*Scusate il ritardo di pubblicazione, ma ho avuto le ferie in mezzo ed invece di avere più tempo libero, ne ho avuto di meno! XD Conviene lavorare, quasi quasi! Comunque riprendiamo dal punto intrigante in cui li abbiamo lasciati, ovvero in un club Milanese a fare nottata coi soliti più vari altri ed un Max imbucato che non si capisce se abbia fatto bene o male a venire. Di cose in un paio d'ore ne succedono, ma per la fine quante altre accadranno? Buona lettura. Baci Akane*
37. SEMPRE UNA GARA
/Charles/
“Dopo che recupero un’altra brocca di alcolico, torno su da quelli che sono rimasti.
Molti se ne sono andati non avendo più mie notizie e quando Pierre si riunisce a Caterina spiegandole che abbiamo approfittato per ballare un po’, lei lo implora di andare che è stanchissima. A questo punto, visto che lui ha probabilmente ottenuto quel che voleva da questa serata, mi guarda felice e realizzato per dirmi che se ne vanno. Presumo che avrebbe preferito restare, ma avendo scopato con me è comunque a posto, io no invece.
Lo vedo mentre se ne va con lei ancora pieno di energie, come se toccasse il cielo con un dito, e mi sento colpevole: tutto ciò che abbiamo e di cui lui è felice, non è reale e nemmeno lo sa.
Rimasto orfano di ragazzo, Max mi torna in mente come il solito chiodo fisso di questo periodo e guardo torvo le scale aspettando che lo stronzo torni; la rabbia ed il fastidio mi montano all’idea che possa andarsene senza dirmi nulla. Lo ucciderei, altro che tagliarlo fuori o continuare le nostre stupide lotte.
Lo ucciderei se osasse.
Anche se capisco che potrebbe essere il risultato delle mie provocazioni: sapevo che giocavo col fuoco, è che pensavo che la sua reazione mi sarebbe piaciuta, invece si è fatto un’altra.
Maledetto.
Vedrai se non se ne è andato, pure!
Siamo rimasti praticamente solo io, Alex e George; aspettano io mi decida ad arrendermi, cercano di capire quando avrò bisogno di vomitare. Lando e Carlos li abbiamo persi da un pezzo.
- Che diavolo è successo, giù? Ti abbiamo lasciato tutto allegro ed eccitato, ti sei divertito tutta la sera... che è ora sto muso? È per Pierre che se ne è andato o qualcun altro che manca all’appello? - Alex non si fa problemi a farmi certe domande e questa è più specifica di quel che sembra, infatti mi ricordo che dovevo chiedergli cosa sa di me e Max.
Mi accendo ricordandomi di questa piccola indagine che volevo fare e decido di approfittarne ora, Alex mi guarda in attesa, ma poi torno a spegnermi dimenticandomi di nuovo tutto. Scuoto la testa innervosito e faccio per bere ancora, ma George mi prende il bicchiere e me lo allontana posandolo sul tavolino davanti al nostro divano che ora conta solo noi tre.
- Penso che sia il tuo limite. Hai scaricato tanto ballando, ma se non ti muovi più questo ti darà solo il colpo di grazia. Non ci tengo a pulire il tuo vomito, sei un amico ma c’è un limite! - dice con la sua tipica grazia da inglese ben distinto. Si atteggia un sacco, mi piace questo aspetto di lui, così con la concentrazione di un ubriaco, sorrido e mi distraggo subito realizzando che questi due sono qua con me ad impedirmi di finire in coma etilico, invece di approfittare e andarsene insieme a concludere la serata come Lando e Carlos. Sono dei buoni amici.
- Non dovete preoccuparvi per me, andate a fare di meglio che farmi da baby sitter... - stanno insieme, loro sono una vera coppia, non come me e Pierre che non so cosa siamo ma siamo qualcosa, o come me e Max che vorrei fossimo qualcosa, ma anche lì non so cosa e comunque di sicuro non siamo niente.
Appena lo dico e lo penso, mi faccio serio e mi copro la faccia sudata con una mano strofinando. Sono solo più confuso e mi sta cadendo addosso il peso delle cazzate che ho fatto e che ho finto di non vedere, il mondo si sgretola intorno a me, voglio piangere e cancellare tutto, ma la consapevolezza che non posso farlo mi dilania.
Ubriacatura triste, ora?
Che disastro, era meglio quella maniaca, ma non c’è più nessuno a cui saltare addosso.
