26. UMANITÀ
/Max/
“Come diavolo si lascia la persona a cui hai voluto un gran bene? Il primo per cui io abbia provato qualcosa di così bello e positivo era lui e gli voglio bene, gliene vorrò per sempre, ma non è facile.
Non è facile per un cazzo e fanculo, non so proprio come farlo, mi lascio solo trasportare dal modo in cui mi sento, preda dell’adrenalina della gara e di quell’eccitazione che sedimenta in me per via di Charles.
Sono fottutamente attratto da lui e non solo, mi piace. Mi piace e basta.
Mi piace com’è fatto, mi piace il suo aspetto, il suo carattere da psicopatico nascosto dietro a questa bella apparenza soave e corretta. Mi piace com’è subdolo, competitivo, permaloso e quella sua percentuale di imprevedibilità che alla fine lo rende dannatamente interessante e diverso dagli altri.
Non ho mai conosciuto un come lui ed è inutile girarci intorno.
A me ora piace Charles e non posso stare con Daniel.
Non posso perché non provo più quello che provavo prima, andare a letto con lui in modo decente o anche solo avere un orgasmo è una specie di terno al lotto. Se succede è solo perché penso a Charles.
È inutile continuare, ingannerei Daniel. Non posso usare Charles per riuscire a fare sesso con lui e comunque anche per lui è difficile avere un orgasmo con me e a volte non ci riesce.
È impossibile continuare così.
Non so se con Charles succederà mai qualcosa, ma non è questo il punto.
La gente è convinta che io sia un gran pezzo di stronzo, ma la verità è che le persone a cui tengo non le ferirei mai e poi mai, non intenzionalmente.
Adesso non è bello quel che sto facendo a Daniel e so che lo ferirò perché è inevitabile.
Daniel mi ha salvato dalla merda in cui ero, mi ha regalato me stesso, il vero me stesso e mi ha dimostrato come vivere senza rimpianti; mi ha fatto capire che bisogna cercare di essere felici al di là delle gare e dell’adrenalina che proviamo in pista. È facile sentirsi bene quando corri, devi cercare di esserlo giù dalla macchina.
A me questo mancava, era sempre mancato; ero isterico e sempre arrabbiato per via di mio padre e perché non avevo altro oltre alle corse. Non avevo niente.
Daniel mi ha regalato tutto un mondo al di fuori dei circuiti, mi ha fatto vedere cosa mi piace, mi ha mostrato chi sono e mi ha fatto capire come non picchiare la testa contro il muro tutte le volte che vedo e sento mio padre.
Se adesso sono un po’ più felice anche quando non corro, lo devo a lui.
Però ora che sono uscito nel mondo e che mi sono dischiuso, ho scoperto gli altri. Ho scoperto cosa mi piace e chi.
Non credo sia colpa di qualcuno o di qualcosa, credo solo che le cose siano andate così. A volte, semplicemente, i sentimenti finiscono o cambiano.
Quando subentra la routine dovrebbe rimanere un sentimento così forte per cui vale la pena andare avanti insieme anche se non c’è più la passione folle di prima, quella che c’era quando ti sei innamorato. Dovresti riuscire a sentirti comunque felice, trovare un modo per esserlo con lui, ma quando non è così significa che semplicemente era solo il fuoco a tenervi insieme.
La nostra dimensione è semplicemente cambiata, tutto qua.
Finisco alla velocità della luce tutti i compiti che ho in F1 dopo la gara e una volta che sono pronto, gli scrivo di vederci prima di tornare indietro.
Ci diamo appuntamento in hotel, approfittiamo per recuperare le nostre cose prima di andarcene e poi viaggiamo spesso insieme fino in aeroporto. Dipende anche dai risultati che facciamo e da quanto ci dobbiamo fermare. Se uno dei due ha fatto podio, si deve trattenere di più, ma in casi come questo che nessuno dei due si deve fermare di più lo sappiamo che ci troveremo lì prima di andare in aeroporto.
