33. SOGLIA DI TOLLERANZA
/Charles/
“Non è difficile venire in Pierre. Non è per niente difficile, anzi.
È fin troppo facile.
Ma penso che sia perché finalmente sto facendo il genere di sesso che ho tanto voluto, che mi appartiene di più, no?
È dai tempi di Jules che ho iniziato a pensare di avere tendenze, mi piaceva in modo inequivocabile, ma non ho mai avuto l’occasione di approfondire, ho sempre e solo pensato a correre, a rendere orgogliosi Jules che mi aveva presentato Nicolas, il suo manager, e poi mio padre che aveva sacrificato tanto per me. Senza contare che non ho mai avuto problemi con le ragazze e finché riuscivo a stare con loro chi me lo faceva di complicarmi la vita?
Lentamente però è successo qualcosa, credo di essere arrivato piano piano al limite massimo di sopportazione.
È come quando ti esce un’intolleranza alimentare. Hai una soglia di tollerabilità, no? Oltre la quale se insisti a mangiare quella cosa stai male.
Per me deve essere stata una cosa simile. Semplicemente ad un certo punto sono arrivato alla mia soglia di tolleranza.
Non potevo più sopportare, ignorare, fingere indifferenza.
Non è che non mi piacciono le ragazze, semplicemente mi piacciono di più i ragazzi. Tutto qua. Ma non è stato solo quello. Fosse stato solo quello avrei potuto gestirlo.
Quello che non potevo gestire era la concomitanza di troppe cose.
I lutti, l’ingresso in F1, l’arrivo poi in Ferrari, le mie aspettative troppo alte incrociate a quelle del mondo intero.
E poi Max.
Max ha risvegliato in me qualcosa che era lì, ma che in condizioni normali potevo gestire.
È solo che per deviare da Max perché non lo potevo sopportare, non l’approvavo, non mi andava a genio, mi sono buttato su Pierre convinto che potesse andare bene anche lui. Che fosse quello più accettabile.
Dopotutto mi fidavo di lui, no?
Era carino, alla mano, gay, cresciuti insieme. Era il partito perfetto.
Perciò Max no, ma Pierre eventualmente sì.
Peccato che quando è successo con Pierre, la verità mi ha preso a schiaffoni.
La soglia di tolleranza è bella che superata, ormai, ma Pierre non mi basta. Non è Pierre. Non è che va bene anche lui e perciò posso continuare ad ignorare Max.
Non è Pierre colui che desidero, ma Max.
Pierre non basta ad arginare ciò che adesso è inutile ignorare.
A Pierre voglio bene, è bello, è dolce e mi conosce, sa tutto quel che ho passato e non mi irrita, non mi dà fastidio. È la sola presenza che riesco ad accettare intorno a me, uno dei pochi che accetto mi tocchino e mi abbraccino.
Riesco a baciarlo, a strofinarmi su di lui, a succhiarglielo, a penetrarlo e ad avere orgasmi con lui.
Riesco senza grossi problemi, ma più lo faccio con lui, più il pensiero fisso di Max mi trapana il cervello e le viscere.
Mi piace Max. Non so perché, non so come diavolo sia possibile, ma è lui che desidero. Niente e nessuno potrà cancellare questo fatto, non mi faranno guarire da questa specie di malattia.
E forse se capissi una volta per tutte che non è una malattia, che non c’è niente di male se mi piace quello stronzo così fuori dagli schemi, così facile da disapprovare e da insultare, che mi fa incazzare tutte le volte che sale su una macchina... beh, forse starei meglio.
Pierre mi ha distratto dall’ennesimo lutto e penso che questa cosa fra noi avesse proprio quel compito, in effetti. Non farci sentire quel dolore, non farci stare male per il nostro amico. Curarci le ferite a vicenda.
Crollo sfinito, ansimante, su Pierre dopo i nostri orgasmi. Nascondo il volto contro il suo collo e mi bacia dolcemente la fronte sudata.
È la persona migliore che io potessi incontrare e voglio solo che lui sia felice, ma non posso ingannarlo per sempre. Prima o poi dovrò trovare il coraggio di dirgli la verità e di ferirlo.
Ma sei davvero disposto a vedere questo vostro bel rapporto cambiare? Perché sai bene, caro Charles, che appena gli dirai che provi solo affetto per lui, l’amicizia meravigliosa che vi legava fino ad ora, tu te la scorderai.
Lo sai bene.
