Note: attenzione, qua introduco una parte molto delicata di Charles che ci tengo a precisare è una mia esclusiva interpretazione, è inventato, è solo una fanfic. Buona lettura. Baci Akane

40. TIFONE INTERIORE 

sorriso

/Charles/

“Dannazione, è ovvio che non volevo finire con Pierre a fare cose da fidanzati, ma sto idiota non mi ha proposto prontamente qualcosa che avremmo potuto fare insieme senza destare sospetti. Doveva solo proporre qualcosa prima di Pierre, razza di ritardato! 
Non so cosa, ma non è che posso fare sempre tutto io! 
La notte in discoteca l’ho organizzata io. Ad invitarlo è stato Alex, un mio amico. Ad essermi ubriacato sono stato sempre io, a lasciarci soli alla fine sono stati i miei amici. Dannazione, doveva solo approfittare di me ed ha aspettato che io fossi troppo finito per fare qualsiasi cosa! 
Perché diavolo non l’ha fatto? Anche se non lo ricordavo il giorno dopo gliel’avrei fatto replicare. Insomma, sarebbe stata l’occasione per progredire fra noi; una volta che so che abbiamo scopato, anche se non lo ricordo, è fatta, no? 
Ma Max si è rincoglionito tutto d’un colpo e da stronzo egoista arrogante è diventato altruista e corretto. Chi cazzo te l’ha chiesto?
Adesso ok che c’era anche Pierre, ma stava giocando. Doveva essere pronto a propormi qualcosa prima di lui, ufficialmente non sto con Pierre e nessuno dovrebbe sapere di noi. 
Beh, non so se Pierre l’abbia detto a qualcuno, di questo non abbiamo parlato anche perché cerco di evitare con cura di parlare di noi fra di noi, per non dover dire cose che non so, o meglio che so ma che non so come dire. 
Non so come dire che voglio torniamo solo amici, perché so che lo perderei e non voglio, perciò evito l’argomento e vado avanti in una tragica rassegnazione codarda, nell’attesa che qualcosa mi risolva il casino che ho creato. 
Ma quel ‘qualcosa’ non arriva, perché è diventato così corretto che non alzerà un dito finché non sarò io a farlo per primo. Cosa cazzo pensa, che lo voglio sposare?
Voglio solo scoparmelo! Togliermi lo sfizio di farlo con lui visto che è diventato un’ossessione. 
Prima pensavo che si trattasse di voler semplicemente fare sesso coi ragazzi, che fosse questo che mi ossessionasse tanto fino a perdere il controllo in certi momenti e a fare il maniaco col primo ragazzo decente di cui mi fidavo che avevo sotto mano. Ma ora che l’ho fatto con Pierre so che non era quello. 
O meglio, forse in parte sì, ma appurato che mi piace scopare coi ragazzi adesso voglio il ragazzo che dico io, uno specifico. 
Quel ritardato di Max!
Penso che mi basterebbe un paio di botte come si deve con lui, per calmarmi e smetterla di pensare a lui come un maniaco psicolabile. Poi tornerei normale, nella versione migliore di me, pronto a gestire Pierre senza farlo soffrire. 
Anche se è pur vero che non so come uscirne, non ne ho proprio idea; per me è più facile pensare a come scopare con Max piuttosto che affrontare e sistemare Pierre. Solo che probabilmente, conoscendomi, anche se io e Max arrivassimo al dunque, mi fermerei sul più bello carico di sensi di colpa. 
Non mi ritengo il ragazzo di Pierre perché non voglio esserlo, ma di fatto lo sono e alla fin fine non potrei mai tradirlo e ferirlo. 
Forse si tratta solo di accettare che al momento e per un po’, finché non tirerò fuori le palle, sarò il ragazzo di Pierre, punto e basta. 
Sospiro mentre Pierre mi tira con le dita intrecciate verso la camera.
- Guarda che non intendevo necessariamente questo... - dico quando entriamo dentro e lui mi spinge contro la porta aggredendo il mio collo con la sua bocca. 
