CAPITOLO VII:
RESA

VIDEO DINATANCHEZ

Antonio l'aveva portato sul pullman conscio che nei paraggio era l'unico posto dove sarebbero potuti stare soli e tranquilli. Lo lasciò a metà per poi correre a bloccare le porte prima che salisse qualcun'altro, quando tornò verso il centro, il silenzio era quasi totale.
Quasi.
Tranne che per la sua voce che lo chiamava.
Tremava.
La sua voce era un tremore e poteva solo immaginare quanto lo fosse anche lui.
Si fermò dov'era, paralizzato, capendo quanto lo amasse ancora.
Dopo tutti quei mesi non aveva davvero mai smesso.
Prima glielo aveva urlato ma aveva capito poco di quel che aveva detto. Ora erano solo loro due.
Le gambe non volevano saperne di muoversi ed Antonio pregò che la smettesse e che sfumasse... eppure... eppure era così bello risentirlo dal vivo. Voleva vederlo, voleva accendere una maledetta luce ma non sapeva come si faceva... lo sentì davanti a sé e trattenne il fiato.
Le sue dita tramavano come la sua voce.
Lo toccò sulle braccia e risalì le spalle. Lo strinse per assicurarsi che fosse lui, poi sul collo lo fece morire. Quel tocco così seducente e naturale... non poteva resistere a quel tocco.
Non faceva ancora niente, era rigido e silenzioso ed anche Alexis ormai non parlava più.
Cosa doveva fare con lui?
Dopo mesi era lì e l'amava. Come poteva?
L'aveva fatto star male... come le volte in cui lo lasciava per tornare a casa sua... le volte in cui passava notti intere a piangere perchè gli mancava. Sapeva che lo faceva soffrire la sua presenza, aveva creduto che lasciarlo sarebbe stata la soluzione eppure lo vedeva lì a tremare e cercarlo ancora. Aveva preso un aereo e gli era piombato letteralmente addosso come fosse la sua stessa vita.
Come poteva fare?
Voleva aiutarlo, voleva farlo stare bene... bene sempre, in ogni istante, senza che piangesse una sola lacrima. Voleva vederlo sorridere... voleva che gioisse come sapeva fare lui, che ridesse... che... che non piangesse mai...
Le dita sul viso, i pollici sulle guance a cercare le labbra. Quando le sentì tutto svanì, tutti i buoni propositi, tutta la voglia di fermarlo ancora e fargli capire che doveva vivere la sua vita e dimenticarlo per non soffrire ancora.
Svanì nel momento in cui capì che quelle sulle proprie, erano le sue labbra, le sue.
E fu la fine.
La fine di sé.
La sua bocca morbida e calda lo stava implorando di farsi amare, glielo stava dicendo, lo stava pregando e Dio, era la cosa che voleva di più in assoluto. Lui, la sua luce, la sua gioia, il suo essere, l'uragano che era.
Non poté non aprirle a sua volta e accogliere la sua lingua.
Il suo sapore... oh, il suo sapore era così dolce, come lo ricordava... perchè masticava sempre qualche caramella antistress... chiuse gli occhi e fu gettato ai primi mesi della loro relazione, quando gli si abbandonava addosso e se lo divorava. Bevve tutta la sua disperazione e la percepì salata in mezzo al dolce delle loro labbra unite e fuse.
Lo prese per la vita, non poteva piangere.
Era lì con lui.
Ora doveva essere felice, ridargli quella gioia persa da mesi.
Doveva dargli la sua anima e fonderla alla propria.
Lo strinse a sé, rispose al bacio e pregò che in qualche modo andasse tutto bene e che Alexis, il suo dolce piccolo uragano, non soffrisse più.
Perchè se lontano da lui si era ridotto in quello stato, a piangere se lui gli rispondeva al bacio, non poteva respingerlo e mandarlo via. Non poteva non abbandonarsi. Doveva prenderselo.
Doveva assolutamente.
