32. MONTAGNE RUSSE
/Max/
“La fortuna è un po’ dalla mia parte e con sollievo finisco a mangiare con lui nell’hospitality Red Bull, oggi ci sono solo impegni coi media e con gli sponsor, poi la solita walk track che vorrei smettere di fare, tanto le conosco meglio di chiunque altro. Ho una memoria fenomenale, se provavo a non averla mio padre mi faceva lo scalpo!
Ho cercato di trattenermi per gran parte del pasto, per non andare subito al dunque col mio tipico modo di fare da squalo. Gli ho lasciato il tempo di decidere cosa mangiare e di averlo in tavola. Ho anche atteso che iniziasse a mangiare.
È mentre parliamo di stronzate ridendo come facevamo prima, con lui è difficile il contrario, che glielo chiedo.
Coincidenza, sta ingoiando il boccone, ma non posso fare sempre caso a tutto. Quante attenzioni devo avere per gli altri, insomma?
- Quindi Charles e Pierre scopano o no?
E niente, Alex soffoca e sputa il boccone sul piatto, ma dal colore delle guance più scuro del solito tendente al porpora, penso che un pezzo sia andato dalla parte sbagliata e mi chiedo se devo fare la manovra di Heimlich.
Gli verso l’acqua ma forse è peggio se beve, perciò attendo paziente che smetta di morire.
Che ho sbagliato, adesso? Forse dovevo aspettare che finisse di mangiare?
È che vedevo troppa gente in giro ed avevo paura che arrivassero a romperci le palle. Io questa cosa la devo sapere dannazione!
Passa del tempo considerevole e solo dopo che ha espulso tutto e che la sua gola è tornata normale, così come il suo colore, parlo inarcando scettico le sopracciglia.
- Lo prendo per un sì?
Alex a questo scoppia a ridere poggiando la fronte sul tavolo, dopo aver messo in parte il piatto, spaventato dall’idea di morire davvero mangiando; batte pure la mano sulla superficie dura. Attiriamo l’attenzione di qualcuno che se osa venire a farsi i cazzi nostri, mordo loro e non il mio pasto ormai quasi finito.
- Ma che ti interessa? - fa poi senza rispondere direttamente. E no, eh? Non anche tu!
Voglio che qualcuno me lo dica chiaramente, cazzo!
Mi mordo il labbro nervoso e penso di essere fottutamente espressivo, come mio solito. Lo deduco da come fa con l’espressione, un ‘ok, ok, collaboro!’.
- Ad ogni modo devi chiedere a loro se ti interessa tanto. Da quel che so io, no, ma ho notato anche io dalla scorsa settimana che il rapporto si è stretto, hanno un modo molto più intimo di stare insieme.
Faccio un broncio totalmente spontaneo e fuori controllo. Infantile, infastidito, seccato. Alzo gli occhi al cielo e sospiro esasperato scuotendo la testa e scrollando le spalle. Allontano il piatto con nervoso lasciando un po’ di cibo e prendo il bicchiere, bevo l’acqua che c’era dentro e poi lo accartoccio con rabbia.
Di nuovo non serve che parlo apertamente, sono veramente molto espressivo, tutto l’opposto di Charles che non fa mai capire un cazzo di cosa pensa davvero.
- Fammi indovinare, l’hai chiesto a Charles ma lui non ha risposto! - da come lo dice sembra conoscerlo perfettamente, proprio come immaginavo!
Accentuo il broncio e lui ride di nuovo come prima, con la testa all’indietro.
- Tipico suo! - e non so perché ci siamo magicamente spostati a parlare di Charles anche se si parlava di entrambi.
- L’ho chiesto anche a Pierre mesi fa, ha detto che sono solo amici, ma io li ho sempre visti come qualcosa di più. Siccome tu sei amico di Charles pensavo lo sapessi...
Alex alza le spalle come se non fosse un problema e prendendo il telefono che è sul tavolo, apre una chat e scrive.