Lui ride contro la mia pelle sensibile e mi ricopro di brividi. 
- Davvero non dicevi questo? E cos’altro volevi fare? - chiede provocante. Per un momento questa modalità mi ricorda Max e appena il suo viso si sovrappone a quello di Pierre e mi immagino lui a mordicchiarmi e baciarmi lì, chiudo gli occhi abbandonandomi al calore che mi invade strisciante sotto la pelle. 
Al diavolo, non ho minimamente più il controllo di un solo neurone nel mio cervello e di conseguenza nemmeno del mio corpo. Sono alla totale dipendenza di un orgasmo e appena Pierre mi dà piacere, ecco che parte una qualsiasi fantasia su Max ed io mi abbandono come un agnellino docile ed obbediente. 
Sono patetico. 
Sto recuperando tutti gli orgasmi mancati nel corso della mia adolescenza e giovinezza. Tutto quello che ho messo da parte per concentrarmi sui miei doveri e sulle corse, ecco che arriva ora. 
Le mani di Pierre frugano sotto i miei vestiti ed io ormai sono qua immaginando che siano quelle di Max che mi procurano tanto piacere, che sensualmente si infilano sotto i pantaloni ed i boxer e mi prendono il cazzo in mano. 
Lo sguardo ammiccante di prima che Max mi ha rifilato guardando la mia pancia che per un momento si è scoperta quando mi sono stiracchiato, mi penetra nel cervello lasciando partire la fantasia correlata a quel momento perfetto ed epico. 
Ti voglio scopare, Max. 
Solo questo, non voglio altro. 
Se solo prima fossimo stati soli, sono certo che mi avresti abbassato l’elastico dei pantaloni e dei boxer, mi avresti prepotentemente attirato a te sistemandomi fra le tue gambe aperte ed una volta incastrato lì, ti saresti tuffato con il tuo viso sul mio inguine, scendendo a leccarmi tutto il cazzo per poi succhiarlo con foga. Sono sicuro che lo faresti così, prendendo ogni parte di me senza timore, divorandomi con passione e sicurezza. 
Come vorrei che lo facessi. 
Una volta immerso e risucchiato da questa fantasia, approfitto di Pierre e mentre lo penetro con la stessa intensità con cui prenderei Max, piegandolo volgarmente in avanti, senza baci e carezze, solo col bisogno di far esplodere il piacere e perdere il contatto con la realtà. 
Per fortuna non lo chiamo per nome mentre gemo, mi limito a sospirare e godere. Perché se fossi uno che chiama i nomi del partner, sono sicuro che mi uscirebbe quello di Max. 
Fanculo, devo risolvere questo casino. 
Ma fanculo, da quanto lo dico e non lo risolvo? 
Fanculo!

Il tifone che si abbatte sul Giappone, in particolare a Suzuka, ci fa perdere totalmente il contatto con la realtà.
I miei occhi restano ipnotizzati sulla finestra: sembra che fuori si stia cancellando tutto. 
Non so nemmeno che ore sono, non si capisce in che momento della giornata siamo, quando sia ora di mangiare e quando di dormire. 
Tutte le attività di oggi in F1 sono state cancellate e siamo qua rinchiusi in hotel, tutti bloccati insieme. 
Domani mattina si faranno le Qualifiche e poi nel pomeriggio subito la gara, sarà un weekend che ricorderemo, molto diverso da qualunque altro.
In Giappone ci sono spesso abbattimenti meteorologici simili; oggi sembra l’Apocalisse e mi affascina. La furia con cui si abbatte il vento e la pioggia fuori, mi sconnette da me stesso e dai miei problemi, specie dal fatto che Pierre mi sta abbracciato addosso dopo che abbiamo fatto sesso. Giustamente ha reclamato le coccole ed io non sono riuscito a negargliele, come non riesco a negargli niente. 
Forse significa qualcosa, ma ora i miei occhi sono totalmente persi nella tempesta fuori, mi immagino cosa sarebbe essere lì fuori e per un momento penso di andarci, ma la voce di Pierre mi riporta alla realtà.
