Capitolo 3:
L’ultimo pezzo del puzzle


La testimone chiuse la porta con un gesto brusco, quasi sbattendola loro in faccia, indispettita dalle domande invadenti che avevano dovuto porle. Liquidarono la questione con una diplomatica alzata di spalle, ormai ampiamente abituati ad essere trattati in quel modo, si scambiarono uno sguardo in tralice sorridendo divertiti e ritornarono verso la loro auto, camminando spalla contro spalla sul vialetto ricoperto di ghiaia. Adoravano quella complicità che pian piano, anno dopo anno, si era intessuta tra loro, come un pregiato arazzo dalle figure delicatamente ricamate, pezzo unico al mondo e per questo dal valore inestimabile. Danny osservava di sottecchi l’espressione di Martin cercando di intuire cosa stesse pensando in quel momento.
Gli ultimi mesi per lui erano stati un vero tormento, sempre in bilico tra dubbi e certezze fragili come cristallo, senza sapere davvero come affrontare la situazione in cui era caduto. Senza sapere come poter affrontare la situazione con Martin: era ragionevolmente certo di quello che provava, ma dentro di lui, accucciato in un cantuccio buio della sua mente, il tarlo del dubbio continuava a rosicchiarlo. E se si fosse sbagliato? Se avesse sbagliato ad interpretare i suoi sentimenti? Se non era lui quello che amava? Cosa avrebbe potuto fare allora? Avrebbe rischiato di compromettere tutto. Per fortuna Elena ancora non aveva deciso di tornare da lui, dandogli, così, tutto il tempo per riflettere. Aveva iniziato a studiare Martin, scrutando ed analizzando ogni suo gesto, ogni minima sfumatura della sua espressione. Si rendeva conto che la ragnatela che l’aveva imbrigliato stava diventando ogni giorno più stretta, che con quel modo di fare si stava incatenando da solo all’altro, eppure non poteva fare nient’altro. Martin era quello di sempre, serio, discreto e controllato, di tanto in tanto si concedeva una battuta o due, e sul lavoro era coscienzioso e preciso. Eppure non di rado lo aveva sorpreso ad osservarlo con uno strano sguardo nostalgico a velare l’azzurro dei suoi occhi; e spesso gli si avvicinava in modo guardingo, come se temesse di toccarlo e farsi toccare da lui. Alcuni atteggiamenti di Martin, che stava scoprendo in quelle settimane di studio accurato, sembravano confermare le sue supposizioni, ma non riusciva mai a cogliere l’indizio decisivo per farsi avanti. Cosa accidenti nascondevano quelle incredibili iridi azzurre? Stava diventando matto! Un secondo erano azzurre e limpide, mostravano tutto quello che provava, il secondo successivo erano grigie e dure come acciaio, impenetrabili ed inquietanti. Si chiese come non avesse mai notato la particolarità di quegli occhi. In quel momento il volto di Martin era disteso, rilassato, come se tutta andasse bene. Il suo sguardo era di un azzurro pulito che sembrava tutt’uno con il colore terso di quel cielo primaverile. Iniziava a sentirsi un po’ preso in giro, lui che si tormentava incessantemente sui suoi sentimenti senza venire a capo di niente. Martin gli piaceva, e molto anche, ma non sapeva che nome dare a quel sentimento, non ancora. Sapeva che era dentro di lui da chissà quanto, ben radicato, e che difficilmente sarebbe andata via, ma, nonostante tutto, ancora non era completamente certo della sua natura.
Vide Martin estrarre le chiavi dell’auto e sorrise, con un gesto fulmineo gliele sfilò.
- Guido io stavolta!- ghignò guadagnando il posto di guida.
- Testamento l’ho già fatto!- rispose teatralmente l’altro stando allo scherzo.
- Vorresti insinuare che non guido bene?- Danny si fermò a fronteggiare l’amico con le mani sui fianchi ed un finto cipiglio arrabbiato.
- Non insinuo, affermo!- rispose Martin con uno sguardo di sfida mentre aggirava l’auto.
- Uomo di poca fede! Ti farò ricredere, vedrai!- lo minacciò puntandogli l’indice contro.
- Vedremo!- celiò l’altro agente prima di aprire la portiera e sedersi al posto del passeggero.
Danny ridacchiò divertito mentre saliva a sua volta sull’auto: adorava quegli scambi di battute tra lui e Martin, gli dava la sensazione di essere legato a lui, di avere un rapporto esclusivo con lui, di cui nessun altro poteva farne parte. Era un gioco solo loro, non apparteneva a nessun altro.
