NOTE: la fic fa parte della serie landoscar ‘Tu mi completi’ ed è il seguito di ‘Mi piaci’ che era dal pov di Oscar, questa è da quello di Lando ed è in parte un tuffo introspettivo in lui, in parte vediamo come riesce ad incasinare tutto in un attimo. All’inizio mi riferisco ad un paio di video su di loro che ho visto dove si vede che Oscar fa dei candidi apprezzamenti -più o meno diretti ma sempre chiari- molto teneri su Lando (come ‘anche a me piace la tua gentilezza’, e ‘sei il mio compagno di squadra preferito’). La fic è ambientata quest’anno, Oscar non ha ancora superato Lando nel mondiale ma ci manca poco e Lando ha fatto ai giornalisti quella sparata abbastanza famosa sul fatto che le sue qualifiche hanno fatto schifo nonostante la macchina fortissima, perché il suo problema è in testa. Questa cosa mi ha colpito molto ed ho immaginato il dopo qualifica (se non sbaglio era il Bahrein). Ovviamente ci saranno seguiti. Grazie a chi segue la serie e buona lettura. Baci Akane
INCIPT: ‘Ma la verità è che mi piace piacergli. Mi fa desiderare di essere migliore, più meritevole del suo affetto speciale. Perché adesso penso di non meritarlo, che è preso da del fumo, da qualcosa bello solo in apparenza.’
Lando scopre di piacere ad Oscar e non riesce a smettere di pensarci, diventa un chiodo fisso e inizia a tormentarlo fino a passare il segno.

LO SO

landoscar

Se so che gli piaccio? 
Certo che lo so. 
Da un po’. 
Non troppo, per a verità, ma ad un certo punto era difficile non capirlo perfino per uno stordito come me. 
Non che lui sia uno che mostra palesemente ciò che prova, anzi, è piuttosto bravo a nascondere tutto, però se lo guardi cercando di capire chi cazzo gli piace, ad un certo punto lo capisci. 
Insomma, dopo che l’ho beccato a segarsi e che è venuto fuori che gli piaceva qualcuno e non voleva dirmi chi, ho iniziato ad osservarlo per capire chi fosse e dopo aver escluso tutti sono rimasto io; lì per capire se era assurdo o vero, l’ho studiato con questa chiave di lettura ed ho capito che sono io a piacergli.
È che io sono un grandissimo stronzo ed invece di facilitargli le cose per aiutarlo a vivere il meglio possibile questa situazione, lo stuzzico. 
Perché sono un grandissimo stronzo, appunto, e voglio vedere fin quanto resiste prima di provarci con me e venire allo scoperto. 
Non che io faccia chissà cosa. Magari gli tocco il culo tutte le volte che ci stringiamo la mano e ci complimentiamo per le gare o le qualifiche, oppure gli giro nudo nelle zone in comune che abbiamo, entro in bagno quando so che lui è lì, esco dalla doccia e vado nella sua stanza con quella che ho dimenticato l’asciugamano o qualcosa che in realtà c’è nella mia stanza. 
Insomma, ci sono molti modi per tormentare e stuzzicare, io se mi metto in testa qualcosa, non lo mollo a meno che non si tratti di cose serie. Le cose serie mi mandano in tilt e faccio solo danni. Come quando corro con la fissa di non sbagliare niente ed invece sbaglio perché sono un coglione. 
Oppure quando non reggo la pressione che ho sulle spalle, quella dell’essere teoricamente il pilota su cui quest’anno tutti puntano e quindi non sono perfetto come dovrei essere o come è Oscar. 
Invidio i suoi nervi d’acciaio, è giovane, corre in F1 da meno di me, ma è come un veterano. Non si fa turbare da niente. 
Anche quella volta che l’ho beccato a spararsi una sega alla fine sì, era imbarazzato ed era la prima volta che lo vedevo così, ma è stato in generale molto tranquillo se ci pensi. Non ha fatto scenate ed è addirittura venuto a pranzo con me, oltretutto poteva evitare di parlarne, ma invece l’ha fatto dicendo che era colpito dal fatto che non ero impressionato da quel che avevo visto. 
Lo invidio, ma in senso buono. 
Realizzare che gli piacevo non è stato facile, ci sono riuscito solo perché sapevo cosa cercavo altrimenti non ci sarei mai arrivato. 
