NOTE: sempre nella mia serie naruhoshi, ‘Apocalisse’, sempre Gen X Soshiro. Nelle precedenti fic Gen e Soshiro aspettavano l’Apocalisse kaiju distraendosi a vicenda ed abbiamo Soshiro in debito con Gen per un orgasmo a due. Debito che Gen intende fargli saldare assolutamente anche se Soshiro non sembra della stessa idea. Ma forse basta l’arrivo della famosa Apocalisse che aspettano tanto, a fargli capire cosa vogliono davvero e cosa conta sul serio.
La fic è divisa in 2 parti, la seconda la metterò fra qualche giorno poiché è già pronta. Dopo di questa ci sarà una fic per chiudere la serie. La fic è a POV alternati dei due protagonisti. Il banner per presentare la fic è fatto con le fan art trovate in rete, non sono mie ma dei bravi autori che le hanno disegnate. Prendo solo in prestito. Per sapere quando pubblico e cosa scrivo, seguite la mia pagina su GB. Grazie a chi mi legge. Buona lettura. Baci Akane
INCIPT: “Così combatterò per questo. Per sopravvivere e per poterglielo dire; perché adesso siamo pronti, siamo maturi, adesso è ora.
E so che lui farà altrettanto.”
Gen e Soshiro sono ancora in sospeso, quando arriva l’allarme decisivo; si stuzzicano, giocano, si inseguono e scappano, ma alla fine solo quando il tempo finisce, capiscono cosa conta davvero e cosa vogliono. Riusciranno a realizzarlo?
1. MOTIVAZIONI
*Soshiro*
La verità è che da quando ho avuto quegli orgasmi con Gen, il lavoro con Numero 10 è migliorato molto, anche se non è minimamente sufficiente.
Insomma, se l’Apocalisse kaiju dovesse iniziare ora, non sarei pronto.
Come se non bastasse, oltre ai miei allenamenti e a quelli segreti con Kafka, devo anche sbrigare faccende burocratiche, pensare a strategie e organizzare cose che mi inchiodano ad una scrivania molto più di quel che vorrei. Nemmeno volendo ho tempo libero.
Il ricordo legato a Gen, il ricordo più assurdo della mia vita, risale a qualche giorno fa, ma sembra già mesi e la verità è che credo di sentirne il bisogno.
Certo, se questo idiota la smettesse di molestarmi per ricevere quello che secondo lui gli devo ancora, potrei forse andare oltre quello strano fatto. Potrei dimenticarlo od elaborarlo nel modo corretto.
Per esempio potrebbe solo essere una cosa casuale che mi ha scatenato istinti a cui non mi sono mai dato, cioè il sesso. Non ci ho mai pensato, non ho avuto tempo e senza provare non ne senti la necessità.
Adesso lui mi ha in qualche modo iniziato a quello e devo dire che è stato più bello di quel che avrei mai immaginato.
Il punto è che non riesco a chiudere la parentesi ed andare oltre, perché ogni volta che sto stronzo ha l’occasione, mi tormenta ricordandomi che gliene devo ancora uno, che non lo dimentica e che riscuoterà.
Come diavolo faccio a dimenticarmi di quella strana cosa? Come faccio a non pensarci più, come sarebbe giusto e sano per me?
Impossibile visto che appena mi incrocia, mi molesta in qualche modo. Lo preferivo prima, quando mi sputava veleno e voleva solo umiliarmi per sentirsi superiore: era più facile da affrontare.
Adesso è complicato, dannatamente complicato. Ed io, sinceramente, non so quanto riuscirò ad ignorarlo e controllarmi come ho sempre fatto.
Perché la verità è che mi è piaciuto.
Ma mi è piaciuto lo sfogo sessuale in sé o mi è piaciuto con lui?
Sono due differenze sottili e sostanziali ed io devo essere assolutamente certo di cosa si tratta, prima di agire in qualsiasi modo. Ma ora, sinceramente, non è che ho tempo per pensare a questo con un’Apocalisse letteralmente alle porte.
