PARTE 2: LA SCELTA
*Charles*
Ci penso tutto il tempo che sono qua in Messico, non faccio che riflettere e crearmi scenari. Faccio e disfo, programmo e distruggo senza arrivare ad una soluzione, mentre fa da padrone il suo bacio ed il mio orgasmo patetico.
È ora? È il momento di andare oltre?
Non dico nulla a Joris, Andrea e nemmeno ad Alex. Per loro è ovvio che partiremo insieme per andare a Monte Carlo, come sempre.
Oggi il mio compagno di volo extra è Pierre, non poteva capitare meglio. Cioè... sarebbe capitato benissimo se non ci fossimo sempre mossi con Alex.
Avrei voluto approfittarne di più di lui e confidarmi, fare un lunghissimo monologo sclerato su ciò che è successo, lui avrebbe potuto aiutarmi, ma invece non posso perché lei è sempre con noi ed io non so che fare. I minuti corrono e non trovo una soluzione al quesito.
Vado o non vado?
Alla fine ho solo un breve ed incisivo momento con Pierre mentre andiamo a prendere qualcosa da bere in aeroporto, dopo aver passato i soliti controlli.
Lasciamo Alex con Leo indietro e mentre Andrea e Jo sono occupati con altre cose prima della partenza, io mi trascino Pierre al bar e mentre scegliamo con cura dell’acqua dal frigo, come se ci fossero chissà quante opzioni, a denti stretti e cercando di non farmi sentire da altri, sibilo la questione al mio amico di sempre: - Io e Max ci siamo baciati prima, dopo la press. Mi ha detto di andare con lui in Brasile.
Non mi ha tecnicamente detto per quale motivo, ma era sottinteso e Pierre lo capisce benissimo, infatti strilla un acutissimo e shoccatissimo ‘EH?!’ che devo zittire con una mano sulla bocca e l’ansia alle stelle.
- Contegno, Pierre!
Lui annuisce, ma comunque resta shoccato a guardarmi come se avessi appena rivelato di essere un alieno.
- E che ci fai qua? - fa poi senza capire ciò che pure io non capisco.
Mi stringo nelle spalle ed estremamente confuso, lo guardo quasi scusandomi.
- Non so cosa fare.
Pierre spalanca gli occhi.
- Sei pazzo? Volevi Max da un sacco di tempo, è l’occasione della vita! Se non ci vai sarà finita prima ancora di iniziare perché non ti darà altre occasioni, non credo che sia questo che vuoi!
Pierre in quattro secondi esprime alla perfezione tutto ciò che il mio cervello bloccato non riusciva a comprendere e mentre veniamo richiamati da Joris e Andrea, faccio una smorfia in difficoltà sbrigandomi a prendere l’acqua e ad andare a pagarla.
Sto per consegnarle al barista insieme alla carta per pagare, ma Pierre me le prende di mano e mi spinge via con una gomitata.
- Levati dalle palle, mi invento io qualcosa con gli altri. Corri da Max, trovalo prima che parta e non fare il coglione. - al mio sguardo shoccato, mi dà pure uno scappellotto sulla nuca.
- Cristo Santo, Charles, ti sei spappolato il cervello in pista? VAI DA LUI!
E a momenti lo urla così forte che lo sentono anche gli altri là dietro, ma ha la sua efficacia perché alla terza spinta mi decido a farlo davvero.
Ecco cosa mi serviva. Un calcio in culo. Al mondo solo Pierre avrebbe potuto darmelo; così come, forse, qualcuno l’ha dato a Max, perché è strano che oggi di punto in bianco mi inviti a volare con lui e che si decida nei miei confronti, dopo tanto tempo. Proprio strano. Sicuramente ha avuto un calcio in culo anche lui da qualcuno.
Fa che mi aspetti, fa che sia ancora là. Ovunque sia il là!
Ti prego, ti prego, ti prego.
Fa che Max sia ancora qui in aeroporto ad aspettarmi.
*Max*
Adesso lo uccido.
