27. PER UN ABBRACCIO
/Max/
“Era come se non riuscissi più a svegliarmi. Mi sentivo preda di un incubo dove sei spettatore delle cose orribili che ti succedono e non sai come fermare tutto quello.
Ti lasci trasportare nella speranza che prima o poi in qualche modo finisca.
E poi, finalmente, qualcuno mi sveglia.
Non lo scontro con lui, ma il suo ‘Excusez-moi’.
Appena sento la voce di Charles parlare in francese, il mondo torna improvvisamente visibile; è come se il buio in cui viaggiavo svanisca in un attimo. Il corridoio e l’ascensore aperto prendono forma ed io lo guardo meravigliato rendendomi conto solo ora, perdendomi nei suoi occhi verdi, che sono letteralmente fra le sue braccia e lui è fra le mie.
Ci teniamo agganciati per un momento che mi sembra più lungo di quanto non lo sia in realtà, poi ci lasciamo subito ma non c’è imbarazzo. C’è dispiacere, almeno da parte mia.
Per un momento, lì con le sue mani sui miei fianchi, stavo bene.
Charles? Davvero mi sono scontrato con Charles proprio ora?
Mi sposto e lo faccio uscire così recupero le mie cose e mi infilo in ascensore al suo posto.
Non riesco a parlare o dire niente, non riesco nemmeno a nascondere la mia faccia terribile e l’umore nero. Si vede che sto male, questa volta il suo sguardo, che di solito è sempre uguale, sempre assente, si inchioda sul mio viso e mentre stanno per chiudersi le porte, non posso fare a meno di pensare che stavo bene fra le sue braccia.
La sua mano improvvisamente si infila sulla chiusura e la blocca, le ante si riaprono e una scarica di stupore mi attraversa.
- Tutto bene? - chiede con una delicatezza che mi si pianta nel cervello e forse anche nel petto.
- No. - rispondo spontaneo senza pensarci un istante. Sto di merda e si vede e non devo fingere proprio un cazzo, non come fai tu che se qualcuno sa cosa provi davvero forse cade il mondo.
La sua mano resta lì sull’anta a tenerle aperte.
C’è un momento. C’è un preciso momento fra noi, è come una rivelazione.
- Mi dispiace. - risponde poi.
Abbraccio.
È questo che mi serve.
Mi serve un abbraccio. Ho bisogno di un abbraccio.
Cazzo, abbracciami Charles. Ti prego.
Fisso la sua mano ferma lì, mi tendo allo spasmo.
Sto per abbracciarlo io.
Sto per prenderlo e tirarlo dentro e stringerlo.
È questo ciò di cui ho bisogno.
Ho bisogno di un cazzo dei abbraccio.
Forse uno vale l’altro, ma ho bisogno di essere stretto.
Invece sfila la mano, rimango teso fino alla fine, però poi le porte si chiudono ed io rilascio i muscoli pentendomi di non averlo fatto.
Era sbagliato, mi sarei scavato la fossa, ma ne avevo bisogno.
Gli occhi tornano a bruciarmi.
Come posso stare così se l’ho lasciato io?
Sono proprio un idiota.
L’ascensore scende richiamato da qualcuno e quando le porte si riaprono spero che come per magia ci sia Charles, allora lo abbraccerei e fanculo.
Perché quando stiamo di merda e soffriamo come cani ci serve il contatto fisico?
Sarah appare davanti alle porte del piano terra e mi guarda sorpresa di trovarmi qui, sempre con una faccia che è tutto un programma.
- Ero preoccupata, non venivi più... - dice poi.
- Sì, sono qua. - rispondo a stento. Recupero le mie cose ed esco passandole accanto senza toccarla né dire niente.
No, non è che mi andava bene l’abbraccio di chiunque. Non era quello.
Era il suo.
Mentre Sarah fa il reso della camera a nome mio, io vado fuori verso la macchina già pronta.
Non dirò niente per tutto il viaggio, me ne starò ben zitto, nessuno oserà dire mezza parola. Non toccherò nessuno. Non abbraccerò nessuno. Non dirò niente. Non farò niente.