Fatico a capire cosa mi ha chiesto, infatti lo ripete dopo un mio distratto ‘mm?’
- Che ne dici di approfittare di tutto questo tempo libero bloccati insieme per parlare finalmente di noi? 
A questa domanda a bruciapelo e a tradimento, che questa volta registro fin troppo bene, spalanco gli occhi e mi irrigidisco spontaneamente. Pierre se ne accorge ed alza la testa dal mio petto per guardarmi in viso. Io ho la schiena mezza sollevata sulla testiera e sul cuscino per guardare fuori, un braccio gli cingevo le spalle e lui appoggiava in basso sul mio torace. 
Entrambi siamo rimasti a guardare fuori riflettendo ognuno sulle proprie cose, ma dei due solo lui ha tirato fuori le sue. 
Non avevo dubbi. 
- Adesso? - chiedo non sapendo che dire, non avendo nemmeno avuto il tempo di rifletterci. 
Per la verità me lo chiede da un po’ ed io, naturalmente, glisso alla grande. Mi ha dato tempo e pazienza, ma è ovvio che prima o poi questa finisca. Tanto per cambiare me la sono giocata malissimo.
Beh, poteva andare peggio, potevo dire che non so come dirgli che lo vedo solo come un mio caro amico e non voglio ferirlo, né chiudere i rapporti. 
I suoi occhi mi fissano inquisitori e per la prima volta leggo fastidio. Non lo era ancora stato, era sempre stato molto paziente e comprensivo, ma adesso tira fuori tutto ciò che ha soppresso per il mio bene. 
Sono una persona orribile, Pierre, come puoi innamorarti di me? 
Dannazione, se solo mi odiasse come mi odiava Max una volta. 
Pensando a lui trovo la forza in qualche modo di affrontare il momento, ma naturalmente se penso a lui non lo affronto come andrebbe fatto, come sarebbe giusto, cioè dicendo finalmente a Pierre la verità sia pure con brutalità. No, se penso a lui mi viene su con stizza una sola domanda. 
Perché diavolo devo essere costretto a fare qualcosa che ancora non voglio? Non è una cosa da fare alla leggera, questo discorso. Non può obbligarmi prendendomi alla sprovvista. 
- Sì, quando vuoi farlo? Fra dieci anni? Charlie, è ora di parlarne, non credi? Se ci sono problemi fra noi affrontiamoli, ma andare avanti così ad essere tutto senza esserlo sul serio, per me è insopportabile, ormai. 
Anche a lui questo tifone fa effetto, ma non quello che speravo. 
Lo rende impaziente, nervoso, come forse lo sono tutti perché è normale, è il vento. 
Il rumore si abbatte sull’hotel che per fortuna è sicuro, ma potrebbe strapparci via e forse sarebbe meglio. Mi risparmierebbe questa maledetta scena che non voglio vivere. Non voglio.
E vaffanculo, non può davvero costringermi. 
Mi sollevo con la schiena sfilando il braccio per poi mettere i piedi a terra. Sono duro, secco e rigido; cerco i vestiti che infilo alla rinfusa, con rabbia e confusione. 
Non voglio litigare con lui, non sono pronto a rinunciare a lui, ma non posso nemmeno mentirgli e dirgli ciò che spera ma che non è vero. 
Non possiamo restare ancora sospesi in questo tutto e niente? 
- Charlie... - mi chiama implorandomi. Io sto zitto. 
Dalla mia bocca non esce nemmeno un suono. 
La voce è bloccata nel nodo che ho in gola. Non voglio parlare. Non puoi costringermi. 
- Charles. - esclama poi Pierre strisciando sul bordo del letto dal mio lato, ora è meno implorante e più duro. Mi alzo come una molla infilandomi anche i pantaloni della tuta larghi. 
- Perché non ne vuoi parlare? Non importa di cosa si tratta, prima o poi dobbiamo farlo, io sto male così... 