Finché eravamo compagni di team volevamo insieme con la stessa compagnia che aveva la partnership con la Red Bull, ma adesso ognuno ha la sua squadra e viaggiamo tendenzialmente separati. Per viaggiare insieme dovremmo acquistare voli per conto nostro, indipendenti da quelli forniti dai nostri team. Si può fare, così come in tanti si comprano un jet privato e si muovono con quello, cosa che ho in mente di fare prima o poi, ma è un po’ una seccatura viaggiare privatamente se non hai un tuo mezzo perché devi condividere il volo con altri estranei. Anche se sei in prima classe non sarai mai solo.
Scrivergli e specificare se ci vediamo prima di tornare è come annunciare che gli devo parlare, lo so bene.
Perché lo faccio qua e ora? Perché non a casa con calma organizzando una serata decente?
Perché è adesso che ho ancora l’adrenalina in circolo, è ora che ho trovato il coraggio e la spinta. È ora che ho pensato ‘ora o mai più’. So che se aspetto di essere a casa non glielo dirò più, mi passerà la forza di farlo ed io devo. Devo farlo e basta.
Sono arrivato prima di lui, del resto ero io quello con la fretta del diavolo, perciò quando mi bussa in camera ho praticamente già raccolto tutto con nervoso e malumore. Ho detto a Sarah e a Brad che ci avrei messo un po’ di più oggi e che avrei scritto quando sarei stato pronto. Sanno entrambi che a volte faccio tardi e che me la prendo comoda, non so quanto sanno e se hanno capito qualcosa, ma non me ne frega niente. In realtà di loro mi fido abbastanza o non li avrei mai assunti per farmi da assistente e da PT.
Daniel sorride come sempre, ma vedo una luce nei suoi occhi. Una luce simile a quella che vedo sempre in quelli di Charles.
Ripenso di nuovo a lui e scuoto la testa spontaneo. Cazzo non ne posso più.
È sempre nella mia mente ed è assurdo perché non c’è realmente nulla fra noi, ma non riesco a non pensarci con ogni scusa.
Lo sa. Sa benissimo che cosa sta per succedere, che siamo agli sgoccioli, che ogni momento è quello giusto.
Daniel si protende verso di me per lasciarmi un bacio sulle labbra a stampo, un saluto veloce classico fra noi senza farci molto caso, ma anche questo ha un retrogusto amaro.
- Allora sei incazzato? - mi chiede gironzolando nella camera. Non cerca nemmeno più di scopare con me.
Prima queste incursioni post gara prima di andarcene, erano per una scopata in fretta perché non potevamo farne a meno, perché dopo le corse c’è sempre la frenesia e l’eccitazione dovuta all’adrenalina, per ogni pilota è così. Noi due eravamo praticamente due arrapati con la voglia continua di sbatterci, ma adesso è lentamente diventato un dovere fino a che abbiamo smesso di provarci.
Si cambia, suppongo.
Noi, le cose, il mondo, la vita.
Si cambia e basta.
Ho sempre accettato tutto quello che mi capitava senza nemmeno pensarci, ma adesso ci penso perché fa male. È triste.
È fottutamente triste.
- Prima lo ero, anche se sono convinto che Seb ogni tanto si rincoglionisca e non si ricordi come si guida, probabilmente è colpa della Ferrari, chi va là cola a picco prima o poi... mi ha tolto il podio e l’ha regalato al suo figliolo!
Lo dico con ironia cercando di essere più acido che posso, ma in realtà non mi fotte proprio un cazzo di questa cosa.
Daniel ride, ma è meno divertito di quanto lo sarebbe normalmente.
- Non sai cos’è davvero la pressione finché non sei la prima guida della Ferrari, dicono... - è vero, lo dicono. Guarda Fernando prima di Seb... credo che Charles abbia un destino segnato, ma chi lo sa.
Daniel cerca di giustificare Seb perché sono amici e non mi turba la cosa.
Pensando a quanta gente gli vuole bene e a quanti amici ha, un po’ mi conforta: troverà il modo di stare meglio.
Daniel si siede nel letto guardando distrattamente le borse piene da chiudere. Stacco il caricabatterie dalla presa e lo getto in una di queste.
Cazzo, non voglio farlo. Non voglio.
Perché devo farlo?
Non posso rimandare?
Ma penso a Charles, penso alla prossima volta che lo incrocerò e alla voglia che avrò di provocarlo in qualche modo per procurargli una reazione a me.