Poi, stasera, berrò un dannato gin tonic. O anche due o tre.
Nelle condizioni mentali ed emotive in cui ero non ho voluto mettere piede a casa se non di corsa per mettere giù le mie cose, mi sono cambiato subito e poi ho scritto a tutta la truppa dicendo che necessitavo di distrarmi, che avevo bisogno di uno o due gin tonic.
Sono i miei amici da una vita, mi conoscono bene e mi fido ciecamente, ma non al punto da dirgli di me e Daniel. Non l’hanno mai scoperto né intendo dirglielo, ma so anche che se dovessero venire a saperlo non mi preoccuperei. So che mi sosterrebbero e non ci sarebbero problemi di alcun tipo.
Perciò visto che stasera ho proprio bisogno di perdermi e distrarmi e stordirmi fino a distruggermi, so che sono in buone mani.
Mi affido totalmente a loro nella più totale consapevolezza che tornerò a casa senza ricordarmi come.
La musica è forte e battente, sembra un martello pneumatico, è di quelle che ti rincoglionisce e che non ha nemmeno senso sentire. Non ho mai avuto la sensibilità per la musica, né per nient’altro a quanto pare: è qua, è forte, tuona potente penetrandomi nel petto e dettando il ritmo del mio cuore e non riesco più a connettere un cazzo di neurone nel cervello.
Sono finalmente spento grazie al posto giusto in uno dei club esclusivi di Monte Carlo dove si può essere nessuno in mezzo a gente schifosamente ricca ed importante, in mezzo ad una folla che è talmente rincoglionita dalla musica, dal bere e dalle luci psichedeliche basse che nessuno guarda nessuno, nessuno ti mette a fuoco.
Puoi svanire come ti pare, cancellarti, esattamente come volevo.
Non sono uno che gode a fare male agli altri, specie a quelli a cui voglio bene. Perché io a Daniel gli voglio bene davvero, ma non c’è più l’attrazione di prima. Quella cosa che c’era prima che ci faceva trombare di continuo è finita e dobbiamo farcene una ragione.
Lui non avrebbe mai avuto il coraggio di fare questo passo di merda, perciò è toccato a me.
Fra un po’ ci passerà, quando vedremo che riusciamo a stare insieme meglio di prima perché non ci sarà più l’obbligo di cercare un orgasmo insieme.
Non è più quella la nostra dimensione.
I miei amici hanno perfettamente capito di cosa avevo bisogno e mi hanno portato qua. Quando ho detto che avevo bisogno di distruggermi solo per stasera siamo venuti qua. Non mi hanno chiesto nulla, sapendo della gara hanno pensato che fossi nero per quella, poi probabilmente ho iniziato a bere troppi gin tonic e la mia linguaccia deve aver parlato troppo.
Che cazzo ne so.
Dal momento in cui ho finito il primo e sono passato al secondo ho perso il conto e lentamente anche grazie a questa musica prepotente ho perso anche me stesso.
Proprio come volevo.
Dopo un paio di drink qua in uno dei divani, ci alziamo ed andiamo a muoverci un po’ in mezzo alla folla che ci soffoca.
Non sono nessuno, stasera qua dentro.
Sono circondato da un sacco di gente che mi sembra tutta uguale e le luci basse intermittenti rendono comunque inutile cercare di identificare qualcuno. Del resto non voglio conoscere nessuno di quelli che mi circondano ed in poco tempo perdo di vista i miei amici mentre continuo a succhiare gin tonic come se non ci fosse un domani, ma muovendomi e sudando, quel che metto dentro va anche parzialmente fuori.
Da quanto sto ballando?
Un momento, ballando? Io che ballo?
Beh, questa roba non è che si può ballare, stai in mezzo ad una massa di stronzi sconosciuti e ti muovi come diavolo capita senza rendertene conto.
Uno dei miei amici mi prende il bicchiere e me ne mette in mano un altro e mi sorprende perché finora sono sempre stato io a rifornirmi, so che loro in questi casi tendono a cercare di rimanere sobri per recuperarmi quando è il momento giusto e loro sanno qual è quel momento.
Perciò sono con loro, perché mi fido.