Ho usato Pierre sapendo che devo mettere un freno a noi, ma avevo voglia di scopare e potevo farlo solo con lui.
Che merda che sono. Che merda.
- Ma che dici, pensi che non abbiamo già consumato come si deve? - fa a questo punto Alex ridendo e spingendomi bonario.
Li guardo meravigliato, non me ne ero minimamente accorto.
- Eri troppo preso da qualcun altro per accorgertene, eh?
Grazie a loro l’atmosfera si alleggerisce e mi rassereno, è così che ricordo quando più o meno ad inizio serata loro due sono spariti e Max li ha beccati ed ha fatto quella faccia buffa da ‘wow!’ e gliel’ho detto appiccicando la bocca al suo orecchio. Ripensandoci sorrido morbido e sospiro, proprio in questo istante, però, quando sto per dire che è meglio andare, una voce familiare e roca ci raggiunge dalle scale.
- Dannazione, non mi mollava più! - Max si palesa come niente fosse, seccato. - Ragazzi, ricordatevi di non rimorchiare le perfette sconosciute! Fate prima un provino attraverso qualche amico, tanto si capisce subito se sono psicopatiche!
Max continua a parlare con noi come se fossimo amici di vecchia data e fosse tutto a posto. Si siede nel divano con noi e prende il mio bicchiere ancora a metà che mi hanno tolto i ragazzi. Lui beve senza farsi problemi.
- Potevi anche parlarci prima di fartela, eh? - risponde Alex prontamente, immaginando di cosa parli.
Max lo guarda come se dicesse eresie.
- Io parlarci con una che dovrei solo scoparmi? E perché mai?
- Per capire se sono psicopatiche, forse? - George risponde altrettanto divertito, mentre io vedendolo bere e ridere, mi sento stupidamente meglio.
È tornato qua, alla fine. Poteva andarsene infuriato con me per chissà cosa, ma è tornato. E se non mi trovava? Meno male che sono rimasto.
Che patetico che sono.
- Non mi sembrava ti dispiacesse la sua psicopatia quando ti strofinava il suo bel culo tondo contro il tuo cazzo bello gonfio!
Questa scappa a me. Acido. Dannatamente acido. Come un fidanzato geloso che però non può esserlo perché... aspetta, perché non sono il suo ragazzo!
Appena lo dico, tutti e tre si fermano e mi guardano sorpresi ed improvvisamente, appena i miei occhi e quelli di Max si agganciano, tutto sparisce.
Sento vagamente Alex e George dire: - Ok, adesso sì che è ora per noi di andarcene!
Ed entrambi diciamo solo un vago ‘ciao’, credo. Ma non ne sono nemmeno sicuro.
Rimaniamo finalmente soli nel divano isolato del privé che adesso conta solo noi, anche gli altri angoli limitrofi a noi ormai sono vuoti; deve essere tardi. Così mi arriva come una folata di vento fresca la consapevolezza che non saremo assolutamente disturbati.
La depressione ed il senso di colpa di prima viene sbaragliato dallo stato di me che preferisco.
Il maniaco sessuale.
Sono ancora ubriaco, non mi sono ripreso. Basta un piccolo tocco, una spintarella, per tornare dove voglio.
Mi riprendo il mio bicchiere di Gin Tonic e lo finisco. La sensazione dell’alcool torna a bruciarmi la gola, mentre i suoi occhi fissi sui miei, di un blu acceso, mi scaldano il resto.
Un calore che corre su tutto il corpo concentrandosi sul mio cazzo che è di nuovo pronto a ricominciare.
Immediato mi attraversa il flash di prima, in bagno, mentre lo immaginavo a scopare con quella puttana in modo crudo e volgare. L’ho fatto con Pierre così come pensavo lo facesse lui con lei. Per sentirmi in qualche modo lì, per avere una specie di orgasmo con lui. Chissà come l’ha fatto, invece? A cosa ha pensato?
Mentre credo di avere tutto sotto controllo e che sia solo nel mio cervello, ma che la mia bocca rimanga serrata, sento invece la mia voce parlare.
- A cosa pensavi prima mentre la scopavi?
Ecco la piccola spinta che mi serviva per lasciarmi andare. Lo volete tutti, il Charles senza freni, no? Eccolo qua. Bello? Adesso raccogli le conseguenze, Max!”
