24. QUEL TI AMO CHE SCAPPA


/Rafa/

“Questo paio di giorni passati insieme è stato bellissimo, ci siamo conosciuti molto, in realtà mi sono reso conto di non conoscerlo molto.
Fin qua è stato sesso. Sesso. Dapprima occasionale e fra una storia e l’altra, poi è diventato sesso esclusivo e sempre più frequente.
Ma ora ci stiamo conoscendo e ci stiamo piacendo.
Mi chiedo dove potremo arrivare andando avanti così.
Non parliamo di sentimenti e non ci poniamo come una coppia, diciamo che la viviamo sciolta, come piace a me.
Forse anche lui è così, per questo non cerca di legarmi. Forse se fossi io a voler stringere sarebbe lui a scappare, questa volta.

I giorni comunque volano e ben presto arriva il periodo americano, dove voliamo da una parte all’altra degli States a fare i tornei di Agosto ed arriva il doppio a cui avevamo deciso di partecipare insieme.
Ovviamente, come immaginavo, è stato un mezzo disastro anche se devo dire che una volta ingranato siamo volati facendo spettacolo, è stato davvero bello, purtroppo abbiamo trovato l’alchimia tardi.
Se si potesse fare come a letto, sarebbe molto più facile chiaramente.
- Non è andata male… - Cerca di tirare le fila mentre ci laviamo, purtroppo non siamo soli perché c’è anche l’altra coppia che parla con noi.
- È stato una bella partita, risultato imprevedibile… - Ci fanno i complimenti e sorrido ringraziandoli gentilmente.
- Sì, mi è piaciuta, è stata divertente… - Commento anche io, vedendo che Nole si illumina.
- Visto che ne valeva la pena? - Così rido scuotendo la testa e visto che gli altri, che si lavano con noi, ci guardano senza capire, lui spiega: - ci ho messo molto a convincerlo, lui non voleva… diceva che non ci fidiamo uno dell’altro! - Milos ride.
- È stata una sorpresa per il mondo sentirvi partecipare insieme… -
- Immagino… l’uno ed il due del mondo che partecipano in un doppio… - Ribatto.
- Sì, ma non solo… si pensa sempre a voi come a rivali, mentre in realtà siete amici, avete un bel rapporto! -
- Beh, ma non siamo mai freddi o astiosi in campo quando ci scontriamo, anzi… - risponde Nole come se fosse infastidito dal far credere che non stiamo bene insieme.
Chiudiamo tutti insieme il rubinetto delle docce e ci avvolgiamo nei rispettivi asciugamani, le goccioline in sottofondo, mentre il vapore ci impedisce di vedere molto bene.
- No, certo, ma spesso è puro rispetto e cordialità. Non sembrate due che si detestano, eh? Però non si pensava che foste così amici, tutto qua! - Spiega Milos aiutato dal suo compagno che annuisce.
Alla fine mi stringo nelle spalle e sono il primo ad uscire andando di là.
- Mah, che vuoi… le apparenze ingannano, viene spontaneo controllare l’immagine, porsi in un certo modo. Nessuno mostra tutto di sé! -
Ovviamente mi riferisco al discorso che si faceva con Nole, lui mi guarda con uno strano sorrisino e vorrei dargli un pugno in bocca, perché diavolo mi fissa così? Non siamo soli.
Alla fine continuiamo a cambiarci e parlare, poi ogni coppia va per i fatti propri.
Io e Nole ci accingiamo a mangiare e visto il doppio, possiamo anche mangiare insieme in pubblico. Tanto nelle zone del circuito è tutto protetto, non ci sono occhi indiscreti o di cui non ci si può fidare.
- Allora, ti va di rifarlo? -
Chiede subito eccitato. Io rido mentre guardo il menù.
- Non lo so, alla fine abbiamo perso al primo turno… - Non mi piace perdere e non è un mistero.
- Ma hai detto che è stato bello! - Insiste.
- Sì certo, ma è un’altra cosa! Divertirsi giocando a tennis insieme è un conto… io… sai, non gioco seriamente i doppi e poi… -
- Appunto, è un gioco anche per me, insieme è stato bello, dovremmo riprovarci! - Sospiro e ci penso.