Stavano discutendo oziosamente del caso, mentre attendevano lo snellimento del traffico all’incrocio, quando il cellulare di Martin squillò. Danny si trattenne dal commentare la ridicola canzoncina che aveva per suoneria, fulminato dallo sguardo ammonitore dell’amico, ma si concesse ugualmente un ghigno sarcastico.
- Pronto? – chiese senza guardare il numero sul display – Emily!- esclamò entusiasta mentre un ampio sorriso gli si schiudeva sul volto.
Sentendo quel nome femminile sulle labbra di Martin, Danny si sentì fremere di inspiegabile fastidio, e la presa delle sue mani sul volante si fece così salda che le nocche sbiancarono.
- No, non disturbi affatto! Dimmi! … Per pranzo? No, non credo di farcela, sono ancora per strada, facciamo per cena? … Ok! Allora ci vediamo stasera! Ciao tesoro!- ed il sorriso sulle labbra di Martin divenne insostenibilmente dolce.
Martin a cena con una donna sconosciuta. Danny scoprì che la cosa non gli piaceva affatto, che lo irritava in un modo che non aveva mai sperimentato prima. Dentro di lui cresceva il desiderio di impedirgli di andare. Serrò i denti sotto le labbra tirate: avrebbe voluto lui stesso essere al posto di quella Emily!
Ciò che provava, per Danny stava diventando un peso insostenibile, era sempre li ad opprimergli l’anima. Non sapeva se era amore o solo desiderio, ma voleva l’amico per sé. Voleva che Martin guardasse solo lui, che pensasse solo a lui, che pronunciasse solo il suo nome. Voleva essere l’unico abitante del cuore di Martin. Voleva cancellare quella Emily dalla faccia del pianeta, dai pensieri di Martin; voleva che di lei non rimanesse nemmeno il ricordo. Incattivito dai suoi stessi pensieri, Danny si chiuse per il resto del tragitto in un ostinato mutismo, lasciando cadere a vuoto tutti i tentativi di conversare dell’amico, consapevole che se solo avesse aperto bocca avrebbe detto qualcosa di spiacevole, riversando su di lui tutta la rabbia che stava provando in quel momento, ferendolo irrimediabilmente e pentendosene subito dopo.

Era sera ormai e l’Ufficio Persone Scomparse si era quasi completamente svuotato. Erano rimasti solo Martin, Danny e Samantha: avevano ritrovato la ragazza scomparsa ed ora restava solo da sbrigare le ultime pratiche. Vivian era andata a casa desiderosa di passare un po’ di tempo con la propria famiglia, mentre Jack era ancora dal procuratore per la sua deposizione sul caso. Martin tamburellava nervosamente con le dita sul ripiano della scrivania, incapace di concentrarsi sul proprio rapporto, mentre osservava corrucciato la schiena di Danny curvata in avanti. Non riusciva a comprendere il comportamento che aveva tenuto quel giorno: era completamente incomprensibile! Aveva scherzato tranquillamente per tutta la mattinata ed all’improvviso si era adombrato e non aveva più parlato, rifiutandosi persino di guardarlo e rispondendo con stentati monosillabi solo quando era strettamente necessario. Anche gli altri si erano resi conto del suo pericoloso stato d’animo e, di comune accordo, avevano deciso di lasciarlo in pace fino a che non si fosse calmato. Rammentava un’altra volta in cui lo aveva visto in quello stato, quando, alterato dai sedativi che prendeva di nascosto, aveva agito da solo, rischiando di far uccidere il bambino sequestrato e se stesso. Danny aveva compreso subito cosa non andasse in lui e, dopo varie ore di furioso silenzio, era esploso e l’aveva affrontato a muso duro, sbattendogli in faccia quella realtà che non voleva in alcun modo accettare. Quell’attesa lo snervava! Voleva sapere subito cosa lo avesse irritato a quel modo e prendere le adeguate contromisure per farlo tornare in sé. Non gli piaceva quel Danny scontroso, pronto a scattare da un momento all’altro, come un ordigno sul punto di deflagrare. A lui piaceva il Danny scherzoso ed allegro, quello che lo guardava con i suoi occhi neri lucenti di furbizia e divertimento, e le labbra schiuse dal suo tipico sorriso malandrino. Quello non era il Danny di cui si era innamorato, l’amico con cui aveva diviso tutti quegli anni di lavoro.