Ma solo quando prendo il nuovo bicchiere pieno di ghiaccio e gin tonic mi rendo conto che non può essere offerto da loro, lo guardo corrucciato senza capire e poi fisso chi me l’ha fornito.
Le luci si accendono e spengono di continuo e resta difficile riconoscere di chi si tratta, ma non credo di conoscerlo.
È un bel ragazzo.
Quello lo capisco.
Probabilmente è gay.
Dopo un attimo di stordimento alzo le spalle, sollevo il bicchiere come a ringraziarlo ed inizio a bere. Il secondo successivo gli sono avvinghiato contro e balliamo insieme. Sempre contando che quel che si fa non è ballare ma saltellare e muoversi senza nessuna intenzione reale.
Le sue mani finiscono sul mio culo in un chiaro messaggio che non mi turba. Non provo niente. Non provo proprio un cazzo, perciò ci sto per vedere che succede se vado con un altro.
Ma è probabile che non capisco realmente nulla di quel che faccio, faccio e basta. Perché è così che mi piace vivere. Facendo e basta, senza pensare, senza progettare, senza intenzioni. Lasciarmi trasportare dall’istinto.
Mollo il bicchiere vuoto da qualche parte e finisco con lui in una zona appartata verso i bagni, ma più in parte e più buia. Percepisco nella nebbia della mia testa altra gente, ma non si vede veramente niente. Sicuramente stanno facendo quel che sto facendo anche io girato verso una parete che mi regge, lui dietro di me che mi abbassa i jeans giusto quel che basta e che mi prende tenendomi per i fianchi. Io leggermente piegato, lui che spinge ed io che gli vado incontro a mia volta.
Inizio a sentire il mio corpo grazie al suo cazzo dentro di me che mi trasmette parzialmente la sensazione di qualcosa di estraneo, forse sono delle fitte perché non mi ha preparato bene, ma è meglio così. Il dolore mi fa riemergere dalla nebbia della mia mente e dal caos, ma siccome sono pieno d’alcool in corpo non lo sento realmente molto. Poi diventa bello, il piacere inizia a mescolarsi al male e tutto è un fottuto casino in me, proprio quello che volevo. Proprio quello che cercavo.
So che sto gemendo e che non si sente niente perché la musica rimbomba fin qua e so che mi fotte con sempre più forza ed impeto proprio come piace a me.
Lo sconosciuto mi sbatte forte, riesce a toccare quel che serve per farmi sentire un fottuto piacere che si espande in mezzo a questo disastro che c’è in me.
Un disastro che, mentre vengo, prende una forma.
La forma ha un viso ed è quello bello e perfetto di Charles.
Il suo mancato abbraccio, prima, torna prepotente in me e il mondo riprende lentamente forma mentre lui sfuma. Il muro su cui appoggio, il buio, la musica rumorosa ed uno appoggiato dietro di me.
Un barlume di lucidità mi invade la testa e quando sento la sua bocca che risale sul mio collo alla ricerca della mia bocca scuoto la testa e spingo con le mani contro il muro, mi stacco per poi sfilare via brutalmente. Mi alzo i jeans e me li sto chiudendo mentre me ne vado, quando la sua mano mi afferra per il braccio tirandomi a sé.
- Ehi! - esclama seccato. Io mi giro stizzito dimenticando i jeans che restano aperti ed alzo la mano pronto a sbattergliela dove capita pur di scrollarmelo di dosso.
Ruggisco allo stesso modo, alzando la voce: - No, ehi tu! - faccio brusco.
Ma lui mi blocca il passaggio verso il locale.
- Mi scarichi così? - parla in inglese avendomi sentito parlare in quella lingua, ma io faccio dietrofront e con un semplice: - Vaffanculo! - vado verso i bagni da cui proviene un po’ di luce.
Ho un caldo micidiale, sono sudato e disfatto anche se non so quanto perché non ho una reale concezione di me. Sento la maglietta tutta appiccicata, i capelli sulla fronte sudata, i pantaloni ancora aperti in una fuga inequivocabile. Ho bisogno di acqua fresca.