- Vediamo, dai… per me… sai, ho il singolo in testa, i doppi sono così, tanto per fare… - Sembra un po’ deluso dal fatto che non voglio riprovarci.
È che penso che ci distrarremmo troppo, avremmo bisogno di più allenamento insieme e per noi è davvero complicato, un po’ perchè non viviamo vicini ed uno dei due dovrebbe passare del tempo dall’altro. Questo ci farebbe perdere troppo in noi stessi, siamo troppo presi per concentrarci sul tennis quando siamo insieme, in privato.
Non otterremmo mai risultati sufficienti ed alla fine probabilmente ne risentirebbe anche il nostro tennis singolare.
Nole fa il broncio deluso e non mi parla più, come un bambino, così alzo gli occhi al cielo e mi guardo intorno, vedendo che non c’è nessuno gli do un colpetto col piede da sotto al tavolo.
- Guarda che questo non cambia niente fra noi, eh? - Nole mi guarda con un briciolo di speranza in più. - È solo che penso che ci distrarremmo troppo… sai, per migliorare le prestazioni nel doppio avremmo bisogno di passare più tempo insieme ad allenarci e… beh, hai capito no? Finirebbe che faremmo altro! - Non è che per un doppio ci si allena da soli, però metti che vado io a MonteCarlo dove vive lui, mica ci vedremmo solo negli allenamenti giornalieri di quel periodo. A parte che trovare il periodo per allenarsi è anche tecnicamente complicato, a meno che non lo fai durante un torneo normale, ma odio avere gli occhi di tutti addosso e non sarei naturale.
- Se ci guardano troppo non sono a mio agio, non sono me stesso. Perciò allenarsi durante i tornei regolari è fuori discussione, vorrei privacy per concentrarmi, ma… ho paura che diventerebbe troppo… difficile da gestire… - Mi sto arrampicando sugli specchi per tranquillizzarlo, non è mica facile.
- Pensi che passeremmo più tempo a letto che in campo? - Lo dice diretto senza usare mezzi termini e gli do un calcio da sotto al tavolo, lui salta e ricambia. - Ahio! - Si lamenta corrucciato.
- E tu che ne parli così? - Dico sotto voce. Lui fa di nuovo il broncio e mangiamo per un po’ in silenzio.
Sospiro.
- Nole, non arrabbiarti per questo. -
- Per il calcio o perché non vuoi che ti distraggo? - Chiede sostenuto.
- Entrambi. - Ho le orecchie basse, non voglio farlo rimanere male, però penso davvero che ci tirerebbe via troppo tempo.
- Però ti piace essere distratto quando siamo in un qualunque torneo, no? - Mi stringo nelle spalle.
- È diverso… durante i tornei sono concentrato, ho solo quello a cui pensare ed un po’ di tempo per fare altro va benissimo, ma se faccio anche ai doppi, ho da pensare al mio singolare, al doppio, ad entrambi gli allenamenti e… - Mi mordo il labbro realizzando che stavo per dire qualcosa di troppo, così lui si accende come una miccia capendo. Dannazione.
- E non avresti il tempo per me? - Gli do un altro calcio.
- Ti ho detto di smetterla che non siamo soli! - Nole mi tira un goccio d’acqua irritato.
- E tu piantala di uccidermi le gambe od il mio cazzo te lo scordi! -
- E tu il mio culo! - Sibilo sottovoce sperando di non essere sentito. Bisticciamo come una coppia, alla fine facciamo il broncio per un po’, poi è lui il primo ad interrompere il silenzio, a fine pasto.
- Comunque stai diventando molto dolce. Cioè so che in pubblico fai fatica, ma è bello che con me tu ci riesci… - Così lo guardo come se si fosse drogato.
- Ma se ti sei lamentato fino ad ora che ti ‘uccido le gambe’ - Lo scimmiotto. Lui mi fa il dito medio.
- Ma sempre con dolcezza! - Poi mi fa l’occhiolino malizioso. - Sai a cosa mi riferisco. - E lo so davvero. Mi mordo il labbro e mi stringo nelle spalle facendo lo scorbutico fino a che ci alziamo ed andiamo verso le camere a riposare.