Quando si accorse che piangeva, Alexis uscì dalla sua bocca e scivolò sull'orecchio appendendosi al suo collo, premendoglisi contro.
Era dolce. Era dannatamente dolce. Dolce come non ricordava più.
Ma fu il colpo di grazia quella frase... quella piccola frase piena di lui.
- Ho solo bisogno del tuo amore. E' tutta una follia ma è di questa follia che ho bisogno. Voglio amarti, lasciamelo fare a modo mio, ti prego... Vieni a salvarmi... -
Come... come poteva rifiutarglielo?
Si trovò a stringerlo talmente forte da fargli male eppure lui si mise a fare la stessa cosa, gli occhi ancora chiusi a catturare quel momento che era il più bello di tutto l'anno. Un anno davvero duro, devastante.
Un anno crudele.
Un anno che gli aveva fatto dire che poi avrebbe smesso col calcio alla disperata ricerca di pace, un po' di serenità... qualcosa che avrebbe potuto trovare davvero solo ora, lì, con lui.
La capacità di vivere o morire nel bene o nel male nelle mani di un ragazzo, di una sola unica persona.
Una persona che ora aveva lì.
- Ti amo, non ho mai smesso... questo è stato l'anno più duro della mia vita, volevo mollare col calcio... da solo non ce l'ho fatta, Alex. Ci ho provato ma non ce l'ho fatta. E per quanto dia di me stesso non sarà sufficiente mai perchè mi servi tu. Sei tu la mia forza mancante. Sia nella squadra che nella mia vita. Mi hanno tutti visto spegnermi e ad Aprile la morte di Piermario durante una partita mi ha dato il colpo di grazia. Non ce la facevo... ti ho cercato ma non ho avuto il coraggio perchè sono convinto che tu soffra nel separarti sempre da me ma... perdonami, non ce la faccio a mandarti via. -
Era la prima volta che diceva queste cose. Non aveva mai in assoluto parlato di lui con nessuno, nemmeno con Samir. Ed ora era davvero liberatorio farlo. Farlo fra le sue braccia.
- Non devi farlo mai più, cazzo. Io non ce la faccio senza di te. Anche se ci separiamo poi ci rivediamo, tu non puoi non rispondermi al telefono, non puoi scappare quando vengo... non puoi... mandarmi via... ti amo e non smetterò mai. Fatti amare, ti prego. Permettimelo. - Anche Alexis ora era riuscito a dirglielo calmo, sempre senza smettere di stringerlo.
La vita che riprendeva a scorrere nelle vene dopo un tempo infinito passato senza. Senza la vita. Senza quella voglia di vivere.
Antonio non sarebbe mai uscito da lì se non si fosse perso in lui, nel suo amore, bagnandosi di esso.
Non sarebbe mai riuscito a sopravvivere. A scendere in campo e giocare e guidare gli altri. Mai. Mai.
E gli alzò la maglietta stretta per sentire la sua pelle calda. Elettricità pura. Vita. Amore.
Alexis fremette e gemendo lo implorò.
- Fallo ti prego... - Sapeva cosa. Lo sapeva. Ed Antonio, sentendoselo chiedere così, non poté evitare.
E non evitò.
A tastoni riuscì a trovare, sopra una coppia di sedili accanto cui erano, l'interruttore piccolo per le luci singole posto sopra ognuno di essi. L'accese e finalmente riuscì a vederlo.
I suoi lineamenti sudamericani erano tali e quali alle volte in cui lo vedeva in televisione, dal vivo notava i dettagli che gli diceva che era cresciuto però rimaneva sempre lui. L'inclinazione naturale dei suoi occhi dal taglio ridente, quel naso così deliziosamente schiacciato e la bocca carnosa, così invitante... il suo modo di ridere lo sognava ancora, la notte.
L'accarezzò e per un momento poteva sembrare il modo di fare di un padre col figlio ma quando i pollici percorsero quelle labbra morbide la sfumatura cambiò e non parvero per niente padre e figlio.