Sto per entrare in bagno quando la sua mano si serra sul mio polso per fermarmi di nuovo, sto per tirargli un pugno di riflesso quando la porta davanti a noi si apre, la luce ci investe accecandomi, chiudo gli occhi abbassando la guardia ed il pugno che stavo per dargli, ma è così che lui ne approfitta e mi tira a sé.
Mi sale l’istinto più omicida che abbia mai avuto, anche perché nonostante io abbia sudato e scaricato parecchio alcool, ne ho ancora molto in circolo e proprio stasera, cazzo, non è serata. Non rompetemi i coglioni.
Non faccio in tempo a fare nulla che qualcun altro mi prende il braccio vicino alla sua presa ancora molto forte. Apro gli occhi che si abituano alla luce e metto a fuoco due mani di troppo. Una su di me, l’altra sul polso dello stronzo con cui ho scopato.
Vedo solo questo, ma sto per risalire al viso del proprietario quando una voce familiare ed inequivocabile parla in francese.
- Ehi, che fai? Lascialo!
I brividi partono di riflesso. Il suo è un tono molto più deciso e prepotente del solito con cui sono abituato a sentirlo; il suo francese, la sua erre meravigliosa, il suo accento mi riporta bruscamente e brutalmente alla realtà e quando i miei occhi puntano su di lui, rimango shoccato nel vedere proprio colui che mi aveva fatto venire quel desiderio incomprensibile di essere abbracciato.
Charles è qua.”
/Charles/
“È come uno schiaffo in piena faccia.
Succede tutto d’improvviso ed inaspettatamente.
Apro la porta del bagno e mi ritrovo la faccia disfatta di Max che si ferma, chiude gli occhi accecato dalla luce ed un tizio dietro lo afferra per il polso strattonandolo.
È un istante: smetto brutalmente di ragionare, la mia testa si spegne e divento totale istinto in una di quelle rare volte dove, stranamente, non mi parte l’ormone ma il raptus.
Afferro impulsivamente i loro due bracci con l’intenzione di liberare Max dalla presa di sto tizio e stringo il suo polso come per spaccarglielo.
Non sono una persona particolarmente violenta, anzi. Quello irascibile è Max ed è strano che si sia fatto sopraffare, ma non ho fatto in tempo a metterlo bene a fuoco, altrimenti avrei notato la sua aria terribilmente fuori dal suo normale modo di essere.
Prima di realizzare dettagli vari, dico sul piede di guerra: - Ehi, che fai? Lascialo!
Mi esce un tono piuttosto arrogante, di solito sono sempre controllato o perso per un mondo alternativo dove nessuno mi fa scomporre, ma adesso sento il sangue ribollirmi.
Chi diavolo è sto tizio e che vuole fare a Max?
Stringo la presa fino a che molla e solo dopo li lascio andare. Alla luce del bagno potrebbe capire chi siamo, ma ad un’occhiata attenta capisco che sto qua è completamente fatto e dubito si ricordi il proprio stesso nome, perciò scuote solo la testa e si concentra su Max prima di andarsene.
- Non ti ho obbligato io a scopare, sai?
Il tipo parla in inglese e capisco perfettamente cosa dice.
- Sì, beh, e dopo cosa vuoi, la fede nuziale? - risponde acido Max spingendolo irascibile con una manata sul petto. Adesso lo riconosco, anche se è veramente molto disfatto.
Dopo di questo finalmente lo sconosciuto lo manda a fanculo con un gesto inequivocabile e se ne va. Appena soli sospiriamo insieme scuotendo la testa.
- Ma guarda che tipo! - commento io non sapendo che dire, ma i miei occhi sono già a scrutare Max che entra in bagno ed io che ne stavo uscendo rimango dentro sulla porta perché in questo momento è vuoto e voglio rimanga tale. Sia mai che venga aggredito di nuovo, gli sconosciuti psicopatici sono ovunque.
Solo mentre lo faccio mi rendo conto di essere diventato la sua guardia del corpo. Non che fra i due quello aggressivo che fa paura sono io, ma è stato tutto così veloce che non credo d’aver capito bene che è successo.
