17. CERCANDO DI USCIRE DALLA NEBBIA
*2019*
/Charles/
“Quando avevo detto che volevo abituarmi a rimanere ‘sveglio' e provare emozioni per sentirmi vivo e non impazzire quando mi capitava di averne di improvvise e forti, non intendevo questo.
Che diavolo ci faccio a scalare una montagna alle quattro di mattina in pieno inverno?
Maledetto sia io quando ho detto ad Andrea che avevo bisogno di provare qualcosa di più forte, di scuotermi per iniziare a svegliarmi un po’.
Non sono andato nel dettaglio, anche se qualcosa gli ho dovuto dire. Lui però mi ha preso in parola, mi ha detto ‘ho capito, ci penso io!’ E così la preparazione alla nuova stagione, questa volta è stata diversa.
Ben diversa, devo dire.
Mi ha portato a metà montagna, mi ha avvolto come un salame in una tuta super imbottita e con mille cose termiche dentro, messo in mano delle racchette da trekking e poi mi ha detto: - Adesso saliamo lassù! - indicando la cima ben distante da noi!
Era così sadicamente contento quando me l’ha detto. Io sono rimaste inebetito a fissarmi le racchette in mano senza capire che diavolo voleva che facessi ed alla fine mi ha letteralmente trascinato iniziando a gridarmi ordini a cui non ho potuto sottrarmi. Fondamentalmente camminare, se si può definire così questa cosa che faccio più in verticale che orizzontale.
Così eccomi qua, alle quattro ormai passate di mattina verso la cima di una montagna innevata a faticare come un dannato perché il dislivello sarà mille!
Perché?
Perché?
PERCHÉ?
Mentre lo faccio guardando con cura dove metto i piedi, come cammino e come mi muovo per non rotolare giù per il monte, mi rende anche noto che non è nemmeno una salita complicata, ce ne sono di peggiori ma questa è per i principianti. Mi dice tutto baldanzoso: - Ehi, non preoccuparti, il prossimo anno faremo qualcosa di più complicato e divertente!
Al che io ho detto fra i denti: - Se sono ancora vivo!
Però devo dire che mentre procedo col freddo che mi punge quel po’ di viso scoperto e sudo dentro questa tuta ignifuga, mi sento ben ‘sveglio’ anche se affaticato da morire.
L’adrenalina scorre a fiumi, è simile a quando corro in pista, ma al tempo stesso diverso. È diversa la sensazione d’insieme e poi anche i dettagli.
Cammino con fatica ed il fiatone, procedo nella lentezza e non nella velocità. Ho un freddo cane, non un caldo da svenire come il più delle volte capita in macchina e nelle tute da corsa.
C’è un paesaggio enorme intorno a me e ben definito, ci sono un sacco di cose da vedere e ammirare se mi guardo intorno; mi rendo conto di essere in mezzo a qualcosa di colossale. Mentre guido invece non esiste niente, il mondo viene cancellato totalmente dalla velocità, non si può ammirare assolutamente nulla. Anche perché se lo facessi mi schianterei.
Adesso devo andare piano, con cura, fare attenzione a dove metto i piedi e a respirare bene, poi devo usare forza, specie nelle gambe, e precisione nei passi per non scivolare. Devo usare le racchette per fare perno e salire, mettere bene i piedi, non posso andare di fretta, anche perché finirei il fiato e sverrei.
Calma, forza, precisione al posto di velocità, foga e potenza.
Mentre lo faccio, mentre salgo sempre più su seguendo Andrea davanti a me, con la luce intorno che percepisco aumentare via via sempre più, dentro le mie stesse vene sento quell’adrenalina a me cara che mi fa sentire vivo. Vivo più che mai.
La particolarità è che non sono in una macchina, non sto correndo, ma io sono qua e sono ‘sveglio'.
Quando arrivo in cima, dopo che mi metto in sicurezza in una zona dove riposare, mi siedo bene lasciandomi cadere sulla neve che qua in alto ovviamente c’è anche se non la sento fisicamente per quanto sono imbottito.
Sono sudato ed ansimante e mi scopro la faccia cercando aria fresca. Arriva pungente ed in poco mi asciugo trovando sollievo, ma ogni dettaglio sfuma appena i miei occhi mettono a fuoco ciò che mi sta davanti, o meglio, intorno.