Cazzo se lo uccido.
Ho appena litigato con mezzo mondo per ritardare il mio dannato volo. Anche se è privato, usando un aeroporto c’è una tabella di marcia da rispettare, non è che posso fare quel diavolo che mi pare. Non che me ne importi un cazzo visto che ho fatto un casino con chiunque osasse dire il contrario.
Perciò sono a terra, ai piedi della scaletta del mio jet, coi piloti e gli addetti di pista che mi fissano male maledicendomi in mille modi. Batto il piede impaziente, fisso il telefono, cerco con lo sguardo tutti quelli che si muovono qua intorno.
Sto per mettermi a gridare, quando finalmente il telefono vibra e appena vedo il suo nome, mi parte il cuore sulla Luna.
Non gli faccio fare nemmeno uno squillo intero, rispondo subito.
- Era ora, cazzo! - brontolo secco.
- Max dimmi che non sei partito! - la sua voce trafelata mi rivela che è in movimento, forse corre addirittura.
- No che non sono partito, stavo per chiedere di fare un annuncio con l’altoparlante per chiamarti! Muoviti! - ringhio fingendomi ancora arrabbiato sebbene in realtà la felicità sia già alle stelle. È venuto. Alla fine è venuto da me. Sapevo che sarebbe venuto.
No non è vero, nel suo caso non era scontato. Poteva cagarsi addosso e scappare.
- Ehm... dovresti venire a prendermi perché questi pensano che io sia impazzito e non mi permettono di andare dove diavolo mi pare... penso che vogliano ammanettarmi, non so...
Dopo di questo litiga con qualcuno, sento movimenti e rumori strani ed il mio ‘eh?’, si perde nel vuoto perché la linea cade.
Col cuore in gola, ma per un altro motivo, scatto veloce verso l’ingresso in pista dell’aeroporto dove potrebbe essere stato bloccato, al mio seguito parte ovviamente anche il responsabile di pista che essendo enorme, è molto più lento di me e penso mi stia maledicendo per i miei capricci; non perdo nemmeno tempo a dirgli di lasciarmi fare, faccio e basta.
Appena raggiungo le porte d’accesso all’aeroporto, là dove di solito si esce dai Gate per imbarcarsi fisicamente negli aerei, come immaginavo trovo un gruppo di uomini che trattiene a forza un unico individuo.
Per un momento li guardo perché la scena è anche buffa: l’idea che danno è che lottino contro un gorilla pericoloso. Peccato che quel gorilla sia Charles e che non è minimamente pericoloso, anzi!
Evito di scoppiare a ridere e solo quando lo strattonano usando veramente forza bruta, il divertimento passa e mi va tutto il sangue al cervello in una volta.
- EHI, LASCIATELO!
Senza pensarci su, mi intrometto con la mia scarsa delicatezza, infilandomi a forza fra la sicurezza ed il mio adorato Charles che ha un’espressione isterica in procinto di esplodere.
Appena mi vede si illumina, ma non fa in tempo a sentirsi sollevato poiché io, coi miei soliti modi da criminale, ho appena peggiorato la situazione ed ora oltre a strattonare lui, strattonano pure me.
- Max, puttana troia, se è così che mi aiuti, lascia perdere che mi arrangio! - Charles parte subito polemico, non che avessi dubbi: è il re dei polemici. Penso sia il più permaloso sulla faccia della Terra. Permaloso e competitivo.
In altre parole, adorabile!
- Oh, lo vedo bene come ti arrangi!
E così, invece che cercare di liberarci dalla Sicurezza Aeroportuale, ci mettiamo a litigare fra di noi. Com’era nostra abitudine ai vecchi tempi, quando non ce ne facevamo correre nemmeno mezza. Bei tempi anche quelli!
- Senti, lascia perdere, ok? È stata una pessima idea venire da te, cazzo! - continua isterico, sempre tenuto dagli energumeni che lo bloccano per le braccia.
- Ma hai provato a mostrargli i documenti?
- Ma tu che dici, genio?