/Max/
“Lo so fare anche io questo gioco, sai?
Senza turbarmi né sorprendermi, consapevole che è bello ubriaco - soprattutto bello, ma anche molto ubriaco - mi avvicino a lui nel divano; lascio che i nostri fianchi e le nostre gambe si tocchino. Charles ha uno scatto ma non si muove, non si aspettava mi avvicinassi. Appoggio un gomito sul ginocchio e il mento al palmo, lo guardo aspettando che si metta in una posizione simile e finalmente mi imita alla perfezione, per nulla consapevole di cosa fa, solo che non vuole interrompere questa cosa fra noi.
Mi vuoi da matti.
- E tu?
È un gioco che so fare bene anche io. Come prima. Come sempre. Come tutto.
Ci provochiamo a vicenda, gareggiamo su tutto, come se non potessimo semplicemente accettare la pura e semplice verità. Vogliamo scoparci come due dannati.
Quanto ci metterai a mollare la presa e a saltarmi addosso? Io ho un’ottima resistenza, bello mio, perché non cerco stupidamente di trattenermi sempre. Perciò quando devo controllarmi, posso farlo. Se non lo faccio è perché non voglio.
I suoi occhi hanno un guizzo, siamo così vicini ora che stiamo per baciarci. Potrei farlo e forse se l’aspetta, ma so che al tempo stesso vuole essere lui a fare la prima mossa fra noi, perché gli piace guidare, gestire, comandare. Se lo facessi io per primo, finirebbe come a Singapore.
Si scosterebbe.
E col cazzo che sopporto un altro rifiuto da lui.
Adesso si vede che è andato per un altro pianeta, ma c’è una piccola parte di sé che lo tiene qua vicino a me, il desiderio di quello che potrebbe essere.
Ma come si dice? La verità la puoi sapere dagli ubriachi e dai bambini.
- A te. A come l’avrei fatto con te. Se fossi stato tu quello piegato davanti a me coi jeans abbassati.
Bene, qua mi riparte l’amico fra le gambe, era inevitabile, ma me ne sto buono. Certo che è dannatamente bravo a tirarmi su. In tutti i sensi.
- E come l’avresti fatto? - chiedo piano e suadente. È bello parlare senza freni e filtri, perché l’alcool ce lo permette. Domani, forse, lo dimenticheremo, ma per ora siamo qua, siamo noi e siamo ciò che vogliamo.
- Volgare, duro, forte. Senza delicatezza o sentimenti.
- Mmm... - mugolo tendendomi verso di lui, le nostre labbra a pochi centimetri, entrambi ce le fissiamo in attesa di incontrarci. - È così che ti piace, quindi? Duro e volgare?
Charles però non fa una piega, non si ritira e non cede, non si sposta, non arretra, ma nemmeno avanza. Perché se lo facesse mi bacerebbe e forse perderebbe una qualche stupida gara che c’è fra noi ora.
- È così che lo farei con te. - Charles a questo punto si avvicina di poco senza però toccarmi con le labbra. Continuiamo a fissarcele.
- E tu invece? A cosa pensavi? - torna a chiedere. A questo punto lo posso accontentare.
- A chi l’avrebbe messo dentro all’altro fra noi due.
Charles fa un sorrisino vittorioso sia perché alla fine gliel’ho detto, sia per quel che ho risposto.
- Ma è facile. Te lo metterei io!
A questa risposta rido divertito senza muovermi, sperando che l’alcool alla fine lo spinga a baciarmi perché col cazzo che lo faccio prima io. Ma mi guarda ridere abbagliato da ciò che vede e finalmente parla con la stessa intensità di prima, catturato e assorbito da me. Senza muoversi di un millimetro, il mento sul palmo, il gomito sul ginocchio, noi seduti vicini su questo divano in una chiesa sconsacrata. Che bel scenario per noi due così sbagliati.
- Max, ho voglia di scoparti, ma non penso di riuscire a stare in piedi e muovere un passo perché sono troppo ubriaco.
La sua sincerità disarmante mi colpisce e mi fa drizzare tutti i peli del corpo, oltre che il mio cazzo già dritto. Maledico e benedico contemporaneamente l’alcool che l’ha ridotto così e con un sorriso consapevole e dispiaciuto per quel che poteva essere se solo non avesse superato l’ultimo limite, annuisco e faccio il cenno col capo di andare.