Appena la riunione di gruppo, l’ennesima di questi giorni, finisce, mi attardo qualche istante per radunare tutte le documentazioni che mi ero portato per avvalorare l’ennesima tesi e approvare una delle procedure che ritengo importanti. Non che mi ci voglia davvero così tanto tempo, ma l’aula riunioni si svuota velocemente. Intorno a me percepisco solo poche presenze. Resto seduto al mio banco facendo alcune telefonate di lavoro e mandando alcuni messaggi; solo dopo che ritengo d’aver finito tutto, una mano sbatte sul banchetto che per poco non si ribalta.
La forza è inconfondibile, ma si è anche trattenuto.
Sapendo perfettamente di chi si tratta prima ancora che parli, congiungo le mani in questo spazio ristretto d’appoggio. Poi con un’espressione assolutamente sorniona delle mie, sollevo il capo e lo guardo.
Gen ha le vene esposte di chi è irritato a livelli elevati, cosa non strana nel suo caso.
L’hanno obbligato a presenziare ad una delle riunioni che odia, ma non credo sia solo per questo che è così nervoso.
Sorrido gelido cercando di mettere le distanze.
- Vuoi dirmi che non aspettavi me? - fa presuntuoso. Io non mi scompongo. Resto dritto nella sedia, non muovo un muscolo.
- Eri già qua come molti altri. Non è che ti dovevo aspettare.
Lui alza gli occhi ringhiando qualcosa che sembra più un verso che una parola, poi torna a puntare gli occhi sui miei, piegato perché mi sta in piedi davanti, ma è di fatto appoggiato al mio banchetto.
- Hai capito.
- Ho capito che sei il solito presuntuoso.
- Dovresti capire anche che non abbiamo tempo. - il botta e risposta va veloce come sempre fra noi, non mi perdo, non mi coglie impreparato anche se in realtà a volte mi lascia mentalmente a secco di risposte. Per fortuna riesco sempre a mantenere la mia faccia tosta. Questo perché non ho più bevuto da quella sera.
- Appunto, non abbiamo tempo per pensare a quelle sciocchezze. È stata la debolezza di una sera, la mattina era solo una conseguenza per chiudere il discorso. Andiamo oltre, Narumi.
Uso il cognome sperando di tenerlo a distanza, ma con lui non funziona mai nulla.
Gen si china gonfiando tutti i muscoli del suo corpo che nonostante la divisa, si vedono bene.
Muscoli che vorrei toccare e leccare.
Così come vorrei leccare le sue labbra ora così vicine, ma mi concentro sugli occhi rossi a poca distanza.
Forse non mi servono risposte, forse le ho già.
Era il sesso o Gen?
Mi sembra sia ovvio da come fremo affinché si chini ancora un po’ e mi baci.
Ma lui sta lì in attesa che sia io, perché secondo lui ora tocca a me. Devo ancora ritornargli un orgasmo, no?
- L’Apocalisse sta arrivando e tu vorresti morire rimanendo in debito con me? Dai, ti conosco bene, questa cosa ti brucia!
Qualcosa che mi brucia c’è, caro Gen, ma non è questo presunto debito che vedi solo tu.
Sospiro e con una forza inumana che non credevo d’avere fino a questo punto, mi alzo scivolando di lato fuori dal banchetto e da lui, dal suo viso, dalla sua bocca.
Se riesco ad uscire da qui e a respingerlo ancora, posso riuscire a fare qualsiasi cosa. Anche affrontare l’Apocalisse.
Recupero la cartella che ho appena ordinato e ignorandolo faccio per andarmene, ma arrivo solo alla porta dell’aula riunioni - per fortuna adesso vuota. Non la apro, non la varco, perché Gen spegne la luce con l’interruttore qua vicino per evitare rischi visto che qua di porte ce ne sono due, e mi spiaccica da dietro contro il legno massiccio.
La mia faccia viene brutalmente premuta, la cartellina cade a terra ed il cuore inizia a battere così veloce che mi sale in gola.
Lo sentirà. Lo sentirà perché la sua mano da sotto si è infilata nella maglia ed è salita strisciando dalla pancia al petto; ha raggiunto il mio collo su cui le sue dita forti e ruvide si chiudono.
Sente tutti i battiti che mi stanno per uccidere da quanto sono veloci.