Sei disposto a rinunciare anche a quello?
Mentre il mio cervello crudele mi pone questo quesito, sollevo il capo e poso le labbra sulle sue in un bacio sfinito che risponde a tutto mettendolo a tacere.
No, non sono ancora pronto a rinunciare alla sua amicizia. Mi dispiace, farò ancora un po’ lo stronzo finché non ce la farò davvero più. Fino a che la soglia di tolleranza diventerà un’allergia insopportabile.
È solo che non ne ero pienamente consapevole.
Mentre sono con Pierre e faccio sesso con lui con splendidi orgasmi, mi sembra vada bene in un certo modo. Gli ormoni mi ottenebrano. Non posso rinunciare ancora a quello che abbiamo, anche se razionalmente so che devo.
Però appena gli ormoni passano e l’effetto del sesso mi abbandona, mi rendo conto che non va bene così.
Non va affatto bene.
Perché dovrei essere onesto e lo sto ingannando; mi illudo dicendo che è per lui, perché così mi prendo cura di lui. Ma adesso quello che sorride è lui, io sono solo quello che finge malissimo.
Non va bene nemmeno che appena incrocio Max per il circuito o per l’hotel, mi sento dilaniare come un idiota. Brucio volendo solo abbandonarmi a ciò che voglio davvero, ma non posso, non devo. Non finché non chiarisco tutto con Pierre e forse se non lo faccio è perché ancora non sono veramente sicuro, no? E allora che senso ha agire senza prima esserlo? E se faccio un altro casino?
Ma poi mi guardo allo specchio, tutte le volte che le labbra di Pierre si posano sulle mie, e sono fottutamente consapevole che sono una persona orribile. Così orribile.
Quel mostro che non so più se sono io o se ce l’ho solo dentro... beh, quel mostro è sempre lì e non lo posso sopportare.
Così, appena salgo in macchina, mi sembra di trovare l’unico reale sollievo da una settimana a questa parte ed invece di ricordarmi le indicazioni di Scuderia che mi dicevano di dover dare poi la scia a Seb in Qualifica, faccio il mio tempo e mi dimentico completamente di lui.
Non lo faccio apposta, ma appena ho abbassato la visiera ho provato il primo vero sollievo di questi sette dannatissimi giorni.
Solo quando corro, sto bene.
Il cervello si spegne, non penso a niente se non a scappare da quella merda che ho dentro, che mi fa ingannare Pierre per i miei fottuti bisogni, perché sono un codardo, perché non lo so.
Quella stessa merda che mi fa privare di ciò che sinceramente vorrei dal profondo.
Guardare Max, abbandonarmi a lui in qualsiasi modo, sempre.
Se tornassi indietro a Singapore, non mi ritirerei come un coglione.
Purtroppo Seb è incazzato per la mancata scia che avrei dovuto dargli e mi dispiace, non mi escono nemmeno le parole per giustificarmi, non che lui mi lasci modo per farlo, comunque. Mi ignora totalmente come non ha mai fatto.
Fa male e fa impressione e mi dispiace davvero, vorrei fare qualcosa, rimediare, ma non mi esce niente, rimango bloccato nella consapevolezza di aver sbagliato. In questo momento sono un casino vivente, non riesco nemmeno a godere della mia Pole Position, anche se ne sono comunque contento. Lo sono, vero? Si vede da fuori? Riesco a sorridere, a fare la faccia da Pole Man?
Non è personale, Seb. Per me salire sulla macchina e chiudere la visiera è un modo per cancellare ogni cosa. Sono un altro Charles. Non sono quello corretto che fa sempre ciò che va fatto, quello gentile e altruista perché mio padre mi ha cresciuto così. Sono un Charles che pensa solo a battere tutti senza guardare nessuno in faccia, e non sono quel Charles che vive in mezzo agli altri e che tutti conoscono -o meglio, credono di conoscere. Non è niente di personale, Seb.
Non avercela con me.
Ma le mie labbra rimangono sigillate e intanto in giro scoppia una specie di putiferio su questo fatto, come diventasse una questione di stato.
Il secondo pilota non dà la scia al primo in qualifica. Impensabile.
Il piccolo prodigio si è già montato la testa dopo una vittoria in F1?
Ma sa che Vettel ha vinto 4 mondiali per guadagnarsi certi diritti da prima guida?
Ci sono delle regole interne, oggi toccava a Leclerc dare la scia a Vettel. Sicuramente l’ha fatto apposta, non voleva gli rubasse la pole position.
