Note: La mia seconda volta con Hana e Ru *ç* Devo ammettere che sono anche più emozionata della prima ^^’ Ma veniamo a noi. Gironzolando su internet, un po’ di tempo fa ho trovato una doujinshi sul sito HanaRu Only intitolata Ciliegi e mi ha subito conquistata. Purtroppo però la doujinshi è in giapponese quindi si perde molto. Comunque gira e rigira, alla fine sono riuscita a scrivere una fic basata su quella doujinshi. Essendo i dialoghi in lingua originale (e quindi lasciata molto all’interpretazione personale) ho lavorato molto di fantasia, scrivendo una fic che non segue di pari passo la doujinshi, ma che comunque ne mantiene il tema di fondo: l’inquietudine di Ru per i ciliegi. La leggenda che racconta Ayako è vera, l'ho trovata su internet, è la stessa che in Tokyo Babilon Seishiro racconta (in modo molto più brutale) al povero Subaru -__- E' una fic semplice e senza pretese, spero di essere riuscita a fare un lavoro decente e che non abbia combinato un casino ^^’’
Mi scuso se oggi non riesco a rispondere ai commenti all'altra fic, ma sono di frettissima, lo farò nel prossimo capitolo ^^'' Dediche: Dedico questa fic alla mia sensei Akane ed alla mia kohai Ichigo (ora ci ho preso gusto a scrivere su di loro ^O^) che non sanno nulla di questa storia ^o^ Spero che vi piaccia ^_^
Ringraziamenti: Ringrazio Athenachan che ha commentato ‘Perché non ti accorgi che ti amo?’, Bad Girl, dome, Rose ed Ichigo_85 che l’hanno inserita tra i loro preferiti, ed anche tutti coloro che hanno anche solo letto. Ringrazio tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa fic.
Adesso vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente ^O^

Sakura


Capitolo I: Tra i fiori di ciliegio

Camminava lentamente guardandosi intorno incuriosito. Si trovava in un prato enorme, l’erba gli solleticava piacevolmente i piedi nudi, ed era circondato da una fitta distesa di alberi di ciliegio in fiore. Il sole, che si stava abbassando sull’orizzonte, sembrava aprirsi come un’enorme arancia sanguigna. Delicati petali rosati danzavano elegantemente nel vento della sera, impregnando l’aria con il loro odore dolce.
Kaede sollevò il volto verso l’albero più vicino: non ricordava com’è arrivato lì…
Avrebbe voluto dire che quel posto era bellissimo, ma c’era qualcosa di stonato in quel paesaggio da favola. Percepiva come una strana sensazione di fittizio, come se quegli alberi adornati come tante spose, in realtà celassero un segreto oscuro ed inconfessabile. Sollevò pigramente una mano raccogliendo nel palmo uno dei petali rosati, e ne osservò il contrasto con la sua pelle eburnea. Da quando, quand’era bambino, sua madre gli aveva raccontato quella leggenda, Kaede aveva sempre provato un forte senso di inquietudine verso i ciliegi.
- Non sono bellissimi?- gli chiese all’improvviso una voce familiare.
Si volse di scatto, preso alla sprovvista, e, da dietro il tronco sottile di un ciliegio, vide sbucare la figura solida di Hanamichi Sakuragi. Kaede fece scorrere lo sguardo su di lui, che se ne stava mollemente appoggiato al tronco, puntellandosi con l’avambraccio: indossava solo una t-shirt bianca che evidenziava il suo torace perfetto ed esaltava il colore brunito della sua pelle, ed un paio di jeans sdruciti che fasciavano le sue gambe tornite. I capelli, per una volta privi del gel con cui si intestardiva ad arruffarli ogni giorno, gli ricadevano in morbidi ciuffi lisci sulla fronte, le orecchie e la nuca. Una folata lo investì in pieno, sollevando le sue ciocche rosse, facendole vorticare, insieme ai petali di ciliegio, a mezz’aria per qualche istante, come lingue di fuoco nella luce insanguinata del tramonto.
Kaede deglutì a vuoto nel disperato tentativo di sciogliere il nodo che gli aveva serrato la gola.
Era bello. Bellissimo.
Tanto da mozzare il respiro in gola e divorare la ragione.
Sorridendo felino, Sakuragi si staccò dal tronco cui era poggiato e, a passi lenti, si avvicinò al suo compagno di squadra. Kaede non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle iridi color nocciola, animate di riflessi dorati dal sole morente.