Non è quel che fa, perché non fa mai nulla, anzi. È come mi guarda ed il fatto banale che ride un sacco solo con me. In effetti è molto rigido in generale, non fa una piega in nessun caso e con nessuno, specie quando ci sono momenti di alta tensione. Lui regge un sacco, ma con me lui è sciolto, ride e scherza molto, per i suoi canoni. Sta bene con me, si vede che come sta con me non sta con nessuno, ma non è proprio solo questo. Quella è solo una delle cose. 
In realtà è come si perde a guardarmi. 
Non si fa beccare spesso da me, ma ogni tanto succede. Ci scambiamo gli sguardi, magari quando parliamo o facciamo qualcosa insieme, ma è abbastanza controllato. È quando pensa che io non lo guardo, che è rivelatore. L’unico momento. 
Infatti per scoprirlo mi sono riguardato i video e le foto su di noi che girano, specie quelli fatti dalla McLaren. 
È una cosa che odio fare, non mi interessa, ma per questa indagine l’ho fatto ed è stato come ricevere uno schiaffo in piena faccia. 
Non me la sono di certo presa perché ha cercato di nasconderlo, ne parlavamo proprio quel giorno. 
Essere chiusi e riservati a volte è un difetto perché non riesci a buttarti con la persona che ti piace; diceva questo quella volta. Quando ho capito che ero io quella persona, ho realizzato cosa intendeva e mi è dispiaciuto. A me quando mi piace qualcuno mi butto e ci provo senza problemi, il più delle volte ci sta e mi va dritta, altre no, ma non me la prendo. Però effettivamente se mi piacesse qualcuno e non avessi il coraggio di provarci, penso che mi perderei un sacco di esperienze belle; ripenso a quelle che ho fatto e credo che sì, mi dispiacerebbe non averle vissute tutte. 
E lui? Ne ha avute? Di quelle che vorresti vivere a tutti i costi, ma non hai il coraggio? 
Dal fatto che non ci ha mai nemmeno vagamente provato con me, penso proprio di no e so che gli dispiace. Dispiace anche a me. È una bella persona ed un bel ragazzo, molto dolce. 
Ripenso ai complimenti che mi fa di continuo, le cose belle che dice su di me e mi intenerisce un sacco. È vero che essere così rigidi e chiusi non ti facilita sentimentalmente parlando, però gli permette di ottenere un sacco di cose preziose e soddisfazioni che molti si sognano, specie in F1. 
Gli invidio questa gestione perfetta che ha dei nervi e delle situazioni, non perde mai la testa, fa sempre la cosa giusta. È una cosa che hai o non hai, non so se lo puoi imparare. Sto provando, ma a volte penso che sia come la ricerca del Sacro Graal. Una ricerca impossibile. 
Specie perché poi vedo lui quando gli riesce facilmente e penso cazzo, io non arriverò mai a quel livello. 
Quando ho realizzato di piacergli ho provato un calore incredibile ed ho pensato che quando amerà una persona in grado di ricambiarlo, saranno entrambi fortunati e che Oscar lo merita. Merita qualcuno che lo ricambi, che provi le stesse cose che prova lui. 
Si è preso per la persona sbagliata, io alla fine sono solo una testa di cazzo, un fuoco di paglia. 
Sì, faccio ridere e gli altri stanno bene con me, ma è tutto lì. Non c’è niente sotto, non c’è sostanza, non c’è profondità, non sono maturo, non so gestirmi, non ho particolari doti. 
Gioco con lui per spingerlo a provarci ed è un divertimento che reputo innocente, ma in realtà sono solo uno stronzo ed è decisamente meglio se rimaniamo solo amici. Se davvero dovesse farsi avanti, alla fine delle mie manovre, riuscirei anche a pentirmi d’averlo spinto fino a quel punto. 
Che dovrei fare se mai ci provasse davvero? Razionalmente penso che sarebbe meglio non andare oltre l’amicizia, egoisticamente mi piacerebbe provare cosa significa stare con uno così pulito e dolce. Uno così perfetto. Perfetto come io non sarò mai. 
Non per questo smetto di stuzzicarlo, perché comunque la caratteristica che spicca è proprio la mia idiozia ed alla fine posso riflettere e arrivare alle cose quanto voglio, ma non vado oltre. Non riesco a dare sostanza a quel che il mio cervello produce. Perché sono una testa di cazzo. 
