19. ISOLAMENTO

sorriso

/Charles/

- Oh, sai che ho dormito con Max? 
“Il bruciore è un istante e divampa inaspettato insieme alla voce di Pierre che mi raggiunge col suo tipico entusiasmo; subito dopo sputo nel bicchiere quel che stavo bevendo. Dopo che lo faccio lo metto da parte per nulla intenzionato a proseguire con il cocktail.
Lo guardo sgranando gli occhi diventando bordeaux e sicuramente più espressivo che mai. 
- Tu cosa hai fatto con lui? - chiedo più stridulo di quel che volevo. 
Appena mi rendo conto di aver reagito più esageratamente del necessario, mi pento amaramente. Mi guardo in giro nel locale in cui siamo usciti con le nostre ragazze per un’uscita a quattro. Ogni tanto la facciamo, sono gli ultimi giorni di libertà perché sta per iniziare la nuova stagione ed abbiamo deciso di passare la giornata e poi la serata insieme. Finché le nostre ragazze sono tali. 
Al momento sono in bagno perché fortunatamente si muovono sempre in coppia e, sempre fortunatamente, vanno d’accordo. 
Così io e lui siamo rimasti soli al tavolino e lui ha avuto la bella idea di sparare la sua rivelazione. 
Tutt’intorno c’è gente che si fa i fatti propri, il locale è uno dei nostri preferiti dove gira gente di un certo tipo che ci fa passare abbastanza inosservati. Basta sapere dove andare o magari basta essere in tanti. Quando la folla è elevata chiunque tu sia non ti notano sempre, al massimo qualcuno di troppo ti saluta e ti stringono le mani, ma più di questo non succede ora come ora. 
- Ho dormito con lui, sai a quell’evento organizzato dalla Red Bull... Bulls on Ice. Siccome eravamo in Olanda e si correva sul ghiaccio lo si poteva fare solo di giorno e di conseguenza siamo arrivati la sera prima, abbiamo pernottato lì e siamo stati insieme. Non so perché il letto era matrimoniale, forse volevano risparmiare...
Pierre è logorroico ma anche nel suo parlare un sacco non mi dice le cose che mi interessano. 
- E come diavolo siete finiti a scopare? - il cuore mi batte così forte, improvvisamente, che per un istante le centinaia di persone che ci circondano svaniscono, la musica diventa un sottofondo che a momenti nemmeno percepisco. Tutto scompare, ci sono solo lui e Max a letto insieme che scopano ed io brucio. 
È un attimo talmente veloce che è quasi indistinguibile, ma io so che sto bruciando, perché di solito sono nella mia stramaledetta nebbia e lì ci sto davvero bene. 
Pierre mi guarda senza capire. 
- Scopare? E chi ha scopato? - mi dice come se fossi impazzito. Ma ora lo strozzo. Batto la mano sul tavolino fra i quattro bicchieri, uno dei quali col mio sputo dentro, e mi sporgo verso di lui minaccioso ed irritato. 
- Tu, cazzo! - ringhio a denti stretti. 
- Ma ho detto che ho dormito con lui, non... oh! - esclama improvvisamente realizzando. - Tu hai capito dormire in senso andarci a letto! No, io intendevo proprio dormire nello stesso letto! Non abbiamo scopato! - e si mette pure a ridere, lo stronzo! 
Assottiglio lo sguardo che diventa quello di un assassino, infatti lo sto per trapassare con la cannuccia che si succhia con le sue labbra rosso ciliegia per la bevanda alla fragola che sta sorseggiando. Fra quella e il profumo dolce sembra una fragola lui stesso. 
- La prossima volta parla chiaro! Mi hai fatto prendere un colpo! Tu e Max a letto insieme! Va bene tutto, ma c’è un limite alla follia! 
Non so perché sto marcando tanto sul fatto che sarebbe una pazzia, ma Pierre prima ride e poi mi occhieggia volutamente malizioso. 
- E cosa ci sarebbe di male? È un bel ragazzo, a modo suo. Più che altro, sai... è un tipo. Ha così tanta personalità che finisce per piacere quando ci hai un po’ a che fare. Comunque in generale non è male. So che tu lo odi, ma se approfondissi penso che alla fine ti ricrederesti. 
