Note: siamo ancora nel weekend di Monza e riprendiamo la scenda dove l'abbiamo lasciata. Abbiamo un Charles in crisi esistenziale, ben lontano dal risolvere anche solo uno dei suoi problemi interiori, ed un Max versione predatore deciso ad ottenere ciò che vuole a tutti i costi. Eppure, ad un certo punto, i ruoli cambieranno ed il predatore, improvvisamente, diventerà la preda. Perché Charles è meravigliosamente complesso e pieno di sorprese continue, non lo puoi rinchiudere in una definizione semplice, breve e banale. Max lo scoprirà a sue spese. Buona lettura. Baci Akane
34. PREDE
/Max/
“Lo guardo come se fossero cazzi miei quello che gli ho chiesto.
Sta con Pierre? Che diavolo centro io con loro? Con che diritto voglio saperlo?
Improvvisamente, per la prima volta da anni, Charles è espressivo. È veramente espressivo.
Finalmente dimostra quanto cazzo sta odiando questo mio ficcanasare nella sua vita.
No, non posso mollare. La caccia si è appena accesa. Ho individuato la preda e la sto afferrando. Devo solo affondare meglio i denti per farlo mio.
Charles tira fuori le mani e stringe il bordo della panchina su cui siede, è parzialmente rivolto verso di me, vorrebbe scappare ma farebbe la parte del vigliacco e sa che ormai deve rispondere. Specie perché è lui che ha cercato me.
L’ho letteralmente messo con le spalle al muro.
- Che diavolo ti interessa?
Per la verità ha ragione da un certo punto di vista. Non sono niente per lui, nemmeno suo amico. Che cazzo c’entro con lui? Perché dovrebbe dirmelo? Perché mi interessa?
Ma ovviamente la mia bocca parla senza l’attivazione primaria del cervello. Parlo e non so cosa dico, ma sicuramente qualche cattiveria, conoscendomi.
- E tu perché cazzo non vuoi rispondere? Cosa nascondi, di cosa ti vergogni? Sai che io e Daniel scopavamo, sai anche che ci siamo lasciati! Sai cose di me che non sanno altri. Come che quella sera ero così fuori da aver bisogno di un cazzo di abbraccio! Perché non mi puoi dire se ti scopi Pierre e se stai con lui?
Non ce la faccio più, cazzo!
- Ma che diavolo ti interessa, perché vuoi tanto saperlo? - insiste lui alzando la voce. Vorrebbe gridare di più, perché anche lui non ce la fa più, ma non me ne fotte un cazzo, sai? Non me ne fotte proprio cos’hai, ho il diritto a questa risposta.
- Perché sì! Mi interessa, voglio saperlo! Ci deve essere una stramaledetta ragione per saperlo? - mi difendo sempre attaccando, al cento percento. Il più delle volte sbagliando.
Una piccola parte di me sa che sto sbagliando, ma non c’è verso di rimediare, purtroppo.
Charles si volge verso di me anche col busto ed adesso ci guardiamo bene, entrambi indispettiti e sulla difensiva. Una difensiva che è un attacco.
Perché tu non puoi venire a cercarmi sentendo che litigo con mio padre e che sono incazzato; che diavolo pensi che faccia? Voglio saltarti addosso, dannazione! Ma se mi rifiutassi perché stai con Pierre vaffanculo, non mi rialzerei più ed adesso ho bisogno di una vittoria. Di una cazzo vittoria per me.
Mi serve.
Sto impazzendo.
Charles dopo questo breve lasso di tempo in cui ci guardiamo da relativamente vicino, in un’atmosfera intima ed inquietante insieme, improvvisamente cambia totalmente direzione. Sospira e scuote la testa, si stringe nelle spalle e chiude gli occhi cercando cosa dire. Qualcosa che per la verità non sa.
- Non so, Max. Per questo non riesco a rispondere. Non lo so. Comunque non si chiedono le cose così...
Sta per manipolarmi per non parlare di ciò che non vuole senza litigare più, ma ormai la mia preda l’ho azzannata e non la lascio.
- Non cambiare discorso. - faccio infatti subito, ancora sostenuto e duro, anche se un po’ più calmo. - O scopi o non scopi con lui, lo saprai questo! Il tuo cazzo è entrato nel suo buco o no? Gli hai succhiato l’uccello? Non dirmi stronzate, Charles!