Ne sento tante e non vorrei, ma non posso controllare questa ossessione dilagante. So che la Ferrari tira su tantissimo gli animi di tutti i suoi molti tifosi e dei giornalisti sportivi, ma non pensavo che per una stronzata come una scia mancata si finisse crocefissi.
- Ora ti tocca vincere, domani, o sarai finito! - la voce di Lewis mi fa venire un colpo.
Dopo tutte le incombenze tipiche dei primi tre classificati, foto, interviste, conferenza, e dopo le polemiche sollevate dai giornalisti ad ogni dannata scusa, mentre ci accingiamo a lasciare nello stesso momento il circuito per tornare in albergo, Lewis mi affianca e ne parla come se non avesse già avuto mille occasioni prima.
Lo guardo sorpreso, mi allungo cercando Bottas ma non so dove sia, forse è già andato. Mi sono un po’ attardato a recuperare le mie cose, ma Lewis deve essere uno che perde tempo come me.
Una volta che arriviamo al parcheggio riservato, rallenta come se aspettasse qualcuno.
Forse Bottas, appunto. Magari erano d’accordo di andare via insieme, so che vanno d’accordo.
Io recupero le chiavi della macchina con cui mi muovo qua a Monza e me le rigiro fra le mani fissandole come se fossero interessanti. Cerco velocemente nella testa qualcosa da dire, ma non mi aspettavo dicesse qualcosa di simile.
- Non l’ho fatto apposta. Non ci ho pensato, ero concentrato sulla mia qualifica e non ho ricordato quello che dovevo fare. Sono giorni complicati e quando salgo sulla macchina trovo sollievo perché riesco a tagliare fuori tutti i casini che ho. Purtroppo tendo a tagliare troppo. Mi dispiace che Seb ci sia rimasto male.
Non so perché ne parlo così tanto, ma in effetti con chi dovrei farlo se non col ragazzo segreto di Seb?
- Però lui ti ha aiutato, la volta scorsa... - dicendolo, mi dà conferma di quello che non dovrebbe essere scontato. Lewis parla per Seb perché stanno insieme. Non so se se ne sia reso conto, so che vuole rimanga un segreto la loro relazione, ma non glielo faccio di certo notare.
Chino il capo colpevole ed annuisco sentendomi ancor di più una merda.
- Lo so. Mi dispiace...
Magari poi glielo dice al mio posto e la smette di fare il re dei ghiacci. Vorrei riuscire a dirgli certe cose di persona, ma visto che sono fatto male ho approfittato di Lewis, magari un giorno se avrà bisogno di un favore ricambierò. Sempre che alla fine mi aiuti davvero e faccia da intermediario fra noi per calmare il suo uomo deluso. Diglielo, per favore.
- Non è personale. - ripeto solamente sottintendendo miliardi di cose che Lewis penso capisca. Non oso guardarlo, fisso le mie mani che giocano con le chiavi, l’aria chiaramente colpevole. Spero che basti. Non riesco a fare di meglio, perdonatemi.
In ogni caso deludere Seb era una delle cose che non volevo aggiungere al disastro della mia vita in questo momento.
Lewis mi ascolta paziente e fa un sorriso comprensivo e dispiaciuto.
- Prova a dirglielo anche tu quando lo vedi. - suggerisce dolcemente intendendo che adesso comunque glielo riferirà per me. Ha una delicatezza nel dire le cose che non dà mai fastidio. Lo guardo meravigliato.
Lewis sorride dolcemente, annuisce e mi tocca il gomito delicatamente e senza aggiungere altro, come se decidesse che la ramanzina in onore del suo uomo possa finire qua, mi fa un cenno e va verso il lato passeggero di una delle poche macchine rimaste nel parcheggio e solo quando guardo meglio noto un ciuffo biondo e riccio alla guida. Spalanco gli occhi ed impallidisco.
Va via con Seb così sfacciatamente? E lui l’ha aspettato tutto questo tempo?
Avrà sentito? Non credo, non era così vicino, ma sicuramente Lewis glielo dice. Spero. Chissà.
Avevo solo bisogno di scappare e l’ho fatto anche da chi non c’entrava, da chi non serviva scappare.
Lewis mi piace, è discreto ma dice quel che deve dire, solo che non è invadente, maleducato o fuori luogo. È molto in linea con quel che cerco di essere io, penso che mio padre andrebbe matto per lui se avesse potuto conoscerlo meglio così come sto facendo ora.