Il suo parlare di Max in questo modo mi irrita di nuovo, sento bruciare ancora quella parte dentro il mio petto ma lo ignoro evidenziando solo disapprovazione e astio. 
- Personalità da psicopatico! Se ti piace scopatelo, sicuramente riusciresti a portartelo a letto! Sei un bel ragazzo, sai come piacere agli altri! Fra lui e Daniel non so come va, ma non mi sembra uno fedele.
Il ricordo di quella sera che ha provato a baciarmi, torna spedito e mentre lui ride più divertito di quel che vorrei fosse, visto che mi sembra mi prenda per il culo, necessito di sapere di cosa hanno parlato.
- E che vi siete detti, comunque? Perché dici che non è male? 
Fingo indifferenza, come se parlassimo tanto per fare, ma in realtà mi interessa eccome. 
Non voglio che Max mi rovini Pierre. 
Lui fa un risolino sempre troppo divertito e malizioso e poi continua, vorrei sapere cosa pensa ma mi rendo conto che è meglio non saperlo. 
- Dice che ha preso male la partenza di Daniel anche se stanno ancora insieme. Mi pare che non vada benissimo. E poi voleva sapere se noi stiamo insieme, perché sembriamo una coppia. 
Per un momento fissandolo accuratamente negli occhi per capire quel che dice, percepisco qualcos’altro che alla fine si tiene per sé. So quando non mi dice tutto, per me Pierre non ha segreti e come minimo hanno parlato di me, ma il fatto che gli abbia chiesto se stiamo insieme dopo che l’aveva chiesto anche a me, mi colpisce. 
- È davvero sicuro che siamo una coppia, eh? - faccio più fra me e me. Lui sembra sapere di cosa parlo. 
- Sì, mi ha detto che gli avevi già risposto, ma era convinto. 
Alzo le spalle e fingo che non me ne freghi nulla e per fortuna arrivano le ragazze a salvarmi in corner, penso che la conversazione sarebbe finita male. Anche se avessi indagato spingendolo a dirmi cosa si erano detti, penso che mi sarei scavato la fossa. Io sono il primo a non volergli dire che Max ha tentato di baciarmi. Non so perché glielo nascondo e non so cosa mi nasconda Pierre su lui e Max. Dubito sia successo qualcosa dello stesso tipo visto che me lo direbbe senza problemi, conoscendolo; più che altro penso abbiano parlato di me ma sa che non mi piace che lo facciano alle mie spalle, così forse non me lo vuole dire per questo. 
Però va bene così. Tanto conoscendolo prima o poi verrà fuori perché poi si dimentica di cosa mi dice o non mi dice. 
Quando le ragazze tornano, io sparisco a prendere un altro giro di bere con la promessa di andare poi a ballare in pista e ci rifletto brevemente. Quel bruciore quando pensavo che fossero andati a letto insieme mi ha quasi sconvolto. 
So bene cos’era. 
Quella era gelosia. Ma per Pierre o per Max? Magari entrambi?


Siano benedetti gli occhiali da sole effetto specchio. Nemmeno se si impegnano possono vedermi gli occhi.
Grande invenzione. 
Tutte le mie fatiche per abituarmi alle emozioni e non perdere il controllo vanno nel cesso. Vorrei sapere che diavolo è andato storto con me, cosa ho sbagliato nella mia vita per essere così idiosincratico verso le emozioni forti.
Forse pretendo troppo da me, forse mi ci vuole semplicemente più tempo per fare qualcosa che non è facile come pensavo, anche se giusto, ed intanto sono arrivato qua nel primo GP ufficiale con la Ferrari.
Melbourne mi accoglie col mio solito team composto dagli immancabili Joris e Andrea, ma sono così teso che per tutto il tempo è come se fossi solo. Mi isolo tantissimo e mi do dell’idiota. 
Si inizia, caro Charles. 
Se l’anno scorso ero emozionato perché ero in F1, quello che provo ora che sono in Ferrari sul serio è abissale. Non ho termini di paragone. 
L’emozione mi colpisce mangiandomi da dentro e siamo solo a giovedì, stiamo facendo le prime cose con la Ferrari: mi prendono, mi danno le cose da indossare, mi dicono dove andare e cosa fare. Filming day, sessione autografi, momento coi tifosi e coi media. Riunioni col team al completo, la track walk. Tutto un insieme di impegni che sono sempre gli stessi di ogni giovedì di weekend di gara.