Non voglio più avere freni. Odio guidare coi freni. Io devo andare veloce, devo fare le curve ad una velocità folle senza riflettere sulle conseguenze.
È questa la vita che voglio vivere.
Adesso sto vivendo col freno sempre pigiato.
Voglio togliere questo dannato freno.
Sospiro, faccio un sorrisino che scema nell’amara tristezza. Mi appoggio al tavolino di fronte al letto dove ho appoggiato le mie cose. Incrocio le braccia al petto e sto ancora un po’ zitto a fissarlo.
Daniel smette di sorridere di circostanza, mi guarda a sua volta in un incredibile silenzio. Non è mai capace di stare zitto.
Perché devo farlo io?
Non provi lo stesso anche tu? Perché lo fai fare a me?
Ma va bene così, dopotutto le ultime trombate che ho avuto con te sono riuscite solo grazie alle mie fantasie su Charles.
Mi mordo il labbro, fisso i suoi occhi come se potessi leggergli nella mente, ma scorgo solo le luci delle lacrime pronte a scendere.
Ci siamo sempre capiti così bene e al volo, senza bisogno di parlare e dire chissà cosa.
La prima volta che ti ho baciato è stato perché sapevo profondamente che anche tu volevi che lo facessi.
Ci siamo sempre capiti bene, per questo è inutile girarci ancora intorno.
È una conversazione che entrambi abbiamo già fatto mille volte dentro noi stessi.
- Lo sai cosa dobbiamo fare, vero?
Mi esce così come se fosse ovvio, ma sento una tale malinconia nella mia voce che a momenti nemmeno la odo io stesso.
Daniel sorride e si morde il labbro contemporaneamente. Non ho mai visto un sorriso più triste.
Annuisce.
Ora gli occhi sono davvero lucidi.
Ti prego.
Ti prego, sii forte perché se crolli tu qua è un casino per me.
Sono certo che è la cosa giusta da fare, ma fa fottutamente male.
Quando è diventato così doloroso stare insieme?
Quando è cambiato tutto?
Ci ho pensato mille volte in questi mesi, se dovessi dire un momento in cui ho iniziato a sentirmi diverso mentre stavo con te, non posso non pensare a Singapore dell’anno scorso.
Perché ho per la prima volta desiderato qualcun altro.
Hai cominciato a non bastarmi.
- Come siamo finiti a questo punto? - chiede poi in un mormorio sommesso.
Se da vecchio dovessi ricordare qualcosa di atroce nella mia vita, uno di quei momenti sarà sicuramente questo, la sua voce spezzata. Parla così piano proprio per non perdere del tutto il controllo.
Il sorriso più triste che io abbia mai visto continua ad aleggiare nel suo viso che credo d’aver amato. Ma poi che ne so dell’amore? Uno come me, così rovinato da suo padre, che cazzo ne sa dell’amore?
Forse è questo il punto, no?
- Semplicemente siamo cambiati. Noi, le cose fra noi...
Cerco di metterla giù più facile che posso. Non voglio che si addossi delle colpe o che veda dei nemici.
Nessuno è colpevole se non io stesso.
Perché sono fottuto dalla nascita, è questo il punto.
Sono fatto in modo difettoso, sono strano, sono diverso dagli altri.
Daniel sospira e scuote la testa distogliendo lo sguardo che deve essere pieno di lacrime.
- Alla fine avevi ragione tu a dire che se me ne sarei andato sarebbe stato l’inizio della fine della nostra relazione? - lo chiede con coraggio, facendosi forza.
La sua voce trema ancora, esce quasi inaudibile.
Fa così impressione.
I brividi mi ricoprono e vorrei solo annullare questa distanza fra noi e stringerlo e dirgli ‘no, un’altra volta. Ancora per un po’ stiamo insieme’.
Ma sto fermo con una forza che non so da dove mi deriva.
Ripenso a prima, alla gara. A Charles che è andato contro i suoi tipici principi di guida cambiando stile pur di darmi questa lezione. A quanto mi è piaciuto.
A quanto gli sarei saltato addosso se fossimo stati sul podio insieme, se avessi avuto una cazzo di occasione da qualche parte, in qualche momento.
- No, non lo so. Semplicemente ci siamo persi. Credo che succeda e basta. Non è colpa di nessuno. Le cose vanno da sole, cambiano. Cambiano sempre. Niente resta uguale.