Il desiderio era palpabile nel modo in cui l'accarezzava e lo guardava e Alexis si sentiva sempre più mollo fra le sue mani... sotto quello sguardo così intenso e penetrante. Uno sguardo tipico suo che non aveva mai visto in nessuno.
Così adulto, serio, pacato e pieno di intenzioni sincere. Non sapeva prenderti in giro.
Alexis si tolse da solo la maglietta e con irruenza tipica sua la tolse anche ad Antonio che accennò ad un sorrisetto che diceva esattamente questo.
Sei sempre il solito.”
Ed era vero.
Dio, com'era bello vedere che nonostante tutto non era mai cambiato.
Scese lascivo con lo sguardo sul suo corpo, era ancora pulito ed immacolato come l'aveva lasciato mentre Antonio qualche tatuaggio l'aveva ma niente di esagerato. Follie della gioventù, a Napoli erano normali quelle cose, gli aveva spiegato un giorno.
Scese poi sfiorandogli il petto e la vita per raggiungere i jeans ma venne fermato da Alexis che, notato qualcosa al suo polso, lo prese e l'alzò guardandolo alla fioca luce di quella piccola lampadina sopra i sedili.
- Ce l'hai ancora... - Mormorò indicando il braccialetto. Era una striscia di cuoio con uno stemmino in swarosky che componeva la scritta 10. Antonio arrossì e ringraziò il buio.
- Proprio oggi mi sono dimenticato di toglierlo, sai per allenarmi non lo tengo di solito... - Rispose cercando di distrarlo da ciò che sembrava. Invano.
- Cioè l'hai sempre tenuto? - Alexis ora guardava lui con sguardo smarrito e perso. Non ci poteva credere. Gli occhi tornarono a brillare dopo che si era calmato con tanta fatica.
- Non avrei mai potuto toglierlo... - Alexis raddrizzò il proprio e glielo mostrò lasciando il polso di Antonio che, a sua volta, prese il suo e lo guardò. Aveva lo stesso braccialetto solo che al posto del 10 c'era AS7, il numero che aveva all'Udinese, l'ultimo anno. Quando era esploso nella sua bravura. Quando i sentimenti erano esplosi con lui.
Per il resto erano identici.
- Ma ora sei AS9... - Commentò non sapendo come rendere meno sentimentale quel momento.
- Guarda che l'ho avuto per tutto l'anno, anche quando ci vedevamo all'inizio... - Replicò Alexis.
- Sì ma poi ci siamo lasciati e... - Era inevitabile parlarne?
- Tu mi hai lasciato e per inciso sei il primo che non l'ha mai tolto. Pensavi davvero che potessi toglierlo anche io? -
Antonio sorrise mollando la presa, scivolò sulla mano e portandosela alle labbra la baciò scendendo lento anche sul famoso braccialetto. Alexis si zittì e si rilassò, cominciava ad agitarsi ma le sue labbra fecero il miracolo, come sempre. E quella dolcezza... Dio, poteva annegare in quella sua dolcezza. Non aveva mai trovato una dolcezza paragonabile in quei mesi da solo. Nessuno ne era stato capace. Nessuno l'aveva.
Nessuno era Antonio.

Quei braccialetti avevano una storia particolare.
Alexis, quando era ancora all'Udinese ed aveva appena cambiato il numero della maglia da 11 a 7, l'ultimo anno, quindi, aveva appena capito d'avere un debole per Antonio.
Nel cercare di far colpo su di lui e fargli capire quanto ci tenesse e quanto fosse importante il suo capitano, aveva preso due braccialetti semplici e gemelli e ci aveva fatto incidere sopra con piccoli brillanti in swarosky i simboli che li rappresentavano in quel posto. Il posto in cui erano insieme ed erano felici proprio per quello.
Il 10 per Antonio e l'AS7 per lui.
Glielo aveva dato per Natale ma l'aveva fatto all'inizio di Settembre, non aveva avuto il coraggio di darglielo prima non sapendo con quale scusa.
Specie perchè non sapeva come dirgli che ne aveva uno identico. Come spiegargli il senso di quei braccialetti gemelli?