Mentre parlo mi infervoro di più e non controllo la mia bocca che parte velocissima dicendo cose che forse lo colpiscono, lo graffiano e lo... eccitano?
Si irrigidisce nella panchina stringendo le gambe, poi si morde la bocca con molta forza rimanendo così a fissarmi, gli occhi sbarrati nel panico che intravedo in questa penombra.
- Sì che ci scopo. Da sabato scorso. Ma lo sapevi. Perché non fai che chiedermelo?
Maledetto stronzo, se me lo dici con questa voce sottile, io poi che faccio? Come posso continuare ad attaccare e a tenere l’osso?
Alla fine allento la presa sgonfiandomi totalmente. Perdo tutta la mia carica combattiva e l’attacco va a quel paese.
Ha una voce sottile in procinto di spezzarsi. Sta per piangere?
A questa assurda ipotesi che mi passa per la testa come un lampo, mi giro di scatto distogliendo lo sguardo; mi appoggio di nuovo allo schienale per interrompere questa cosa che non so più gestire. Mi ha sopraffatto, tanto per cambiare.
- Perché ho bisogno di saperlo. - mormoro basso e roco.
Charles sospira e si riappoggia anche lui senza forze, si accascia e lascia tutto andare. Ogni cosa.
Nemmeno mi chiede più che diavolo mi interessa, tanto ho imparato da lui a non rispondere alle cose scomode. Bello, eh?
- Non so se stiamo insieme. - dice infine con un filo di voce, come se si arrendesse, finalmente.
Come se smettesse di lottare strenuamente contro i mulini a vento. Una lotta insensata.
Non sono niente, per te, perciò che senso ha non parlare della tua vita sentimentale? Perché non dovresti farlo?
A meno che non ti fidi di me. Ti fidi di me, Charles?
Non oso più guardarlo, fisso un punto a caso davanti a me, sto in questa posa più rilassata, forse più arrendevole. Le mani nelle tasche, nessuna espressione.
Non sono più furioso, né a caccia. Sono solo Max, ciò che resta di tutte le altre forme prevaricatrici.
- Ci comportiamo come una coppia e so che lui sta vivendo ciò che desiderava da tempo. Ma mi ha preso in un momento di debolezza, se fossi stato in me non avrei mai ceduto perché sapevo, in fondo...
Esita e non conclude, ma a questo punto lo faccio io perché so cosa intendeva.
- Che non lo ami in quel modo, non lo desideri, non lo vuoi così.
Charles annuisce e lo guardo brevemente mentre lo fa, per poi finire a rimanere lì con lo sguardo, proprio dove non volevo. Sul suo profilo regolare, un po’ di barba trascurata che non si fa da qualche giorno, i capelli spettinati di chi è scappato dal letto.
Te lo sei appena fatto, eh?
Non glielo chiedo, ma si gira anche lui, questa volta, ed i nostri occhi si incatenano alla vicinanza di due spalle che si sfiorano senza toccarsi. Spalle che vorrebbero attaccarsi, ora.
- Però adesso come faccio a dirgli di smettere e che è stato un errore? Proprio ora che è così fragile e che ha più bisogno di me? Se gli dicessi basta non si tornerebbe al rapporto di prima. Ci perderemmo inevitabilmente e non penso che sia giusto, quanto meno non penso sia il momento.
Parla molto più di quel che avrei mai pensato, specie su un argomento da cui era scappato a lungo. Lo ascolto senza interromperlo, continuando a guardarlo; lui ha distolto lo sguardo, ora, per parlare più a sé stesso che a me.
Forse se fossimo amici e se avessimo un rapporto, non potrebbe dirmi tante verità, no? Perché quelli come lui a chi gli sono veramente vicini non dicono mai niente, non le cose più intime e profonde.
- Se ti conosce veramente come dovrebbe, lo saprebbe da solo. Se però fa finta di nulla e continua a scopare con te e a tenerti a sé, lo fa per egoismo.
Come mio solito non dovevo dire proprio tutto ciò che mi passa per la testa, non così come mi viene.
Appena sento la mia stessa voce dirlo, spalanco gli occhi con aria preoccupata convinto di vederlo infuriarsi; lui mi guarda, in effetti. È sorpreso, ma non si alza, non mi dice di tutto, non fa nulla di quello che mi immaginavo.