Uno degli agenti di guardia si avvicinò alla scrivania di Martin, interrompendo i suoi pensieri.
- Agente Fitzgeral c’è una persona che chiede di lei, la lascio passare?- gli chiese.
Immaginando chi fosse, Martin annuì e poco dopo nell’ufficio fece il suo ingresso una donna giovane e dall’aspetto molto grazioso.
- Emily!- la salutò felice lui sollevandosi in piedi e aprendo le braccia in un tacito invito.
La ragazza sorrise e lo abbracciò forte. Danny a quella vista strinse la mani a pugno così forte da trapassarsi i palmi con le unghie. Quando finalmente si allontanarono fece scorrere uno sguardo di sufficienza su di lei. A malincuore dovette ammettere che era molto carina ed estremamente elegante. I capelli lisci e biondi erano tenuti in morbido chignon, che lasciava libere alcune ciocche ai lati del volto delicato e sul collo. Gli occhi verdi erano schermati dalle lenti senza montatura di occhiali da vista. Indossava un tailleur blu dal taglio sobrio ma raffinato, e le decolté dal tacco alto ma non vertiginoso, slanciavano la sua figura esaltandola. Una donna come quella avrebbe interessato anche lui, se solo non ci fosse stato Martin di mezzo.
- Sei pronto? Ho prenotato allo Shan!- la sua voce era bassa e musicale, e quel sorriso che aveva schiuso le sue labbra rosse e piene, avrebbe fatto innamorare qualunque uomo.
- Accidenti! Ma sei sicura? Quel ristorante e costosissimo!- chiese lui imbarazzato.
- Tutto per il mio caro Martin!- Emily sorrise e gli carezzò una guancia.
Danny strinse così forte la matita che aveva in pugno, da spezzarla a metà, alcune schegge gli si piantarono dolorosamente nella pelle. Martin stava indossando il suo spolverino nero quando una voce li interruppe.
- Non ci presenti la tua amica, Martin?- chiese Samantha con un tono di voce fin troppo casuale.
Stava in piedi davanti alla scrivania, le braccia incrociate al petto ed un tenue livore a velarle lo sguardo. La loro storia era finita da tempo e non si era chiusa bene, erano rimasti buoni amici e colleghi, ma una sottile ruggine tra loro permaneva comunque, appena visibile in alcuni piccoli gesti che si scambiavano. Era consapevole di essere stata la causa della loro rottura e di aver causato a Martin molto dolore, ma ugualmente non aveva potuto impedirsi di ferirlo: come aveva potuto credere di poter amarlo nel chiuso delle loro case e di liberarsi di quel sentimento ogni volta che entrava in ufficio? Era stata un sciocca, ma aveva avuto paura. Non degli affari interni come pensava Martin, non solo almeno, ma di quello che avrebbe potuto pensare di lei Jack. Si sarebbe arrabbiato o sarebbe stato contento per lei? Solo quando Martin l’aveva lasciata, stanco di tutte le sue paranoie e di sentirsi sempre allontanato, aveva compreso cosa avesse perduto in realtà. Sapeva di non poter più tornare indietro ed avanzare alcun diritto su di lui, ma doveva ad ogni costo sapere chi era quella ragazza bionda, se era la sua nuova fidanzata.
- Mi chiamo Emily Cooper! Sono un avvocato e faccio parte dello staff del procuratore distrettuale!- rispose lei cordialmente, tendendole la mano.
Samantha la scrutò per alcuni istanti con le sopracciglia sollevate, prima di ricambiare la stretta e presentarsi a sua volta. Era troppo gentile, troppo amichevole, troppo bella… Troppo perfetta! E non le piaceva!
Emily piegò il braccio per leggere l’ora sull’orologio da polso.
- Mi dispiace ma dobbiamo andare, stiamo facendo veramente tardi!- disse guardando Samantha davvero rattristata.
- Allora andiamo: io sono pronto!- rispose Martin passandole una braccio attorno alla vita per poi poggiarle la mano sul fianco, in un atteggiamento fin troppo intimo.
- Piacere di avervi conosciuto!- si congedò chinando appena la testa in un gesto estremamente grazioso.