Adesso si sta proprio arrabbiando ed è la bellezza di Pierre che esprime a pieno e senza paura ognuna delle sue mille emozioni. Io non so nemmeno se sono in grado di provarle.
Forse le provo, ma sicuramente non riesco a tirarle fuori. 
Come diavolo fai ad essere così, me lo vuoi dire, Pierre? 
La mia bocca resta cucita, il mio volto è di pietra e respiro a fondo cercando di mantenermi calmo, anche se ora sono in totale subbuglio ed odio esserlo. 
Io il tifone ce l’ho dentro. 
Senza dire nulla, ma proprio nulla, mi infilo le ciabatte ed esco prendendo solo il telefono, lasciando la chiave magnetica nell’apposito spazio che dà la corrente alla camera. 
Sono in pantaloni e maglietta, piedi scalzi e ciabatte, forse i boxer ma non ne sono nemmeno sicuro. 
Mi affretto ad andarmene, non so dove, ma non voglio che Pierre mi insegua. Lasciami in pace, lasciami respirare, lasciami stare ancora un po’. Ti prego Pierre, non costringermi a ferirti, non sono pronto, non ce la faccio. 
Vorrei piangere e gridare e spaccare qualcosa. Quando svolto l’angolo in fondo al corridoio, mi ritrovo improvvisamente davanti ad un’enorme porta finestra che si affaccia sul terrazzo di questo splendido ultimo piano. Un terrazzo che al momento è vuoto. 
La pioggia ed il vento stanno cancellando anche questo terrazzo, vola tutto, là fuori. Non esiste più niente. 
Di nuovo l’irrefrenabile impulso di andare là e farmi fare la stessa fine del mondo là fuori. 
La pioggia ed il vento, ne ho bisogno. Devo sentirli.
Tremo e non respiro bene e la testa mi esplode, mi sembra di essere appena impazzito. Perché mi deve costringere a fare qualcosa che non voglio?
Metto la mano sulla maniglia e la giro. 
Dio, cancellami. 
Apro la porta ed appena lo faccio, viene immediatamente spalancata di colpo, vengo improvvisamente investito da un’ondata potente di vento e pioggia che mi lava tutto e finirei a terra strisciando per diversi metri, se non fosse che due braccia da dietro mi prendono con una forza incredibile tenendomi in piedi; poi, mentre mi cinge, richiude la porta con una certa difficoltà perché sta ancora tenendo me e non può usare tutta la sua forza. Ci mette un po’, nel frattempo la pioggia entra col vento impetuoso bagnandoci entrambi. 
Infine, improvvisamente, tutto cessa. Resta solo il freddo ed il bagnato ed un rumore ovattato rispetto a quello che era appena esploso
- Sei impazzito? - la voce roca e graffiante ed agitata di Max mi ruggisce alle spalle. 
Una mano ancora sulla maniglia, l’altro braccio a circondarmi il torace da dietro. Sono fradicio. Per un secondo di porta spalancata sono fradicio, ma io sono finalmente fermo. Non tremo più, non respiro male, la testa non mi esplode.
È tutto fermo, tutto calmo, tutto silenzio. 
Il tifone è di nuovo fuori, non più dentro di me. 
Giro la testa per guardarlo senza l’intenzione di muovermi da qui, qui dove sto finalmente bene. 
Non so se la mia tempesta è passata perché ne sono stato investito da una reale, oppure se perché Max mi ha bloccato, ma il punto è che qua, fra le sue braccia, contro il suo corpo caldo e solido, così concreto, così forte, sto finalmente bene e per un momento sono addirittura felice. 
- Charles che stavi facendo? Non si scherza con queste cose! È un tifone bestiale! - replica ancora agitato. È la prima volta che lo vedo così, anche se in realtà non ci ho mai avuto molto a che fare con lui al di là della rabbia che la pista gli fa sfoderare o magari la felicità sempre per qualche bel piazzamento o qualche vittoria. 