Mi guarda col viso levigato nel ghiaccio che mi sembra si stia sciogliendo. Lo vedo in bilico, da un lato il richiudersi dietro spesse coltri di ghiaccio, dall’altro il trasformarsi in acqua.
È al limite, non ce la fa più e vorrei solo aiutarlo. Veramente, vorrei solo aiutarlo in qualche modo, ma non so se ne ho il potere.
Mi ricorda il modo in cui mi sentivo io quando dovevo lasciare Daniel, pochi mesi fa. Mentre lo penso, vedendo che Charles invece di mettermi a posto con durezza, torna a fissare avanti a sé, mi sento di fare qualcosa di raro, per i miei canoni.
- Mi sono trascinato mesi prima di decidermi a lasciare Daniel. Sapevo che era ora, ma non ci riuscivo perché gli volevo bene e non volevo ferirlo. Ma alla fine ho capito che rimanere insieme in quel modo pietoso era un insulto ad entrambi, lui per primo. Meritava la possibilità di riprendersi, un giorno, e trovare qualcuno capace di amarlo come si deve e farlo felice. È una persona troppo meravigliosa per essere tenuta a me per i miei capricci. Ma è stata dura e tutt’ora non ci parliamo come una volta; gli lascio lo spazio che gli serve. So che quando se la sentirà, tornerà.
Non indoro la pillola, non sarebbe da me, ma la verità è esattamente questa. Deve fare ciò che è giusto per entrambi, non solo per sé stesso. È giusto anche per Pierre, in fondo.
Charles se ne sta zitto per un po’ e pensando che questa volta sia il caso dica qualcosa, lo guardo per fargli una domanda, ma quando vedo che chiude gli occhi e scuote il capo, capisco che sta per piangere e non so perché, non lo so davvero come faccio a saperlo, ma so solo che è così e che non lo potrei sopportare.
So che piangere gli farebbe bene, ma l’istinto mi dice che non vuole, perciò circondo la sua testa col mio braccio e l’attiro prepotentemente ed improvvisamente a me, costringendolo a nascondere il suo viso contro il mio collo. La mia mano fra i suoi capelli spettinati.
I suoi occhi premono contro il mio collo, la sua fronte si increspa facendomi capire che li sta stringendo forte, la sua mano si aggrappa alla mia maglietta ed io appoggio la guancia sulla sua testa. Rimango così, in silenzio, senza dire nulla per un po’.
E lui sta qui, non dice e non fa niente. Non scappa, non parla, non piange. Combatte e basta. Con la sua voglia di chissà cosa.
Io chi diavolo sono per dirgli cosa dovrebbe fare? Ognuno vede di sé stesso e fa le proprie cazzate.
- Non c’è una data di scadenza, lo sai da solo quando una cosa va fatta. Arriva un momento preciso in cui non hai più dubbi e lo fai e basta. Perciò finché non sei sicuro, non fare niente.
Ma che diavolo mi metto a dire?
Sono impazzito?
Non volevo potergli saltare addosso senza il rischio di essere respinto per Pierre?
Sei un idiota, Max.
Un idiota patentato!
Charles annuisce e non dice più niente. Rimane qua contro il mio collo, col mio braccio intorno alla sua testa. Seduti qua insieme, di sera.
Una sera che di sicuro non dimenticheremo.”
/Charles/
“Piangere. Chissà che c’è di male se lo faccio.
È che ho l’impressione che se lo facessi, non finirei più, capisci?
Di quante cose devo piangere?
Non credo d’averlo mai fatto, specie per le cose per cui dovevo farlo. Forse ai funerali, il momento in cui ho ricevuto le notizie fatidiche. Ma ho mai realmente pianto? A lungo, singhiozzando, gridando, imprecando fino a farmi scoppiare il cervello.
No, ma credo che se lo facessi non mi fermerei più e così tengo e tengo.
Per fortuna il collo di Max è confortevole e meraviglioso e non c’è Pierre a chiedermi che cosa siamo.
Non mi mette più pressione come prima, ha mollato la presa e visto che alla fine l’ha fatto, ho deciso di farlo anche io sebbene mi dovrà dire un giorno perché diavolo vuole sapere di me e Pierre.