Il fiato torna a mancarmi, ma non perché ho perso i polmoni nella salita.
Adesso sono qua, letteralmente in cima alla montagna raggiunta con fatica, l’aria è pulitissima e rarefatta ed è tutto silenzio, immacolato splendido silenzio, al contrario del casino che c’è sempre in pista. Non c’è puzza di gomme e motori, l’aria è pura.
Quello che si apre davanti ai miei occhi non è solo lo spettacolo dell’alba che si estende magnificamente intorno a noi, ma è anche l’enormità che mi circonda completamente.
Svariate cime, alcune anche molto più alte della nostra, si estendono per chilometri intorno, picchi di ogni tipo si aprono in vallate profonde e scenari mozzafiato pieni di neve, illuminati dall’oro del sole appena sorto.
Non è solo bello, ma è grande. È così enorme che mi sento piccolo.
Tutto si ridimensiona, io stesso, i miei problemi che mi tormentavano, ogni pensiero presente o passato.
Tutto assume una prospettiva diversa, è come se ogni cosa fosse insignificante.
Questo senso di grandezza che mi colpisce e mi spegne la mente, è la cosa più bella che io abbia mai provato. Non credo che proverò mai una cosa simile in un altro modo e momento.
Qua, davanti a tutte queste cime una più immensa dell’altra, io sono nulla ed è semplicemente meraviglioso.
Non capisci cosa significa grandezza finché non sei in cima ad una montagna, circondato da tante altre.
Andrea e l’accompagnatore che ci hanno guidato sono in silenzio come me, non dicono niente e solo dopo un po’ mi rendo conto di essere emozionato al punto che mi esplode il petto. Mai provato niente di simile senza lutti o notizie straordinarie di mezzo.
Adesso non è successo niente, solo il mondo meraviglioso che mi sta intorno, la fatica ed io sono finalmente vivo e ‘sveglio' più che mai e felice di esserlo.
Non so quanto ci metterò a sentirmi così sempre anche senza stimolarmi con esperienze straordinarie, ma lentamente ci riuscirò e così avrò il controllo di me stesso in ogni istante.
La vita è ancora degna di essere vissuta, vale la pena provarci e buttarsi, ogni tanto.
Sono contento d’averne parlato ad Andrea, ha capito alla perfezione quel che gli ho detto anche se non sono sceso nei dettagli della mia sessualità risvegliata che mi fa diventare matto quando sono su di giri.
Gli ho detto che ho bisogno di sentirmi vivo, sentire emozioni senza farmi investire da esse come dei treni quando mi arrivano per via di notizie meravigliose o terribili.
Credo abbia capito, perché mi ha portato qua dimostrandomi che ci si può sentire vivi anche senza nessun motivo specifico, solo perché il mondo è davvero enorme, bellissimo e tu ci hai faticato un sacco dentro. Mi giro verso di lui e gli sorrido ancora senza parole, non mi esce nemmeno mezzo concetto, non so cosa dirgli, la mia mente non mi trasmette niente e lui sorride annuendo, capendo da solo come mi sento e cosa volevo dirgli, anche se io stesso non lo so.
Sono in buone mani, mi devo fidare di più delle persone di cui mi circondo. Non devo avere paura né di vivere, né della gente, né delle emozioni.
Un giorno farò pace coi miei sentimenti e le mie sensazioni.
Oltre alla scalata avevo approfittato per fare una parte delle mie vacanze invernali in montagna a sciare visto che mi piace, sono venuto con le mie varie metà, che sono Andrea, Joris e Giada. È normale fare le vacanze con la mia ragazza, non viene a fare tutte le splendide attività da preparazione alla stagione che mi sciorina Andrea, ma per il resto stiamo insieme.
È più un obbligo, una cosa ovvia che facciamo da quasi 4 anni ormai, ma diciamo che mi fa sentire più vivo l’allenamento speciale di Andrea che ha inserito nel mezzo della mia vacanza. Abbiamo fatto anche quelle normali al mare ed in barca, è stato tutto bello e perfetto, mi è piaciuto, ma quel che devo dire è che stare con lei ormai è sempre più privo di senso.
Mi sono messo con lei perché all’inizio ci stavo bene e mi piaceva, ma la nostra relazione è sempre rientrata nel raggio della normalità.