La sua bocca sull’orecchio, me lo lecca, me lo mordicchia. I brividi mi percorrono dalla testa ai piedi ed io sono molle. Molle e caldo.
Se non ci fosse lui dietro di me a schiacciarmi col suo corpo possente e questa porta davanti, cadrei sulle ginocchia.
La potenza di quel che mi trasmette è tale che è insopportabile.
L’altra mano fruga sotto i pantaloni nei quali si infila velocemente e dopo che ha raggiunto l’erezione già bella reattiva, mi masturba senza pietà.
Mi succhia il collo, la mia testa all’indietro, mi abbandono al piacere che mi inonda immediato sconnettendomi completamente.
Non sopravviverò.
- Gen... - ansimo. Vorrei dirgli di smetterla, che è pazzo a fare queste cose qua, che non è sicuro e che potrebbe arrivare l’allarme che aspettavamo tanto, ma non serve.
Perché quel dannato allarme arriva davvero, proprio ora, proprio un istante prima del mio orgasmo.
E assurdamente, mentre non sono ancora lucido, penso che sia una fortuna, dopotutto, che l’Apocalisse sia arrivata proprio adesso.
Così non gli devo un altro cazzo di orgasmo oltre a quello che già gli devo!
Dio mio, Soshiro, sei così andato, sì?
Con un secco: - Merda! Ci siamo! - Gen si stacca da me brutalmente, mi appoggio con entrambe le mani alla porta, per poco non cado. Ansimo, cerco disperatamente di riprendermi. Non è facile.
Calma Soshiro.
È quell’allarme. Quello che aspettavamo da giorni.
Adesso, nel bene o nel male, finirà tutto.
Perché lo sappiamo entrambi che non è un semplice allarme come gli altri. Che questa volta è quella buona, quella definitiva.
Mi giro col capo alla ricerca di Gen che riaccende la luce e si sistema i pantaloni, io faccio altrettanto ancora ansimante e rosso in viso.
Ci guardiamo e diciamo mille cose senza usare parole, le nostre bocche restano sigillate.
Nemmeno un insulto od un ‘comunque sei ancora in debito.’
È come se il suo istinto animale sapesse quel che so io, per questo non fa il solito Gen Narumi idiota, ma fa quello serio e pronto alla lotta. La lotta vera. Quella definitiva. Quella che non perdona.
E c’è un istante, mentre metto la mano sulla maniglia, dopo che ci siamo ricomposti e che l’ansia dell’allarme ci ha riequilibrato gli ormoni in un istante.
C’è un istante in cui ci guardiamo: è come se dicessimo che questo discorso è solo in sospeso e che lo finiremo dopo.
Non diciamo ancora nulla, ma il messaggio arriva ad entrambi.
Sto per uscire, ma Gen annulla la distanza, mi prende per la vita e mi afferra il viso, infine con la sua tipica prepotenza brutale mi bacia.
Inizialmente mi irrigidisco istintivamente, poi però mi ammorbidisco e schiudo le labbra facendolo entrare. Le lingue si trovano, ci intrecciamo e mentre l’allarme ci assorda, noi ci imprimiamo questo istante, questo bacio che potrebbe essere l’ultimo.
Ed è qua, è precisamente qua che decido e capisco.
Non posso morire senza fargli sapere ciò che provo davvero.
Perché no, non era il sesso, era proprio lui, alla fine. E se morissi io o morisse lui senza che lo sappia, me ne pentirei per l’eternità.
Ma poi si separa, apriamo la porta ed usciamo insieme senza dirci nulla.
Non lo facciamo perché non serve, come non è mai servito parlare chiaramente se non di stronzate e battibeccare.
Non abbiamo mai parlato realmente perché sappiamo già tutto.
Ci piacciamo, ma non eravamo pronti.
Forse, se vinceremo questa guerra, potremo esserlo.
Così combatterò per questo. Per sopravvivere e per poterglielo dire; perché adesso siamo pronti, siamo maturi, adesso è ora.
E so che lui farà altrettanto.