Ma la verità è che mi piace piacergli. Mi fa desiderare di essere migliore, più meritevole del suo affetto speciale. Perché adesso penso di non meritarlo, che è preso da del fumo, da qualcosa bello solo in apparenza. 
Ripenso al me prima di Oscar e a quello che sono ora, o a ciò che provo. 
Prima andavo avanti senza pensarci un secondo. Non pensavo a niente, volevo solo divertirmi, ero istinto e basta, mi attaccavo a tutti quelli divertenti che mi mettevano allegria e che sentivo simili a me in qualche modo, con cui mi sentivo su di giri e allegro. Gente come Carlos e Daniel, per esempio. Perché con loro potevo essere il demente di turno fuori dalle righe, fare e dire tutto ciò che mi andava ed ero immaturo ma andava bene perché ridevamo tutti insieme, si stava bene, non avevo pensieri e nessuno di loro me ne dava o mi faceva sentire il bisogno di averne. 
Mentre ora con Oscar è diverso, non mi sono mai sentito così. È come se lui così maturo anche se più giovane ed arrivato dopo, sottolinei la mia immaturità. So che non lo fa apposta e non gli interessa farlo, specie se gli piaccio. 
Lui probabilmente è attratto dal lato di me che gli manca o meglio, quello in cui è debole e forse per me è qualcosa di simile. 
Mi fa sentire diverso da come mi hanno mai fatto sentire tutti gli altri prima di lui. 
Lui mi fa riflettere, mi fa voler essere migliore, più simile a lui, mi fa cercare quella maturità che a me è sempre mancata e che non ho mai voluto né avuto. 
Sapevo di essere un idiota e mi stava bene così, ma ora non mi sta più bene perché mi sento un abisso confronto a lui. Un abisso di idiozia. Mi sento indietro, come se lui partisse dalla Pole mentre io dall’ultima posizione. 
E cazzo, non mi piace essere così indietro, stare in fondo alla griglia è una merda. 
Oscar ha tutti gli aspetti che a me mancano, non li ho mai voluti, ma ora improvvisamente li voglio, è solo che non basta volerlo. Devi essere in grado di ottenere determinate caratteristiche. Non è che decidi di crescere e maturare ed allora lo fai. 
Cosa significa crescere e maturare? Lavorare seriamente per gli obiettivi e raggiungerli? 
Se ritengo che Oscar sia maturo e lo devo prendere ad esempio, penso sia questo, ma non lo so. 
Ci lavoro anche io sugli obiettivi. Sono un pilota e voglio vincere e lavoro per questo. Non credo che lui lavori di più. Non è una questione di quanto si lavora e nemmeno come. 
È più un modo di essere, il modo in cui affronti le cose che fai e che ti capitano. 
Il modo in cui lavoro, il modo in cui corro, il modo in cui vivo le vittorie, i successi e le sconfitte ma soprattutto gli errori. 
Forse è questo. 
Per ora sono solo in grado di vedere i miei errori e capire perché ho fallito, quando succede. Ma quando vinco e faccio bene non mi fermo a pensare perché ci sono risuscito, non cerco di capire la differenza fra il Lando vincente e quello perdente, perché quando vinco va tutto bene, non ci devo pensare, ma forse dovrei farlo per capire cosa faccio di diverso o meglio, come lo faccio. 
Ma questo è cercare di migliorare. 
Cos’è, invece, maturare? 
- Ti sei mai chiesto cos’è maturare? 
La mia voce esce da sola nell’ennesima dimostrazione di come io non pensi prima di agire e di come, anzi, agisca senza riflettere. 
Sto cercando di pensare prima e agire poi, ma non ci riesco per un cazzo, a quanto pare. 
Oscar mi guarda meravigliato alla domanda che gli pongo mentre passiamo insieme dall’area dei media ai garage McLaren per l’ultimo briefing con tutti quanti in vista della gara di domani. 
È per qualcosa che ho detto ai giornalisti sul motivo delle mie qualifiche anonime nonostante guido la macchina più forte del circuito. 
Mi è uscita fuori dal mio controllo, ovviamente, e nemmeno sapevo di pensarlo ma è vero. 
Il mio problema è qui dentro, ho detto indicandomi la testa. 
Ma come cazzo lo supero? Sapere qual è non mi aiuta per un cazzo. 