- Dico che non vedo i tuoi documenti!
- Come diavolo faccio a tirarli fuori se mi bloccano? A momenti mi schiacciano a Terra!
Continueremmo amabilmente a litigare, ma per fortuna e finalmente, il responsabile di pista che aspettava di farmi volare, mi raggiunge comunicando che io sono Max Verstappen e che ho il permesso per volare col mio jet in partenza.
- E lui? - chiedono riferendosi a Charles.
L’uomo enorme con la giacca fosforescente ed il fiatone, guarda Charles che è allucinato e non credo che lo riconosca. Non penso che conosca nemmeno me, per la verità, ma a lui basta sapere che io potevo volare.
- E lui? - mi fa quindi.
Per un momento ventilo l’idea di piantarlo in asso perché mi ha già fatto incazzare prima di metterci insieme, ma alla fine sospiro e più calmo, dico: - Lui è con me!
Quando lo faccio mi sento strano, perché solo noi due sappiamo il profondo doppio significato di questa frase.
Infatti, guardandolo dritto negli occhi e non più arrabbiato, ripeto: - Sei con me?
Charles a questo punto arrossisce e fa mezzo sorriso imbarazzato.
- Si, sono con lui.
Mille significati in due piccole frasi, uno più bello dell’altro.
Appena lo dice, tutto viene spazzato via, specie questo assurdo mezzo litigio, il fastidio dell’attesa infinita, il nervoso per l’incognita, come mi ha tenuto sulle spine e poi la rabbia per come mi ha trattato poco fa.
Passa tutto, resta solo il sollievo ed una stupida gioia incontaminata.
Ce l’ho fatta, alla fine?
Tutti i vari controllori, agenti e quant’altro presenti in questo circo, sembrano finalmente calmarsi e dopo aver controllato i nostri documenti ed il mio permesso di volo col mio mezzo privato, ci consegnano a quel poveraccio che cercava solo di fare il suo lavoro e che era assegnato a me, il quale ci riaccompagna al mio jet coi due piloti ancora in attesa.
Non parliamo più, né ci guardiamo. Ci comportiamo come due persone pseudo normali che fanno finta di non aver appena fatto un gran casino prima di partire. Due amici che volano insieme come spesso succede a noi piloti di F1.
Lo faccio salire ed accomodare per primo nel mio jet, prima di raggiungerlo mi trattengo alla scaletta col responsabile che probabilmente tutto ciò che vuole è liberarsi di me, ma chiaramente prima di andarmene gli allungo qualche banconota per il disturbo. Appena le vede cambia subito faccia e da killer in procinto di lanciarmi sotto il primo aereo, diventa un grande amico che mi sorride e mi invita a volare di nuovo nel loro aeroporto.
Alla fine riesco a salire anche io nel mio fottutissimo aereo con una certa stanchezza addosso che inizia a sentirsi.
Dopo una gara non leggera, dopo tutta quest’attesa, dopo tutti questi litigi e per giunta una bella corsa in pista per salvare Charles, voglio solo una cosa. Anzi, ne ho bisogno.
Varco la soglia e quella ‘cosa’ è lì e non è una cosa, ma una persona.
Il mio Charlie mi aspetta seduto comodo come una diva od una principessa, le gambe accavallate, le braccia larghe, il busto leggermente piegato su un lato e la testa che pende con un sorrisino malizioso, divertito e vittorioso.
Ed è qua, appena lo vedo così, che capisco che ci siamo.
Ho faticato un casino, ma alla fine almeno ho ottenuto ciò che volevo.
Prima di spegnermi del tutto, mi ricordo dei piloti che aspettavano solo il mio dannatissimo permesso per cominciare le manovre di partenza. Uno dei due si occupa di chiudere il portellone e assicurarsi che sia tutto a posto, mentre l’altro accende l’aereo.
Mi scuso di nuovo per poi tornare in cabina dal mio amore che mi aspetta.
Charles è ancora lì nel sedile, la stessa posa plastica da modello, bello come il sole che al momento è tramontato.