Stamattina ci sono stati i primi scatti ufficiali da pilota Ferrari ed io ero lì che dovevo posare con la divisa e mi dicevano ‘Charles, sorridi’ ed io pensavo davvero di farlo, ma quando mi han fatto vedere gli scatti mi hanno dimostrato che non ero per niente sorridente ed allora le abbiamo rifatte ed ero ancora lì a tentare di sorridere. 
Perciò adesso che sono nel paddock per altre foto, autografi e le altre cose coi tifosi, benedico profondamente gli occhiali scuri e Seb.
Seb lo benedico perché accentra tutta l’attenzione su di sé, per fortuna. È letteralmente un animale da palco e di questo gliene sono grato. Lui ride e fa ridere, è a suo agio con un microfono davanti ed è perfetto in ogni cosa che fa. Anche se lo desideravo, non so se sarò mai così.
Io sto lì e vivo della sua luce riflessa mentre mi chiedo se si capisca da fuori che sono un pesce fuor d’acqua e che sto male. Male non fisicamente e forse nemmeno emotivamente. Ma in qualche modo sto male. 
Non è che odio queste cose, mi stanno piuttosto indifferenti e forse devo solo far pace con questo aspetto mediatico, diciamo, ma non è questo che mi turba realmente. È piuttosto che mi sembra di annegare e non so perché. 
Ho bisogno di isolarmi, di stare solo, di estraniarmi e so che succede perché sto venendo investito da troppe cose tutte insieme e troppo forti ed ancora non è niente perché mi ripeto in continuazione che è solo giovedì. 
Le urla e le acclamazioni mi devastano in modo particolare. 
Sorridi Charles. Sorridi e sii simpatico perché è questo che si aspettano da te ora che sei un pilota Ferrari e sei qua vicino ad uno che ha vinto 4 mondiali. 
Tutta questa attenzione mi soffoca e per fortuna gli impegni del mattino finiscono dandomi la possibilità di prendermi del tempo per conto mio. 
Tempo che mi prendo ben volentieri per raccogliermi in un angolo nel Paddock. 
Non so nemmeno dov’è il ‘qua’. Ma sto ‘qua’ comunque, percepisco il via-vai e il chiasso intorno a me, ma è un contorno che non mi raggiunge realmente. Sono seduto su dei gradini e mi apro la cerniera della maglia rossa mentre mi appoggio con i gomiti sulle ginocchia strofinandomi il viso con le mani, le dita sotto gli occhiali che ho cura a non togliere. 
Sto sorridendo? Non credo di starlo facendo. 
Non so proprio se ce la farò. Dovrò riuscirci, prima o poi mi accuseranno di non saper sorridere, di non essere in grado di avere a che fare coi tifosi, di non essere gentile e amabile. Mi daranno dello stronzo e mi romperanno tutti le palle. 
Mi manca il respiro, eppure non fa tanto caldo. 
Pensavo che realizzare quali erano le mie mancanze ed i miei problemi con le emozioni e cercare di superarli, mi avrebbe aiutato. Ma mi sbagliavo. Non mi sento migliorato per niente ed adesso che sono qua in mezzo a questa cosa chiamata Ferrari, che non è solo una macchina da guidare ma qualcosa di molto più grande, di enorme, mi rendo conto che non ero realmente pronto nonostante tutta la preparazione proprio per questo momento. Un momento che sogno da quando ero un bambino e guardavo il GP di Monaco dal balcone di casa mia. 
Che razza di arrogante presuntuoso che sono, eh papà? Se fossi qua cosa mi diresti? 
Mentre cerco di capirlo, sento qualcun altro che si siede nei gradini dove sono io, mi si mette accanto e non mi tocca né nulla. Giro lo sguardo ed un radioso Seb mi accoglie con una tale gioia da farmi credere d’aver detto qualcosa di buffo senza rendermene conto. Ma in realtà non ride di me, mi sorride, e devo dire anche con una dolcezza incredibile. Paterno oserei dire. 