Hanamichi si fermò accanto a lui, con le mani infilate nelle tasche dei jeans, e sollevò uno sguardo dolce e nostalgico sull’albero accanto a loro, dal quale scendeva una fitta pioggia di petali.
- Ho sempre amato i fiori di ciliegio, sai? – la sua voce era bassa e roca, si infiltrava sotto la pelle di Kaede per poi scorrere elettrica lungo la sua colonna vertebrale – Perché la loro bellezza sta nella fragilità, nell’effimerità della loro esistenza. Fioriscono per un breve periodo prima di lasciare spazio ai frutti, ed allora esplodono in una bellezza che incanta chiunque posi lo sguardo su di loro. Anche se vivono per poco tempo, lasciano una traccia perenne in chi li osserva. Ed in questo assomigliano molto agli essere umani, no?! Si affannano per vivere al meglio i pochi anni di giovinezza concessi loro, prima che sfioriscano e lascino il posto ad altri più giovani. Gli esseri umani fanno di tutto per lasciare un segno della loro presenza, anche in una sola persona, perché solo allora si è certi che si è vissuto davvero, che è valsa la pena di vivere. È questa l’essenza vera della vita. – uno strano sorriso schiuse le labbra del ragazzo.
Kaede osservava sorpreso il ragazzo dai capelli rossi. Da quando lo conosceva mai lo aveva sentito parlare in quel modo così profondo, che toccava l’anima facendola vibrare. Quello che gli stava davanti era davvero il suo dohao casinista ed allegro?
Con movimenti tanto lenti quanto sensuali, Hanamichi abbassò la testa, riportando lo sguardo sul volto bellissimo di Kaede, imprigionando ancora una volta le sue iridi blu, profonde come il mare, con le proprie. Il sorriso sulle labbra del rossino si ampliò assumendo una sfumatura sensuale ed irresistibile.
Sollevò un braccio, avvolgendolo attorno alle spalle di Kaede, trascinandolo contro di sé, stringendoselo possessivamente contro e poggiandogli il palmo della mano sulla guancia. L’altro lo avvolse intorno alla sua vita, stringendogli forte la mano sul fianco, imprigionandolo nel suo abbraccio per impedirgli di allontanarsi. Un lampo dolcemente divertito attraversò lo sguardo di Hanamichi mentre avvicinava il volto a quello dell’altro, sentendo i palmi delle mani dell’altro poggiati appena contro il proprio petto.
- Sei tu la persona in cui voglio lasciare una traccia. La persona che aspetto da troppo tempo, l’unica che potrei mai amare!- sussurrò languido sulle sue labbra, prima di annullare la distanza tra loro e baciare quelle labbra schiuse e morbide.
Kaede, sentendo la bocca di Hanamichi che cercava la propria, si lasciò andare del tutto, abbandonandosi calore di quel corpo che sembrava sciogliere il proprio, immergendosi nell’odore di ciliegio che assediava i suoi sensi, lasciando che tutto quanto divenisse Hanamichi…

Rukawa spalancò gli occhi di scatto, come se lo avessero colpito con una secchiata d’acqua gelata. Si guardò intorno confuso, ritrovandosi nuovamente nella sua camera. Sollevò la testa quel tanto che gli consentisse di guardare sotto le lenzuola scostate, trovando un familiare turgore nei suoi pantaloni. Si lasciò ricadere nuovamente sul cuscino sbuffando sonoramente.
Sembrava una liceale alla sua prima cotta!
Possibile che quel doaho dovesse infestare così i suoi sogni, riducendolo in quello stato pietoso? La testa rossa era stato il protagonista indiscusso dei suoi sogni fin dalla prima volta che lo aveva visto, ma aveva creduto che ora che stavano insieme le cose migliorassero…
… Invece stava peggio di prima! Sentiva continuamente le sue dita percorrere il suo corpo in lievi carezze che ne incendiavano la pelle, i suoi baci umidi che trasformavano i suoi muscoli in ammassi tremolanti…
Nascose il volto con l’avambraccio.
Hanamichi Sakuragi era diventato il centro esatto dei suoi pensieri, quanto e più del basket.
Sibilò tra i denti, sentendo l’eccitazione scorrere come acido nelle sue vene. Possibile che la sua assenza gli incendiasse i sensi di anticipazione in quel modo così prepotente?