Il suo sorriso si accentua di nuovo, ma non parla e non lo faccio nemmeno io.
Mi avvicino al sedile e per un istante me lo chiedo.
Cos’è che dovrei fare ora con lui?
Ci siamo lasciati con un bacio fugace ed un invito a fare 10 ore di volo insieme, ma di fatto non abbiamo parlato né fatto altro.
Come si comincia un discorso simile? Come ci si comporta dopo una situazione di questo tipo?
Siamo sempre stati solo amici e colleghi, prima ancora rivali e nemici.
Adesso ci apprestiamo ad essere altro. Amanti, innamorati.
Ma come si fa?
Forse quel breve scambio di prima basta?
Sarà sufficiente quel ‘sei con me?’ ‘Sì, lo sono’?
Charles mi guarda dal basso della sua seduta senza scomporsi né muoversi, come non avesse dubbi e problemi. Non sembra avere domande, sembra fidarsi di me e di quel che farò anche se non sa cos’è o forse lo immagina.
Guardo la forma così ben disegnata delle sue labbra che penso di desiderare da anni e ogni dubbio viene spazzato via, insieme al rumore del motore e alla voce del pilota che annuncia di sedersi e allacciare le cinture, che si inizieranno presto le manovre di decollo.
Così sorrido a mia volta, non so in che modo lo faccio. Lo faccio e basta.
Sorrido e mi chino su di lui posando le mani sui braccioli. Piego il capo di lato e muovendomi lentamente, lascio che le nostre labbra si uniscano come prima in bagno.
La nostra morbidezza si fonde, ci succhiamo a vicenda, ci schiudiamo e ci veniamo incontro brevemente con le lingue. I brividi ci percorrono, il calore ci invade.
Parole? Quali parole? Era tutto così ovvio e scontato.
Ovvio che prima o poi saremmo arrivati a questo, ovvio che ci amiamo, ovvio che vogliamo andare oltre.
No, non serve parlare. Non adesso.
Mi basta sapere che ora è con me, il resto arriverà in queste lunghissime ore di viaggio.
L’aereo si muove e per poco non gli finisco addosso, lui mi prende istintivamente per le braccia e mi sorride separandosi dalla mia bocca, mi sorride, ci guardiamo da vicino.
- Benvenuto. - sussurro intendendo nel mio aereo, ma anche nella mia vita. Lui accentua il sorriso.
- Siediti prima di farti male. Non vorrai rovinare queste splendide 10 ore di volo.
- No, per niente al mondo!
Così dicendo e ridacchiando, mi siedo nel sedile vicino a lui, tiro subito su il bracciolo che ci separa, gli prendo la mano e intreccio le nostre dita stringendolo con sicurezza. Charles si lascia fare e si sporge verso di me appoggiandosi alla mia spalla, allunga il capo ed io rivolgendomi a mia volta verso di lui, lo bacio di nuovo.
Continuiamo a farlo anche mentre l’aereo si muove per la pista e nemmeno ci accorgiamo che si alza da terra. Siamo totalmente persi uno nell’altro, in questo bacio che probabilmente durerà per tutto il volo e forse per sempre. Un bacio di cui non ne abbiamo abbastanza, mentre le nostre mani restano allacciate e lui appoggiato a me ed alla mia spalla.
Vorrei dirti tante cose, ma in questo momento non me ne viene nemmeno una, ma penso che come al solito, nel mio caso, le mie azioni siano piuttosto esplicite, perciò va bene così purché lui sia qua con me, dove volevo che fosse da tanto, tantissimo tempo.
*Charles*
Guardo le nostre dita intrecciate, le mani strette, la mia testa appoggiata alla sua spalla. L’aereo sfreccia nei cieli notturni che attraversano il sud America, in diverse ore ci porterà in Brasile e una volta lì non ci voglio pensare.
Mi sono buttato impulsivamente senza sapere che sarebbe successo dopo, all’atterraggio. Lui sta volando da Kelly e dalla sua famiglia, io sono l’infiltrato, l’amante.