- La prima settimana andrà così. Qualunque cosa farai per la prima volta in rossa sarà così. Non aspettarti di riprenderti in tempi brevi. Ma dal prossimo GP andrà molto meglio. Non pretendere di riuscire già da oggi o domani di abituarti a questo palcoscenico. Perché è un palcoscenico, non è solo una macchina. Te ne renderai conto ancor meglio, ma vedrai che dal prossimo andrà già meglio. Non avere pretese su te stesso, per questo. Nessuno di noi le ha, non perché non pensiamo che tu non sia pronto, lo sei e sicuramente appena salirai in macchina starai meglio, ma è tutto il resto che c’è oltre al guidare in pista, che è difficile, qua. Se un giorno cambierai e proverai altri team ti renderai conto che nessun ambiente sarà come questo, te lo dico perché lo so. 
Seb parla con una calma incredibile ed anche se penso che sia logorroico, la sua tranquillità mi concilia e mi rendo conto che le mie spalle sono meno tese e le mie mani non cercano di spaccarsi le dita fra loro. 
Respiro pure meglio. Lo guardo scrutandolo attraverso le nostre lenti scure e lui mi sorride e mi parla paterno. Ecco cos’è. Paterno. 
Perché lo dovrebbe fare? 
Chi glielo ha chiesto? Non che non sia contento, ma è il primo pilota Ferrari e tutti sanno che io sono qua per rubargli la prima guida, che la mia ambizione è quella, che tutti mi additano come il nuovo futuro eroe campione di F1. Non è tenuto a farlo. Dovrebbe farlo il mio capo ingegnere oppure il Team Principal che da quest’anno è Binotto. 
Perché lo fa lui? E soprattutto come l’ha capito?
- Era così evidente? - chiedo con un tono più infantile ed abbattuto di quel che volevo. Lui sorride incoraggiante alzandosi gli occhiali scuri, i suoi occhi blu con questa splendida giornata sono più chiari e sono proprio belli e vitali. 
- Eri così teso che pensavo di prendere un archetto e suonare il violino usandoti come corda, ma non sono bravo a suonare! 
La battuta fantasiosa mi fa ridere un po’ scaricando parzialmente il nervoso. Continuo a non capire perché lo faccia, ma sono contento l’abbia fatto.
Seb è un mistero, un incredibile mistero carismatico, ma cercherò di imparare da lui tutto quello che posso,
- Do fastidio se sto qua? - chiedo poi senza rispondere niente riguardo al suo consiglio. Lui sorride ancora alzando le spalle. 
- Puoi stare dove vuoi, hai anche una splendida stanza personale di sopra se vuoi. 
Annuisco.
- Sì, lo so, ma ho bisogno di un po’ d’aria e di tranquillità. Mi riprenderò e mi abituerò, come dici tu. Solo mi sere un po’.
Lui annuisce e quando si alza sorride e non mi tocca, sebbene vedo che lo fa con tutti - una pacca, una stretta di mano, un mezzo abbraccio ed in certi casi anche un abbraccio vero. Ma ha visto che non mi piacciono i contatti. Ci ha messo così poco a capirmi.
Penso che in qualche modo mi influenzerà più di quel che penso, nel tempo. Non sarò mai allegro, esuberante ed affettuoso come lui, forse, ma penso che assorbirò molto di lui cercando di assimilare il più possibile. Perché se io voglio diventare un campione, devo imparare dai campioni e non è solo una questione di guida. Non basta guidare bene. C’è molto di più ed avendo a che fare con Seb me ne rendo conto. 
Invece di entrare nel Motorhome alle nostre spalle, scende scrivendo a qualcuno sul cellulare per poi andare verso quello Mercedes, l’unico che è a destra di quello della Ferrari poiché è il primo dall’ingresso del Paddock.
Con un sorrisino divertito mi metto gli AirPods alle orecchie e attivo la mia playlist preferita, quella depressiva con canzoni una più strappalacrime delle altre. Per il momento sono ancora così. Un giorno penso che riuscirò a cambiarla, così come riuscirò a non aver bisogno degli occhiali scuri per sorridere. Un giorno so che sarò convincente perché sorriderò sul serio con tutta la faccia, perché sarò davvero felice. Avrò quel qualcosa in più che adesso mi manca e che non mi permette di uscire completamente dal mio nebbione che continua ad accompagnarmi nonostante i miei sforzi. 
Papà direbbe che pretendo troppo da me stesso. Ecco cosa direbbe. Praticamente quello che mi ha detto Seb ed è vero, hanno ragione. 
Devo essere più clemente, darmi più tempo. Non posso pretendere di arrivare a 100 senza passare dal 50. 