Mentre ci allontaniamo per andare a recuperare di corsa i rispettivi armamentari e buttarci subito là fuori, in mezzo all’Apocalisse, gli lancio un’ultimo sguardo e lui fa altrettanto.
Gli sorrido calmo alla mia solita maniera che di solito odia e lo innesca, ma lui ricambia. Questa volta non irritato con la vena che pulsa. Questa volta sorride ammiccando. Annuisce e va come vado anche io.
Mentre ci separiamo, la sensazione irreale che in qualche modo ce la faremo, mi striscia sotto la pelle. Spero che non sia una patetica speranza, ma una strana premonizione.
Se ce la faremo davvero e vinceremo questa guerra, andrò da lui a costo di strisciare, mi appoggerò sulla sua spalla e gli dirò ciò che provo sul serio.
*Gen*
Io lo so cos’è che sta per fare. Non mi serve che qualcuno me lo dica. Non mi serve proprio per un cazzo.
So che adesso che ne è arrivato uno ancora più grande e che Kafka è stato abbattuto e lì sul posto c’è solo Ashiro, lui si precipiterà là da lei alla velocità della luce per proteggerla; ma non ha possibilità, non da solo.
Eppure ci andrà e si farà ammazzare nel tentativo di darle qualche secondo in più.
Peccato che non gli darò mai il permesso di farsi fuori così, non può uscirne da eroe e non può morire prima di me, perché se morisse prima di me significherebbe che ci ha dato dentro più di me e non esiste.
Per di più non voglio vivere in un mondo dove lui non c’è, per questo non esiste che si faccia far fuori prima di me. Non gli do questo cazzo di permesso, porca puttana.
Arrivo sul posto in tempo ed in pochi istanti, dopo qualche stronzata spaccona delle mie per allentare la tensione e caricarci a vicenda, iniziamo a combattere insieme contro il mostro finale che sta uscendo da Numero 9.
È come se non avesse mai fine, questo incubo. Ne abbatti uno e poi ne devi abbattere un altro.
Non finisce mai, mai, mai.
Se dovessi dire la cosa più strana che mi sia mai capitata in vita mia, e di cose strane me ne sono successe molte, direi sicuramente combattere insieme a Soishiro in battaglia.
Perché di fatto è questo che succede ad un certo punto. Combattiamo insieme contro lo stesso mostro ed anche se lo facciamo a modo nostro, fingendo di superarci a vicenda -per lo meno io, lui non credo lo faccia con quel finto intento- comunque è questo che succede.
Mentre combattiamo non dobbiamo nemmeno coordinarci a parole, non ci mettiamo d’accordo mai su niente, ma capiamo al volo immediatamente tutto ciò che fa l’altro e ci assecondiamo. In certi tratti addirittura agiamo in sincronia senza nemmeno guardarci, come sapessimo cosa va fatto o cosa farà l’altro.
Non si capisce chi segue chi, ma non c’è tempo per pensare.
Va tutto velocissimo, non caliamo mai d’intensità ed entrambi ci troviamo ad ammettere che non vorremmo mai batterci seriamente uno con l’altro.
La verità è che averlo qua che combatte con me è un sollievo anche se dovrei esserne angosciato.
Potrei non essere in grado di proteggerlo, potrebbe morire davanti ai miei occhi. Me ne pentirei a vita. Non sopravviverei comunque, ma mentre me ne rendo conto -nonostante io sia consapevole che se c’è uno che non ha bisogno di essere protetto è proprio Soishiro- finisce che addirittura mi diverto e mi godo il combattimento.
Non lo posso dimostrare, non posso goderne come farei di solito e comunque c’è sempre questa sensazione che guasta tutto.
Quel colpo lo ucciderà? Lo taglierà in due? Sarà deleterio quell’attacco? Sopravviverà?
Ma mi fido, una parte di me sa che se c’è uno che può sopravvivere a questa battaglia, è proprio lui perché anche se difenderebbe il suo comandante con la vita, è così abile da potersela cavare.
Io no, non ci penso, non mi interessa. Lui ce l’ha insito nel DNA. Trovare soluzioni che prevedano la sopravvivenza perché è così che è fatto, è più forte di lui. Per me no, non importa sopravvivere, ma abbattere il nemico.