Scostò il braccio e lanciò un’occhiata frustrata alla sveglia sul comodino, imprecando poi furiosamente: non aveva tempo, il pullman per il ritiro sarebbe partito di lì a poco! Grazie a quella testa rossa anche quella mattina sarebbe stato costretto a farsi una doccia gelata per calmarsi!
Scalciò via le coperte, per poi alzarsi ed infilarsi nel bagno. Guardò il box doccia come se fosse uno degli avversari che affrontava in partita, prima di sospirare esasperato ed infilarsi sotto il getto d’acqua gelato.
Come si era ridotto per un doaho! Pensò furioso mentre sentiva il contrasto tra il suo corpo accaldato ed il freddo dell’acqua tagliargli la pelle.
Quando riuscì finalmente a scendere in cucina, già vestito con la divisa dello Shohoku, sua madre fissò perplessa il suo colorito ancora più pallido e le labbra livide.
- Kaede tutto bene?- gli chiese avvicinandosi per tastargli la fronte.
- Hn!- rispose come al solito scostandosi da quel contatto.
- Kaede hai una brutta cera! – lo riprese la madre – E se hai la febbre tu al ritiro non ci vai!- specificò poggiandosi le mani sui fianchi.
- Hn! Sto bene!- borbottò il figlio dandogli le spalle e dirigendosi verso il frigo.
Rukawa aprì l’anta e prese un cartone dal quale bevve direttamente un lunga sorsata di latte, prima di rimetterlo a posto e dirigersi verso l’ingresso.
- Possibile che debba avere un figlio tanto incivile?! Kaede per tua norma e regola esistono i bicchieri!- lo riprese ancora seguendolo.
Il figlio nemmeno le rispose mentre si caricava la sacca da palestra sulle spalle ed usciva di casa. La donna sbottò qualcosa esasperata, prima di ritornare in cucina.

Rukawa pedalava nell’aria primaverile, senza fermarsi a guardare le chiome fiorite dei ciliegi che costeggiavano, mentre il senso di inquietudine che quel sogno aveva lasciato dentro di lui, tornava a pulsare nelle sue viscere.
In piedi davanti al solito incrocio, scorse la figura imponente di Hanamichi, che, rilassato e sereno, osservava, con la stessa, strana espressione che aveva assunto nel suo sogno, un albero di ciliegio che spuntava dal muro di cinta dell’abitazione di fronte.
E quell’inspiegabile senso di ansia tornò a dibattersi dentro Rukawa.
Quando Hanamichi notò il suo arrivo, si volse verso di lui e, per un istante, le sue iridi brillarono dorate nella luce del primo mattino, facendo fremere il moro.
- Finalmente! Credevo che stessi ancora beatamente ronfando, Kit!- lo accolse come al solito.
Ma le sue labbra erano schiuse in quel sorriso ampio e dolce, vero, che nascondeva a tutti sotto le buffe smorfie del tensai, che riservava solo a quelle poche persone di cui si fidava veramente. Quel sorriso che aveva illuminato come un secondo sole la vita di Rukawa e che lo aveva fatto innamorare all’istante di quella testa rossa.
- Hn!- quello era il suo buongiorno.
Ma Hanamichi non accolse quella provocazione, non quella mattina in cui il suo Kaede era, se possibile, ancora più bello del solito, circondato com’era da una pioggia di petali di ciliegio, che sembravano avere la sua stessa delicata eleganza.
Con le labbra ancora piegate in un sorriso, si avvicinò al suo fidanzato, poggiandogli una mano sulla spalla e tirandolo verso di sé. Piano, assaporando ogni centimetro guadagnato, Hanamichi avvicinò il proprio volto a quello del suo volpino. Le sue labbra stavano sfiorando quelle del proprio compagno, quando Kaede sentì il proprio corpo incendiarsi, reagire immediatamente alla presenza dell’altro, il desiderio di quelle labbra ingigantirsi fino ad offuscargli la mente. Ed a lui non piaceva perdere il controllo delle proprie azioni.
- Smettila doaho, altrimenti arriveremo in ritardo!- lo riprese allontanando da sé il compagno con una gomitata.
Rukawa riprese a pedalare sentendo bruciare sulle labbra la mancanza del bacio di Hanamichi.