Danny li osservò andare via insieme scuro in volto, la rabbia e la gelosia che montavano dentro di lui come le onde dell’Oceano nel bel mezzo di una tempesta. Vide Martin sussurrare qualcosa all’orecchio della ragazza ed Emily scoppiare a ridere, prima che le ante metalliche dell’ascensore si chiudessero celandoli alla sua vista. Erano proprio una bella coppia, così affiatati ed in confidenza, doveva ammetterlo. Una grande tristezza si sciolse nel corpo di Danny premendo dolorosamente sulla sua anima. Era arrivato tardi. Si era nascosto cercando di capire, di non scoprirsi per primo per paura di scottarsi, ed alla fine aveva perso tutto. Ma come poteva proprio lui biasimare Martin? Non aveva mai fatto mistero di provare qualcosa per Elena, quindi perché avrebbe dovuto biasimarlo se per dimenticarlo avesse deciso di uscire con una bella donna? Ricordava bene quanto dolore avesse impregnato la voce di Martin mentre pronunciava quelle poche parole durante la sua dichiarazione…
… perché avrebbe dovuto costringerlo a soffrire ancora? Per un suo egoistico desiderio di possesso?
Si prese la testa tra le mani sentendosi improvvisamente male.
Dove avrebbe trovato la forza ed il coraggio per farsi da parte?

Danny era appoggiato mollemente alla balaustra di marmo del terrazzo che correva lungo tutto l’ultimo piano del palazzo governativo del FBI. Il cielo era coperto da un orizzonte all’altro da una coltre di spesse nuvole colore dell’acciaio, che lasciavano filtrare solo una luce lattiginosa che offuscava tutto. L’aria era afosa ed appiccicosa, toglieva il respiro dai polmoni. Il tempo sembrava dilatatosi all’infinito in quell’atmosfera apatica. Quel clima uggioso contribuiva a peggiorare il suo umore già pessimo.
In quell’ultima settimana Emily Cooper era venuta praticamente tutte le sere a prendere Martin, con la scusa di andare a mangiare fuori. Ed ogni volta sembravano sempre più degli sposini in luna di miele, pensò storcendo le labbra in una smorfia infastidita. Capita l’antifona, dopo le prime sere, aveva fatto in modo di non farsi mai trovare alla sua scrivania; anche se, però, per quanto facesse non riusciva a mai sfuggire ai pettegolezzi di Vivian e Samantha, sembrava che le sue orecchie si trasformassero improvvisamente in un paio di radar costruiti appositamente per captare qualsiasi notizia su loro due. In quei momenti sentiva il disperato bisogno di urlare loro di stare zitte. Doveva allontanarsi per non aggredirle davvero.
Faceva male, dannazione! Così male da desiderare di trasformarsi in pietra per non provare più quel dolore! Era questo che provava Martin ogni volta che lo vedeva in compagnia di Elena? Era quel dolore che gli aveva cagionato? In quel momento desiderò di essersi accorto immediatamente dei sentimenti dell’amico per lui, di non essere mai scappato, sicuramente si sarebbero evitati molte sofferenze a vicenda.
- La disturbo se resto un po’ qui con lei?- una morbida voce femminile, conosciuta e temuta, lo sorprese.
Danny, spaventato, si girò di scatto ritrovandosi ad osservare gli occhi verde veleno e il sorriso dolce di Emily Cooper. Quel giorno portava i capelli sciolti sulle spalle sottile che le davano un’aria ancora più deliziosa. Come avrebbe potuto lui, un uomo, compere con una donna simile? Si impose di stare calmo e di ricacciare indietro tutta la sua ostilità: non avrebbe ricavato nulla ad attaccare quella donna, si sarebbe messo solo contro il suo Martin.
- Affatto!- rispose distrattamente guardando il nulla davanti a sé.
Emily si poggiò con la schiena contro la ringhiera, di spalle al cielo, prese un pacchetto dalla borsa e si portò una sigaretta alle labbra. La accese e prese una boccata. Possibile che fosse così sensuale anche compiendo i gesti più semplici? Si volse verso l’agente che la stava fissando di sottecchi.
- Non lo dica a Martin: lui non vuole che io fumi!- disse ed un lampo divertito illuminò per un istante il verde dei suoi occhi.
Danny strinse maggiormente i pugni sentendo con quanta familiarità avesse pronunciato il nome del collega.
- È da tanto che state insieme?- non poté esimersi di chiedere.
Emily sollevò un sopracciglio confusa.
- Insieme? In che senso?- .
Danny digrignò i denti irritato: voleva prenderlo in giro per caso?
- Come ‘in che senso’?! Nel senso di coppia, fidanzati…- sbottò.
