia a me, la fronte sulla mia spalla, io aderisco la testa verso la sua e lo cingo dolcemente.
Lui parla con suo zio in spagnolo, con voce tesa e tremante, si capisce che sta male e che sta per avere una crisi di nervi e suo zio non ribatte, anzi, dice che è d'accordo e che si occupa di tutto lui, di riposare e stare tranquillo.
Ormai dopo tanto capisco lo spagnolo, parlarlo è un altro paio di maniche.
Quando mette giù gli prendo il telefono di mano e tenendolo ancorato a me mi muovo all'indietro per arrivare al letto, glielo appoggio sul comodino e prima di tirarmelo steso sopra, infilo le mani sotto ai suoi pantaloni, glieli faccio sfilare in basso insieme ai boxer, dopo la doccia negli spogliatoi si mette sempre i boxer, mette gli slip stretti per giocare, ma gli danno fastidio.
Lui si toglie le scarpe e traffica coi calzini mentre io da sopra gli sfilo anche la maglietta. Quando è nudo davanti e me gli prendo il viso fra le mani e con dolcezza gli bacio le labbra facendolo sedere sul letto.
- Arrivo. - Poi mi spoglio completamente anche io, dopo di che chiudo la luce e mi infilo sotto le lenzuola insieme a lui, mi sistemo sul fianco, allungo il braccio e lui si accoccola contro di me, nasconde il viso contro il mio collo ed inizia a respirare piano, il tremore passa ed è di nuovo caldo. Intrecciamo le nostre gambe, le braccia e ci uniamo quanto più possiamo.
La sensazione della pelle a diretto contatto ci dà una grande pace.
- Andrà tutto bene. Piano piano andrà tutto bene. Guarda quanto lontano sei arrivato, tutto quello che hai fatto fino ad ora, quello che hai passato, i passi che hai già fatto. Ripensa alla tua storia, al tuo percorso. Stai continuando a camminare, non ti sei fermato, non sei tornato indietro. Questo è un altro passo da compiere. Avrai avversari facili, medi e difficili. Riuscirai a superarli tutti, ci saranno anche quelli che ti rovineranno i piani ma, come una volta, riuscirai ancora a rimediare in corsa. È l'ultimo passo, un piccolo ultimo passo, ma ce la farai. Non ti sei fermato. Hai fatto un primo set da re, siete stati fantastici, non hai nulla da rimproverarti. Quel piccolo passo lo farai, lo farai, vedrai. -
Parlo piano, pacato e cadenzato, la respirazione è rallentata come anche i miei battiti, gli trasmetto calma con tutto me stesso e carezzandolo sempre alla stessa maniera, lento, delicato, continuo a parlargli come in una sorta di ipnosi.
Lui finalmente prende il mio modo di respirare e sento che i suoi nervi si rilassano.
Scongiuro il suo esaurimento e gli bacio la fronte.
Si addormenta fra le mie braccia senza dire nulla e sono sicuro che sogna di vincere il suo decimo Roland.
Dio solo sa quanto spero che ci riesca, onestamente, nonostante sia l'unico Slam che mi manca da vincere in carriera.
Ma l'amore gioca brutti scherzi.
Ce la faremo.

FINE