CAPITOLO II:
UN GRANDE BISOGNO D’AIUTO
 
Alexis, una volta a casa sua a Barcellona, sprofondò nel proprio letto spogliandosi, senza nemmeno rendersi conto d’averlo fatto.
Era mattina presto, non poteva stare lì, aveva gli allenamenti, aveva una vita da portare avanti, ma non riusciva… Dio, non riusciva a smettere di piangere.
Il dolore al petto era così grande che gli toglieva il fiato.
Rendendosi conto che non sarebbe riuscito ad alzarsi da lì e a riprendere la sua nuova vita per nessun oro del mondo, si allungò faticosamente sul comodino.
Da solo non ce l’avrebbe mai fatta, non era uno che ce la faceva senza nessuno accanto, non ne era capace perché gli altri erano la sua forza, i suoi amici, le persone, i compagni… la solitudine lo consumava e sarebbe rimasto a piangere in eterno da solo.
Capì che doveva chiedere l’aiuto di qualcuno e quando scorse la rubrica si chiese chi sarebbe stato il più indicato, poi si corresse. Chi fra loro sarebbe venuto e l’avrebbe aiutato senza fare domande?
Gli venne in mente Thiago, era discreto e sapeva stare al suo posto pur essendoci comunque. L’aveva preso molto in simpatia, sarebbe venuto e sarebbe anche stato utile. Gli scrisse il messaggio, ma poi si rese conto che forse per come era fatto magari serviva qualcuno che lo prendesse a calci e lo facesse ridere distraendolo, più che consolarlo con mitezza.
Fu così che mandò lo stesso messaggio anche a Dani.
Vieni ti prego ho bisogno’
Poi si riaccasciò con la faccia sul cuscino annusando insistentemente l’odore del suo ormai ex compagno. Spesso era venuto lì ed avevano fatto l’amore. Forse poteva sentirlo…
Chiudere così era stata la cosa più orrenda che avesse mai fatto ma più il tempo passava, più si convinceva che fosse sbagliato.
Ricordava d’aver pianto tutta la notte, l’ultima volta che si erano separati…
Ora forse l’avrebbe fatto per tutta la vita…
Con uno scatto di nervi riprese il telefono e fece per chiamarlo per l’ennesima volta, sapeva che non avrebbe risposto. Lui era così. Uno tutto d’un pezzo.
Nel momento in cui schiacciava il tasto verde venne interrotto dal campanello.
Imprecando capì che era il destino che voleva impedirglielo e sbuffando si alzò cercando di asciugarsi gli occhi. Invano.
Appena aprì e si ritrovò lo sguardo preoccupato e gentile di Thiago crollò come non avesse mai smesso e gettandogli le braccia al collo proseguì il suo pianto.
Le lacrime uscirono copiose e calde e Thiago spaesato, non aspettandosi minimamente una cosa simile nemmeno da lui così impulsivo ed emotivo al tempo stesso, ricambiò l’abbraccio spingendolo dentro per chiudere la porta.
- Alex? - Chiese piano senza parole. Non capiva, del resto non aveva alba di cosa fosse successo. In effetti in pochi sapevano della sua vita privata. - Cos’è successo? - al silenzio interrotto solo dai suoi singhiozzi, azzardò l’unica effettiva ipotesi utile: - Ti sei lasciato con la morosa? - E nessuno sapeva nemmeno che era bisessuale e che era stato per tutti quei mesi con un ragazzo. Un suo ex compagno di squadra.
Sentendolo premette ulteriormente il viso contro il suo collo e tirò su col naso. Lo trovò tenero e carezzandogli la schiena, annuì appena mormorando con voce roca ed inudibile.
- Ragazzo. - Ammise.
- Cosa? - Chiese non capendo. A quello alzò il viso e lo guardò da vicino, sempre continuando a piangere:
- Ragazzo! Mi sono lasciato col mio ragazzo! Cazzo! - Esclamò alla fine. Thiago ci rimase male e senza parole, quindi fissandolo a bocca aperta provò a borbottare un circostanziale ‘oh’ che non diceva niente.
- Vuoi… vuoi raccontarmi? - Fece poi. Alex scosse la testa e tornando a piangere si immerse nuovamente nel suo collo. Era meglio.
Non si mossero, rimasero in piedi davanti alla porta d’ingresso, abbracciati ed in religioso silenzio ad ascoltare i singhiozzi di Alex che parevano incapaci di cessare.
Quante lacrime poteva avere ancora, dopo tutte quelle che aveva già versato?
Non venne distratto da altri che il campanello e quando Thiago, tenendoselo stretto, si voltò per aprire e si affacciò solo col capo non sapendo chi c’era, rimase stupito di vedere Dani.
- Ho scritto anche a lui… - Mormorò Alex sapendo chi era. - Pensavo d’aver bisogno di ridere od essere picchiato. - Erano i modi di Dani in effetti.