- Scusa... io... ho bisogno di nascondermi per un po’... - la mia bocca si muove da sola, non avrei mai detto una cosa così sincera in condizioni normali, ma pare che i suoi occhi e la sua presenza mi scatenino sempre lati così onesti che non riesco a trattenerli. 
I nostri occhi si incontrano e si incatenano; i suoi blu, così belli, si spalancano capendo alla perfezione, guardandomi in faccia, che sono fuori di me e che ho bisogno di un rifugio. 
Senza discutere come farebbe chiunque altro, si scioglie solo per prendermi il polso e tirarmi via verso l’altro lato del corridoio. 
Realizzo che la sua camera è da quella parte ed io lo seguo senza rifletterci, sento solo la sua mano che scende sulla mia e senza ribellarmi la stringo a mia volta. 
È una scarica elettrica così violenta e calda che non sento freddo perché sono bagnato. Non sento alcun disagio. Vorrei solo che non me la lasciasse. 
Ecco cosa vorrei. 
Ma poi mi ritrovo nella sua camera e lì mi lascia chiudendo la porta alle nostre spalle. 
La sua stanza ci ingloba e ci nasconde e senza guardarmi né dire niente, va in bagno e mi tira poco gentilmente un asciugamano, poi si china sulla sua valigia aperta e posata a terra e tirando fuori alla rinfusa un paio di cose, me ne lancia alcune. 
Io lo guardo perplesso senza ancora capire nemmeno che è appena successo, lui è alla fase successiva e cerca di risolvere problemi. 
Gli ho chiesto aiuto a nascondermi e l’ha fatto, mi stavo per gettare nella tempesta e me l’ha impedito, sono fradicio e mi dà per asciugarmi. 
Rimango inebetito a guardarlo, lui è così sicuro mentre agisce senza farmi nemmeno mezza domanda, come se andasse tutto bene così anche se non è vero. Forse è per questo che invece di asciugare sé stesso, perché anche lui è un po’ bagnato, mi si avvicina, mi tira via le cose che ha lanciato e lasciando tutto sul letto, mi prende la maglietta e me la tira via dalla testa brontolando seccato. 
- Charles, devi spogliarti, asciugarti e vestirti con abiti asciutti. Ti sei rincoglionito? 
Non è per niente delicato ed è così facendo che mi dimostra di saper esattamente come fare con me. 
Lentamente mi sembra di tornare; lascio che dopo la maglietta mi tolga anche i pantaloni senza pensarci molto ed è solo a questo punto che realizzo di non averli poi messi, i boxer. 
Appena si ritrova accucciato davanti a me con i miei pantaloni abbassati alle ginocchia e il mio cazzo libero davanti alla sua faccia, è lui che si ferma ed io finalmente torno in me definitivamente. 
Proprio per questo, penso, rimango fermo. 
Fermo immobile. 
Non era questa, in qualche modo, la mia fantasia di prima? La mia e la sua, sicuramente. Perché il modo in cui mi hai fissato la striscia di inguine che si vedeva quando ho alzato le braccia, lasciava poco spazio all’immaginazione. Era una sola cosa a cui pensavi. Quella che ho pensato anche io mentre mi facevo Pierre. 
Mi strofino le labbra lentamente e con gusto rimanendo fermo con le braccia lungo i fianchi a guardarlo dall’alto. 
Lui accucciato davanti a me coi miei pantaloni giù e gli occhi spalancati sul mio inguine. 
Una scena porno, probabilmente. Di quelle che poi ti fanno venire un bell’orgasmo. 
Come quel tifone là fuori, anche Max cancella ogni cosa, proprio come avevo immaginato sapesse fare. 
Max è il mio tifone, si abbatte su di me e mi rivoluziona la vita cambiando completamente qualsiasi cosa tocchi. 
Per un momento non ci sono problemi e incertezze, né sofferenza e dolore. Non c’è Pierre, non ci sono impedimenti. 