- Ti accompagno in hotel. - sussurro rimanendo a guardarlo da questa vicinanza, in questa posa, senza staccare gli occhi dai suoi.
Charles sospira ed annuisce con lo stesso genere di sguardo, consapevole, lì nella sua nebbia dovuta al tasso alcolemico, che sarebbe potuta essere una serata migliore. Ma tutto sommato non penso che sia da buttare. E forse, conoscendolo, se ne sarebbe pentito, avrebbe fatto marcia indietro e avrebbe rovinato tutto.
Perché se da sobrio non riesce a giocare così con me e ad essere aperto e diretto, significa che non è ancora pronto.
Ogni cosa ha il suo tempo, lui in particolare.
Il rumore del silenzio esterno ci assorda dopo essere stati nel caos più totale per ore. Fa male, ma lentamente ci clamiamo.
Anche se lui è forse più intossicante dell’alcool stesso: averlo così docile contro di me che si lascia reggere, gestire e fare, è devastante.
Ho recuperato io la sua giacca e le sue cose, gliele ho messe addosso e adesso siamo fuori ad aspettare che la macchina venga a recuperarci, ci siamo messi in un angolo di quella che esteriormente sembra ancor di più una chiesa.
Da dentro, conciata in quel modo, nemmeno te ne rendi conto, quasi. Ha uno stile antico, ma non ha niente di sacro ovviamente.
Da fuori sì.
Ci mettiamo un po’ più in parte, in un posto meno evidente, ma ormai è molto tardi e c’è poca gente, quelli che ci sono sono più distrutti e strafatti di noi; eravamo quasi gli ultimi e nessuno ci nota, qua seduti per terra. Lui ormai si è arreso e si appoggia completamente a me, la testa sulla mia spalla, gli occhi chiusi. Credo che dorma.
Vorrei che non arrivasse mai, l’autista. Vorrei che ci dimenticassero qua. Vorrei rimanere qua così per sempre.
- Ma i tuoi due angeli custodi dove sono? - chiedo un po’ per testare quanto sia in qua e quanto in là.
Charles mugola e poi con fatica e voce impastata, mormora: - Erano a cena, poi sono venuti perché li ho pregati, ma non sono rimasti molto. Confidavano in Pierre! - a questo ridacchia ed io sorrido. Sa che parlavo del suo personal trainer e del suo assistente che non so ancora come si chiamano.
- Jo e Andrea, comunque. - biascica contro la mia spalla come se comunque mi leggesse nel pensiero.
Penso che il fresco della notte gli stia facendo bene, anche se potrebbe pure dargli il colpo di grazia.
- Stai bene? - chiedo dopo un po’.
- Non so. - risponde sinceramente. Ridacchio divertito.
- Devi vomitare? - scuote la testa. - Dimmelo se devi vomitare. Poi comunque staresti meglio, perciò magari poi in albergo prova a farlo.
Ma di cosa mi preoccupo? Mica è il mio ragazzo.
- Sei esperto vedo! - borbotta ironico ancora senza muoversi.
- Decisamente! - replico io continuando a scherzare con lui.
Ti prego, autista, continua a fare tardi. Ti prego.
- Ma tu perché sei così sobrio?
- Reggo meglio, ho bevuto di meno e meglio di te e comunque fingo meglio.
- Smettila di dire meglio in relazione a me! - a questo rido più di gusto, sapevo che avrebbe detto così!
- Come sei prevedibile!
- E tu stronzo!
Ma sorride anche lui, anche se non lo vedo perché se mi muovessi crollerebbe giù. Perciò sto qua, assolutamente immobile, a sentirmi un idiota perché non approfitto di lui. Potrei prendergli il viso e baciarlo, non reagirebbe e non lo ricorderebbe perciò non sarebbe una sconfitta. Ma poi sconfitta di cosa?
Baciarlo per primo sarebbe una sconfitta?
Sei proprio un coglione, Max.
No, è che ho il terrore di un altro suo rifiuto. Tutto qua. Per questo non lo farò per primo.
Vorrei chiedergli di Pierre, ma è meglio evitare di rovinare tutto. Tanto so già quello che volevo sapere.
È qua che la macchina arriva e mi toglie dall’impaccio di baciarlo o no.
Non adesso, per lo meno.
Con calma e delicatamente lo aiuto ad alzarsi cercando di fare piano per evitare che vomiti ora, lo tengo su per il braccio e lui si appende totalmente a me.