Pensavo che fosse così la vita di coppia. Stare bene con qualcuno, farci sesso quando ci andava senza una frequenza notevole, ma questo non mi ha mai turbato perché il sesso sono sempre soggettivi, ci sono coppie che ne fanno un sacco ed altre che lo fanno di meno. Per me è sempre stato così, un fattore aggiunto, non una cosa essenziale. Se c’era la voglia da parte di entrambi e il momento giusto, si faceva, altrimenti non perché si dormiva insieme eravamo obbligati. Non siamo mai stati di quelle coppie da sesso ogni giorno e a lei è sempre andato bene così. Semplicemente siamo fatti in questa maniera e pensavo che fosse la mia normalità.
Non sono uno di quelli sempre col sesso in testa, o per lo meno pensavo di essere così, ma entrando in F1 piano piano ha iniziato a muoversi qualcosa in me, ho iniziato ad uscire ogni tanto dalla mia vita nebbiosa e nei pochi momenti in cui è successo mi sono reso conto che non è esattamente come pensavo. Non è che io sono un tipo così, tranquillo e poco interessato ai vari piaceri. Semplicemente non sono mai stato stimolato a viverli, il che è diverso.
Già solo i baci con Pierre e quello scambio di orgasmi breve ma intenso sono stati più di quel che ho mai provato con Giada.
La fantasia gay con Max, poi, mi ha solo aperto più gli occhi.
Sono semplicemente entrato in una nuova fase, una fase dove necessito di vivere ciò di cui mi sono sempre privato. Fondamentalmente la mia adolescenza.
In altre parole, non è che non mi piace il sesso, mi piace invece. Solo che non l’avevo mai fatto nel modo che mi piaceva, non avevo mai capito come doveva essere per volerlo sul serio.
Adesso non voglio diventare uno fissato, anche perché provando con Giada, specie in queste vacanze insieme, ho capito che non potevo più tenere gli occhi chiusi.
Non è lei di per sé, è proprio il genere sbagliato. Tutto qui.
Per fortuna non ho fatto le vacanze a 4 con Pierre e la sua ragazza attuale come volevamo fare, abbiamo avuto un’intuizione di cui non abbiamo parlato.
Entrambi siamo cambiati uno nei confronti dell’altro e nella fase in cui sono entrato, la fase gay se vogliamo darle un nome, o la fase del sesso, saremmo finiti per saltarci addosso. Anche perché penso che anche lui si sia recentemente reso conto che gli piaccio in quel senso, ma presumo che come me non voglia rovinare la nostra amicizia, di conseguenza nessuno vuole spingersi oltre.
Se avessimo fatto una vacanza insieme come avevamo ventilato qualche tempo fa sarebbe stato un casino, lo so benissimo.
Adesso ho avuto modo di schiarirmi ancor di più le idee con Giada. Sto bene come lo sono sempre stato ed il sesso c’è se proprio ci deve essere anche se non è entusiasmante, altrimenti non è un bisogno impellente né una voglia costante. La vita sessuale per quanto vari da coppia a coppia è comunque un fattore indicativo per capire la relazione.
Non so se questa mia fase sarà duratura o se passerà e se può passare non so come fare affinché succeda, forse dovrei solo soddisfarmi e basta. Provare, fare tutto e togliermelo dalla testa. Temo comunque che anche insistendo testardamente sulla strada che ritengo migliore e più facile, ovvero quella con le ragazze, Giada in questo caso, faccio solo peggio.
Più faccio sesso con lei e più penso a Pierre o a Max, che sono gli unici due sui quali ho avuto certi istinti. Ormai riesco ad averlo duro quasi solo se penso a loro e non va bene. Non ha senso.
Magari dovrei lasciarla e prendermi del tempo per me stesso, stare solo, capire lucidamente che voglio e perché no, sperimentare questo lato di me che ho sempre ignorato. Probabilmente finché non gli darò retta, non mi passerà. Sempre ammesso che possa passare.
Potrei anche andare avanti così per sempre, stare con lei o con un’altra ragazza senza entusiasmarmi né vivere di passioni folli, ma sarebbe vita? Adesso che ho deciso di uscire dalla mia nebbia per non dare di matto quando mi ci ritrovo fuori per forza maggiore, rimanere con Giada od un’altra ragazza che mi fa lo stesso effetto penso che sarebbe controproducente. Più che altro mi spinge a rimanerci dentro a quella nebbia.