Ma non so se è vero, non so se la vita funziona davvero così.
Sono figlio di genitori separati, non ho mai avuto esempi di amore vero e duraturo. Non so nemmeno cosa sia veramente l’amore se non quello di una madre al proprio figlio, ma quello non è un amore innato e normale, no?
Per un momento mi viene in mente mio padre. E l’amore di un padre non dovrebbe essere innato e normale anch’esso? Non dovrebbe esistere anche quello?
Lascio andare il pensiero e torno a guardarlo. Lui è spezzato, totalmente spezzato, non sa che dire, che fare, così sospira, annuisce e si alza facendosi forza.
Non riesce a dire niente, la mia bocca diventa di piombo così come il mio corpo che rimane piantato qua dove sono. Lui arriva davanti a me piano come se ogni passo fosse una tortura. Il mio cuore va a mille e fa male, fa dannatamente male.
Sbarro gli occhi e lo fisso immobile.
Daniel arriva davanti a me, si ferma senza toccarmi. Guarda in una delle borse nel tavolino su cui sono appoggiato, prende una delle maglie, se la porta al viso, l’annusa chiudendo gli occhi, poi con un sorriso malinconico che non dimenticherò mai, mi saluta.
- Va tutto bene. - dice infine. Non so da quanto non respiro. - Ci vediamo a casa. - conclude piano.
Sarà inevitabile.
Dopo di questo, tenendosi la mia maglietta, se ne va dalla camera.
È atroce. Assolutamente atroce.
La cosa peggiore che io abbia mai fatto.
Spero di non doverlo fare più. Cazzo, che merda che sono.
Che schifo che mi sento.
Fanculo. Fanculo davvero.
Alzo gli occhi verso il soffitto e faccio lo sforzo più grande della mia vita per non piangere. Non serve a nulla piangere. Non devo farlo.”
/Charles/
“Il piano questa volta c’era.
Mentre io sbrigavo le mie faccende in circuito da terzo classificato, Andrea e Joris recuperavano le mie cose in albergo già pronte ed impacchettate in camera, poi venivano a prendermi per andare in aeroporto.
Era un bel piano e sicuramente perfetto, se non fosse che i due geni del male, andando via durante la mia press post gara, non avessero preso tutte le mie cose, anche il mio cambio per andare via direttamente dal circuito.
Dovevo farmi una doccia veloce qua in Motorhome e vestirmi in borghese, ma rimanendo praticamente solo con la tuta di gara e lurido di Champagne e sudore, non avevo scelta che dirgli di cambiare programma e aspettarmi là.
Mi sono fatto portare da qualcuno che come me andava in hotel e mentre ci vado leggo i messaggi che mi sono arrivati, recupero quello di Pierre fra i molti ricevuti pieni di complimenti per il mio podio.
‘Ho visto Daniel che usciva piangendo dalla camera di Max. E Max non è più uscito dalla sua!’
Che fa ora, si preoccupa per Max? Lui e Pierre non viaggiano insieme anche se sono entrambi Red Bull, perché vivono in città diverse, però suppongo che si aspettava di vederlo prima di partire. Ma che stiano diventando davvero così amici da aspettarsi e muoversi insieme per le varie location?
Questa cosa occupa gran parte del mio cervello, solo a scoppio ritardato realizzo il significato reale di quel che ha detto e spalanco gli occhi rileggendo il suo messaggio. Guardo l’ora in cui me l’ha scritto e poi quello attuale mentre faccio due calcoli su quanto tempo possa essere trascorso, ma non riesco a capire più un cazzo perché il cuore finisce per battermi più veloce di quel che avrebbe senso.
Dalla gelosia su Max e Pierre alla shoccante logica deduzione.
Lui e Daniel si sono lasciati?
Mi mordicchio il labbro mentre mi insulto sperando di riuscire a riprendermi.
Ero appena tornato normale, dannazione.
Perché questa notizia mi tocca tanto? Non dovrebbe!
Non sono cazzi miei quel che fanno, piuttosto perché Pierre aspettava Max per andare in aeroporto visto che non viaggiano insieme? Pierre vive a Milano, Max a Montecarlo come me. Tuttalpiù io e lui potremmo viaggiare insieme se avessimo un jet privato, perché finché usufruiamo di quelli forniti dalle partnership dei nostri team, naturalmente, non possiamo farlo.