Riesco a farlo salire in macchina, apro subito il finestrino e lascio che la testa si appoggi all’esterno in modo che il vento l’aiuti e che se deve vomitare lo faccia fuori.
Non parliamo più, forse adesso dorme davvero.
Finirà appena lo porterò dentro, ma in effetti, ormai, è già finita. Non è più in qua nemmeno con un unghia.
Ancora docile come un bimbo col padre, si lascia fare del tutto fino a che arriviamo in camera.
Lo tengo sotto braccio, gli cingo la schiena e lui ciondola con la testa contro la mia. Mi segue come un sonnambulo e mi fa ridere. Non avrei mai pensato nemmeno fra un milione di anni di vederlo in queste condizioni. Ma è un bel segreto, un bel ricordo. Un ricordo dolce.
Quando cerco nella sua tasca, la prima a cui arrivo in questa posizione, trovo subito la sua chiave elettronica col numero sopra. Tutti noi alla festa stasera abbiamo prolungato il pernottamento di un giorno, naturalmente nessuno ha trovato intoppi.
Una volta che lo accompagno dentro cerco di essere il più delicato possibile, anche se lui si sarebbe buttato come un sacco di patate. Vomitando.
Lo faccio dapprima sedere con quella di togliergli almeno la giacca e le scarpe, ma mentre procedo lo vedo accasciarsi in avanti. Per evitare si spacchi la testa, mi metto davanti e lo prendo al volo, perciò tenendolo fermo con la mia spalla che regge la sua testa, scivolo con le mani sotto le maniche della sua giacca e solo mentre lo faccio, chino su di lui, mi rendo conto di cosa sembra.
Io che lo spoglio in camera sua. Lui arrendevole.
- Se facessimo sesso non sarebbe duro e volgare come te lo immagini tu, caro Charlie. - mi sfugge ad alta voce. Sentendomi fa un mugolio che non so interpretare. Forse ha reagito al modo in cui l’ho chiamato.
La giacca si sfila facilmente e la metto in parte. A questo punto le mie mani arrivano sulle spalle, lo prendo per stenderlo, ma sul punto di farlo, mi fermo.
Charles gira la testa verso di me, verso il mio collo e si accoccola. Non riesce nemmeno a sollevare le mani e stringermi, ma fa così ed io nonostante sono in piedi, chino verso di lui, in una posizione fottutamente scomoda, resto qua.
Immobile. Col suo respiro contro il mio collo, sulla mia pelle.
Mentre è lì, annusa. Sorrido pieno di brividi, mentre mi eccito di nuovo.
- Ti piace il mio profumo, eh? È Acqua di Gio, se vuoi saperlo, Giorgio Armani. Uso lo stesso gel doccia, in questo periodo. Ha un’ottima durata.
Glielo dico per testarlo, quanto è in qua e quanto è in là?
Forse lo dico anche per alleggerire me stesso, perché se continua così gli salgo sopra e approfitto e vaffanculo.
Charles mugola e mentre lo fa solleva la mano, infila il dito nella cinta dei miei jeans e cerca di tirare per aprire, ma senza successo perché sono troppo stretti e dovrebbe usare due mani ed io dovrei stare dritto.
Sorrido mordendomi poi la bocca.
- Vedo che ti stai riprendendo, eh? È stato il mio profumo?
Charles di nuovo mugola infastidito e poi la sua voce prende una forma di senso vagamente compiuto, roca e profonda.
- Perché diavolo metti jeans tanto stretti?
Sorrido.
- Non ti piacciono?
- Troppo.
Beh, se va avanti così te li regalo, i miei jeans. E ti regalo qualcos’altro. Ma alla fine il dito gli cade in grembo e si arrende, è sfinito, così ho pietà e mi decido. Lo prendo per le spalle e lo accompagno delicatamente giù di fianco. Per poco non ci finisco steso anche io, sopra di lui, ma mi sfilo riuscendo per miracolo a stare dritto. Che poi io sto meglio, ma non è che sono sobrio.
Gli prendo le scarpe e gliele tolgo facilmente per poi tirargli su anche i piedi.
Ma come sono premuroso. Come sono nobile. Come sono coglione.
Prendo l’altro lembo della coperta e glielo tiro su lasciandolo com’è, poi vado in bagno e prendo il cestino e glielo metto vicino al letto.
- Se devi vomitare, fallo qua.
Un ‘Mmm.’
Non dorme, ma quasi.