Ma in questo momento sono troppo un casino vivente, se magari insistendo mi dicesse che gli piaccio, cosa direi? Si anche tu mi piaci, ma sono incasinato e non so cosa voglia da tutti quelli che mi circondano, so che mi piace il cazzo e scopare con un ragazzo e finché Pierre me lo dà, anche se non lo amo, scendo a compromessi.
Ci lecchiamo le ferite a vicenda, no?
Lui mi dà il sesso che mi serve e mi piace, io gli do il conforto intimo e morale che vuole. O forse me stesso e basta.
Cos’è che vuole Pierre da me? Cosa si sta prendendo? Mi verrebbe da dire la mia anima, ma non penso di averla perciò forse sì, vorrebbe quella, ma credo che in realtà non la stia trovando.
Potrai avere solo il mio corpo, Pierre. Mi dispiace, sei capitato male.
Forse con Max sarebbe equo, penso che nessuno dei due cercherebbe qualcosa che l’altro non ha.
Sappiamo che non abbiamo un anima, non ce la cercheremmo. Ci prenderemmo i corpi dandoci piacere e sollievo e ci basterebbe perché siamo uguali, in qualche modo, dentro di noi.
Uguali ma non troppo. Uguali nella giusta misura.
Staremmo bene, fra un litigio e l’altro.
Lui ha bisogno di qualcuno che gli tenga testa ed io pure, penso.
Nessuno molla la presa, ma dopotutto è giusto così. Entrambi devono essere sullo stesso piano. Si guida in due, no?
Io cosa cazzo sto facendo con Pierre?
Da quanto sto qua contro il collo di Max ad annusare il suo profumo? La sua pelle sa del suo bagnoschiuma, una profumazione maschile che mi piace da matti. Chissà se anche il resto del suo corpo ha lo stesso profumo?
La mia mano è ancora aggrappata alla sua felpa, ma non mi rendo conto di aprire gli occhi che non bruciano più per la voglia di piangere. Adesso sono ben a fuoco, anche se è buio e si vede poco. Ma la sua cerniera la vedo e prendendogliela fra le dita, gliel’abbasso lentamente rimanendo col suo braccio a circondarmi la testa.
Non mi lascerà ed io ne sono contento.
Cosa proviamo uno per l’altro? Qualcosa; sicuramente è qualcosa. Ma non è decisamente il momento di approfondire né parlarne.
Forse non lo sarà mai, ma adesso no di certo.
Apro del tutto la sua felpa e sento che respira più piano, la mia fronte preme contro la sua giugulare che al momento va fortissimo. È emozionato e forse eccitato.
Infilo poi le dita sotto la maglietta e raggiungo con sollievo la sua pelle. È calda e liscia, il suo corpo è morbido, solido e tonico e chissà quante altre qualità ha che ignoro. Sposto la testa sul suo collo mentre mi giro rivolgendomi meglio verso di lui, per premermi meglio, per cercare qualcos’altro.
Sposto il viso contro la porzione di pelle che si è liberata dopo aver aperto la felpa; lo annuso, la mano striscia sul suo fianco a cercare un abbraccio più intimo, più sbagliato e fuori luogo e lui sta immobile mentre ora sono io che approfitto. Ma penso che non gli dispiaccia, da come gli batte il cuore. Potrei scendere sotto la cinta dei pantaloni per averne conferma, ma non voglio superare quel limite.
Lo cingo meglio sempre tenendo la mano sotto la maglietta, l’altra passa per dietro, sempre sotto i suoi vestiti, sulla sua schiena, quasi gliela dovessi togliere.
Lui immobile, una mano sui miei capelli, non mi indirizza, non mi dice dove andare o cosa fare, mi accompagna accettandomi su di sé e mi sento come un serpente che si avvolge alla sua preda con le spire.
Il suo profumo è fantastico. Cos’è? Non ne ho proprio idea, ma mi piace e sto per aprire la bocca per assaggiargli il collo e leccarlo, per capire che sapore abbia e la consistenza sotto la lingua, ma improvvisamente torno in me realizzando di essermi fatto prendere totalmente dalla follia. Ma non sono pazzo, sono nella realtà. Svegliati Charles. Svegliati.