- Lei crede che io e Martin…?- e scoppiò a ridere.
L’agente ascoltò confuso quella risata argentina riempire l’aria, non riuscendo a capire a cosa fosse dovuta tanta ilarità e sentendosi leggermente offeso.
Emily poggiò il fianco destro contro la pietra e lo fissò cercando di trattenere la propria ilarità.
- Io e Martin siamo cugini!- gli spiegò con un ghigno.
Danny sulle prime non comprese il senso di quelle parole, troppo sorpreso per fare qualsiasi cosa, fosse anche pensare.
- Cugini?- ripeté incredulo, sentendo un peso scivolare via dalla sua anima.
- Mia madre e suo padre sono fratelli. – prese un’altra boccata di fumo – Io e Martin abbiamo la stessa età, siamo praticamente cresciuti insieme. Abbiamo sempre cercato di aiutarci a vicenda. In effetti più che cugini ci consideriamo come dei fratelli. Ultimamente vengo spesso qui perché Martin sta soffrendo molto ed ha bisogno di un sostegno morale!- un velo di rabbia e tristezza le oscurò gli occhi.
- Sta soffrendo?- lui l’aveva studiato a lungo ma non ha mai notato nulla.
Emily leggendo la sorpresa sul volto dell’altro sorrise comprensiva.
- Martin è un ottimo attore, ha dovuto imparare ad esserlo per sopravvivere allo zio. Comunque non si tratta di lui, non questa volta almeno. Martin si è innamorato. All’inizio credevo che fosse una semplice infatuazione, una cotta che sarebbe passata nel giro di qualche mese, ma la faccenda è molto più complessa. Ammetto di aver sottovalutato la situazione.- concluse pensierosa come se stesse parlando con se stessa più che con lui.
Quelle parole trapassarono Danny come una salva di proiettili sparati a bruciapelo. Si sentì così male che dovette reggersi alla ringhiera per non cadere. Si sentì spezzare a metà. Avvertì come se una mano gelida gli avesse afferrato le viscere nel pugno e gliele stesse stritolando.
- E lei chi è?- chiese cercando di portare avanti quella conversazione.
Per uno strano desiderio masochista Danny doveva sapere chi fosse la donna che osava fare del male ad una persona come Martin. Emily lo scrutò a lungo con quegli occhi verdi, come se stesse decidendo se potesse fidarsi di lui.
- In realtà è un lui. – la sua voce era un sussurro così lieve che le si spense sulle labbra – E’ un suo collega.- .
Danny rimase pietrificato nella sua posizione, non sapeva più quale parte del corpo gli facesse più male, si sentiva come se decine di aghi incandescenti lo avessero infilzato. Una strana ansia gli correva sottopelle insieme ad una piccola scintilla di speranza, elettrizzandogli tutto il corpo. Strinse forte le mani l’una con l’altra per nascondere il proprio tremore.
- Non ci ha mai detto niente…- .
- Beh, cose come queste potrebbero troncargli all’istante la carriera. Non avrei dovuto nemmeno parlarne con tanta leggerezza… Ma voglio troppo bene a mio cugino e non ce la faccio più a vederlo in quello stato pietoso. Vorrei davvero poter fare qualcosa per lui. Sono anni che lo guarda da lontano tormentandosi, adesso deve anche sopportare la sua relazione con una collega. Povero Martin: si sta distruggendo con questo amore a senso unico! Gli ho detto che sarebbe meglio per lui chiedere un trasferimento, allontanarsi da lui, ma non ce la fa, ne è troppo innamorato anche se ci sta da cani. Ed intanto l’altro è felicemente fidanzato con un’altra. Confesso che sto iniziando ad odiarlo questo Danny Taylor!- .
- Danny… Taylor…?- balbettò l’interessato allibito.
Quello era tutto ciò che voleva sentir dire, tutto quello di cui aveva bisogno. Tutti i pezzi dentro di lui andarono al loro posto svelandogli la chiara e semplice verità, quella che non riusciva o, forse, più semplicemente, non voleva vedere.
Lui era innamorato di Martin. Martin era innamorato di lui.
Da sempre da mai. Un sentimento che si era portato sempre dentro, nascosto tra le pieghe della sua anima per paura di quello che avrebbe comportato. Un sentimento che forse aveva anche un po’ odiato perché gli aveva sbattuto in faccia la verità che forse lui non era ciò che aveva sempre pensato. Per questo lo aveva respinto, per l’illusione di una parvenza di normalità che gli avrebbe concesso amare una donna, e che gli sarebbe stata strappata impietosamente se avesse affrontato una relazione con Martin. Semplicemente aveva scelto la soluzione più facile per se stesso. Era solo scappato da se stesso.