Ho aspettato che Oscar finisse per muovermi verso i garage perché tanto per l’ultimo briefing del sabato sera dobbiamo essere tutti quanti perché si parla delle strategie della gara. 
Oscar che oggi ha scaricato il miglior tempo di tutti ed è in Pole, ha come sempre il potere di farmi pensare. Non ho mai pensato così tanto in vita mia come da quando sono il suo compagno, ma non perché mi fa chissà quali discorsi, eh. Semplicemente mi fa questo effetto e mi sembra come se lui avesse tutte le risposte. 
Ma è solo perché vorrei semplicemente essere più come lui e a lui invece viene così spontaneo esserlo, mentre io no, io non ci riesco. 
Lui forse paradossalmente vorrebbe essere più come me, sorrido amaro all’ironia di questa coppia McLaren assurda. 
- Maturare? - chiede lui smarrito mentre camminiamo per il Paddock affollato schivando gente ovunque. 
- Sì, io... bah, lascia stare, è solo colpa della mia qualifica di merda! 
- Dai, Lando, vedrai che domani recuperi subito e farai una gara stratosferica! 
La sua voce dolce e gentile mi fa voltare mentre dice qualcosa che pensa sul serio e che so non è solo di circostanza, visto che la dice per me. 
Lui mi sorride con la sua tipica compostezza, ma lo sguardo che mi regala è dolce e comprensivo. 
Non merito che sia cotto di me. 
Mi fa sentire davvero strano. 
Sorrido a mia volta imbarazzato ed evado lo sguardo fissando per terra. Oscar rallenta sorpreso dello stato in cui mi vede, perché chiaramente sono fottutamente espansivo, si vede sempre come sto specie se sto di merda. Non faccio ridere nessuno, in questi casi. 
- Lando... - cerca di fermarmi per parlarne, ma non credo saprebbe cosa dire o forse sì, ma in ogni caso mi sento un idiota ad aver mostrato questo lato proprio a lui. 
Dovrei essere io il primo pilota della squadra su cui la McLaren punta per vincere il mondiale. Dovrei. 
È che più andiamo avanti più mi accorgo che mi manca qualcosa che lui invece ha. 
I nervi saldi. 
La testa giusta. La mia è difettata. 
Lui riesce a rimanere concentrato davanti a qualsiasi cosa e fare ciò che deve, io no. Io mi deconcentro di continuo, mi disturbo con qualsiasi stronzata, la mia testa è un fiume in piena, si aprono parentesi e finestre nel cervello che mi fanno perdere. Il punto è che succede anche quando non dovrebbe. 
Accelero il passo ed evito questo dialogo che non voglio avere anche se l’ho provocato io, Oscar non può far altro che raggiungermi nella stanza delle riunioni. 
Intorno al tavolo lungo e ai computer ci sono già tutti i ragazzi, aspettavano solo noi. 
L’applauso si leva corale per Oscar, giusto e meritato, ed io mi unisco a loro sorridendo e dandogli una pacca sul culo nel mio solito stile. Lui non fa una piega, non saltella come normalmente la gente fa in questi casi. Gli piaccio e ne ho la certezza, posso molestarlo, ma non fa una piega. 
Come cazzo fa? 
Perché non è contagioso? 

La riunione non è stata lunghissima, abbiamo discusso di strategie varie stabilendo quelle con cui partiremo per poi mettere sul piatto le altre probabili che potrebbero verificarsi a seconda dei vari casi. 
Insomma non c’erano molti dubbi, ma sono riunioni che vanno sempre fatte naturalmente, a volte sono più brevi. Quando ci alziamo spero che abbia dimenticato, anche se io non l’ho fatto. 
Come posso avergli chiesto cosa significa maturare? 
Va bene che abbiamo poca differenza d’età e che due anni non sono niente, ma non è questo. 
Non so nemmeno cos’è. Forse mostrarmi così fragile e stupido. 
Gli piaccio perché sono forte e solare e lo faccio ridere e lo sciolgo, se poi mi mostro così debole e perso e serio non gli piaccio più, no? 
Cerco di accelerare andandomene verso le stanze dove ci sono le nostre cose per cambiarci, recupereremo le nostre cose e poi finalmente ce ne potremo andare via; penso di avercela fatta e di essere al sicuro, quando qualcosa impedisce alla porta dietro di me di chiudersi con il tonfo che avrebbe dovuto fare. 