Quando Max va ad urinare coi pantaloni già aperti, però, realizzo quel che aveva detto il tipo ed avvampo chiudendo a chiave la porta alle mie spalle dopo che mi ci aggrappo. Non so perché lo faccio, non ci ragiono per nulla. Lo faccio e basta.
Ho bevuto due modesti drink, niente di esagerato, non sono ubriaco, ma un po’ in qualche modo mi ci sento.
Ballando ho scaricato l’alcool, però sono ancora confuso.
Ha scopato con quel tipo qua fuori? Ma non è mica un hotel, non ci sono stanze. C’è solo un ampio corridoio buio fra i bagni e il resto del locale. Si percepisce della gente ammassata lungo le pareti ma non si capisce un cazzo.
Spalanco gli occhi pensando che forse ci posso anche essere passato davanti prima mentre venivo qua.
Sentivo rumori, ma la musica era così forte che non si capiva un cazzo ed il buio era pesto tanto che a malapena ho intravisto la scritta ‘toilette’.
Ho beccato involontariamente Max che scopava?
Aspetta, con uno sconosciuto?
È messo così male?
Al mio strano silenzio, Max si gira dopo che il rumore della sua pipì cessa di creare imbarazzo.
Cosa diavolo sta succedendo?
Perché mi sento uno scolaretto che sta per essere aggredito da un bullo?
Quando i suoi occhi blu intensi si posano sui miei indagatori, si illuminano in un istante di malizia.
Era distrutto. Fino ad un momento fa e appena ho aperto la porta sulla sua faccia, lui era totalmente distrutto. Non solo accaldato, sudato e spettinato e pure in disordine. Lui era proprio emotivamente distrutto. Sembrava passato sotto un tritacarne, altro che scopare.
Miliardi di informazioni passano per la mia testa in un istante brevissimo dove faccio ‘overthinking’. Si è lasciato con Daniel, è una certezza. Io lo so, dovrei dire qualcosa? Ma come mi guarda?
I suoi occhi fanno da padrone e mentre si chiude la patta dei jeans e si gira, mi parla ancora malizioso come lo sono i suoi occhi che non si staccano da me. Ho caldo.
- Non hai niente da dirmi?
Mi mordo la bocca e solo dopo che torno mentalmente al tizio che gli stringeva il polso, mi esce qualcosa.
- Max, è pericoloso scopare così con degli sconosciuti in un posto come questo...
Max ride ilare e provocante mentre va al lavandino a lavarsi le mani e la faccia. Si getta acqua fresca in viso e sul collo bagnandosi a casaccio tutto.
È spettinato e tutto in disordine in generale, il viso è rossissimo di calura e sta benissimo.
Dio, sta fottutamente bene. Anzi, è dannatamente sexy.
Ed io mi sono di nuovo eccitato, ma rimango qua appeso alla porta che tengo ben chiusa sperando che nessuno cerchi di entrare. Anche se è chiusa a chiave ci disturberebbero.
- Un posto come questo? - chiede divertito. Su tutto quel che ho detto, questo lo incuriosisce?
- Squallido e affollato. - rispondo subito. Appena lo dico penso che potrebbe prendersela, non intendevo dire che lui è squallido. Spalanco di nuovo gli occhi ansioso che si arrabbi con me, ma lui mi viene davanti rimanendo bagnato e sembra tutto fuorché infastidito.
Improvvisamente mentre mi guarda non è più distrutto o irascibile. Sembra quasi rinato. È malizioso e provocatorio ed io ce l’ho duro, ma per fortuna indosso sempre pantaloni comodi e non dovrebbe notarsi, ma si vedrà che sono nel panico?
- Non preoccuparti, so difendermi.
Quando parla sento il suo alito di gin tonic e capisco che deve essere ubriaco. Sto cercando di capire quanto lo sia concentrandomi sui suoi occhi, ma è peggio per me, ovviamente, perché il caldo torna ad aumentare, un caldo interiore; è sicuramente colpa dell’eccitazione e della vicinanza eccessiva. Non ci stiamo toccando realmente, ma da come mi guarda compiaciuto sembra mi stia immaginando mentre trombiamo là fuori al buio.