Poco dopo del chiasso attira la mia attenzione e quando giro la testa per vedere da dove venga, trovo dei volti noti che sapevo di poter incontrare oggi. 
George e Alex quando mi vedono mi corrono incontro ridendo e sbracciandosi, per un momento mi sembra di non essere cresciuto, mi pare di essere ancora nelle categorie inferiori dove correvamo insieme e non ci separavamo mai. Per un momento mi sembra di uscire dalla nebbia. Da quest’anno sono passati in F1 anche loro; lo sapevo, ma non ero ancora riuscito a beccarli. Senza pensarci troppo mi alzo e gli vado incontro salutandoli con delle strette di mani e delle pacche, ci tocchiamo con le spalle come d’abitudine. Mentre li saluto sento il loro entusiasmo e realizzo che non mi sembrano cambiati di una virgola dai tempi in cui facevamo le gare insieme fino a poco tempo fa. 
Con loro c’è Lando Norris, quando io poi sono passato in F1 lui ha corso con loro e so che stavano sempre insieme, anche lui è passato da questo lato della barricata quest’anno. 
Lando non lo conosco molto, ma so chi è e nel giro di poco si fa conoscere con molto entusiasmo e partecipazione ed anche se pensavo di poter isolarmi da qualche parte, pare che non sarà questo il caso. 


Per quanto io ci abbia provato attaccandomi ad Alex e gli altri, i soli momenti in cui mi sono sentito di nuovo vivo e sereno sono stati quando ero sulla macchina, ma me l’aveva detto Seb che sarebbe andata così perciò cerco solo di stare tranquillo consapevole che il prossimo GP andrà meglio. 
Quello che mi fa rilassare veramente è sapere che quando guido, anche se è una Ferrari, sto bene e sono padrone di me. Finché non salgo sulla mia monoposto rosso fuoco non mi sembra nemmeno di essere sveglio. Cerco di partecipare a qualsiasi attività con il massimo impegno, anche se si tratta di semplici chiacchiere. 
Ho fatto tutto quello che dovevo fare, di qualsiasi cosa si trattasse, sia personale che per la Ferrari, sia per la gara che per le altre cose al di fuori, ma mi rendo conto di essere tornato in me, vivo e sereno solo quando ho ripreso il volante in mano, lì tutto si è schiarito e la nebbia si è dissolta. Solo quando succede mi rendo conto di essere stato in apnea e di essermi sforzato di continuo di fare ciò che mi sentivo in dovere.
Ci vuole tempo, mi ripeto. Ma devo continuare a provare. Provare ad uscire a tutti i costi ed in tutti i modi da questa nebbia che insiste ad accompagnarmi. 
So che ce la farò perché lo voglio e se mi metto in testa una cosa, ce la posso fare. 
Solo che mi stupisce una cosa, mentre mi preparo per la mia prima gara ufficiale, mentre mi vesto dopo i soliti riti pre-gara con Andrea. 
Mi stupisce che l’effetto della Ferrari che pensavo mi trasmettesse follia facendomi perdere più spesso il controllo com’era capitato in autunno, sia in realtà svanito in poco lasciandomi più spaesato che mai, come un pivello fuori dal rifugio sicuro. 
Non voglio dare questa idea, ma se avevo paura di non sapere gestire le emozioni finendo per perdere il controllo e fare qualche cagata, forse in realtà posso stare tranquillo. 
Quel controllo temo di non poterlo perdere così facilmente. Forse adesso questa nebbia è diventata più forte di prima e mi protegge da quello che mi spaventava, uscire dalle righe, eccedere, esagerare. 
Perciò forse non serve che io faccia niente se non guidare. Forse devo solo smetterla di essere chi ritengo io debba essere, ciò che gli altri si aspettano, ciò che dovrei, ciò che mi dicono o che pensano io dovrei essere.
Forse devo solo smettere e basta.
Forse devo solo guidare.

So dov’è Max, proprio accanto a me solo nella fila davanti, spostato in su di qualche centimetro rispetto a me. So chi ho davanti, dietro e chi c’è al mio fianco, leggermente più indietro rispetto a me e alle spalle di Max. So dove sono tutti, li fisso nella mente perché dovrò evitarli appena si parte. Dovrò evitarli e superare più possibile, ma in particolare uno su tutti. Perché è quello che so come si muove, specie alla partenza e se non parte in pole. Ha altre macchine intorno a sé, proprio come me, perciò sarà costretto a fare certe cose ed io so quali sono e ne approfitterò. Lo supererò subito, so come fare, so di poterlo fare. 