- Se è successo qualcosa, è adesso; puoi sempre fidarti di quel che dice Pierre, è sempre sincero al 100 %, è di Charles che non ti devi fidare, ma adesso vediamo che mi dice. - dice divertito. Spalanco gli occhi impallidendo e con un’ondata di gelo mi sporgo verso di lui attraverso il tavolino che ci separa.
- Che fai tu? - chiedo stridulo.
- Glielo domando! - risponde Alex totalmente tranquillo. Vorrei impedirglielo o per lo meno vedere cosa scrive, ma vedo che è più veloce del mio pensieri e detto fatto, scrive e manda. Poi posa il telefono soddisfatto con un gran sorriso sornione, ben felice probabilmente di essermi stato utile.
Cazzo, ma siamo una generazione di pazzoidi?
La risposta di Charles non si fa attendere.
- Fatti i cazzi tuoi! - legge Alex ad alta voce scoppiando subito a ridere.
Devo dire che è una persona positiva e la sua allegria è contagiosa, ma in questo momento ho voglia di sparire e roteando gli occhi al cielo faccio un gesto eloquente con la mano.
- Lo vedi? Non risponde! Perché deve fare così?
Alex ovviamente risponde ridendo ancora più divertito di prima: - Perché ha ragione, sono cazzi suoi!
- Oh, andiamo, lui sa che io mi scopavo Daniel!
Appena lo dico, dalla sua espressione shoccata che per fortuna questa volta non beveva né mangiava così non rischia la vita, capisco che devo aver di nuovo detto qualcosa di troppo o forse nel modo sbagliato.
Figurati se imparo mai.
- Con chi facevi cosa tu? - chiede stridulo come prima ero io. Mi mordo la bocca e mi metto a bere dalla bottiglia ignorando che la condividevamo in due, la secco tutta guardando ovunque tranne che lui per poi prendere il telefono e salutarlo.
- Ciao, vado a riposare! Bella chiacchierata, comunque!
Ma naturalmente non posso fuggire, Alex mi insegue, poteva mica essere il contrario?
- Ehi ehi ehi, non te la caverai così! - la sua voce mi raggiunge immediatamente mentre salgo le scale puntando alla mia stanza dove conto di starmene un po’ per i cazzi miei, al sicuro. Peccato che ignorarlo non sia sufficiente e quando apro la porta lui si infila agile e veloce come un’anguilla, buttandosi sul mio comodo divano e appropriandosi bello comodo dei miei spazi vitali.
Mi guarda con le braccia incrociate e l’aria d’attesa, incitandomi ad approfondire, ben convinto a non mollare l’osso.
Io rimango sorpreso sulla soglia a guardarlo, sospirando. Suppongo di essermela cercata.
Suppongo.
Così imparo a non connettere cervello e bocca.
Alla fine sospiro sconfitto, sensazione che odio, e chiudo la porta dietro di me rassegnandomi a vuotare il sacco. Di sicuro non volevo confidarmi con anima viva, di certo non con lui.
Non che mi dispiaccia legare con qualcuno, da quando mi sono lasciato con Dani sono un po’ isolato perché era lui il centro della mia socializzazione. Mi spingeva ad aprirmi, ma grazie a lui ho scoperto un lato aperto e divertente di me. Riesco a stare con gli altri, insomma. A parlarci, a riderci e scherzarci insieme.
Perciò alla fine non mi dispiace troppo sedermi nello stesso divano con lui e stendermi sollevando le gambe. Le appoggio sulla sedia mentre lui allunga le gambe in avanti, scivolando col sedere in una posa scomposta che sembra stia per cadere.
Il telefono dimenticato per un momento sul tavolino qua accanto. Tutte le mie cose sparse in disordine che se vedesse mio padre mi ucciderebbe. Ho imparato ad essere essenziale nelle cose che mi porto in giro proprio per non fare troppo casino, visto che non mi piace essere ordinato, come sostiene mio padre dovrei essere.
- Quindi tu e Daniel? - chiede ancora.
Alzo le spalle e scuoto la testa sorvolando con gli occhi sulla stanza.
- Ci siamo lasciati in estate, non da tanto in realtà. - cerco di sminuire, sono sintetico di natura, su certe cose figurati.