Giro lo sguardo su di lei stesa nel nostro letto nello chalet in montagna che abbiamo affittato per questa settimana con Andrea e gli altri. La musica deprimente che ascolto ormai quasi sempre mi suona nelle orecchie dagli AirPods, non importa tanto il genere quanto il fatto che sia deprimente, come la chiamo io. Ballate tristi, che siano pop, rock o chissà cos’altro non importa. Devono essere malinconiche.
Sono in questa modalità depressa da quando è morto Jules, mi ci ha gettato lui e non ne sono mai uscito. Mi piace tanto la musica e ogni volta che posso la sento isolandomi, ma se provo a mettere su qualcosa di più ritmato o allegro devo subito cambiare. La sola cosa che ha presa è questa roba strappalacrime.
Rispecchia il mio animo. Lo so che la musica funziona così. Quando avrò voglia di qualcosa di più allegro e movimentato saprò che sto bene. Per il momento no. Non sto bene.
Sospiro e volto il capo, lei dorme dopo il giro che abbiamo fatto oggi per Passi e Altipiani vari, meno impegnative di quelle che Andrea mi ha fatto fare in notturna, io non riesco a riposare e sono rimasto su a sentire musica e pensare. Il paesaggio che vedo dalla finestra mi riporta la calma e la serenità di quando ero in cima.
La fatica è stata atroce, ma alla fine la meraviglia di quell’immensità, sul tetto del mondo, mi hanno aperto la mente e l’anima. Se non fosse così massacrante lo farei più spesso, ma mi fanno ancora male i muscoli delle gambe, infatti oggi non ho fatto molto e me ne sono pentito.
Con la scusa della stanchezza, non abbiamo fatto sesso e a lei è andato bene. Non ha provato a convincermi.
Finirà così, senza troppi drammi. Al momento non trovo sensato rimanere con lei e devo vedere di me stesso, dei miei reali bisogni. Se un giorno farò pace con me stesso e sistemerò i miei casini interiori, forse troverò anche il modo di stare con una ragazza e perché no, farci una famiglia, avere dei figli. Sono cose che tutti vogliono, è la natura umana, ma al momento no. Non ci penso proprio. È assolutamente un pensiero out.
Avevo sottovalutato la questione Ferrari per concentrarmi su me stesso ed il mio percorso, ma appena finiscono ufficialmente le vacanze e si comincia la nuova stagione, inizio realizzando un sacco di cose che non avevo preso in considerazione.
Prima fra tutte, Sebastian Vettel.
Pierre aveva cercato di dirmelo, ma quella volta l’avevo zittito perché voleva che facessi da spia su lui e Lewis, ma il suo concetto base non era sbagliato. Non avevo capito bene.
Adesso che metto piede per la prima volta a Maranello come pilota ufficiale Ferrari, capisco cosa intendesse.
Da quest’anno sarò il collega diretto di Sebastian. Non è una cosa da poco.
Tralasciando il fatto che sarò nell’ambiente Ferrari che mi ha fatto tanto uscire di testa al momento della firma e ci sarò spero per un po’. Tralasciando che questo potrebbe dunque significare che io probabilmente sarò su di giri molto più di quel che io sia mai stato in 21 anni e che dovrò imparare ad abituarmi più in fretta di quel che immaginavo alle emozioni forti e che magari sì, alla fine ci riuscirò proprio grazie a questo, all’essere in Ferrari, il posto dei miei sogni, il posto delle promesse, il posto dove i sogni si realizzano.
Ma Sebastian Vettel è uno di quei piloti, come Lewis Hamilton, che non solo sono fra i più vincenti della F1, che hanno fatto un sacco di record e che sono ancora in attività, ma hanno quell’aura speciale che ti mettono qualcosa dentro.
Non lo vedo ora per la prima volta ovviamente, l’anno scorso all’inizio della stagione l’ho incontrato subito in hotel e comunque eravamo entrambi in F1, per esempio. Poi a fine stagione ci sono stati i test finali con i nuovi team per tutti, per la stagione successiva, perciò non è come incontrarlo per la prima volta, ma è sempre stato tutto un po’ veloce e caotico e poco reale. L’ho sempre vissuto da ospite, da esterno o di sfuggita.