Pensando a questo l’adrenalina mi fa tremare e respirare veloce, sento i battiti furiosi in gola che sembra debbano uccidermi. Sto morendo?
Ma ecco che finalmente i semafori si accendono uno ad uno indicando che la gara sta per iniziare, il cuore va furioso in gola, non riesco a respirare, ma poi i semafori si spengono e tutto si ferma, il mio cuore, il mio respiro, la mia ansia. 
Tutto si blocca e si distende, per un millesimo di secondo è addirittura silenzio, ma subito dopo l’inferno esplode fra motori che ruggiscono, gomme che stridono emettendo puzza, il calore che incendia e le vibrazioni. Quelle arrivano in massa da ogni parte, forse dall’asfalto stesso e non solo dalla mia macchina, ma non penso più a niente, non noto più nulla.
Appena si parte il mondo accelera e sfuma e scompare e c’è solo Max nella mia testa. Max, Seb e tutti gli altri qua intorno a me. Ma è Max il mio riferimento. È lui che devo superare. Prenderò la scia di Seb e lo metterò immediatamente dietro di me, perché è la sola cosa che conta per me e mentre mi fisso su questo e mi muovo per realizzare il mio obiettivo, l’adrenalina mi scorre di nuovo nelle vene furiosa e con essa la sensazione di essere vivo, l’eccitazione e la gioia.
La gioia vera. 
Sono qua. Sono solo qua in pista. Non devo fare altro che correre, superare curve, stare in pista, evitare macchine e superare. Superare, correre e gareggiare. 
E superare Max. 
Come da me progettato, riesco a metterlo dietro per una frazione di secondo, è difficile, siamo ruota a ruota e se non stiamo attenti ci toccheremo come facevamo una volta, ma siamo cresciuti, abbiamo accumulato esperienza e per evitare un incidente in apertura, non è troppo aggressivo e così riesco a passarlo. È un attimo brevissimo, ma ce la sto facendo. Se non ci fossero tutte queste macchine intorno ce la farei meglio. So che non è fatta, lo so bene, siamo ancora tutti qua raggruppati che cerchiamo di uscire dalla parte iniziale, ma appena riconosco la macchina di Max che arriva da dietro, sempre appiccicata come se non l’avessi realmente superato, è come se mi svegliassi improvvisamente. 
Il mondo non è né sparito, né pieno di nebbia. 
Appena lo vedo nello specchietto e poi qua di nuovo accanto a me, appena capisco che sto di nuovo realmente gareggiando con lui per la prima volta dopo anni, qualcosa esplode in me ed improvvisamente tutto si riduce a lui. Solo a lui.
Il mondo è composto solo da Max Verstappen che mi sta superando di nuovo, cerco di impedirglielo ma per evitare stupidi incidenti alla mia gara d’inizio in Ferrari, non posso fare molto e purtroppo riesce a passarmi, ma da qui in poi nel mio sguardo c’è solo il culo della sua Red Bull a cui starò attaccato a tutti i costi per riprenderlo.
Devo riuscirci. Devo superarlo di nuovo.
Gliene devo restituire una o due. E pure questa. 
Gli devo dare delle lezioni e mettere in chiaro che non gli sono inferiore. 
Devo assolutamente stargli dietro e mettergli pressione, prima o poi sbaglierà perché sbaglia sempre ed io sarò lì ad approfittare. 
Ma la gara prosegue nella sua lunghezza e difficoltà e nessuno dei due sbagliamo. Gli sto appresso senza mai cedere, faccio sempre il possibile, il massimo delle mie possibilità per non sbagliare ed avere la possibilità di superarlo, ma purtroppo ad un certo punto lo stronzo davanti a me supera Seb che gli era davanti e da lì in poi non ho più possibilità di raggiungerlo. Il pezzo di merda riesce a finire sul podio in terza posizione. Contando che partiva quarto e che è finito terzo mentre io ero quinto e finisco sempre quinto, è fottutamente inaccettabile e vergognoso. 