Mi irrigidisco e mi stacco improvvisamente sfilando via mani e viso; mi raddrizzo ancora seduto sulla panchina, lo guardo con occhi sgranati, il cuore in gola e la consapevolezza di essere andato oltre, molto ma molto oltre.
Una strada senza ritorno, per un momento, ma forse mi sono fermato in tempo. Prima di finire nel burrone.
Tradire Pierre con Max senza nemmeno la chiarezza di cosa siamo?
Stai fermo, Charles. Stai buono.
Max allarga il braccio che teneva intorno alla mia testa e lo sospende senza toccarmi, mi guarda in un misto fra il meravigliato e l’eccitato.
Non so che faccia ho; probabilmente sono nel panico, infatti parla subito totalmente calmo e sereno.
- Non preoccuparti, va tutto bene.
Se non la pianto di saltargli addosso in questo modo, prima o poi non mi fermerò.
La settimana scorsa non sono riuscito a frenarmi, appena l’ho visto dopo aver vinto il mio primo GP dovevo assolutamente abbracciarlo, poi sono scappato come un coglione senza dire nulla.
Adesso questo. La prossima cosa, gli faccio una sega? Cosa credo di fare? Non è mica la mia bambola gonfiabile a mia disposizione quando e come mi va. Piantala o prima o poi reagirà e sai che lui quando lo fa non va per il sottile.
- Scusami. Io non sono in me in questi giorni. Rimetterò insieme la mia merda e tornerò a posto! Scusami, io...
Così dicendo, senza la capacità di concludere, me ne vado quasi scappando, sperando non mi raggiunga per chiedermi il resto. O, forse, sperando che lo faccia. Ma arrivo in camera e con sollievo e dispiacere insieme, vedo che non lo fa. Sono solo in questo corridoio buio, così con un sospiro che è un misto fra il deluso ed il sollevato, con ancora il cuore in gola, vado dentro e torno da Pierre ed il mio non-ragazzo, ma nemmeno semplice amico.
Lo guardo dormire abbastanza sereno, ancora nudo dopo che abbiamo consumato, tanto per cambiare. È come se dovessimo recuperare tutto il tempo perso. Per lo meno lui.
Io sono solo uno smidollato approfittatore. Dopotutto il sesso con lui è veramente bello, ma so che lui lo fa col cuore, per arrivare al mio, perché mi ama. Io so che non lo amo e non lo amerò mai in questo modo. So che sto solo grattando via un mio prurito, uno che avevo da molto. Sono la persona più orribile del mondo.
Forse solo Max potrebbe stare veramente con me, per questo ne sono tanto attratto.
Mi spoglio com’ero quando si è addormentato e mi rimetto sotto le lenzuola. Quando mi sente, mi riabbraccia nel sonno ed io lo riprendo con me.
Non ce la facevo, prima. Ho gestito bene la situazione, ma sono dovuto uscire in balcone ed ho sentito inavvertitamente Max incazzato con suo padre. Dal telefono si sentivano solo delle urla sgraziate, parlavano in olandese perciò non potevo comunque capire che dicevano. Non so perché, ma quando ho capito in che stato era e che usciva in giardino, sono dovuto andargli dietro. È come se avessi pensato... non so, anche lui sta di merda come me, mi può capire.
Ma il mio stare di merda era per un’altra cosa.
È perché Pierre mi ha chiesto cosa siamo. Un altro fissato con questa cazzo di domanda. Sono sbottato prima con Max, anche lui voleva saperlo. Perché sono tutti fissati con sta domanda? Anche Alex l’altro giorno.
Che diavolo fotte a tutti?
Respiro a fondo per calmarmi, non voglio di certo svegliarlo.
‘Non lo so, Pierre. Mi dispiace. Sono confuso su di noi, non so risponderti.’
Sono stato sincero a metà. Lo so cosa siamo. Siamo amici e non dovremmo scopare. Ma già evitare di dirgli che stiamo insieme è un passo avanti.
Lui ha sospirato ed annuito comprensivo senza fare scenate. Perché lui sa come prendermi, dannazione. Lo sa troppo bene.
Forse non dovrebbe assecondarmi, invece. Forse è questo il problema.
‘Quando lo saprai, voglio che me lo dici. Qualunque sarà il verdetto.’
Perché Pierre resta Pierre. Sa che non mi sto lasciando andare come fa lui, sa che è diverso per me. E allora cosa dovrei fare? Cosa dovrei dire?