Per un momento c’è solo la sua bocca terribilmente vicina alla punta del mio cazzo che inizia a pulsare lento come avesse vita propria. In un certo senso è così, ce l’ha, la vita propria. Il mio cazzo vorrebbe infilarsi nella sua bocca così carnosa, così vicina. 
Cosa avremmo fatto se fossimo stati soli nella stessa condizione di prima? Io in piedi davanti a lui seduto, il mio inguine quasi scoperto. 
Beh adesso non è quasi scoperto, è totalmente alla sua mercede. 
Alzo le braccia come prima incrociandole sopra la testa, come a riproporre la stessa scena, come a servirmi sullo stesso piatto d’argento in cui ho cercato di mettermi prima. Ma adesso non c’è niente e nessuno intorno. 
Max lo capisce, i suoi occhi si sollevano dal mio cazzo che si gonfia a vista d’occhio e senza paura, ma con un’evidente domanda nello sguardo, mi fissa da sotto. 
‘Davvero?’ sembra chiedermi. ‘Ne sei sicuro?’ 
Tutti questi scrupoli da dove cazzo ti escono? Mi aspettavo che in una situazione perfetta come questa, avresti approfittato egoisticamente senza guardare in faccia niente e nessuno se non i tuoi bisogni e voglie, proprio come speravo facessi, proprio come vorrei. 
Ma tu stai ancora lì fermo ad aspettare cosa? Cosa diavolo aspetti per succhiarmi il cazzo? 
Dai, Max, datti una mossa!”

/Max/

“Che diavolo aspetti, si può sapere? Che cazzo stai aspettando a succhiarglielo? Te lo sta praticamente sbattendo in bocca. A momenti te lo chiede. 
Apri la tua dannata bocca, tira fuori la lingua e lecca. Lecca e succhia. Striscia le mani sulle sue cosce, lascia i pantaloni bagnati a terra, risali sul suo inguine, accompagna la bocca con le mani, dargli piacere, divoraglielo. Lo vuole. Non importa cosa avesse prima e che ha praticamente cercato di suicidarsi, credo. Ora è qua e te lo sta infilando in bocca. 
Aprila e succhialo. 
È così fottutamente sexy, così fottutamente bello.
Così fottutamente fragile. 
Realizzandolo, mi muovo da solo come un idiota, perché è questo che mi sento. Un idiota. Mentre la testa mi grida di succhiarglielo e saltargli addosso, lascio i pantaloni alle caviglie, mi alzo in piedi e riprendendo l’asciugamano che gli avevo tirato. Glielo avvolgo attorno alla testa e alla schiena, glielo chiudo davanti sul petto e poi strofino le mani sulle braccia, sulle spalle, sulla testa. Lo asciugo io con calma, piano, dolcezza. Non vorrei romperlo. È così fragile. 
Sta così male. 
Sta ancora così male. 
Il suo sorriso è talmente lontano, talmente triste, che nemmeno ci prova. 
Charles non dice niente, non si muove, si lascia fare dopo aver abbassato le braccia. Le ha tirate giù quando ha visto che mi alzavo e non gli facevo alcun pompino. 
Lì sono rimaste. Giù, prive di vita ed intenzione. Non si chiudono sul petto per proteggersi da me, non deve farlo, non ne ha bisogno. Si fida di me.  
Forse perché siamo entrambi così corrotti e spaccati, che non ci giudicheremo a vicenda. 
Dopo averlo asciugato, gli lascio il telo addosso e lui china il capo; si appoggia a me come a chiedere del famoso abbraccio che continuiamo a rubarci a vicenda nei modi più assurdi. 
Perché non siamo capaci di chiedere le cose nel modo più normale?
Sto male, mi abbracci? 
Certo, sono qua. 
Hai pianto per Hubert o ti sei limitato a consolare Pierre e basta? 
No, non voglio piangere perché se iniziassi non finirei più. 
E che male ci sarebbe? 
E tu? Hai mai pianto per te stesso? 
Io? Non ho da piangere. 
È questo che racconti a te stesso quando ti guardi allo specchio? 
Non mi guardo. 