Lui non si perde d’animo.
- Da quanto stavate insieme?
Non sembra minimamente schifato dalla cosa, ne parla come se gli stessi raccontando di me ed una ragazza famosa. Ma del resto quando prima ho chiesto di Charles e Pierre ha riso, ma non ha fatto sceneggiate omofobe.
- Più o meno da quando siamo diventati compagni in Red bull. Mi ha aiutato tanto in tutti i sensi, sia ad aprirmi che a rilassarmi. E poi anche con altri problemi che avevo. Cose mie. - con questo intendo chiaramente che non approfondirò oltre e lui per fortuna capisce e non insiste. Annuisce guardandomi mentre mi scruta curioso, è sorpreso ma non schifato.
- Ed ora ti piace chi? Charles o Pierre?
La domanda mi stupisce, lo guardo sorpreso per capire come mai abbia questo dubbio, poi mi ricordo che inizialmente il discorso era generico e comprendeva entrambi. Oltretutto da fuori io non sembro molto legato a Charles. Anzi, per niente. Si sa che siamo rivali e che fino a pochi mesi fa ci odiavamo apertamente. Invece sono stato felicemente compagno di squadra di Pierre, ridevamo molto insieme e credo che fra chi lo conosce un po’ meglio, sia noto che lui ha tendenze, anche se non è ufficiale e non intende fare coming out.
A questo punto non so che fare, mi sento strano a confidarmi con qualcuno, non ho mai detto ad alta voce queste cose a nessuno, né intendevo farlo. Però non so, iniziando per causa di forza maggiore mi sembra che sia più facile di quel che pensavo. Forse non è un dramma ammetterlo a qualcuno. Ma posso fidarmi di lui? Dopotutto è amico di Charles. Gli ha appena candidamente chiesto se scopa con Pierre. E lui, sempre candidamente, gli ha detto di farsi i cazzi suoi.
- Charles. - ammetto infine come se mi togliessi una maldetta spina enorme dal dito. Una di quelle che non riuscivi a togliere da un po’ perché troppo in profondità.
Silenzio. Un gran bel silenzio. Mi affretto a guardarlo con occhi ansiosi: reagirà male? mi deriderà? Dirà che mi sono preso una cotta impossibile perché non mi cagherà mai?
Ma appena vedo che mi fissa in attesa del resto, di un approfondimento che sa deve arrivare e che vuole sentire, mi rendo conto che sta cosa della confidenza ha dannatamente senso, alla fine. Non so in che modo e perché. Non avrei mai detto in vita mia di farlo, né che mi sarebbe piaciuto. Sicuramente non con Alex.
Non so con chi, nessuno, forse. Io mi connetto bene con chiunque voglio, sono sempre andato d’accordo con tutti i miei ex compagni di squadra, ma non ho mai pensato di confidarmi. Daniel è stato il primo e l’unico rapporto serio e profondo ed ora che è finita, che non può più essere quello che era, mi rendo conto che mi manca qualcuno a cui dire qualcosa in più ogni tanto. Mi manca uno che assuma il suo ruolo. Non per scoparmi, ma per aprirmi al mondo, in qualche modo.
Osservo gli occhi di Alex dal taglio asiatico, neri come il carbone, senza inclinazioni giudicanti. Attende tranquillo, così sospiro stringendomi nelle spalle, tornando a guardare in giro nella stanza di medie dimensioni, in attesa di capire cosa dire. E poi, semplicemente, esce da solo.
- Non è che mi piace, non so cosa sia. È una montagna russa, penso. Prima ci detestavamo, poi è iniziato qualcosa che non saprei definire. Il piacere della rivalità, forse? Poi di nuovo scontri ed ora... non so cos’è. Ma mentre lentamente con Daniel si spegneva tutto, con lui si accendeva qualcosa. Adesso io... - cerco dentro di me di cosa si tratta, ma saperlo è un conto, esprimerlo è un altro.
Davvero non so cosa sia, non so come definirlo.
Scuoto la testa e piego le labbra.