Per il ritiro della squadra, Anzai aveva prenotato in una piccola pensione in montagna, in una località che non ricadeva nel circuito turistico e quindi era abbastanza appartata, l’ideale per la loro concentrazione.
Grazie all’attenta sorveglianza di Akagi ed Ayako il viaggio era stato tranquillo, quasi noioso. Quando scesero dal pullman, i ragazzi si trovarono in un enorme spiazzo quadrangolare, con il prato perfettamente curato e rasato, e circondato da alberi di ciliegio in fiore piantati ad intervalli regolari. Rukawa strinse i denti, infastidito dall’odore dolciastro che impregnava l’aria e da quel senso d’urgenza che gli solleticava la gola alla loro vista. Hanamichi era accanto a lui, una presenza solida e sicura, che riusciva a calmare la sua inquietudine.
- Che meraviglia! – esclamò Ayako mentre si guardava intorno estasiata – La conoscete voi la leggenda degli alberi di ciliegio? – siccome non ricevette una risposta continuò – Si dice che in origine il colore dei fiori di ciliegio fosse bianco, ma un imperatore ordinò che sotto di essi fossero sepolti i soldati morti i battagli ed allora, assorbendo il loro sangue con le radici, i petali mutarono il loro colore in rosa.- .
Rukawa aveva ascoltato il racconto della manager e ad ogni parola, la sua inquietudine si era trasformata in un forte senso di fastidio. Con la coda dell’occhio si voltò a cercare lo sguardo del suo compagno, e, come ogni volta, lo trovò su di sé, mentre lo avvolgeva con quel colore nocciola caldo e denso, che gli penetrava sottopelle facendogli battere il cuore più veloce. Quel colore lo incantava, lo imprigionava e non gli lasciava alcuna possibilità di fuga.
- Quando voi due avrete smesso di fissarvi incantati, ci fareste il piacere di raggiungerci?- tuonò la voce sarcastica del capitano dall’ingresso della pensione, facendo scoppiare a ridere tutti gli altri.
Rukawa ritornò in sé e, resosi conto di quanto accaduto, si allontanò velocemente dal rossino: quel ragazzo gli sconvolgeva la mente, gli faceva fare cose che mai avrebbe pensato di fare e questo era deleterio per lui.
- Accidenti a te Gorilla! Dovevi interromperci proprio adesso?- piagnucolò Hanamichi mentre lo superava e raggiungeva la pensione.

Kaede…
C’era odore di fiori di ciliegio lì.
Kaede…
Un odore così denso e forte che lo stordiva e gli intorpidiva i sensi. Avrebbe voluto muoversi, ma riusciva soltanto ad ascoltare quella voce dolce che chiamava il suo nome.
Kaede…
Chi era? Perché lo chiamava? Se fosse riuscito ad aprire gli occhi forse avrebbe capito, ma le palpebre erano così pesanti…
Kaede…
Concentrò tutta la sua forza e sentì i muscoli delle palpebre muoversi, poi una lama di luce gli ferì lo sguardo…

Riaprì gli occhi e la prima cosa che Rukawa vide fu il volto di Hanamichi chinato sul proprio.
- Tutto bene volpaccia?- gli chiese il rossino nascondendo a malapena il tono preoccupato della sua voce.
- Hn! Perché?- chiese mentre si metteva a sedere sul futon.
- Niente. Ti agitavi nel sonno.- spiegò l’altro accucciandosi davanti a lui.
- Un incubo…- borbottò passandosi una mano sulla fronte.
Rukawa non riusciva più a capire. Il comportamento del doaho lo destabilizzava. Non si comportava come il casinista ingenuo che aveva imparato ad amare, il ragazzo con cui aveva avuto a che fare quel giorno era diverso, come se dentro di lui ci fosse qualcosa di trattenuto, un’eco lontana e malinconica. Ogni volta che incrociava lo sguardo di Hanamichi sentiva come se stesse per scivolargli via dalle dita e, questo, in uno modo ancora confuso, lo rendeva instabile.
- Hai sognato i ciliegi vero?- ed Hanamichi rise dello sguardo sorpreso che il compagno aveva alzato su di lui.
Una risata felina, che vibrò un attimo nell’aria, prima di sciogliersi incandescente sul ragazzo moro. Come faceva il doaho a sapere dei ciliegi? Lo vide gattonare verso di sé, fino a portarsi a pochi centimetri dal suo volto.