Sarebbe questa la nostra conversazione e sono sicuro se la sta facendo anche lui, per questo nessuno parla e si accoccola contro di me, fra le mie braccia, mentre lo cingo questa volta per avanti. Rimane qua tutto coperto dall’asciugamano, nemmeno un centimetro di viso è scoperto e lì sotto, lui sta finché vuole, finché ha bisogno.
Non dico niente, non so cosa stia passando, cosa abbia, perché stia così, che diavolo sta combinando. Non so niente. So solo che ha bisogno di un rifugio, di un abbraccio e che nessuno gli chieda perché stava tentando di farsi del male, prima.
- Ti prego, non farlo più. - mormoro con le labbra sul suo orecchio ancora coperto dal telo grigio. 
Non dico altro. 
Lui, finalmente, annuisce e le sue braccia si alzano, le sue mani si posano lievi sui miei fianchi e si aggrappa a me. Non muove la testa, non fa cadere l’asciugamano, non gira la testa verso la mia. Non provoca il bacio che entrambi aspettiamo. Sa che non è il momento ed io lo capisco e lo rispetto. 
Ha ragione. Non sarebbe lo stesso bacio che ci daremmo stando bene. 
Ma quando starai bene, Charles? Arriverà quel momento? 
Cazzo quanto mi sono rincoglionito!
Come diavolo si fa a finire in queste condizioni?
Mister ‘Prove libere’, faccio solo sesso senza impegno con chi mi pare e non mi curo di niente e nessuno. 
Eccomi qua, ora, ad aspettare che Charles stia meglio per saltargli addosso, perché se lo facessi ora mi soddisferei, ma lui ne uscirebbe distrutto. Perché lo so che ne uscirebbe distrutto. 
Non so perché, ma è così. 
Non ha risolto proprio un cazzo della sua vita incasinata, io gliela incasinerei ancora di più ed anche se da come mi provoca è chiaro che vuole disperatamente io faccia lo stronzo egoista, e che ci provi con lui perché non ha il coraggio di farlo per primo, poi se ne pentirebbe perché vuole comunque troppo bene a Pierre per fargli questo. 
- Non hai una scadenza. Puoi fare ciò che vuoi quando vuoi. Non devi fare niente, né ora né mai. Sei libero di fare ciò che ti pare. Non hai obblighi. Ma prima risolvi con Pierre e dopo, quando sarai veramente pronto, ti darò tutto quel che vorrai. Lo sai che se lo facessi quando non lo sei, te ne pentiresti e rovineremmo tutto e non voglio. Questa cosa fra noi, Charlie, non la voglio rovinare proprio.
Ma quando sono diventato così patetico, così corretto, così fottutamente bravo ragazzo? 
Quando cazzo lo sono diventato? 
Ma vergognati, Max!
Patetico imbecille!”


Note: quel tifone quel weekend di gara si è davvero abbattuto sul Giappone boccando tutti in hotel per tutto il sabato. Il resto è inventato. Come dico sempre, Charles e Max li ho interpretati a modo mio. Secondo me Charles all'inizio era molto triste, poi lentamente è cambiato in modo piuttosto evidente. Forse la mia visione di Charles è piuttosto estrema, ma è ciò che mi ha tirato fuori quel ragazzo. È un capitolo in bilico fra l'erotismo e la depressione e alla fine Max lo spiega bene. Se approfittasse ora e facessero quel dannato sesso come vogliono tanto entrambi, poi se ne pentirebbero e rovinerebbero tutto il resto che potrebbero avere. Neanche a dirlo, è uno dei miei capitoli preferiti. Mentre scrivevo ero lì a dirmi 'wow, davvero voglio iserire una cosa simile?' ed alla fine sì, ho voluto lasciarlo e far avere al personaggio quel percorso. Non so se nella realtà Charles sia mai stato davvero depresso, gli auguro di no, ma non penso che stesse bene i primi anni in F1. Spero nessuno si offenda o se la prenda per questa mia interpretazione. Alla prossima. Baci Akane