- Credo sia più un’ossessione. Tanto che ho sentito la necessità di essere libero di agire come e quando avrei voluto, se ci fosse stata l’occasione.
Credo che in realtà sia più chiaro di quel che penso, lo guardo e vedo che annuisce comprendendo alla perfezione di cosa parlo.
- Però adesso mi sembra che con Pierre ci sia qualcosa di più. Non so.
Concludo asciutto sperando che Alex mi aiuti, che questa confidenza non sia fine a sé stessa.
Lui riflette un po’ distogliendo lo sguardo penetrante e curioso altrove, poi senza guardarmi parla con calma, sorprendentemente serio.
- Charles è criptico. È difficile da capire. Sono suo amico da quando eravamo piccoli, ho visto la sua evoluzione: la morte di Jules e di suo padre l’hanno segnato. Ora Anthoine non l’ha di sicuro aiutato. Pierre è più aperto ed espansivo, si capisce subito cosa prova, infatti è guardando lui che penso potrebbero aver approfondito il loro legame, perché se guardo Charles io... - esita, ci pensa ancora meglio, poi scuote la testa e solleva il capo tornando a guardarmi mortificato per non poter essermi d’aiuto più di così.
- Non saprei. - conclude come se mi ficcasse una lama nel fianco. Mi toglie il fiato, ma cerco disperatamente di fare come Charles e non fare espressioni. Penso che non ci riesco.
- Va bene, non fa niente. Era più curiosità. Se qualcosa deve accadere, accadrà. - cerco di sminuire avendo cura di guardare da un’altra parte.
- Suppongo di sì. Anche se Pierre è un libro aperto e penso che presto canterà come un usignolo!
E se deve cantare, vuol dire che c’è qualcosa da dire, no?
Chissà perché penso che quel che canterà non mi piacerà per un cazzo.
Fanculo, se solo fossi stato più facile da apprezzare e piacere! Fanculo a me!
Li trovo a parlare nei corridoi dell’area media e degli uffici vari, alla base delle scale che portano in sala conferenza.
Stanno parlando fitto fitto uno davanti all’altro, Charles una mano sulla ringhiera, Pierre fermo davanti lui a pochi centimetri. Non si toccano nemmeno, si guardano come se non ci fosse nessuno intorno e tutto fosse cancellato; parlano immersi in chissà cosa. Dei sorrisini carichi di allusioni, malizia e dolcezza. Qualcosa di così tanto colorato e diverso da quello che gli ho visto in mia presenza, che rimango paralizzato fermandomi, dimenticandomi ciò che stavo per fare e dove dovevo andare.
Non ho bisogno di chiedere conferme. Questi due ora stanno insieme. Poi però riprendo a muovermi come un fantasma, mentre la lama di prima ancora conficcata nel fianco si sposta nella carne squarciandomi. Sale sulla ferita viva, brucia da matti.
Mi muovo senza rendermene conto, ma in questo gli occhi di Charles sono più visibili di prima che li vedevo solo di lato.
Sorride, certo. E guarda Pierre in un modo che non gli ho mai visto fare, come non ha sicuramente mai guardato me.
Ci vedo intimità, lì, in quello sguardo. Ma anche tristezza.
Si saranno messi insieme, finalmente. Avranno scopato, si saranno consolati, scaldati, riempiti di piacere e sperma, ma non si sono fatti bene.
O meglio, Charles forse avrà fatto bene a Pierre, prima da come li vedevo di profilo mi sembrava incredibilmente sereno tutto sommato e assorbito da Charles. Ma lui... lui ha ancora un enorme buco nero, dentro di sé, e si specchia nei suoi occhi ancora così carichi di tristezza che stona nell’insieme di questo momento. Non dovrebbe essere così, no?
Non credo proprio.
Dovrebbe essere finalmente sereno e magari felice, hai raggiunto qualcosa che hai sempre inseguito, no? Da quanto ci girate intorno? Ricordo il dialogo con Pierre, vi piacete da molto, ma non hai mai avuto il coraggio di andare oltre l’amicizia per paura di rovinarla. Adesso è ovvio che l’avete fatto, ma perché allora quella luce?