Sorrido inebetito e con un sospiro scrollo le spalle cercando di allentarle, ma la tensione è ancora alta.
Domani in macchina andrà meglio, ne sono certo. Domani, giù la visiera e finalmente avrò il mio sollievo.
E magari qualcuno o qualcosa riuscirà a tirarmi fuori da qua, mi darà quel bel scossone che mi serve, che ogni tanto mi devono dare per tornare alla vita reale e ricordarmi che non sono un fantasma nel mondo. Magari una gara in casa Ferrari da Pole Man è la cosa che mi ci vuole.
Beh, sì. Ben se vincessi.”
/Max/
“Come se non fossi già abbastanza incazzato per conto mio ci si deve mettere anche mio padre, cazzo!
- È una bella merda, questa qualifica! Si può sapere che diavolo è successo? Come diavolo è possibile non riuscire a registrare nemmeno un cazzo di tempo utile? I problemi al motore capitano a tutti, ma almeno un cazzo di tempo valido devono averlo, porca puttana! Perché hai aspettato tanto per uscire? Ci possono sempre essere imprevisti, devi metterli in conto! Queste stupide tattiche le devono fare con qualcun altro, dannazione!
La vociona furiosa di mio padre mi rimbomba nel cervello mentre allontano il telefono dall’orecchio sperando di sentire di meno. Povero illuso. Sento tutto fin troppo bene, cazzo! Sembra ci sia il vivavoce da quanto urla!
Respira, Max, respira e non rispondergli. Sai che è peggio e non te lo levi più dalle palle.
- Che cazzo vuoi che ti dica? Ho eseguito gli ordini, non è che decido io! E poi se la macchina è una merda che non funziona, che cazzo ci posso fare?
Sì, appunto. Non rispondergli.
Non riesco nemmeno a contare, lui urla immediatamente al telefono, ancora più forte.
Qua stacco sinceramente il cervello, riesco a sentire ma non ascoltare e devo dire che è veramente meglio.
Alla fine gli dico ‘sì’ senza sapere a cosa e mi riprendo solo quando alla fa: - SÌ UN CAZZO! NON MI STAVI ASCOLTANDO, MAX!
E niente, alla fine chiudo la comunicazione. Davvero, non ce la faccio. Non posso. Non so cosa diavolo ho fatto di male, perché certe persone nascono per essere rotte o forse nascono già rotte.
La merda attira altra merda, si dice così, no?
Sono marcio in qualche modo e mio padre cerca solo di modellarmi per rendermi meno peggio, ma ovviamente usa dei metodi del cazzo. Per fortuna non è qua, non mi sta sempre incollato come prima della F1.
La Red Bull mi ha salvato la vita, gliene sarò per sempre grato. Peccato che prima o poi esco da qui e torno a casa e guai se non vado da lui. Meraviglioso poi quando lui invece mi raggiunge in alcune gare e allora gira per i miei box e i miei posti avendo il pass speciale. Quelle sono proprio le gare migliori.
Fanculo, cazzo.
Che diavolo ho fatto di male?
Nonostante fossi fuori sul terrazzo della mia camera sperando che l’aria fresca della Monza di settembre mi aiutasse, mi sento comunque soffocare. Seccato, con la testa che esplode ed i nervi che si tendono allo spasmo, rientro in camera e sbatto il telefono sul letto sperando che non mi richiami per proseguire la sfuriata, consapevole che lo farà.
Per non dire palle del tipo ‘non ho sentito’, esco lasciando di proposito il telefono lì, mi prendo solo la chiave magnetica e vado fuori dalla mia camera così come sono.
Devono essere circa le dieci di sera, forse le undici. Ha cercato di chiamarmi tutta la cazzo di sera ed io non gli ho mai risposto di proposito, alla fine per togliermelo dalle palle che altrimenti avrebbe continuato all’infinito, ho risposto.
Era meglio continuare ad ignorarlo.
Che diavolo ci posso fare se mi dicono di fare certe cose?
La macchina aveva problemi, mica è colpa mia? Ma lui deve prendersela con me perché è il suo passatempo migliore.
In queste condizioni non riuscirei a concentrarmi nemmeno sulle Sim Race.
In questi casi solo Daniel riusciva a calmarmi. Bastava mi abbracciasse.
Dov’è? Dove diavolo è? Perché cazzo l’ho lasciato?