Non per la posizione in sé o il mancato miglioramento, ma perché lui in questa gara ha fatto fottutamente meglio di me. Questo mi brucia. Il mio unico obiettivo per questa gara era superare Max e tenerlo dietro. Questo mi ero prefissato consapevole che non avrei potuto fare grandi cose. Una volta superato potevo puntare al podio, forse, ma considerando che davanti c’erano le due Mercedes e Seb, sapevo che poi non sarebbe stato facile, ma ero consapevole che la quarta posizione era un mio dovere, alla mia portata. Soprattutto doveva essere mio per toglierlo a Max. 
Maledetto bastardo, sei migliorato davvero, alla fine!
Ma non sei comunque perfetto, il tuo stile è sempre quello di un pazzo che guida contro un demonio e non contro altri piloti. Sei un po’ migliorato, te lo concedo, e non me l’aspettavo. Normalmente avresti sbagliato qualcosa ed io contavo di approfittare di questo, ma questa volta sei stato perfetto, però so che non sarà sempre così. La prossima sarò io a farti baciare il mio culo.
Quando scendo dalla macchina e rimetto i piedi per terra, mi rendo conto che solo lui mi accende come un isterico. 
Mi sento ubriaco anche senza esserlo, tremo ancora tutto, sono sudato, stanco e non so che altro, ma c’è questa frenesia, ora. Questa frenesia assurda che non riesco a capire e prima di realizzare di cosa si tratta, lo sto cercando con gli occhi istintivamente.
Lui è là davanti con gli altri vincitori, insieme a Lewis e Bottas. Li saluta, si complimenta, festeggia una prima gara straordinaria. 
Maledetto. È solo rimandata la mia vendetta, non credere che me ne sia dimenticato. 
Sento la faccia che tira in un sorrisino divertito dentro al mio casco dove sto morendo di caldo, il cuore batte fortissimo nel petto, sento l’emozione che scorre in ogni parte del mio essere, lasciando entusiasmo e voglia di riprendere questo discorso con lui, ma una mano mi batte sulla schiena girandomi, quando mi volto vedo Seb che mi tende la mano e mi fa i complimenti, lui è quarto, davanti a me. Quarta o quinta posizione non conta niente, non mi pesa questo. Quel che mi pesa è non essere lassù, primo. Per la precisione davanti a Max. 
Ma ci arriverò. Cazzo, se ci arriverò. 
Gli stringo la mano e lo ringrazio per i complimenti sulla mia prima gara straordinaria, io dico con delusione che speravo di riprendere Max, commentando severamente il suo sorpasso all’inizio, Seb sminuisce dicendo che sono stato bravissimo e di non pensarci. Andiamo insieme a pesarci e sì. Mentre sono qua che parlo della gara con lui ed incrocio altri piloti che mi fanno i complimenti, mentre cerco di capire se uno di questi è Max, mi rendo conto di una cosa. 
Sono di nuovo vivo. La nebbia non è più tornata. Forse tornerà a casa, ma ho il dubbio che mi basterà pensare a come infliggere a Max le lezioni che merita. Che sia davvero lui ad avermi aiutato, che mi ha tirato fuori dal mio isolamento forzato?”


Note: ancora nel mondo di Charles, un Charles che all'epoca era davvero molto chiuso ed isolato, stentava a lasciarsi andare ed era sempre parecchio teso negli eventi pubblici, ma che trovava sollievo solo salendo sulla macchina. La loro prima gara quell'anno andò così, con Charles che per un momento era quasi riuscito a superare Max ma che poi è stato ripreso e che l'ha inseguito per tutta la gara. Mi sono immaginata un momento fra Charles e Seb, sempre perché ogni tanto ho bisogno di inserirlo. Vedendo le cose ora dopo tanti anni, mi rendo comunque conto che in qualche modo Charles sembra aver assorbito un po' dei modi di Seb, quel suo sorridere e divertirsi in mezzo agli altri e alla folla tipico di Seb, il suo carisma, il suo sentirsi a suo agio in ogni situazione. Ed è una cosa che gli è venuta col tempo, poiché all'inizio lui era davvero molto rigido. L'equivoco con Pierre all'inizio del capitolo era assolutamente doveroso, ho praticamente scritto quello precedente solo per questa scena. Così come il pezzo finale. Max ha un certo potere su Charles e finalmente inizia a rendersene conto. Alla prossima. Baci Akane