Perché quel sorriso opaco, triste, quasi vuoto seppure con una dolcezza innegabile?
Gli manca qualcosa, a quel sorriso.
Gli manca la pace.
Ancora non arriva agli occhi. Ancora non ci siamo. Così me ne vado un po’ meno dilaniato rispetto a prima, chissà perché.
Forse perché se nemmeno Pierre è riuscito a cancellare quella tristezza più viva che mai, magari io ho ancora qualche speranza. Forse.”
/Charles/
“Pierre mi ha implorato di venire a casa con lui, dopo il GP. Implorato è esattamente il termine adatto. Come diavolo potevo dirgli di no?
‘Non lasciarmi solo stanotte, ti prego.’
Così siccome vive in Italia, mi ha fatto un favore, diciamo. Ho una casa anche io in Italia, vicino a Maranello, la sede della Ferrari; casa mia è a Castelvetro. Meditavo di venire qua già la scorsa settimana vista l’imminente gara di Monza, ma Pierre mi ha preceduto implorandomi di non lasciarlo solo.
Così eccomi qua da lui. Tecnicamente mi è più comodo, Milano dove vive lui è attaccata a Monza dove correremo, mentre Castelvetro, dove c’è la mia casa secondaria, è a più di due ore da qua.
Ma non è la comodità per essere già qua per la gara.
È l’incertezza che regna in me ora.
Sono venuto senza sapere ancora che diavolo dovrei fare con lui, solo consapevole che non avevo la forza di dirgli di no, che ho bisogno di pensare, che non sono più sicuro di niente, che non so cosa ho fatto ieri notte.
Ogni volta che guardo Pierre è come se fosse sempre sull’orlo delle lacrime, in procinto di scoppiare a piangere. Lo vedo così fragile, in questo momento. Come non lo è mai stato.
Ha pianto per mio padre e per Jules, è così emotivo. Così meravigliosamente emotivo. Forse un po’ invidio questa sua capacità.
Lui piange. Piange di continuo, ad ogni scusa. Ha letteralmente le lacrime in tasca, ma sono sicuro che pianto dopo pianto lui stia sempre un po’ meglio. Ci vorrà un po’, ma è come se ad ogni pianto, lui si curasse un po’.
Tira fuori ciò che ha, che altrimenti lo divorerebbe, io invece non faccio altro che tenermelo dentro con grande impegno solenne.
Perciò fanculo, magari capisco come si fa a venirne fuori, stando con lui.
Magari riuscirò a trovare la forza di dire e fare ciò che sento, ciò che voglio. Perché lo so cosa voglio, è solo che non riesco a metterlo sopra a ciò che ritengo un dovere.
Come faccio a lasciarlo solo?
Quando non torna dal bagno vado a vedere di lui e lo trovo perso in un mare di lacrime, appoggiato al rubinetto ormai chiuso, il viso che si è sciacquato ancora bagnato e di nuovo rigato.
Così sospiro e lo abbraccio da dietro raddrizzandolo. Lui si lascia fare docile e mentre gli metto la mano sugli occhi, lui si gira verso di me per metà rimanendo così fra le mie braccia, totalmente schiacciato.
Lo stringo forte a me e gli bacio la tempia e poi l’orecchio e senza bisogno di parlare né di dire niente, Pierre gira ancora di più il capo verso di me, rimanendo sempre appoggiato al mio petto.
Sfilo la mano dagli occhi e mentre mi cerca con la bocca, io non ho di nuovo cuore di negargliela. Così l’accolgo e lo curo con le mie labbra che si schiudono subito, le lingue si intrecciano trasmettendo un calore benefico.
Come faccio a dirgli che ogni volta che lo bacio penso a Max e che so, ormai lo so senza più tutti i dubbi di prima, che noi due siamo solo amici?
Perché non mi sono svegliato prima? Perché ho dovuto lasciare che si arrivasse a questo?
Quanto male gli dovrò fare quando gli dirò che non provo la stessa cosa?