Dì qualcosa Charles. Dì qualcosa o muoviti.
No, non riesco a muovermi: ho paura di cadere come un coglione se mi stacco da questa maniglia; allora parlo senza sapere che dire.
- Quindi è vero? Ti sei lasciato con Daniel?
Dovevo dirlo per forza?
Era ovvio, era sottinteso ed è anche evidente che la sta prendendo malissimo. Non so un cazzo di loro, di chi ha lasciato chi e cosa sia successo e non dirò stronzate tipiche di circostanza.
‘Dai vedrai che si risolverà tutto’. Specie dopo che è andato con un altro. Non credo che si risolverebbe, dopo di questo.
Appena lo nomino, Max cambia faccia e torna a quella dilaniata di prima, si oscura repentinamente e per un momento rimango incantato davanti alle diverse sfumature che assume. È così bravo a far capire cosa prova, non ha paura di mostrarlo.
Non ha bisogno di dire assolutamente nulla; allungo la mano staccandola dalla maniglia alle mie spalle e senza rendermene conto, totalmente fuori dal mio controllo, ecco che trovo risposta alla mia domanda di tempo fa.
Se mai mi sarei trovato da solo con Max in un momento in cui sono su di giri, che avrei fatto?
Sapere che sta male e che si è lasciato con Daniel mi colpisce più di quel che pensavo. Me ne rendo conto mentre la mia mano si posa sulla sua guancia bollente e rossa. Una scarica elettrica mi attraversa da capo a piedi e finisce sul mio inguine rendendomelo fottutamente bollente. Per un momento ho paura di venire così.
Max spalanca gli occhi che mostra nel suo colore del mare. È come se osassi fare qualcosa di innominabile. Rimane totalmente shoccato dal mio gesto e solo alla sua faccia capisco che ho davvero fatto qualcosa di assurdo e fuori dai miei schemi.
Così stacco immediatamente la mano provando a blaterare qualcosa imbarazzato e nervoso.
- Scusa, ho bevuto un po’... questo posto non è fra i miei preferiti, ma piaceva ad uno dei miei amici perché c’era un DJ che segue e...
E sto dicendo stronzate senza senso che lui non ascolta perché improvvisamente, mentre sfilo la mano, si accascia contro di me cingendomi la vita. Nasconde poi il viso sudato contro il mio collo che non è tanto da meno e rimane lì.
Io trattengo il fiato appoggiato alla porta, le braccia aperte per un momento di shock.
Che diavolo fa?
- Tranquillo, sono marcio di alcool anche io. - biascica sulla pelle fin troppo sensibile. I brividi continuano a percorrermi indurendo il mio cazzo che ora, porca troia, preme contro di lui. Non so che parte di sé sia sulla mia, non voglio saperlo, ma le mie mani si posano da sole sulle sue braccia permettendogli di rimanermi addosso.
Non respiro. Forse nemmeno mi batte il cuore.
Forse sono morto.
Non so cosa stia succedendo, ma è un momento così intenso che torno immediatamente in me, smaltisco in un istante l’alcool che mi aveva reso alticcio e sono assolutamente paralizzato contro di lui.
Le mie mani lentamente scivolano sulla sua schiena, non so cosa stiamo facendo, so solo che mi piace e non voglio che finisca.
Questo momento fra noi non deve finire. Mentre ci penso, lo sento tremare contro di me e capisco che sta male.
Sta veramente male al punto da aver bevuto e fatto stronzate che domani non ricorderà, o magari le ricorderà ma se ne pentirà.
E non so se intendo la scopata con lo sconosciuto o questo abbraccio, ma useremo entrambi la stessa scusa.
Avevamo bevuto.
Così raggiungo la sua nuca spettinata e sudata e lo tengo a me stringendolo meglio. Lascio che i nostri bacini si premano uno sull'altro e credo che sono veramente vicino a venire in questo modo patetico.
Se non fosse davvero fottutamente squallido e pericoloso, stasera seguirei il suo esempio e scoperei con qualcuno. Un ragazzo. Magari con gli occhi blu ed i capelli biondi.