Quando glielo aveva dato, l'aveva tartassato con mille messaggi chiedendogli di ritagliare un momento per lui a Natale.
Alla fine Antonio, esasperato, gli aveva chiesto come potesse vederlo visto quanto lontani fossero. Antonio aveva passato infatti le vacanze a casa, a Napoli, dai parenti, mentre Alexis... bè, lo credeva in Cile dai suoi, di parenti.
Quando gli aveva risposto che era a Napoli e l'aspettava nella piazza principale perchè non aveva la minima idea di dove andare, Antonio se l'era immaginato aggredito da un sacco di ladri e teppisti, derubato, picchiato ed anche ucciso.
Seriamente preoccupato per la sua incolumità, anche perchè poi Alexis era buono e socievole di natura e rischiava davvero grosso, aveva mollato tutti ed era corso da lui appena in tempo per portarlo via in macchina al sicuro.
L'aveva rimproverato perchè avrebbe dovuto dirgli prima che era a Napoli, era pericoloso aspettarlo così da solo. Poi alla domanda del cosa ci facesse lì, Alexis aveva risposto spontaneo e sincero 'ma per darti il mio regalo!'.
Questo l'aveva spiazzato.
'Non potevi aspettare il ritiro ai primi di Gennaio?'
'No!' anche perchè l'aveva da un sacco di tempo, non poteva aspettare oltre.
Antonio l'aveva portato in un posto tranquillo, un belvedere che conoscevano in pochi, in collina. Si vedeva tutta la città di notte, era un posto spettacolare.
Per il freddo, comunque, erano rimasti in macchina.
Alexis gli aveva così potuto dare il suo regalo spiazzando Antonio. Si era guardato bene dal mostrargli il proprio braccialetto uguale, lo indossava sotto le maniche dei giubbotti e sperava che sarebbe rimasto nascosto per sempre. Lì per lì non l'aveva trovato fuori luogo o azzardato ma solo molto carino. Un regalo piuttosto normale.
L'aveva ringraziato per poi dirgli che comunque non avrebbe dovuto venire fino a Napoli per darglielo, poi aveva insistito per chiedergli quali altri affari avesse dovuto sbrigare lì per passare a darglielo e Alexis, sempre sincero, gli aveva risposto che non c'era niente altro che quello.
Antonio aveva capito che c'era qualcosa di strano ma si era tenuto per sé ogni impressione non volendo essere lui quello fuori luogo, del resto se non diceva altro non poteva certo essere lui quello a fargli domande che non andavano bene.
Quando Alexis, scaldinoso come sempre, si era tolto la giacca, aveva scoperto il proprio braccialetto e nel vederlo Antonio aveva naturalmente chiesto come mai ne avesse uno uguale solo con un'altra scritta. Il giovane era teneramente arrossito dandogli conferma che sicuramente qualcosa di strano l'avesse ma capendo che non voleva confessarglielo, gli aveva lasciato il suo piccolo segreto.
Alla fine gli aveva detto impacciato che voleva solo lasciargli un segno di sé per ringraziarlo dell'aiuto prezioso in quegli anni, gli aveva detto che se era cresciuto tanto come calciatore lo doveva alla sua guida e che era felice di giocare con lui. Che qualunque cosa sarebbe successa poi alla fine dell'anno, se magari se ne sarebbe veramente andato, quei braccialetti avrebbero rivelato quanto ci teneva all'Udinese, al suo capitano e a quegli anni speciali e felici. Il luogo dove tutto aveva avuto inizio, un modo per non dimenticare mai le sue origini.
Trovandolo molto dolce, Antonio aveva sorriso e l'aveva abbracciato dicendo che gli dispiaceva di non avere niente da dargli in cambio.
'Non importa, per me riuscire a dartelo è già un regalo!' precipitosamente Alexis l'aveva detto dovendo per forza aggiungere che ce l'aveva da mesi e che non aveva mai saputo quando darglielo senza sembrare strano. Alla fine, strano, lo era sembrato comunque.