È la prima volta che agisco così, senza riflettere e prepararmi, ma il buffo è che anche se ci provo ora, non riesco a costruire nulla. Non lo so cosa farò quando atterreremo e non mi interessa. Vedrò in quel momento. Magari rapirò Max che si inventerà una scusa con lei.
Dovrò anche capire che ha detto Pierre ad Alex, ma mi fido di lui, so che Joris ed Andrea l’avranno aiutato a reggermi il gioco.
Mi sento in pace, assurdamente in pace. Come se finalmente avessi fatto una delle prime cose giuste della mia vita, anche se sembra così sbagliata.
- Cosa ti ha fatto cambiare idea su noi?
Max interrompe questo silenzio che non è pesante, è quasi dolce. Ma in dieci ore di volo, ce ne sono di cose da dirci. Specie noi che adoriamo parlare insieme.
Non la ritengo una domanda strana, so perché me l’ha chiesto.
È stata la prima volta che ho tentato un approccio che andasse oltre la F1. Gli ho chiesto dove andava dopo il Messico, gli è bastato così poco per capire che ci stavo provando. Goffamente, è vero, ma l’ha capito subito. Mi conosce proprio bene.
- La tua gara di oggi. Quando non mi hai superato alla fine nonostante potessi e avessi bisogno di quei punti in più per il mondiale. Con chiunque altro so per certo avresti provato e ci saresti anche riuscito, con me non hai nemmeno tentato. Mi sei rimasto appiccicato, ma io ti conosco. So che se provi, ci riesci. Magari nel tentativo fai danni ad entrambi, ma provi comunque.
Max non replica subito tentando di negare, sa che ho ragione.
Alza la spalla su cui la mia testa appoggia e mi spinge a sollevare il capo per guardarlo. Quando lo faccio, seppure poco convinto perché stavo meglio appoggiato su di lui, ci guardiamo da vicino e a questo punto, coi nostri occhi vicinissimi, con tutte quelle sfumature di blu che amo, chiede perplesso: - Perché proprio questo ti ha portato ad approfondire fra noi?
È ovvio che se non fosse stato per la mia domanda su dove andava dopo, non avrebbe fatto nulla nemmeno lui. L’avvio l’ho dato io, lui poi ha inserito la marcia ed è partito. Solo non capisco perché me lo chiede, è così ovvio.
- È la prima volta che metti quel che provi per me davanti alle corse. Era essenziale la seconda posizione, per te. E potevi averla. Te la saresti presa con chiunque, almeno avresti tentato seriamente. Ma hai rinunciato volutamente perché ero io. Non voglio che quel che proviamo uno per l’altro ci spinga a rovinare le nostre prestazioni in pista. Ed ho capito... - esito concentrandomi e spostando lo sguardo per trovare le parole, poi stringo di più le nostre mani portandomi le sue alle labbra, gli bacio le nocche e torno a lui trovando la risposta: - ho capito che se avessimo continuato ad inseguirci nella nostra vita senza raggiungerci, avremmo smesso di gareggiare fra di noi in pista. Ed io non posso permetterlo. Per me sei importante, ma lo è anche correre al massimo contro di te. Amo troppo farlo.
Max resta colpito dalla mia risposta e forse legge mille cose fra le righe di cui non voglio parlare ora, perché preferisco concentrarci su di noi. Infatti prima che possa approfondire ciò che non voglio, come per esempio il mio entusiasmo effettivo nel correre con la Ferrari, gli chiedo: - E tu? Cosa ti ha fatto cambiare idea?
Max sospira e si avvicina baciandomi a sua volta le dita intrecciate.
- Gianpiero!
- Il tuo ingegnere di pista? - chiedo per assicurarmi d’aver capito bene. Di sicuro non ciò che avrei mai immaginato di sentire.
Annuisce ridacchiando divertito.
- In pista, alla fine, mi ha detto ‘il tuo uomo è davanti a te’. Ed io ho capito a chi si riferiva.