MA CHE CAZZO DICI CHARLES! RIPRENDITI!
Sto sragionando!
Sono discorsi totalmente senza senso. Comunque è passato un po’ dal suo messaggio perciò penso che non sia più qua.
Fingo di non aver letto niente anche se vedrà le dannate spunte blu e mi chiederà fra pochi istanti perché non dico niente.
Scendo dalla macchina e ringrazio sbrigativo per il passaggio, poi entro subito dentro come uno schizzato.
Sembra mi scappi la cacca. Non sono cose strane, capita che scappino bisogni grossi e quindi facciamo la grande fuga appena possiamo, non tutti si sentono a loro agio a fare certe cose nei bagni che si trovano nei circuiti.
Ma si possono avere pensieri più idioti?
La cacca?
Davvero Charles?
Salgo veloce in ascensore, mi sento un pazzo. Non voglio sentirmi così. Stavo bene, mi ero calmato, ero normale ed ora di nuovo questa frenesia irrefrenabile.
MA PER COSA?
Appena si aprono le porte dell’abitacolo, mi precipito fuori a testa bassa senza nemmeno guardare avanti, ma non faccio nemmeno un passo completo fuori che finisco letteralmente fra le braccia di qualcuno.
Imprechiamo insieme, io lo faccio in francese, mentre lui è estremamente seccato e molto sgarbato, ma appena il mio cervello registra il suo timbro basso e graffiante, mi ricopro di brividi dalla testa ai piedi.
Davvero?
DAVVERO?
Max mi tiene per le braccia mentre io tengo lui per i fianchi, là dove sono finite le mie mani dopo essermi scontrato con questo muro umano.
Pochi centimetri a separare le nostre facce perché di fatto ci siamo proprio scontrati, insomma sono fra le sue braccia.
Spalanco gli occhi ed avvampo, mi sento in fiamme ed in un istante il mio cervello si spegne ancora più di prima, e già prima si era dileguato.
Apro la bocca per dire qualcosa di senso compiuto, ma mi esce solo un ‘scusa’ in francese.
Appena parlo, noto subito i suoi occhi spalancarsi ed è come se venisse attraversato da una scossa, tanto che penso di avergli pestato il piede. Ma il suo irrigidimento non è di dolore, è proprio... qualcosa che non so decifrare, in realtà.
È qualcosa, ma mi perdo nei suoi occhi cupi e addolorati.
O ha pianto o stava per farlo.
La consapevolezza mi investe come una macchina a 320 chilometri all’ora, mi sfracella e mi fa sentire strano. Strano come?
Strano, non lo so.
È tutto troppo veloce, dal momento in cui gli sbatto contro a quello in cui ci guardiamo e noto che sta malissimo, passano pochi secondi, ma sono secondi che mi paiono eterni visto quante cose sento e noto. Cose che non so comunque comprendere.
- Scusa... - ripeto in inglese. Quando torno alla lingua che si parla comunemente, è come se anche Max si riprendesse e reinserisse la spina.
Scuote il capo e si stringe nelle spalle lasciandomi, si fa in parte per farmi passare e così, a malincuore, esco dall’ascensore dove eravamo rimasto incastrati in mezzo.
Lui entra al mio posto trascinando la valigia ed il borsone che aveva appoggiato giù; prima di lasciarci e proseguire ognuno per la proprio strada, torniamo a guardarci e le porte stanno per chiudersi, ma è così evidente che ha qualcosa.
Sì, ovvio che ce l’ha, ed è ovvio che me ne sono accorto. Non dovrei fare niente?
Ma che me ne frega?
Io lo odio, è il mio rivale, è uno stronzo. Lo è?
È davvero uno stronzo?
Sotto la luce dell’ascensore più accesa di quella in corridoio, guardo meglio gli occhi, le iridi blu sono più buie e cupe. Sta proprio di merda. Non saprei dire se ha pianto, forse no, ma credo lo stesse per fare. Si vede un sacco che è sul limite.
Le porte si stanno chiudendo fra di noi in questo momento che sembra onirico, sembra che nessuno dei due sia in sé, ed io infilo all’ultimo istante la mano e blocco la chiusura istintivamente.