Non era successo altro ma quei braccialetti li avevano tenuti sempre entrambi, in ogni situazione tranne che durante gli allenamenti e le partite. Per il resto non li avevano mai tolti e quando era capitato si rompessero li avevano sempre fatti aggiustare.

Antonio solo dopo tutto quel tempo poteva capire il senso di tutto quello.
- Alex, ma da quanto tempo ti piaccio? - Domanda spontanea e normale a quel punto. Alexis, dolcemente imbarazzato, si mise a giocare col proprio braccialetto sciogliendosi dalle braccia del compagno che ora lo guardava spaesato cercando di capire.
- Un po'... -
- Da quella volta? - Si capirono. Alexis annuì come fosse colpevole di chissà quale inganno, lo sguardo basso. Non glielo aveva mai detto.
Antonio provò un'esplosione interiore di sentimenti, uno più sentito ed emozionante dell'altro.
Quel ragazzo lo stupiva sempre.
- Ma perchè io? Perchè non uno della tua età o magari più interessante di me? Sono una persona normale, nemmeno bella... e poi non ho tutte quelle particolari caratteristiche che possono attrarre... come dire... capirei se fossi un, non so, Cristiano Ronaldo... ma non lo sono... come mai io? - Alexis alzò di scatto la testa e lo fissò come se bestemmiasse. Come poteva chiederglielo? Stava dubitando di sé?
- Ma Totò, tu sei... tu sei bello dentro e lo sei per me... sei quell'esempio, quel faro, quella persona che io spero di diventare. Non come te ma... ma con le tue caratteristiche. Che distingue il buono dal giusto, che cerca sempre di farlo, che è comunque onesto e sincero in ogni occasione, che non discrimina nessuno, che cerca di essere utile in ogni situazione, che fa il suo, che è un esempio di umanità ed onore per tutti e che... che è buono dentro... e si interessa a chi gli sta intorno... non sei capace di un solo pensiero brutto o cattivo... io spero di essere come te e so che non è possibile perchè siamo diversi ma... ma di chi potrei innamorarmi se non di te? Sei il primo che mi abbia preso sotto la sua ala e sei l'unico con cui io voglio stare. E poi... poi non mi interessa la bellezza. Per me lo sei, se tu non ti ci senti chi se ne frega. Io ti voglio così come sei e ti vorrò sempre. Perchè sei l'unico uomo veramente degno di questo nome, per me. - Gli occhi lucidi vennero ad Antonio che prendendolo ai lati del viso lo baciò con quella passione di prima. Il fuoco, l'emozione, la bomba dentro. E le lingue unite insieme, intrecciate nelle bocche che si aprivano e si univano fondendosi quanto più potevano.
Gli occhi bruciavano ed i cuori palpitavano frenetici. La voglia riprese a crescere come prima e fu di nuovo tutto un crescendo. Alexis scese a slacciarsi i propri jeans e se li abbassò lungo le cosce lasciandoli poi scivolare da soli, stessa cosa fece con i pantaloni della tuta di Antonio che finirono alle caviglie, trafficarono con le scarpe alla cieca, senza mai staccarsi dalle bocche come se ne andasse della vita, e quando si sentirono più liberi, il numero dieci lo spinse sul sedile facendolo stendere con la schiena di sbieco in modo da stare il più comodo possibile.
Gli tolse i boxer e si abbassò immergendo il viso fra le sue gambe che aprì con sicurezza.
Gli era mancato ogni suo centimetro.
Alexis trattenne il fiato e quando sentì di nuovo la sua lingua sulla propria erezione si mise la mano in bocca per non gridare.
Era oltre le proprie aspettative. Non farlo per tutto quel tempo, non farlo con lui, ora lo portava a non resistere molto.
Sapeva che sarebbe venuto presto.