Per un momento mi sento come posseduto da un demonio, mentre cerco i numeri nelle camere nel corridoio che percorro, cercando di ricordare in quale sia lui e solo quando arrivo in fondo dove di solito ci sarebbe una comodissima terrazza per i fumatori e chi ha voglia di godersi un po’ l’aperto, mi rendo conto che qua non c’è. E soprattutto realizzo che non lo so in quale stanza è lui. Non me lo dice più.
Del resto perché dovrebbe?
Incazzato nero e col nervoso alle stelle vado all’ascensore e scendo giù. Questo meraviglioso hotel di lusso a Monza ha una comodissima caratteristica, in mancanza dei terrazzi dell’ultimo piano, che in questo caso c’è ma è del ristorante, ha un giardino interno dove di solito si fanno i ricevimenti dei matrimoni e cose simili.
Non ne usufruisco spesso, ma per fortuna che c’è e che non incontro anima viva.
A quanto pare il sabato notte prima di una gara i piloti sono tutti bravi, stanno chiusi nelle loro camere a riposare o a scopare con qualcuno, se il rito pre gara lo prevede. Dipende, c’è chi scarica i nervi col sesso e chi evita perché finisce per scaricarsi troppo.
A me aiutava, ovviamente, e dover rinunciare a quell’importante pratica mi sta facendo diventare matto. Non sopporto più niente e già prima non sopportavo nulla.
Di sera non si capisce un cazzo, ci sono dei lampioni suggestivi e alcuni di questi sono accesi. C’è un piccolo viale e per il resto è tutto circondato da siepi o dalle pareti stesse dell’hotel.
Mi muovo in maniche di felpa tirandomi su la cerniera, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, in ciabatte.
Non è molto grande per la verità, perché è quello interno per evitare gli sguardi esterni che sono dall’altro lato, dove sono i cancelli. Quando siamo in weekend di gara sono assediati dai tifosi della Ferrari, ovviamente. Trovo una panchina e mi ci siedo stanco, come se avessi corso chissà quanti chilometri a piedi.
Non ho nemmeno voglia di stare fuori né di muovermi. Non ho voglia di nulla, solo di qualcosa che mi faccia stare bene.
Daniel era il mio anti-stress, ma non è una buona ragione per stare con qualcuno, specie se non riesci più a scoparci.
Scivolo in davanti col sedere e lascio cadere la testa all’indietro che ciondola, guardo in alto e sbuffo perché non si vedono nemmeno le stelle.
- Che palle! - ringhio a denti stretti chiudendo gli occhi.
- Ohi! - dopo un po’ una voce familiare mi fa venire un colpo, una voce che interrompe quello che ritenevo un silenzio perfetto e solitario.
Raddrizzo la testa di scatto e spalanco gli occhi; mi rendo conto che sono teso, pronto a reagire male, tanto per cambiare. Appena focalizzo il volto serio di Charles, mi rilasso per poi tendermi per un altro motivo.
Davvero? Proprio lui?
- Posso? - chiede indicando la panchina. Alzo le spalle fingendo indifferenza, mentre dentro di me esulto. Finalmente la prima cosa bella di queste giornate di merda.
- Non è mia.
Tipica risposta mia del cazzo.
Lui, che non si aspettava niente di amichevole, non fa una piega e si siede.
Il cuore inizia stupidamente a battere, sono un coglione. Perché diavolo è spuntato proprio lui? Fagli domande, Max. Approfitta. Non farti scappare questo momento.
- Scappi da Pierre? - ok, boccaccia di merda che ho, fra tutto proprio questo?
Lui mi guarda con occhi più sgranati del solito, chiedendosi probabilmente se io abbia avuto proprio il coraggio di chiedergli questo, ma mentre inarco le sopracciglia strafottente, fingendo di non capire che ci sia in questa domanda di tanto strano, lui sembra accettare la cosa.
Scivola in avanti sulla panchina, come sono messo io; le mani nelle tasche. Non prova a guardare in alto, sa che non si vede il cielo.
- E tu da tuo padre? - wow, mica male!
Faccio un cenno di risata, ma in realtà sono amaro.
- Mi hai sentito? - poi il mio cervello ritardato realizza altro e lo dico subito senza filtri: - Un momento, mi hai seguito per questo? Mi hai sentito litigare al telefono con mio padre?
Charles inarca un sopracciglio e piega la testa di lato, ma senza guardarmi; fissa sempre questo giardino interno in penombra.