Non posso non sorprendermi, lo guardo shoccato che Lambiase abbia detto una cosa simile in radio e che Max abbia capito che si riferiva a me. Era logico, suppongo, ma non poi così tanto, credo. Guardandomi attentamente scoppia pure a ridere. Indispettito e sconvolto insieme, mi raddrizzo nel sedile anche se rimaniamo con le mani allacciate.
Adesso sono curioso!
- Si è riferito a me chiamandomi ‘il tuo uomo’? - annuisce divertito.
- Ieri abbiamo parlato, non l’ha mai fatto ma credo che come tu mi conosci in un certo modo in pista, lui mi conosce in un altro. Credo... - guarda in alto ripensando alla loro conversazione. - Credo che abbia previsto ciò che oggi hai notato anche tu. Che stavo arrivando al punto di rovinare le mie gare per quel che provo per te.
A questo trattengo istintivamente il respiro, allora è proprio vero, non avevo le allucinazioni!
Max con me corre diversamente che con gli altri!
Ma allora?
- Come ha fatto? - chiedo invece come se fosse importante sapere come ha fatto Lambiase a capire certe cose. Max ride ed alza le spalle.
- Ti ho detto, mi conosce in un modo diverso da come mi conosci tu. Comunque è stata una conversazione illuminante.
- Che ti ha detto? - ovviamente sono molto curioso e per fortuna lui mi accontenta.
- Mi ha chiesto quanto ci avremmo girato intorno.
- A noi? - annuisce. Sono ancora stupito, non mi immagino Lambiase fare certi discorsi, dovrò cercare la registrazione audio, sicuramente gira sul web. - Gli hai mai detto qualcosa di noi, di cosa provavi, non so... - devo indagare e capire, è più forte di me, non mi capacito di quella conversazione.
Max scuote il capo.
- Mai. Ha detto che non dovevo avere paura che le gare rovinassero il nostro rapporto, perché pur di non farti torti stavo cambiando il mio tipico comportamento in pista.
Resto profondamente shoccato, ma al tempo stesso si muove in me una gioia pura e semplice. In qualche modo questo lo rende ancora più reale, non so perché.
Mi sento stupidamente felice e alla fine accetto la spiegazione di come si è deciso anche lui. Torno ad accasciarmi sulla sua spalla e lui appoggia la guancia sulla mia testa, rilassato a sua volta contro di me.
- Comunque sono felice che ci siamo decisi. Ce ne abbiamo messo, di tempo. - faccio concludendo sereno, lasciandomi cullare dal suo calore, dalla sua morbidezza e dal suo aereo super veloce che ci porterà fin troppo presto a destinazione.
- Ed io sono felice che alla fine sei venuto.
Sorrido.
- Fino all’ultimo non ne ero sicuro.
- Lo so. Mi hai fatto cagare addosso dalla paura!
Le nostre risate si mescolano mentre continuiamo a parlare di tutto ciò che ci viene in mente, come abbiamo sempre fatto. Come faremo chissà per quanto.
Vorrei che questo volo durasse per sempre.
NOTE: ci tenevo a specificare che questa fic l’ho scritta il lunedì dopo il GP del Messico, perciò prima di sapere del matrimonio di Charles ed Alex. Non che questo cambi qualcosa, avrei scritto tutto comunque! XD
Normalmente queste fic le faccio corte e non metto troppi dettagli, ma questa volta mi venivano in mente molte scene e dialoghi ed ho voluto inserirli. La collaborazione di Pierre nasce dal suo post su IG sul Messico, dove in una delle foto mostra Leo ma non Charles. Di solito quando vola con lui, lo mette sempre. Perciò ho detto ‘ECCO CHI L’HA AIUTATO!’
Ovviamente so che sono tutte cazzate quelle che scrivo, ma mi piace scriverle. Alla prossima fic. Baci Akane
PS: chi vuole essere aggiornato su ciò che scrivo e quando pubblico, c’è la mia pagina FB. Oltretutto, queste fic le traduco sempre tutte anche in inglese.