Quando arrivo alla mia, lui si ferma e mi guarda in attesa di vedere cosa voglio fare, così mi guardo intorno e poi gli faccio cenno di raggiungermi. Tanto ormai abbiamo giocato, possiamo anche concederci la famosa distrazione.
Lui entra con me ben volentieri, chiudo la porta e mi giro verso di lui col dito alto in mezzo a noi, ma rimane alto e va a vuoto, perché non mi fa parlare, mi prende il viso e mi toglie subito il respiro baciandomi.
- Non ne potevo più! - Questo mi fa dimenticare cosa volevo dire e anche di respirare, lo guardo smarrito.
- Cosa… che… eh? - Sorride divertito mentre si toglie la maglietta.
- Prima negli spogliatoi c’erano gli altri due, poi eravamo a cena… e a proposito, come hai scaricato la squadra? Io alla mia ho detto che dovevo convincerti a giocare un altro doppio… - Io scuoto la testa ricordandomi cosa gli dovevo dire, mi tolgo i vestiti anche io mentre mi dirigo verso il letto.
- Io gli ho detto che dovevo convincerti a non giocare più un doppio insieme. - così ridiamo e mentre ci stendiamo sul letto, dopo aver tolto il lenzuolo, torno ad alzare il dito come un maestrino.
- Però facciamo la versione leggera, che devo riposare, domani gioco il mio singolo! - Così lui ride, maledetto come osa ridere con quella risata sexy? Mi prende il dito, me lo bacia e me lo succhia con aria da finto innocente.
- Sarò leggerissimo! - Dice poi spingendomi sulla schiena, mentre contemporaneamente mi sale sopra.
Da qui in poi la sua lingua non mi fa capire più nulla!


È la cosa più incredibile che mi sia capitata quest’anno.
Vinco il terzo Slam su 4, dopo i 3 mille sulla terra rossa, rimango primo nell’ATP e la cosa che mi ossessiona è consolare Nole, abbracciarlo e tirarlo su facendogli capire in tutti i modi possibili che ha giocato benissimo e mi dispiace che comunque abbia perso.
Ottenere l’US Open è un’enorme soddisfazione, non so come spiegare… forse perché è il primo e mi permette di completare il grande slam della carriera, l’obiettivo che volevo raggiungere a tutti i costi.
Però davvero nella testa, fra un’esultanza e l’altra, ho lui ed il dispiacere per averlo battuto. Forse sono stupido, perché è tennis, è un gioco, è una competizione, si viene per vincere, qualcuno perde, non si può fissarsi così sulla sconfitta di uno.
Però sto qua con la fissa di Nole che ho battuto e lo abbraccio forte appena vinto, senza rete a dividerci, mi preoccupo di stringerlo e guardarlo in viso mentre gli parlo vicinissimo, fin quasi a baciarci. Per un momento ho l’istinto di farlo, ma mi rendo conto che non posso, che c’è il mondo intero a guardarci, è che sono così fuori di me che mi trattengo a stento. Gli dico che mi dispiace molto che abbia perso proprio lui, che è stata una partita bellissima e che sicuramente il prossimo anno lo vincerà lui.
Lui dice che va tutto bene, che non ci sono problemi, che è felice di come ha giocato, che ha fatto il possibile.
Dopo, quando è seduto per conto suo, in attesa della cerimonia di premiazione, dopo che ho fatto saluti e riti soliti, lo raggiungo da dietro e lo abbraccio chinandomi a parlargli nell’orecchio, gli stringo le spalle con le mani e lui mi tocca la gamba girando il viso verso il mio per rispondermi e poi sposta la mano sul mio collo in un istante davvero intimo.
- Mi dispiace davvero molto che sia stato contro di te, mi credi? - Nole sorride dolcemente e mi stringe la nuca.
- Lo so, non pensarci più. Sei stato eccezionale. - Non finirei più se non venissi chiamato.
La cosa va un po’ per le lunghe, inno nazionale, trofei, discorsi, foto, rituali e tutto.
Purtroppo mentre io sono preso da mille obblighi e doveri, lui va nello spogliatoio, si cambia e poi va ed io sono qua a fare quello che devo e a pensare a lui, se sta male, se ci piange su, se mi odia… Dio, se ora mi odiasse non lo sopporterei.