Ma Pierre si volta meglio fra le mie braccia e mi circonda il collo, piega il capo di lato e mi concede un migliore accesso; non c’è più niente a cui pensare.
C’è solo da fare.
Scaldare. Curare. Cullare. Abbracciare. Baciare.
Lo porto a letto; Pierre mi tiene ancorato a sé, infila alla cieca le mani sotto i miei vestiti di cui si libera febbrile. Lo lascio fare, non riesco a fermarlo. Non voglio vedere di nuovo il dolore nei suoi occhi; adesso rimangono chiusi e spero di dargli un po’ di sollievo, perché prima guarirà, prima potrò fare quel che va fatto.
Ma non ora. Non adesso.
Adesso ha bisogno di calore, di amore, della mia lingua che carezza la sua pelle bollente, della mia bocca che succhia il suo inguine facendolo gemere di piacere, della mia erezione che entra dentro di lui delicatamente e dolcemente. È di questo che ha bisogno ed io non posso negarglielo. Non ora.
Abbiamo vissuto da fidanzati senza il coraggio di parlarne. Né io né lui, il che è strano perché abbiamo sempre parlato di tutto senza problemi, soprattutto su di noi.
Ma adesso è come se questo argomento fosse tabù, perché entrambi sappiamo che non è giusto ciò che stiamo facendo, che non andrà avanti, che ha una specie di scadenza.
Perciò non ne parliamo. Lo lascio fare finché ne ha bisogno; mi tiene a sé finché gli serve.
So che prima o poi finirà, soffrirà ancora, ma sarà qualcun altro a curarlo, poi.
Per ora sento che è questo che devo fare per lui.
È questo.
A Monza dormiamo praticamente insieme e ci muoviamo sempre in coppia. Qualunque cosa facciamo, ovunque andiamo, a parte le cose inerenti i nostri team. Sono totalmente assorbito da lui, attento ad ogni suo gesto od espressione, per capire come sta, se ha bisogno di qualcosa, se sta meglio o peggio. È come la missione su cui concentrarmi, quella che mi distrae dai miei casini, che mi impedisce di vedere a che punto del mio percorso incasinato sono.
Lentamente il sorriso torna nel suo viso e lentamente è più sereno di prima e so che è così perché è emotivo e gli emotivi piangono e si disperano, ma in questo modo tirano fuori il dolore e riescono a stare meglio prima.
Quelli come me che tengono e cercano di controllare tutto, non ce la faranno mai a stare bene finché non esploderanno e di solito lo faccio nel modo sbagliato.
Normalmente usavo Pierre per queste mie esplosioni, per limitare i danni, perché è il solo di cui mi fido, eppure ora mi pare che dovrei esplodere proprio per lui. Per lui e perché sto comprimendo e soffocando troppo, di nuovo.
Mi aggiro per il circuito sempre attaccato a Pierre, che si comporta chiaramente come il mio ragazzo; con la stessa intimità ci guardiamo e parliamo vicini.
Sono contento che riesca a sorridere bene come ha sempre fatto lui e che adesso il suo volto sia meno angosciato di una settimana fa.
Sono contento che si stia rialzando.
Mentre parlo con lui vicino all’area media del paddock, pronti a salire la sala ver andare in press, una figura passa dietro di lui limitandosi a rallentare mentre mi lancia un’occhiata. Appena lo metto a fuoco, mi raggelo.
Max ed i suoi occhi mi squadrano, anzi mi penetrano e mi leggono fin troppo bene.
Maledizione, proprio lui?
Sta impassibile Charles. Rimani a guardare Pierre. Non dargli conto, nemmeno un istante. Se ora guardi Max chissà che ti succede. Stai lì e concentrati su Pierre, è solo lui che conta.
Per fortuna va oltre, passa e non lo vedo più. Cosa avrà pensato? Come gli sarò sembrato? Cos’ero, ai suoi occhi?
Fortunatamente in conferenza c’è anche Seb che come sempre arriva tardi. Si può sempre contare sul suo ritardo. Comunque io seduto fra lui e Pierre mi distraggo da quel momento strano di destabilizzazione, stavo per perdere il controllo e non so perché. Non so cosa avrei fatto.