Thiago un po’ deluso lo fece entrare, quindi una volta dentro, vistolo in quel mare di lacrime, il brasiliano non poté trattenere la domanda ovvia:
- Che diavolo è successo? - proprio non ci poteva arrivare ma si preoccupò anche lui. Nel silenzio in risposta si seccò subito e senza aspettare molto -non aveva tutta la pazienza di Thiago- lo prese e lo voltò verso di sé per farsi guardare. Non era venuto lì per niente…
- Ale, parla dannazione! - Grugnì poco gentile.
Alexis vedendo il suo viso deciso e sempre tendente al rabbioso, si sciolse ancor di più e cambiò appiglio spostandosi dal collo di Thiago al suo.
Dani rimase senza parole, spaesato ed immobile a riceverlo. Non aveva alba di niente e non sapeva cosa fare a quel punto, quindi semplicemente se lo tenne incapace di rifiutarlo.
Quel ragazzino che si consegnava agli altri con una facilità inaudita che non aveva mai visto in nessuno.
Fu la fine del suo mondo perché da lì in poi, senza sapere niente di cosa gli era successo, prese una decisione alquanto assurda considerando il modo in cui la prese.
Avrebbe avuto Alexis, un giorno.
Quel ragazzo era una calamita.
Passava dal riso più contagioso al pianto più devastante e senza la minima vergogna o freno. Questo gli bastò per perdersi in lui.
Non aveva idea di non essere l’unico ma ben presto l’avrebbe capito.
- Si è lasciato col suo ragazzo… non so altro… non riesce a parlarne… piange da quando mi ha aperto e penso anche da molto prima… - Thiago spiegò paziente e delicato, poi si grattò la testa e sospirò: - Ed onestamente non so che fare… -
Dani meno di lui ma all’udire che si era lasciato col suo ragazzo non poté che esultare internamente. Si sentì un bastardo ma non riuscì a farne a meno.
Dopo di quello se lo trascinò in salotto e facendosi cadere sul divano se lo tirò dietro sistemandoselo sopra a cavalcioni.
Il cileno vi rimase volentieri senza la minima voglia di spostarsi e Thiago infastidito dalla scena andò in cucina a preparare una cioccolata calda. Di solito funzionava coi tipi passionali come lui.
Nel tempo in cui rimasero soli Dani continuò ad accarezzarlo con sospetta delicatezza, non era da lui ed in condizioni normali se ne sarebbe reso conto anche il diretto interessato, ma lì di normale non c’era niente.
Non riusciva a smettere di pensare ad Antonio, voleva solo lui e non voleva nemmeno parlarne o nominarlo, voleva solo lui.
Però affogò fra le braccia di Dani, un Dani insolitamente silenzioso e affettuoso che ora l’accarezzava da sotto la canottiera.
Certamente non l’aveva aiutato il suo abbigliamento. Aveva aperto in boxer e canottiera intima, di conseguenza era un po’ come consegnarsi a loro. A lui soprattutto.
Però quelle carezze leggere erano davvero piacevoli e rilassanti, fu così che lentamente smise di singhiozzare e poi di piangere. Le lacrime si cristallizzarono sulle sue guance che tiravano, gli occhi gonfi gli bruciavano e non poteva che tenerli chiusi. Il viso immerso ancora nell’incavo, il respiro flebile, la stanchezza per aver pianto tanto ma il terrore di dormire per non voler vedere Antonio nei suoi sogni.
- Devo rimettermi in sesto per l’allenamento, non posso uscire in queste condizioni… - Mormorò poi in un barlume di lucidità.
Dani l’avrebbe volentieri violentato a quel punto perché parlava attaccato al suo collo, rabbrividì e faticò a non strappargli quella canottiera o a non scendere sotto i boxer e agguantargli il sedere. Sapeva però che non poteva dopo la rivelazione del secolo.
Si era appena lasciato, se lo sarebbe giocato malissimo.
Però quelle carezze coi polpastrelli sulla sua schiena ci stavano.
- Ce la farai… - Disse con sicurezza. Alex capì d’aver fatto bene a chiamarlo perché era uno dei pochi capaci di dare una carica ed una forza simili.
Si separò dal suo collo per guardarlo negli occhi e ringraziarlo, tirò su col naso e Dani sorrise senza farlo parlare, quindi tirando fuori un fazzoletto glielo spiaccicò in faccia con poca delicatezza. Alex spaesato si pulì capendo l’antifona, quindi rimase a fissarlo seduto sopra di lui, le mani scivolate alla vita, sempre sotto l’indumento leggero. Erano calde.
Voleva dire qualcosa ma aveva paura di tornare a piangere e gli faceva male ogni cosa. Non esteriormente. Bè, gli occhi sì, ma solo quelli, per il resto era tutto dentro.
Ed era atroce.
Non voleva parlarne, non ne era capace. Di solito lo faceva, era uno di molte parole, logorroico che non sapeva tenersi niente dentro, ma ora stava così male che non aveva nemmeno le parole per dirlo.