E mentre lo penso, nel caos che è ora la mia testa, in questo stato d’animo folle ed esplosivo, mi dispiace ancora di non poterlo vedere, spero solo che non vada via così presto, che aspetti domani.
Faccio tutto con una frenesia assurda, la fretta di sbrigarmi per andare da lui, perché voglio vedere come sta, voglio solo vedere come sta.
Fra una cosa e l’altra guardo il telefono e mi chiedo se sia il caso di scrivergli, ma poi per dirgli cosa?
‘Aspettami?’
E se ce l’ha davvero con me?
Non sembrava, ma vai a sapere tu!
Lui è bravo a nascondere le cose.

Finalmente riesco a liberarmi, dico a mio zio di lasciarmi tranquillo fino a domani che vorrei ripartire con calma in giornata, ma senza fretta.
Il cuore torna a battermi forte e l’ansia mi assale. E se ce l’ha con me?
Mi fermo davanti alla sua porta e solo ora mi rendo conto di non aver controllato che non ci sia nessuno intorno.
Lo faccio ora preoccupato e mi passo la mano sulla bocca sconvolto.
Dannazione, cosa mi sta succedendo?
Cosa mi sta facendo, Nole?
Così non va bene… non… non dovrebbe essere così… era… era solo una cosa leggera, senza impegno e definizioni…
Comunque alla fine busso lo stesso e il tempo che ci mette ad aprire la porta, mi fa venire un infarto.
Fortunatamente apre ed io lo fisso con cura ed insistenza, cercando di capire dal suo viso come sta e cosa pensa. è difficile.
- Ehi… - Dico dolcemente, un po’ teso. Lui sorride tirato, ma sorride.
Ok, ce l’ha con me, lo sapevo. Si fa in parte e mi fa entrare. Una volta dentro lo guardo apprensivo, cerco qualcosa da dire ma non trovando nulla lo abbraccio subito di slancio e stringo forte, togliendogli il fiato.
Nole rimane sorpreso sulle prime, poi accetta e si rifugia fra le mie braccia, il viso contro il mio collo ed io sospiro sentendo che mi accetta.
- Avevo una paura matta che ce l’avessi con me… - Dico finalmente.
Nole raddrizza il capo e risale per guardarmi in viso.
- E perché dovrei? - Sorrido di scherno.
- Beh, sono stato il tuo carnefice, oggi… so che siamo uno e due… o al massimo uno e tre… o due e tre… - Comincio a blaterare numeri per ritrovare un po’ di parvenza. - Comunque so che siamo rivali e che è normale scontrarsi, l’abbiamo fatto un sacco, però in questo periodo ci siamo avvicinati molto, le altre volte non eravamo tanto vicini e questo mi ha fatto effetto. Non mi è mai dispiaciuto tanto batterti. So che a volte vinco io, a volte tu, è sempre combattuto ed entrambi meritiamo. Però oggi… oggi davvero io… - Mi trema la voce e sento che gli occhi mi bruciano, così lui è davvero shoccato da questa mia reazione, infatti mi prende il viso fra le mani, dolcissimo e delicato.
- Ma Rafa… stai scherzando? Va tutto bene… sì, una sconfitta brucia e dispiace, ma io sto bene. Mi passerà. E poi pensi che questo possa cambiare qualcosa fra noi? - Tiro fuori il labbro ed abbasso lo sguardo vergognandomi, ma lo dico lo stesso.
- È la prima sconfitta da quando abbiamo… questa cosa… - Non so definirla e non voglio farlo.
Mi intestardisco a non farlo e lui si guarda bene dal dargli nomi al mio posto.
Sorride dolcemente e mi carezza ancora.
- Pensavo che dovessi essere tu a consolare me… - Dice scherzando. Eccolo che si nasconde dietro la sua maschera di gioco. Mi mordo il labbro e lo bacio leggero sulle labbra.
- Mi spiace davvero. - Concludo. Lui sorride.