- Ero in terrazzino anche io e gridava parecchio anche se era al telefono; sentendo sbattere porte e finestre mi sono un po’ preoccupato.
Quando lo dice mi raddrizzo meglio convinto di star vivendo un sogno. Davvero sta dicendo una cosa simile? Mi rivolgo meglio verso di lui, le braccia ora incrociate sul petto.
- Scherzi? Tu preoccupato per me? E Pierre che fine ha fatto? Ti sei stufato di preoccuparti per lui?
Ma perché diavolo devo essere sempre maledettamente stronzo e provocatorio? Perché cazzo non posso semplicemente accettare una gentilezza da chi mi piace? Cos’ho, dieci anni che reagisco facendo dispetti a chi mi piace?
Charles a questo punto mi guarda di nuovo meravigliato, sembra chiedersi che razza di reazione è questa e c’ha ragione.
Tuttavia la mia bocca si guarda bene dal rimediare.
- La smetti di mettere in mezzo di continuo Pierre? Che diavolo centra con noi?
La sua risposta è seccata ed è la prima che ricevo da lui. Se dovessi tornare indietro sì, ricordo momenti di acidità fra di noi o alcuni dove lui era glaciale e chiaramente seccato, ma mi ha sempre gestito cercando di mostrare il meno possibile.
Adesso è proprio esasperato e apertamente seccato. Seccato in modo normale.
L’eccitazione parte, così come l’irritazione ed uno strano senso di frenesia.
La caccia, forse.
È come quando sono in pista e mancano pochi giri e sono quasi primo, mi manca poco per superare il tizio davanti a me e prendermi la testa della corsa.
- E tu rispondimi una buona volta! - sbotto io più seccato ancora. Anzi, fottutamente arrabbiato.
Perché lo sono davvero, con tutti. Con mio padre che fa il solito stronzo, la Red Bull che non azzecca macchina e strategie andando a mio discapito, con Daniel che è sparito dalla mia vita, con la mancanza di uno sfogo degno e qualcuno che mi capisca e mi aiuti, con Charles che non mi fa capire un cazzo di niente. Di cosa prova per me, cosa pensa, cosa cazzo fa, con chi sta, cosa prova.
Charles mi fissa stralunato, incredulo che io stia dicendo davvero quello che sto dicendo e soprattutto in questo modo.
- Cosa diavolo dici? A cosa dovrei rispondere?
Non ha paura. Mi piace questo di lui. Non ha mai avuto paura di me, sa tenermi testa. Non si sente inferiore, anzi. Si sente superiore anche se io so che non lo è.
Non ha proprio paura di litigare con me e mettermi a posto.
Fanculo, mi piaci da matti, maledetto stronzo.
- Stai con Pierre o no, cazzo?
Come se fossero cazzi miei. Ma dannazione, rispondimi una buona volta! Rispondi, cazzo!”
Note: E lentamente, finalmente, le cose si fanno DAVVERO interessanti. Se la soglia di tolleranza di Charles sta arrivando, quella di Max è sicuramente arrivata. Saprà Charles placarlo o lo istigherà? Riusciranno finalmente a comunicare come si deve o arriva un nuovo scontro dietro l'angolo? Abbasseranno le rispettive difese per aprirsi uno all'altro ancora un po'? Le risposte nel prossimo capitolo.
Naturalmente i riferimenti tecnici sono veri, quel che succede in qualifica con Seb sulla mancata scia di Charles all'epoca fece scalpore, ora non mi sembra un dramma, ma in Italia tutto quel che riguarda la Ferrari è una specie di tragedia e Charles fu messo in croce (finché non vinse la gara, lì fu perdonato ed amato). Resta qualcosa di molto indicativo sul suo vero carattere, che infatti mi ha aiutato a stendere il suo profilo.
Chiaramente io devo inserire tutte le volte che posso Lew o Seb, ma vi avevo avvertito da subito. Sono le mie entità supreme.
Le foto nel banner sono tutte prese da quella settimana, tranne quella di Charles e Max insieme che è presa da Monaco stesso anno. Charles aveva sempre delle espressioni particolari, non che poi Max fosse meglio.
Ho cercato di informarmi sull'hotel dove vanno di solito a Monza i piloti, però ho dovuto colmare le lacune con la mia immaginazione. (non ci sono mai stata a Monza né a quell'hotel, ho solo cercato foto su internet). Alla prossima. Baci Akane