I sospiri si alzarono soffocati dalla mano che si premeva sulla bocca mentre Antonio succhiava il suo membro già duro ed eccitato, lo sentì vicino all'orgasmo e quando lo vide contorcersi troppo nel sedile, si separò non volendo mandarlo avanti troppo presto. Alzandosi notò che si stava divorando la mano e sorridendo malizioso gliela prese e, bagnata di saliva com'era, se la portò sul proprio inguine. Alexis si tirò su il necessario per poter toccarlo a dovere. Lo strofinò subito, stringendo la presa per fargli sentire quanto lo desiderava. Fu reciproco perchè anche per l'altro sentire la sua mano addosso, la sua e non la propria, era un regalo che aveva sognato ogni notte. Ed ora c'era.
Anche per lui sarebbe venuto presto il momento dell'orgasmo se non l'avesse fermato imprecando nervoso.
- Non ci riesco ad aspettare... - Mormorò prendendolo per le gambe ed alzandogliele in modo che appoggiasse i piedi oltre di lui, sui sedili che aveva alle spalle Antonio.
Sistemato nel mezzo, nella posizione ideale per andare subito al sodo, gli carezzò le cosce finendo sui fianchi e sui glutei.
Non riusciva a staccare lo sguardo dal suo altrettanto desideroso.
- Se aspetti ancora muoio. - Non era molto romantico e nemmeno comodo, era lontano anni luce da come l'aveva immaginato eppure era perfetto. Pieno di quel bisogno reciproco di darsi e prendersi, quella frenesia, quel desiderio assoluto.
Ad Antonio bastò e prendendolo meglio gli si accostò, si guidò verso il suo ingresso e riuscì ad entrare. Fece lentamente all'inizio, si morse il labbro corrugando la fronte. Era peggio di quel che ricordasse. Un piacere troppo alto da sostenere semplicemente controllandosi.
- Più forte... - Mormorò Alexis gettando le braccia in alto, sopra la testa, e sospirando. Sicuramente il non aver avuto una degna preparazione non era un problema.
Si sentì lacerare e dopo un primo momento di stordimento si rese conto che era poi proprio quello a dargli piacere. Quei brividi di dolore si trasformarono in godimento ben presto, Antonio allora vedendo il suo viso abbandonato decise di accontentarlo e cominciò a muoversi. Entrò meglio, con un colpo deciso, e riuscì ad andare quasi del tutto in profondità, poi dovette uscire e ripetere l'operazione come a chiedere più spazio.
Sentire come lo stringeva in sé gli donava un piacere senza precedenti, non lo ricordava così bello nemmeno le altre volte che l'avevano fatto ma era davvero da molto che non lo faceva.
I colpi divennero presto più veloci e profondi, il ritmo fu stordente ed intenso e i gemiti si unirono nel mezzo in cui erano, chiamandosi eccitati e pieni di una voglia ormai sovrana.
L'orgasmo fu raggiunto insieme e quel calore che li inondò fuori e dentro li avrebbe accompagnati ora e sempre, specie nella consapevolezza che non sarebbe stato più un'ultima volta ma una delle molte.
Gli ci volle molto più di prima per riprendersi, quella volta l'aveva desiderato così tanto che svuotandosi in lui aveva lasciato andare tutto sé stesso, comprese le proprie insicurezze ed il suo periodo buio.
Abbracciò la luce quando Alexis si alzò con la schiena e l'avvolse con le braccia. Gli nascose il viso al petto agganciando le gambe intorno al suo bacino. Gli si strinse contro lasciandosi cullare e abbandonato a quell'amore senza precedenti, capì quanto tutto quello fosse giusto. E capì che avrebbe potuto di nuovo affrontare qualunque prova, anche la più difficile, perchè poi avrebbe potuto sentire la sua voce e vederlo dopo poche ore di viaggio. E stringerlo ancora. Sentire la sua risata contagiosa, le cavolate che sparava, vedere il sole che brillava in un semplice viso.
Si ebbero e non si lasciarono più.
- Ti amo Alexis. -
- Ti amo anche io... e se mi lasci di nuovo mi uccido! - Minaccia molto consistente!
Antonio rise contro il suo collo. Non era mai stato meglio in vita sua.