Tanti suoi pensieri e comportamenti presero allora un senso, svelando il proprio significato recondito. Ora che aveva capito si sentiva tranquillo, in pace con se stesso, capace di mettersi in gioco. Ora si sentiva pronto ad abbracciare quel sentimento ed a viverlo, fino in fondo, immergendosi in esso.
- Lo conosce?- chiese la donna piegando il capo di lato, incuriosita dalla sua reazione.
- Più o meno…- rispose lui con un ghigno ambiguo.
Prima che lei potesse indagare più a fondo, Martin comparve sulla soglia della portafinestra.
- Emily mi dispiace averti fatto aspettare, ma ero impegnato con Jack!- le sorrise dispiaciuto.
- Non preoccuparti: il tuo collega è stato così gentile da farmi compagnia.- sorrise prima di abbracciarlo.
Martin corrugò la fronte preoccupato scorgendo oltre le spalle della cugina Danny in piedi poggiato alla ringhiera, il solito sorriso scanzonato era tornato finalmente sulle sue labbra: cosa si erano detti in sua assenza?
- Tua cugina è molto simpatica!- sorrise Danny.
L’altro inarcò le sopracciglia sorpreso: il collega aveva fatto di tutto per evitare di incontrare Emily, incupendosi appena veniva menzionata, ed ora diceva che era simpatica? Spostò uno sguardo perplesso sulla cugina, che gli sorrise innocentemente di rimando.
- Invece di startene li impalato a fissarmi, che ne dici di andare?- lo canzonò dolcemente Emily.
Martin batté più volte le palpebre disorientato come se si fosse appena svegliato.
- Si… si! Andiamo!- balbettò confuso.
- Vuole unirsi a noi?- chiese Emily a Danny.
L’agente sembrò sorpreso per un istante prima di risponderle.
- Mi piacerebbe, ma ho già un impegno!- sorrise cortese.
Notò immediatamente le iridi di Martin assumere una sfumatura grigio scuro, impenetrabile e gelida come metallo. Non gli piaceva vedere quelle iridi scurirsi, era un colore innaturale, lo inquietava.
Con un gesto brusco Martin girò su se stesso e, tirandosi dietro la cugina, rientrò in ufficio. Danny aveva un appuntamento! Sicuramente era con Elena. Aveva notato che i rapporti tra loro si erano raffreddati, aveva sperato che finalmente gli venisse concessa un’opportunità ed invece…
Ma cosa sperava? Cosa desiderava?
Lui era l’unico a tormentarsi per quell’amore. Era l’unico a soffrire per quell’amore. Era l’unico a desiderarlo!
A Danny non interessava niente di tutto quello! E come avrebbe potuto volerlo, quando aveva al suo fianco una donna come Elena?
Era quel pensiero a strappargli l’aria dai polmoni ed a stritolargli le viscere. Ad infrangerlo impietosamente.
Una mano sottile e calda si poggiò delicatamente sul suo braccio, attirando la sua attenzione, Martin i volse lentamente, nella speranza di poter riacquistare un minimo di controllo, ed incrociò le iridi verdi impensierite della cugina. Non era giusto farla preoccupare in quel modo, l’aveva già fatto fin troppo. Sovrappose la propria mano a quella di Emily e le sorrise per rassicurarla. Un sorriso mesto e sofferente che le fece ancora più male.

Non visto Danny arretrò fino a ritornare sulla balconata. Era la prima volta che osservava la sofferenza che si agitava costante sotto la maschera che Martin indossava quotidianamente. Come poteva amarlo in quel modo? Come poteva andare avanti in quel modo senza sbriciolarsi, senza crollare? Come poteva guardarlo in volto ogni giorno e fare finta di nulla? Come poteva soffocare la disperazione e sorridere? Come poteva sopportare di saperlo tra le braccia di un’altra donna? Da dove gli veniva una simile forza?
Lui non sarebbe mai riuscito a fare altrettanto, a comportarsi così normalmente per non far intuire niente a nessuno. Ora Danny era veramente consapevole della necessità di chiarire le cose con Elena, solo allora sarebbe potuto andare da Martin.
Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero della donna.
- Elena? Devo parlarti! È urgente.- .