- Vorrà dire che ti impegnerai a mostrarmi quanto ti dispiace! - Si scioglie dalle mie braccia e si sfila la maglietta. - E dovrai essere molto convincete, perché non ti credo che sei più dispiaciuto che io abbia perso piuttosto che tu abbia vinto il tuo grande slam! -
So che lo dice ironico e scherzando, ma è più o meno il mio timore.
Sorrido cercando di mascherare la mia debolezza, così mi tiro il colletto della maglietta ed avanzo.
- Vediamo se ti convinco… - Rispondo scherzando, mentre mi faccio cadere gli shorts dopo essermi tolto le scarpe ed i calzini.
Nole è già sul letto nudo, io salgo poco dopo e gattono raggiungendo il suo viso, si sporge leggermente verso di me e quando le labbra si incontrano sul serio, le lingue danno il via a questa scintilla che torna a sconvolgermi.
Tutto ricomincia a girare vorticoso intorno a me, ma non è frenesia, è più una grande voglia, un grande bisogno di perdermi in lui.
Perché come mi fa sentire lui, nessuno mai, dio, nessuno mai…
Così, con questo sconvolgimento interiore, scivolo sul suo corpo e lo mangio lentamente, gustosamente, assaporando ogni centimetro di lui mentre si adagia piano piano steso sotto di me, lasciandosi fare. Lasciandosi consolare.
Ed io lo consolo, ma credo che lo senta, come lo sento io. Che c’è qualcosa di strano, qualcosa di diverso. Qualcosa che non dovrebbe esserci.
Dolcezza. Lentezza. Scoperta. Sapore.
Quel sapore che voglio imprimermi e non perdere.
Non c’è il solito fuoco, non lo divoro, non lo ribalto quasi violentemente. Resta tutto su un piano delicato, seducente, sensuale e molto erotico.
Ma questo non è sesso, Dio, non è sesso.
Quando mi scivola dentro, per la prima volta non mi gira di schiena e non mi piega in avanti. Mi tira su le gambe e mi prende per avanti, guardandomi in viso, facendosi guardare da me.
I nostri occhi non si staccano mentre gemiamo e ci abbandoniamo al piacere e per poco non è sincrono.
Non riesco a crederci, non riesco, non posso.
Quando tutto sale, noi ci aggrappiamo uno all’altro, stringo le braccia intorno al suo collo e gemo sul suo orecchio, mentre lui mi si preme addosso, si regge con le mani ai lati e le spinte che aumentano d’intensità e forza, via via sempre più forti e veloci.
Fino a che perdo il senno e lo dico, quella cosa che non pensi se lo dici mentre hai un orgasmo. O forse lo pensi ed hai il coraggio di dirlo solo lì.
- Ti amo… - Il fatto che mi scappi in spagnolo cambierà poco, visto che è la parola che si conosce in tutte le lingue.
Veniamo poco dopo, lui non risponde, si perde in me come io mi perdo in lui ed abbiamo entrambi la stessa espressione sconvolta ed aggrottata, di chi non capisce che diavolo sia successo.
Quando si scioglie e si lascia cadere di lato, mi tira su di sé immediatamente, come se non può separarsi proprio ora. Io mi rifugio sul suo petto, sul suo cuore che batte impazzito come il mio.
Non ne parliamo, non ce lo diciamo, non ci chiediamo nulla.
E non nego, non confermo, non ripeto, non ritratto.
Stiamo in silenzio a pensare che è stato diverso e strano e davvero… cazzo, davvero coinvolgente.
Troppo.
Davvero troppo, per essere due che passano il tempo insieme senza impegno.
Perché diavolo gliel’ho detto?
Ero preso, ma lo sono stato altre volte. Oggi l’ho detto. Mi è scappato. Ma lo penso?
Non ho mai amato in questo modo, come si deve amare un compagno.
Roger lo amo platonicamente. Amo la persona che è, amo quanto è fantastico, amo come ci conosciamo a fondo.
Ma non l’ho mai amato come dovrei amare un compagno che voglio con me per sempre, il compagno che mi basta e non mi fa desiderare altri.
Da quando vado con Nole, da un paio di mesi ad ora, non ho più voluto nessun altro ed ora questo.
Questo ‘ti amo’ scappato fuori dalla mia boccaccia. “