- Hai paura dei ciliegi, vero? Senti che c’è qualcosa di strano in loro, che sono troppo perfetti per essere veri, riesci ad intuire il segreto che nascondono, e ne provi timore.- sussurrò sulle sue labbra mentre lo stendeva sul futon.
- Hana…?- sospirò il volpino mentre sentiva il corpo forte del compagno stendersi su di lui.
Hanamichi ridisegnò la sua mandibola con una serie di umidi bacetti, risalendo fino all’orecchio.
- I ciliegi non possono farti del male, Kaede, sono solo dei simulacri che ricordano quanto sia onorevole morire in battaglia!- parlò direttamente nel suo orecchio, accarezzandone la pelle con le labbra ed il respiro.
Rukawa si inarcò gemendo appena, sentendo le mani di Hanamichi infilarsi sotto la maglia del suo pigiama e sfilarla. Le mani e la bocca del compagno percorrevano il suo torace nudo, tracciando sentieri che bruciavano come fuoco sulla sua pelle. Possibile che bastasse così poco perché il suo corpo si sciogliesse e si abbandonasse completamente a quella testa rossa?
I suoi gemiti si fecero più alti quando Hanamichi gli sfilò il pantalone ed i boxer, carezzando con le mani ben aperte quanta più pelle possibile delle sue gambe, allargandole, facendogli sciabordare tanti piccoli brividi sottopelle. La testa di Hanamichi scivolò tra le sue gambe e Kaede dovette premersi una mano sulla bocca per evitare di urlare con tutta la sua voce, sentendo il calore umido di quella bocca chiuso su di lui e la lieve carezza delle ciocche dei suoi capelli che scivolavano sulla pelle sensibile delle sue cosce e del suo inguine.
Sentì la sua ragione defluire rapidamente e Kaede divenne un recettore di tutte le sensazioni che Hanamichi scatenava dentro di lui. Per questo urlò e si inarcò più forte quando la testa rossa del compagno scese ancora più in basso per prepararlo.
Hanamichi si tirò indietro, sedendosi sul letto, e portando con sé Kaede. Facendolo sedere su di sé lo penetrò. Il ragazzo moro chiuse gli occhi, cercando di seguire le ondate di piacere che l’altro gli provocava, seguendolo e cercandolo con il proprio corpo, aggrappandosi a lui per non perdersi completamente. Poi qualcosa di morbido e vellutato gli scivolò lungo la guancia, Kaede aprì gli occhi ritrovandosi, incredibilmente, nel prato che aveva sognato la notte precedente, due alberi di ciliegio lo sovrastavano mentre le loro chiome frusciavano nel sospiro del vento.
- Ma cosa…?- domandò guardandosi intorno in cerca di una spiegazione.
- Non avere paura!- la voce roca e densa di Hanamichi richiamò la sua attenzione.
Kaede abbassò lo sguardo, incrociando nuovamente quelle iridi dorate e quell’espressione ferina, che aveva caratterizzato l’Hanamichi del suo sogno. Il ragazzo dai capelli rossi spinse dentro di lui, squassandolo fin dentro le viscere, strappandogli un forte gemito. E Kaede si strinse maggiormente al suo corpo forte, abbracciandogli le spalle muscolose ed abbrancandogli la vita con le proprie gambe.
- I fiori di ciliegio sono come te, Kaede. – Hanamichi disegnò con la lingua una lunga striscia umida sul suo petto – Sei così bello, dolce e delicato da sembrare irreale, Kaede. Ogni volta che ti stringo tra le braccia mi sembra sempre di essere in un sogno, ed allora temo l’arrivo del mattino perché allora dovrò svegliarmi ed ho sempre paura di non trovarti al mio fianco!- .
Hanamichi si spinse in avanti, fino a stendere Kaede sul prato, portandosi su di lui ed avvolgendolo completamente con il proprio corpo.
- Ti amo Kaede, nemmeno puoi immaginare quanto!- bisbigliò Hanamichi sulle sue labbra prima di baciarlo.
E Kaede si lasciò andare definitivamente, dimenticando la situazione irreale in cui si trovava, l’erba che gli solleticava il collo e la schiena, ed i petali di ciliegio che vorticavano nell’aria prima di cadere leggeri su di loro, concentrandosi solo sul corpo di Hanamichi sopra e dentro di lui, sulle sue mani e sulla sua bocca che vagavano bollenti sulla sua pelle senza mai concedergli requie.