Prima di girarmi per vedere chi è e di sentire la sua vocina che mi chiama preoccupato, alzo gli occhi al cielo maledicendomi. 
Sono una sonora testa di cazzo. Perché la mia dannata boccaccia non se ne sta zitta? 
- Lando... - Oscar si infila nella mia stanza ed in questo si mostra molto coraggioso. Ma vediamo quanto regge. 
So bene come fare per farlo scappare e tenerlo lontano. 
Prendo un respiro fugace e quando mi volto verso di lui sto già sorridendo con una faccia da schiaffi felice. Sarò credibile? 
- Sei stato grande, oggi. Vedrai che domani faremo un uno due, ti seguirò a ruota, farò di tutto per... 
Mentre parlo a macchinetta mi abbasso la tuta che avevo già aperto tenendola a penzoloni per poi sfilarmi la maglia aderente termica che ho sotto e che fatico a levare per quanto è madida di sudore. 
Con la tuta alle caviglie cerco di togliermi le scarpe senza slacciarle, ma finisco per inciampare e così mi lascio cadere sulla branda mostrando il casino che sono, altro che seduttore. 
- Lando, attento... - Oscar si avvicina istintivamente ma poi si ferma subito vedendo che sto bene. 
- Chiudi la porta. - faccio quindi rimanendo in boxer. Oscar esegue senza rifletterci perché è concentrato sul tornare all’argomento di prima, credo sia preoccupato ed io non merito che lo sia per me, ma so come bloccarlo. Mi alzo in piedi e mentre lo faccio mi abbasso i boxer direttamente accartocciandoli coi piedi. 
- Mi faccio prima io la doccia in fretta. 
Tutti i vestiti che mi sono tolto sono sparsi per terra e lui è lì nel mezzo del mio casino e mi fissa con occhi spalancati e quel bellissimo colorito delizioso. 
- Fa un caldo dannato, qua, in questi giorni! Domani moriremo! 
Parlo come se non ci fossero fantasmi nella stanza. 
Uno è il discorso sospeso di prima con la mia domanda epica, l’altro è Oscar che mi fissa in crisi esistenziale. Sono gloriosamente nudo. 
Non penso di essere una gran bellezza, sinceramente, ma a lui piaccio e questo mi ha fatto guadagnare fiducia almeno sul mio aspetto. Evidentemente qualcosa di decente in me c’è. 
Oscar non risponde più, gli lancio un’occhiata entrando nel bagno che comunica dall’altro lato con la sua camera e lo vedo  in tilt, con mia enorme soddisfazione sadica. 
Non credo serva dirgli nulla, apro il rubinetto della doccia e intanto che si scalda mi metto pure a pisciare. 
Oscar sente sicuramente ma è come se fosse diventato una statua. 
- Ti ascolto. - faccio poi entrando dentro il box, lo lascio di proposito aperto e appena sbuca dentro, probabilmente ricordandosi del motivo per cui mi aveva inseguito, torna a fermarsi appena mi vede sotto l’acqua della doccia. 
Mi giro a guardarlo accarezzandomi con le mani che accompagnano l’acqua sul mio corpo, Oscar è davvero molto provato e penso che potrebbe avere una crisi a momenti. Nascondo a stento il sorriso malizioso mordendomi la bocca, è dannatamente bello essere desiderati fino a questo punto, è terapeutico addirittura. E poi il modo in cui lui è perso per me è di una tale dolcezza che è quasi meglio il suo sguardo che questa doccia. 
Giro il getto del soffione ed inizio ad insaponarmi in fretta, con le mani porto il sapone sul mio corpo. 
- Oscar... - lo richiamo poi vedendo che è incantato sul mio corpo e su come mi carezzo, specie perché lo sto facendo sull’inguine come se non mi lavassi da dieci anni invece che solo da ieri sera. 
- Eh? - fa lui rianimandosi brevemente, inarca le sopracciglia ma gli occhi non si staccano dalle mie mani che strofinano il mio cazzo per insaponarlo. 
Forse lo sto facendo troppo. 
O forse il modo in cui mi mangia con gli occhi, che per l’occasione sono più espressivi del solito, mi eccita più di quel che avrei immaginato. 