Si tratta solo di trovare il coraggio di farlo.
Mi serve la scossa elettrica che mi dia quel coraggio, la botta di vita, il calcio in culo.
Spero che qualcosa, qualcuno, quella scossa me la dia. Lo spero davvero, dannazione.
Le sue labbra si posano sulle mie per salutarmi con dolcezza, io rimango fermo a riceverle, sorrido Dio solo sa come e poi apro la porta sfilando via. Appena fuori dalla camera prendo un respiro profondo e poi scuotendo la testa vado oltre.
Ho bisogno di salire sulla macchina e correre. Ho bisogno di correre, correre e andarmene.
Dov’è la mia macchina?
L’unica cosa che mi fa stare bene in questo momento.
Isolato nonostante io sia in mezzo ad una marea di gente fra tifosi sugli spalti alle mie spalle, i giornalisti ed i fotografi letteralmente ovunque intorno a me e poi tutte le persone dei lavori per la preparazione della gara che si terrà a breve.
Oggi nessuna commemorazione, oggi è tutto normale.
La parata e poi l’attesa per cominciare.
C’è questo momento che riesco a prendermi, che ho bisogno per me stesso, sebbene fosse meglio nascondermi da qualche parte, ma rimango qua a bordo pista, seduto su questa striscia di erba, a pochi metri dall’asfalto, dalle macchine e da tutte le preparazioni.
Circondato da un caos, fra applausi e scatti fotografici, mi metto le mani sulla testa, il cappellino ben calato sul volto, gli occhiali scuri a coprirmi gli occhi; mi ripiego in me stesso.
Una volta. Due. Tre.
Quante volte posso farlo?
Cancella tutto il casino che hai dentro e fuori ed ovunque.
Cancella questo disastro.
Pierre, Max, i lutti, le tue lacrime soffocate, la pressione verso qualunque cosa. Il non sentirmi abbastanza umano, il mostro che non so se è in me o se lo sono io stesso. Questa mia incapacità di provare le emozioni come gli altri, questo mio sentirmi diverso. Il bisogno di vivere la mia sessualità, il rifiuto di farlo per concentrarmi sui doveri per mio padre e Jules, il prendere troppo seriamente la mia vita, la mia professione, usare Pierre per soddisfarmi perché con Max perderei il controllo.
Max, cosa provo per lui? E lui cosa prova per me?
Penso a tutto e lo comprimo all’ennesima potenza dentro di me per fare spazio, per potermi mettere l’attrezzatura, il casco e poi salire in macchina.
Appena lo faccio, appena mi siedo nel mio abitacolo ormai familiare, inizio finalmente a tornare a galla, respiro.
Sono qua, sono in pista, sono pronto.
Finalmente il rombo del motore mi fa vibrare le viscere, il caos della macchina toglie ogni altro rumore, specie quello del mio cervello.
Ho bisogno di uno scossone per svegliarmi e tornare alla vita, chissà che questa gara non possa darmelo.
Ne ho bisogno. Ne ho proprio bisogno.
Appena abbasso la visiera tutto scompare e restano solo i semafori, nessuno davanti a me perché sono io sopra tutti gli altri; i rombi, tutto trema, tutto vibra, non si sente niente, assolutamente niente. E poi le luci si spengono e si parte.
Di nuovo come l’altra volta, lo scatto e la velocità mi fa rimanere solo. Solo con me stesso.
Siamo io, la macchina e le curve della pista. Siamo solo noi.
La mia confort zone.
Adesso sì che sto bene. Finalmente respiro ed i nervi si distendono, la testa non mi batte più la marcia di guerra. Mi rilasso completamente. Non c’è più nessuno a turbarmi e disturbarmi.
Siamo solo noi. Noi che siamo fatti per stare insieme.
Io e la mia macchina.
Io e la velocità."
Note: Come dicevo, inizia la parte interessante sul serio. Fin qua era lavoro di background per la vera storia che inizia da ora, infatti col prossimo capitolo arriva la seconda parte, il secondo settore, il cui titolo è 'Consapevolezza e attrazione'. Non sono brava coi titoli, ma penso che si capisca bene su cosa sarà incentrata. Spero continuerete a seguirmi. Alla prossima. Baci Akane