Oh, ma che cazzo mi sta succedendo?
Mi sembra d’aver bevuto i suoi maledetti gin tonic.
Quando da dietro qualcuno prova ad entrare trovando chiuso a chiave, spalanco gli occhi e torno bruscamente in me prendendolo istintivamente per le spalle. Lo allontano bruscamente e lui fa la stessa cosa facendosi indietro da solo. Ci guardiamo nel panico, i cuori galoppano come quelli di due adolescenti. Lo so che anche lui è nelle stesse condizioni, glielo leggo in faccia.
- Troppi gin tonic. Scusa. - borbotta ricomponendosi come se l’avessi sgualcito. Aspetto di essere in grado di camminare, ma non so se ce la faccio. Ho le gambe molli.
- Sì, anche io credo. - rispondo asciugandomela così. Non eravamo poi così ubriachi con tutto quel che abbiamo sudato, ma va bene così. Va bene fingere che sia così.
- Scusa, - fa lui poi come se ritrovasse un briciolo di lucidità. - sono fuori di me stasera. Avevo bisogno di un abbraccio e credo d’averlo cercato nel modo sbagliato. Sia prima che ora.
Si riferisce allo sconosciuto. Io annuisco e poi scuoto la testa alzando le spalle, non sapendo che cazzo dire e fare.
- Va bene. Non preoccuparti. Immagino di capire.
Immagino, perché non è vero. Non sono mai stato così innamorato da essere distrutto per la fine di una storia. Mi immagino a lasciare Giada e penso che non starei così male e improvvisamente so che è questo che farò in questi giorni, perché è decisamente inutile stare con lei visto che a farmelo venire duro in questo momento è solo lui.
Lui o Pierre.
Pensando a Pierre, mi riprendo un po’ senza capire perché.
Alla fine mi sposto e sblocco la chiave girandomi dall’altra parte per non farmi vedere in faccia, sia mai che qualcuno di questi ubriachi strafatti mi riconosca. Max fa la stessa cosa e dopo che i tipi entrano lamentandosi che per trombare c’è il corridoio, io schizzo fuori avvampando di nuovo all’idea che lo sconosciuto mi ha appena messo in testa.
Pensavano che scopassimo.
Magari un giorno succederà davvero così. In uno squallido cesso di un club esclusivo.
Max ride dietro di me ed io mi lecco le labbra. Percorro il corridoio del sesso, ora so cosa ci fa tutta sta gente che si percepisce e non si vede: non stanno in fila per pisciare.
Mi tengo per me sta cosa e tiro dritto verso le luci psichedeliche del locale e la musica che si fa più forte e prorompente. Prima di immetterci nella folla e separarci per trovare i nostri amici, ci affianchiamo e ci guardiamo. I nostri occhi ora si intravedono appena fra le luci basse e intermittenti.
Lui dice qualcosa, ma non si capisce un cazzo, così avvicino il viso al suo e lui appiccica la bocca al mio orecchio uccidendomi un’ultima volta di brividi lungo la spina dorsale.
- Grazie. - dice solo. Io annuisco, ma non dico niente perché non ho la forza di rispondere. Faccio un sorriso fiacco che so non arriverà agli occhi, anche se mi piace pensare di sì, e vado oltre, nella folla, nel casino. Perché è meglio così.
Ognuno per conto proprio, stasera.
Solo per stasera.
La prossima, forse, no.”
NOTE: non ho idea di che locale sia, non sono di Monte Carlo e non ci sono mai stata, perciò tutta la parte nel locale è totalmente inventata ed è frutto di fervida immaginazione. So che in generale ci sono locali fatti così con quelle aree buie dove la gente fa quel che gli pare, per il resto parto sempre dal presupposto che fra tanta gente ammassata, musica forte con luci basse intermittenti che rincoglioniscono, alcool e stupefacenti vari, uno può anche non venir riconosciuto. Comunque ribadisco sempre: è solo una fanfic. In ogni caso finalmente iniziano le cose belle e succose, da qui in poi è un crescendo, ormai la miccia è partita ed è stato innescato il processo che li porterà dove vogliamo averli. Alla prossima. Baci Akane