Ma anche questa è una delle idiozie in cui mi caccio perché non penso mai prima di fare. 
Potevo mai immaginare che mi sarebbe piaciuto esibirmi davanti al suo sguardo perso per me? 
Porca puttana, il modo in cui mi guarda mi sta uccidendo. Il cazzo cresce nella mano che non smette di muoversi e qua non c’entra niente il lavarsi né il zittirlo. 
Qua c’è il puro e semplice piacere, ma non nel masturbarmi; è il piacere di essere guardato da lui in questo modo. 
Porca troia, Oscar, vieni qua ed unisciti a me in questa dannata doccia. 
Tira fuori le palle e fa come farei io al tuo posto. Saltami addosso. Cosa cazzo aspetti? 
Ma mentre lo immagino che lo fa, mi masturbo più in fretta senza staccare gli occhi dal suo viso che a sua volta immagina chiaramente di divorare a bocca aperta il mio cazzo ora grande e duro. 
È come un domino, non posso smettere perché lui non smette di guardarmi e non può smettere di guardarmi perché io non smetto di toccarmi. 
Alla fine addirittura gemo fuori dal mio stesso controllo, controllo che non ho mai avuto. 
E vengo.
Inesorabilmente. 
Davanti a lui.
Lui che ora noto è davvero ma davvero in condizioni terribili, lì sotto. La tuta è aperta e pende e lo copre un po’, ma non al punto da farmi capire che è messo malissimo. 
Come vorrei abbassargli tutto. 
Ma chiudo gli occhi e scuoto la testa lasciando che l’acqua torni a ricoprirmi e lavi via tutto. 
Sicuramente non ne parleremo più di quella dannata stupida domanda. 
Quando chiudo il rubinetto e mi giro per uscire, Oscar è scappato in camera sua ed io resto qua da solo ad immaginare una probabile conversazione in un impensabile sua dichiarazione. 
‘Lando, mi piaci.’
‘Lo so.’
Sarebbe facile e la mia boccaccia non si tratterrebbe dal dire la solita verità. 
‘Da quanto lo sai?’
‘Da un po’...’
‘Un po’ quanto?’
‘Un po’ tanto...’
La mia testa è di nuovo partita. Sono rimasto a fantasticare fissando la porta della sua camera chiusa. Potrei aprirla come quel giorno e piombargli dentro e vedere che fa, probabilmente si masturba come quel giorno. 
Lo faccio? 
Ma se poi la conversazione non fosse così come l’ho immaginata ma ‘allora, mi vuoi dire cosa significa quella domanda di prima?’
‘Quale?’
‘Cos’è maturare?’
Eh no che non mi piacerebbe, allora. 
Così mi giro verso lo specchio ed inizio ad asciugarmi con uno dei due teli che sono qua per noi. 
Ho appena passato un segno che non avevo mai passato. 
Mi sono esibito in un autoerotismo davanti a lui, guardandolo. Questo va oltre lo stuzzicarlo ed il provocarlo e comunque non mi è saltato addosso. Ha in ogni caso un controllo fuori dal comune. 
Sei pazzesco, Oscar Piastri. 
Davvero pazzesco. 
E credo che qua ci sia qualcosa che va oltre il piacere del piacere a qualcuno, il divertirmi a spese d’altri, il passare il tempo, l’essere stronzi o quant’altro. 
Qua credo che ci sia ben altro. 
Quando spettinato e bagnato ed avvolto nel telo alla vita mi decido ad aprire la sua porta dopo una sbrigativa bussata, trovo la sua stanza vuota, la tuta gettata sulla branda, la solita bomba di vestiti e casino in giro e le sue cose personali mancanti. Il suo solito zainetto, le sue scarpe da ginnastica, il suo telefono, lui. 
Una smorfia di disappunto e delusione mi fa arricciare il naso e torno dalla mia parte imprecando. 
Sono un idiota. E se ora ho incassato tutto fra noi? Se ora ci sarà un muro enorme di imbarazzo da parte sua che non saprà gestire? E se ho raggiunto il suo limite? 
Era questo che volevo, dopotutto. Trovare il suo limite, la sua capacità di gestire qualsiasi emozione. 
Forse questo non sarà in grado di gestirlo e forse ho appena rovinato tutto. Forse non mi parlerà più, non mi guarderà nemmeno. 
Forse sono un completo imbecille.