- Tutto bene?
È una domanda che esce fuori dal mio controllo, non la volevo fare, volevo andarmene ignorandolo come ho fatto finora. Ma no, non lo faccio.
Non posso farlo.
Di nuovo davanti a lui perdo il controllo, ma questa volta non per cose che riguardano le gare o qualche sua carognata, né per qualcosa a sfondo sessuale. Per la prima volta mi rendo conto che è umano.
Sta male, sta proprio malissimo.
È uno straccio.
Max stringe le labbra carico di una tristezza talmente evidente e per nulla nascosta, che paradossalmente lo invidio.
Come fa a non avere paura di dimostrare quel che prova? Come fa a riuscirci così bene? Quando io penso di farlo, poi mi rendo sempre conto che ero come sempre nel mio insipido grigio.
Scuote la testa senza nemmeno fingere né provarci.
- No.
Ma non mi dirà cos’ha ed io non glielo chiederò, perché lo so e non dovrei saperlo e comunque non siamo due che parliamo. Non l’abbiamo mai fatto e non ha senso iniziare ora.
Non ha proprio senso.
- Mi dispiace.
Eppure la mia bocca di nuovo parla da sola contro ogni mio pronostico e volontà.
Sono sincero.
Lui annuisce e fa il vago cenno di un sorriso di gratitudine, mi rendo conto che è doveroso, però vuole solo piangere e qua, mentre lascio andare le porte, mi guarda sfilare la mano e per un momento tende i muscoli, come se resistesse ad un impulso.
Penso che lo farà, sono convinto lo farà. Invece poi sospira e rilassa il corpo lasciando che le porte ci separino definitivamente senza fare nulla.
Istintivamente sospiro per poi realizzare di nuovo shoccato.
Si è lasciato con Daniel.
Questa certezza mi paralizza al punto che rimango qua davanti alle porte chiuse senza muovermi.
Max si è lasciato con Daniel, mi ripeto immobile senza ricordarmi per cosa sono venuto qua.
Perché questo mi sembra abbia un significato rilevante per me?
Riprenditi, Charles.
Riprenditi, cazzo.
Torna in te.
Non è niente che ti riguardi, proprio niente. Un cazzo di nulla.
Fatti i cazzi tuoi, fatti la tua vita. Scrivi a Pierre, vai a farti una cazzo di doccia gelida e poi vattene a casa. Non ti aspetteranno per sempre, sai?
Muovi il culo. Torna alla tua vita.
Smetti di pensare a lui, alle sue lacrime e alla sua tristezza che per un momento ti ha paralizzato.
Smetti di pensare alla sua incredibile umanità e fragilità.
Smettila.”
Note: le pratiche consuete post gara penso che varino molto, se non sbaglio ci sono volte in cui si va via direttamente dal circuito ed altre in cui invece si passa prima in hotel a recuperare tutto e ripulirsi. Non penso ci sia un programma fisso, suppongo che chi ha assistenti come Charles magari sfrutti loro durante le incombenze post gara. So che Max ha (o meglio aveva, adesso non so se c'è ancora o se sia cambiata) un'assistente ed un personal trainer, ma non credo sia tipo da girare sempre con loro come Charles, perché lui ha con i suoi un rapporto d'amicizia, credo Max abbia un rapporto diverso, più professionale, ma sono solo mie ipotesi. Ho cercato nomi, ho trovato qualcosa ma potrebbero anche non essere esatti. In ogni caso qualcuno avrà avuto di sicuro. Anche la questione dei voli e degli spostamenti varia da pilota a pilota, tendenzialmente per quel che ho visto i team hanno partnership, ma i piloti possono anche decidere di viaggiare per conto proprio (con voli di linea pubblici oppure jet privati). In quel periodo Max non aveva ancora il suo famoso jet privato e sinceramente penso volassero comunque insieme lui e Daniel, ma per esigenze di copione ho fatto così. Sono comunque dettagli.
Adesso Max ha lasciato Daniel e Charles l'ha scoperto. Le cose stanno cambiando sul serio e ormai l'effetto domino è stato innescato da un po', solo che gli effetti iniziano a vedersi ora. Alla prossima. Baci Akane