Adesso sono qua a Maranello per preparare ufficialmente e veramente la stagione da protagonista e dare il mio contributo e lo farò con lui, gomito a gomito, con uno che ha vinto 4 mondiali di F1 e ha fatto record su record di ogni tipo.
Vederlo ogni tanto di sfuggita è un conto, essere qua accanto a lui con la stessa maglia rossa è un altro.
È diverso, molto diverso, ma non lo immaginavo proprio e la nuova botta di vita che ricevo è proprio per lui. Inavvertitamente ed inaspettatamente.
Quando arriva lo sentono tutti, fa un gran chiasso perché saluta con un’allegria contagiosa in italiano anche se con un forte accento tedesco. Porta un vassoio di dolci e croissant per tutti dicendo di venire a fare colazione insieme e di mettere su il caffè. Sembra abituato a tutto questo, sembra sia la sua consuetudine, ma non è solo questo che mi colpisce, quanto proprio l’allegria e la luminosità che ha portato appena ha messo piede nella sede ufficiale della Ferrari.
Tutti hanno mollato qualunque cosa facessero e gli sono andati incontro a salutarlo e abbracciarlo e lui ha sorriso gioioso a tutti andando a cercare chi invece non veniva, lo guardo mentre si destreggia a suo agio fra la gente che gli si fa avanti, mani, abbracci, sorrisi e pacche.
È entusiasta ed ha passato lo stesso entusiasmo a tutti, da che erano concentrati sui loro lavori e a stento mi notavano, a che si sono accesi. È come se avesse inserito una spina.
Non pensavo mi sarei trovato a fissarlo ebete e quando arriva a me e mi nota, si accende notevolmente. I suoi occhi blu mi schiaffeggiano ricordandomi in un attimo ciò che avevo notato l’anno scorso a Melbourne guardandolo, sono più luminosi di quelli di Max, ma comunque estremamente simili. Inebetito gli stringo la mano, ma lui mi abbraccia di punto in bianco. Mi irrigidisco istintivamente perché non mi piacciono gli abbracci in generale. Li tollero solo da pochissimi. Seb mi lascia subito ma mi tiene per le spalle e mi fissa con più cura, sempre con un bellissimo sorriso.
- Benvenuto in Ferrari, Charles! Scusa per l’abbraccio, sono un tipo molto fisico! Cercherò di non molestarti! - mi parla in inglese e la mette subito sul ridere, ma ne parla immediatamente, chiarisce e trasforma in una sciocchezza una questione che poteva mettere tensione. Invece viene tutto spazzato via ed io mi ritrovo instupidito a sorridere timidamente e stringermi nelle spalle.
- Non importa, non devi scusarti. Benarrivato a te. Sono contentissimo di essere qua!
Ma forse non sembro convincente. Appena lo dico e provo a sorridere, mi rendo conto che la mia faccia ha qualcosa di strano perché lo vedo nei suoi occhi cristallini. Non ho mai visto uno sguardo più limpido e sincero di questo. Seb parla onesto a tutti, ma i suoi occhi lo fanno ancora di più.
Non ho sorriso con gli occhi, lo so che non ci riesco, non per questo non lo faccio. È educazione, devo sorridere, specie ad un’accoglienza così calorosa.
- Dai, vedrai che ti abituerai. Scoprirai presto che questa è una famiglia, se hai problemi di qualsiasi genere o dubbi devi parlarne subito. Io sono qua per qualunque cosa! Faremo grandi cose. - così parlando mi conduce verso una sala dove si sono radunati tutti per la colazione e suppongo la prima riunione ufficiale del team al completo, aspettavano solo lui che si è fatto attendere, ma dal vassoio è chiaro il motivo. In tanti lo prendono in giro dicendo proprio questo e mi fa ridere.
È così carismatico che qualunque cosa dica, anche la più idiota, tutti pendono dalle sue labbra ed anche io mi rendo conto di essere in quelle condizioni. L’ascolto come se fosse un guru anche se non è lui il Team Principal o un Capo Ingegnere. È solo il primo pilota Ferrari, un grandissimo campione, ma mi ci è voluto veramente pochissimo, forse nemmeno 5 minuti, per capire che è anche una splendida persona.
Non è solo l’ottimismo contagioso e la positività che trasmette a tutti, è che semplicemente lui risplende ed è una caratteristica che non hanno in molti.