Mi accuccio e lo guardo meglio, con calma.
È dannatamente bello, proprio una faccia d’angelo che nasconde un demonio.
Un demonio che oggi pomeriggio e stasera era finalmente felice. Allora lo vedi che se vuoi puoi esserlo?
Lo vedi che puoi ancora sorridere sul serio?
Vedrai che un giorno ci riuscirai.
Sono certo che sistemerai tutta la tua merda e che verrai da me a reclamare quel che non hai ancora avuto coraggio di fare da sobrio.
I capelli sconvolti ora gli stanno da tutte le parti e sta comunque bene, gli carezzo il viso col dito arrivando fino alle labbra, gliele disegno così come sono, con quelle curve sexy e ben definite, poi vaffanculo, ho bevuto anche io.
Mi chino e gli poso delicatamente le labbra sulle sue. Non faccio altro. Gliele bacio così, lieve, come fossimo in un sogno.
- Buonanotte. - sussurro staccandomi. Lui fa un altro ‘mmm’.
Su questo me ne vado pentendomi amaramente di non essere stato così ubriaco da saltargli addosso senza frenarmi. Perché dovevo metterlo alla prova e stuzzicarlo? Perché mi sono fatto quella là?
Dovevo farmi lui, dannazione. Sono proprio un coglione.
Ma dopotutto è bello anche così, una gara non è bella se è facile e lui sicuramente non lo è.
Alla prossima, bel demonio.”
/Charles/
“Mi sveglio perché la testa martella come un tamburo rendendomi impossibile dormire, ma anche se apro gli occhi ci metto un po’ a svegliarmi sul serio.
Li apro e li chiudo, sono tecnicamente sveglio, vedo una camera, comprendo che sono steso su un letto, ma non realizzo niente di specifico. Non metto a fuoco la camera e soprattutto non capisco che giorno sia e se io abbia impegni o cose da fare. Di solito ho sempre cose da fare, anche nei giorni liberi fuori dalle corse, perciò è un pensiero spontaneo che ho appena apro gli occhi.
Che devo fare?
Ma adesso rimane tutto fermo e zitto.
Non so quanto ci metto prima di chiedermelo.
- Ma dove sono?
Lentamente provo a muovermi, ma appena lo faccio, oltre a farmi male, la testa gira e siccome sono steso, sentirla girare è ancora più strano.
Rimango così a guardarmi intorno e riconosco la camera d’albergo di Monza, non me ne sono ancora andato. Beh, ieri sera ho fatto festa ed ho chiesto di tenermi la camera un’altra notte.
Bene, una cosa è assodata. Sono a Monza.
Dubito di avere impegni se non capire come torno a casa, spero che Jo e Andrea non mi abbiano abbandonato. Andrea forse, ma Jo non oserebbe.
Pensando a lui roteo il capo verso il comodino cercando il mio telefono che non vedo, spalanco gli occhi e alzo di scatto il capo. Non l’avessi mai fatto. La fitta che mi prende è così atroce che mi esce un inutile lamento, mi premo la mano sulla fronte dove un cerchio mi sta spappolando il cranio per farmi uscire il cervello da dentro, quando mi pare diventi sopportabile, mi alzo più lentamente a sedere e torno a cercare il mio telefono senza successo.
Dai tendoni tirati male entra un po’ di luce esterna che mi permette di vedere un po’ e capire che sarà giorno inoltrato.
Se non sono venuti a vedere se sono vivo penso immaginino che avrei dormito tutto il giorno, anche se non so che diavolo di ora sia.
Intanto troviamo il telefono.
La prima cosa su cui il mio sguardo si posa è il cestino del bagno che sta vicino al letto, lo guardo col sopracciglio alzato senza capire che ci faccia lì. È vuoto, perciò non ci ho vomitato e non sono stato io a metterlo, non è una cosa che mi verrebbe in mente di fare da ubriaco. Credo. Qualcuno mi ha messo a letto, chi sarà stato? Solitamente è Jo.
Poi mi guardo e realizzo di essere vestito, ma la giacca è su una sedia che mi sembra lontanissima da raggiungere. La guardo corrucciato e solo quando lo stimolo di fare pipì mi parte dandomi la sensazione di avere due litri in vescica, mi decido ad alzarmi, ma gira tutto come avessi bevuto adesso.
So che sono i postumi di una sbronza, ma non ricordo niente di cosa è successo. Prima di provarci seriamente, devo capire dove diavolo è il mio telefono.