Perché sembrava leggere cose su di me che nemmeno io so.
Ma riesco a ridere e scherzare con entrambi.
Ho ringraziato Seb perché mi ha aiutato in gara a Spa, senza di lui che rallentava Lewis non so se sarei riuscito a vincere lo stesso.
Anche lui è stato sorprendentemente dolce, a modo suo. Ha capito come fare con me e non è andato oltre, convinto di sapere cosa fosse meglio per me, ma mi ha aiutato nell’unico modo che mi serviva: in gara, a vincere. Perché quella era una di quelle che andavano assolutamente vinte. Non c’era proprio altro da fare.
Non ha cercato di superarmi, ha cercato di rallentare l’avversario. È una cosa che mi ha colpito molto, è una persona veramente incredibile. Al giorno d’oggi non è comune che fra compagni ci si aiuta, ormai lo si vede solo in Mercedes, Bottas con Lewis, ma lì sono costretti dal loro Team Principal.
Penso che se riuscissi a superare questa specie di blocco che ho ora, potrei stare davvero bene qua in Ferrari. Potrei essere pure felice. Forse lo sono, ma proprio mentre mi sembrava di stare uscendo da quella nebbia, adesso mi sembra proprio di esserci di nuovo dentro.
Una volta fuori dalla sala, a conferenza finita, io e Pierre rimaniamo ancora a parlare. Mi appoggio al muro, lui mette la mano accanto al mio viso e si piega facendo di nuovo la parte del mio ragazzo. Mi sembra di vederci da fuori, un’aria intima a parlare insieme ad una distanza troppo ravvicinata.
Sta mica mettendo i manifesti?
Devi parlargli, Charles. Devi trovare il coraggio di parlargli. Prima che questa cosa degeneri troppo e che cominci a parlare di sentimenti, perché lui è romantico e sai che lo farà.
E se avessi la necessità di fare qualcosa con qualcun altro? Ho lasciato Giada per questo motivo, per essere libero di seguire i miei impulsi, quando ne ho. Ed ora sono di nuovo costretto in una cosa che non sento mia. È che gli voglio troppo bene per ferirlo proprio ora che sta male.
Pierre si avvicina ancora di più a me, ride sereno dicendo qualcosa di divertente che fa sorridere anche me e non riesco a staccarmi da lui. Non ci riesco ancora.
Forse succederà da sé. Qualcosa arriverà a strapparmi da questa specie di sogno da cui non riesco a svegliarmi. So che è un sogno e non è la realtà, so che prima o poi mi sveglierò, ma per il momento posso ancora dormire.
Qualcuno, prima o poi, mi desterà ributtandomi brutalmente nella realtà.”
Note: siamo a Monza 2019, anche le foto (se non ho sbagliato) vengono tutte da quella settimana). I dati sulla casa secondaria di Charles sono veri, così come che in Belgio, Charles era stato aiutato da Seb, che ha rallentato Lewis, contribuendo alla sua prima vittoria. Questo è un capitolo divisore per i lestappen, la strada fra loro è ancora tanta, anche se finalmente sono entrambi consapevoli di cosa vogliono. Tuttavia il periodo che sta vivendo Charles è molto pesante e per non vivere il suo dolore, preferisce concentrarsi su Pierre convinto che sia necessario. In realtà questa fuga non porterà a niente di buono per nessuno. Qua c'è un po' di piarles, come avete visto. Siccome Max negli anni seguenti sviluppa un bel rapporto con Alex, George e Lando (oltre che chiaramente Charles), ho iniziato a lavorare un po' sulle sue relazioni. Con Alex era facile, perché sono stati compagni di squadra per un po' ed è vero che lui e Charles erano amici ai tempi del go-kart. Alla prossima e scusate il ritardo, ogni tanto pubblico prima, ogni tanto dopo, ma dipende un po' dal mio lavoro, un po' dalla scrittura. Alla prossima. Baci Akane