Prima che la riunione inizi realmente, si fa colazione e c’è chi sforna caffè nella macchina espresso che suppongo in una fabbrica italiana non può mancare.
Seb tiene banco un po’ con tutti e mi spiega qualsiasi cosa, come per esempio il caffè di cui lui è un accanito fan e guai se qualche hotel anche dall’altra parte del mondo non gli fa un espresso italiano.
Gli vogliono tutti bene, tutti lo fissano come se fosse un Dio, non c’è uno che sia sulle sue o che sia esasperato da questi suoi modi esuberanti ed io mi ritrovo qua, in questo momento, mentre cerco di stare dietro a loro mostrando di mia iniziativa il mio buon italiano che spero di migliorare, lieto di sorprendere Seb in particolare.
È qua in mezzo che penso: ecco cosa voglio diventare.
Non caratterialmente, ma parlando di carisma e personalità. Voglio essere così. Quel pilota vincente e positivo che riesce a mettere insieme tutto e tutti. Quella persona che ha fatto così tante cose ottime come pilota che viene ascoltato qualunque cosa dica.
Quella persona che tutti aspettano e che quando arriva cambia l’umore in generale.
L’ispirazione che ricevo da Seb mi colpisce inaspettatamente e mi vedo così, fra qualche anno, primo pilota Ferrari che affianca un altro, magari più giovane, sono il centro gravitazionale intorno cui tutti gli altri ruotano. Non per egocentrismo o voglia di successo, ma perché è semplicemente la persona che voglio diventare.
Così come lui, vincente e carismatico, ma soprattutto vivo e felice.
E chissà, magari anche innamorato.
Il flash di lui e Lewis in giro per Singapore di nascosto come una coppia che si scambiano un tenero bacio sulla guancia, mi ritorna alla velocità della luce.
Stavano così bene insieme, voglio stare anche io così bene con qualcuno, essere felice così come lo erano loro. Voglio essere così.
Voglio uscire dalla nebbia.
Chissà se ci riuscirò magari facendomi influenzare un po’ dalla sua positività.
Chi troverò lì fuori dalla nebbia ad aspettarmi quando ne uscirò?
Altri due occhi blu mi vengono in mente. Blu mare profondo, cupi, tendenzialmente incazzati o maliziosi.
Riscuotendomi, torno a quelli più chiari e luminosi di Seb che mi chiede lezioni di italiano, cosa a cui gli altri italiani commentano che le può pure chiedere a loro ed in breve si intavola una conversazione delirante senza né capo né coda, a cui comunque tutti ridono allegri.
Da qui si comincia e penso che una delle mie ‘terapie per vivere’ sia proprio qua, a Maranello.”
Note: ancora nel mondo nebbioso di Charles, un Charles sempre più consapevole e che cerca di reagire e curarsi. Tuttavia non sa che è ancora all'inizio del suo lungo percorso e che l'aiuto lo troverà in tante cose e persone e che alcune di queste non le immaginerebbe mai. Per chi mi legge per la prima volta: nelle long fic all'inizio mi dilungo un po' sulla caratterizzazione e sulla resa dei personaggi, ma ovviamente non tutta la fic è così, quando li avrò dipinti bene arriveranno le cose interessanti ed i casini connessi. Sto scrivendo il capitolo 115 e non sono alla fine, ma è assolutamente certo che avrà la sua conclusione. Non penso mi manchi ancora tantissimo da scrivere sinceramente, appena concludo lo saprete. Nel banner del capitolo: lei è Giada, la sua ragazza di quel periodo e le foto della montagna se non sbaglio dovrebbero essere di quel periodo (inverno 2018/19). Le foto in Ferrari e con Seb sono prese dai test, non ho trovato niente del primo giorno a Maranello di Charles ma ci accontentiamo. È oltretutto vero che Andrea fa fare a Charles la preparazione alla stagione facendogli scalare le montagne di notte, ma non so da che anno hanno iniziato, ho supposto con l'arrivo in Ferrari potrebbe essere plausibile una preparazione più severa. Poi come dico sempre: prendo cose dalla realtà, ci aggiungo altre e romanzo il tutto perciò non sto scrivendo di cose vere anche se qualcosa di esso lo è. Grazie dell'attenzione. Baci Akane