Superando con difficoltà la distanza fra il letto e la sedia, realizzo che era un metro e quando tocco le tasche trovo subito con sollievo il mio cellulare. Sospiro vedendo che è spento per la batteria, così lo attacco con serie difficoltà e finalmente la spia del caricamento si accende, subito dopo lo avvio e mentre si prende i suoi tempi biblici per farlo, io vado in bagno.
Striscio, più che correre, anche se penso mi piscerò addosso se non mi sbrigo.
La testa gira davvero tanto, ma è perché non ho vomitato. Se l’avessi fatto ora starei benissimo.
Perché non mi hanno ficcato le dita in gola? Chi mi ha mollato qua come un sacco di patate?
Mentre espello tutti i liquidi da seduto perché se rimanevo in piedi potevo solo fare danni, il primo senso di sollievo dal risveglio mi assale e solo ora riesco a fare un po’ di mente locale.
Ricordo la cena, ricordo il locale, ricordo la gente, ricordo che c’era Max, ricordo Jo e Andrea che ad una certa se ne sono andati dicendo a Pierre che mi raccomandavano a lui, ricordo la ragazza di Pierre e lui, ovviamente.
Ricordo che abbiamo ballato e bevuto e poi lentamente le cose si fanno confuse, ho flash sparsi. Mi alzo dal water e vado al rubinetto, mi lavo e mi sciacquo mentre continuo a concentrarmi sui flash che arrivano. Un bel bacio con Pierre strategicamente ottenuto in mezzo alla gente. Balli. Bevute.
Max seduto nel divano con gli occhi chiusi, io che provo l’impulso di baciarlo ma che invece bevo e poi noi che ci guardiamo, io che gli ballo addosso, il fumo che ci cancella e noi che quasi ci baciamo per l’ennesima volta.
Ma non l’ho fatto.
Mentre i flash avanzano, l’ansia sale. E se ho fatto qualche stronzata?
Sorrido morbido al ricordo appena sbloccato. Io che gli ballavo addosso è stato bello. Solo da ubriaco avrei potuto farlo, ma sicuramente anche lui era andato perciò non credo dovrò preoccuparmi molto. So che mi sono divertito e non ho rimpianti.
Spero.
Un altro flash poi mi turba. Noi in pista, io che ballo contro Pierre e Max con una donna. Noi che ci facciamo a vicenda i rispettivi partner guardandoci. Poi di nuovo il fumo che ci cancella e la sua mano che si infila dentro i miei pantaloni e mi afferra la natica. Ripensandoci la stessa impennata fa capolino, per un momento il mio cervello confuso mi fa credere di essere lì.
Fisso il telefono che intanto si è acceso, rimango turbato.
Solo lui poteva essere così sfrontato da infilarmi addirittura la mano nei pantaloni per palparmi. Esagerato.
Sogghigno e mi lecco le labbra.
Guardo i messaggi e le chiamate mancate.
Jo: ‘Dormi quanto vuoi, quando sei vivo chiamami che torniamo a casa.’
Ma quanto sei meraviglioso. Si sbagliavano sulla Madonna, in realtà era un uomo e si chiamava Joris!
Aspetto a scrivergli che sono vivo.
Un altro flash subentra mentre apro la chat che ho con Alex, George e Lando.
Una serie di messaggi che riguardano Lando che ha felicemente consumato con Carlos, sorrido. Qualcuno si chiede se io sia vivo, leggo che George e Alex mi hanno mollato a... spalanco gli occhi. A Max?
Che cosa hanno fatto?
Appena leggo, il ricordo si sblocca ed era meglio di no.
Che cazzo ho fatto?”
Note: io ho le mie idee personali su questi due e sulle loro dinamiche e le esporrò con calma tutte nell'arco della fic, qualcosa si è già visto, come per esempio Max, dopo essere stato rifiutato da Charles, per principio non vuole più fare il primo passo per evitare di essere rifiutato di nuovo (cosa normale di chiunque respiri su questo mondo), mentre Charles è quello più complicato che vorrebbe, non vorrebbe ma se l'altro facesse la prima mossa sarebbe meglio. Perciò le cose fra loro non sono semplici. In aggiunta i loro caratteri non aiutano. Spero continuerete a seguirmi, specie ora che arrivano le cose che io prefrrisco. Alla prossima. Baci Akane