41. PROFUMO

lestappen

/Max/

“Mi sento ancora un patetico imbecille, ma non ne abbiamo parlato e Charles è rimasto qua proprio per questo, perciò posso ritenermi anche contento. 
Non abbiamo parlato di nulla. Si è vestito in silenzio coi miei vestiti e poi si è seduto sul letto senza aspettare un invito da parte mia, una proposta, nulla.
Si è seduto a guardare il tifone fuori dalla finestra che si abbatteva con una tale violenza da chiedersi come abbiano fatto a rendere tutto così ermetico e sicuro. 
Sembra che le pareti tremino, ma solo perché guardando quanto è forte il vento fuori, pensi che dovrebbero farlo. In realtà è tutto fermo.
Io però guardo lui invece della tempesta, anche se cerco di non essere troppo sfacciato. Seduti vicini sul letto in una posizione neutra, le mani strette fra le gambe; non c’è quella frenesia che mi sarei immaginato nello stare da solo in camera con lui. Credo che sia per l’ombra di quanto accaduto prima. 
Dalla fame che ho penso sia ora di cena, ma non oso guardare il telefono e sicuramente non uscirei di qua, ora. 
Perciò rimaniamo qua in silenzio a sentire il casino che c’è fuori, che arriva ovattato. Non diciamo nulla. 
Ci sarebbero mille cose di cui parlare, avrei da pretendere chiarimenti, specie su prima, ma non chiedo nulla, non parlo, non dico. 
Se lo forzassi a parlare se ne andrebbe. Ha un serio problema ad aprirsi e affrontare certe situazioni, non immaginavo fosse tanto chiuso e forse non è nemmeno questo il problema. 
Ma dopotutto che ne so di lui?
So solo che è bellissimo e che me lo voglio scopare.
Le parole di Lando mi riscuotono. Non me lo voglio solo portare a letto? E allora perché tutti questi riguardi? 
Ma poi come diavolo posso ignorare che prima aveva aperto la porta per uscire in mezzo al tifone? Non è normale, no? 
Non lo posso ignorare. So di non essere sano nemmeno io. So che posso far finta di tante cose perché non sono sensibile e sono una testa di cazzo. Ma questa cosa è grossa.
Vorrei dannatamente chiedergli come sta e cosa stava per fare, ma non oso perché so che prenderebbe la porta e se ne andrebbe. 
Così non dico nulla, lascio che i minuti scorrano fino a che il mio stomaco non gareggia con il tempo fuori. Al mio gorgoglio Charles spalanca gli occhi ed è come se si svegliasse, infatti finalmente si gira verso di me e mi guarda la pancia che mi massaggio senza fare mistero. 
- Hai fame, Max? - chiede retorico e sorpreso.
Ma appena lo dice non ho nemmeno tempo di rispondere, che si sente anche il suo stomaco brontolare; finiamo entrambi per ridere stendendo improvvisamente i nervi. 
L’ombra che era rimasta finora svanisce con questo e mi allungo verso il telefono che c’è sul comodino. 
- Cosa ordino? Cosa ti va di mangiare? 
Se ha fame significa che sta meglio. Deve averlo rilassato il tifone, è rimasto incantato a fissarlo per non so quanto. Adesso sembra normale. Normale per quanto possa esserlo nello stare da solo con me senza dire o fare nulla. Io e lui soli non siamo mai stati normali. 
A partire da quando volevamo saltarci alla gola, ma invece non usciva nemmeno mezzo insulto, solo sguardi di fuoco o gelidi. Che modo di stare insieme che abbiamo sempre avuto noi due. 
Quando mi risponde con una serie di piatti tipici giapponesi, ma al tempo stesso leggeri in quanto è comunque la vigilia di una gara, oltre che delle qualifiche, ordino due di tutto ciò che ha detto. Quando metto giù mi rendo conto che ceneremo insieme in qualcosa che non è un appuntamento vero, ma è decisamente molto più di quanto abbiamo mai fatto. 
È impossibile non sentirsi strani, impossibile che la frenesia non parta, la voglia non si inneschi. Si innesca eccome, ma quello che è successo prima resta, aleggia fra noi come un fantasma. Così come aleggia Pierre che non è un mio problema, ma lo è di Charles e so che mi respingerebbe sul più bello. Perché su questo non ho proprio dubbi. 
Charles finalmente si alza dal letto e smette di guardare fuori, ma è anche difficile distinguere qualcosa perché ora è scesa la sera e lentamente sarà notte. Già prima non c’era molta luce, le nubi erano nere e basse e cancellavano ogni cosa. 
Devo fare qualcosa, ma non so cosa. Perché sono passato dal volermelo scopare e basta, al sapere di non poterlo fare? 
Sono proprio un idiota, ecco cosa sono.
Charles va in bagno e poi esce con una strana espressione come sempre illeggibile. Solo quando si strofina le labbra capisco che si è come rianimato, in qualche modo. Le sue guance si dipingono di un delizioso rosso e, piegando la testa, rimango a chiedermi che abbia mai visto là dentro. Decido di andarci anche io senza averne realmente bisogno e quando entro noto che la boccetta del profumo non è dove l’avevo lasciata ed è chiusa male. 
Sogghigno riconsiderando per l’ennesima volta in poche ore il mio piano.
Se proprio volesse, non è che mi tirerei indietro. 
Insomma, prima mi ha quasi messo il suo cazzo in bocca ed io in risposta l’ho asciugato e abbracciato, ma voglio dire. Ha annusato il mio profumo di cui è ossessionato, a quanto pare, ed io guarda caso gli devo proprio dare il mio regalo di compleanno. 
Aspetteremo arrivi la cena per evitare che ci rovini l’atmosfera, poi attaccherò. 
Mi sa che qualunque cosa gli fosse presa prima, è appena stata messa da parte dal mio profumo e chi sono io per impedirgli di tornare alla vita? 
Quando torno da lui, sta cercando qualcosa in televisione, ma naturalmente non c’è alcun segnale così la chiude seccato. 
- Pensi che con questo tempo si veda qualcosa solo perché lo vuoi? - lo prendo in giro spontaneamente e lui lo apprezza facendo un delizioso broncio. Prende il telefono decidendo di mettere su lui stesso della musica. A quanto pare gli piace ed improvvisamente non può stare in silenzio con me. Potrebbe andarsene se è pesante stare qua così, ma mi sa che preferisce stare qua in imbarazzo piuttosto che andarsene. 
In un istante decido di assecondarlo e vedere che fa, tanto io il mio bel piano ce l’ho. 
Quando inserisce una playlist di canzoni che presumo si sia scaricato nel telefono per sentirle anche offline quando viaggia in aereo, nemmeno mi chiede cosa mi piace o se mi va di sentire musica. Lui prende e fa. E va bene così. Sogghigno divertito. Quel fantasma è ora un brutto sogno. È davvero successa quella strana cosa? 
Forse l’ho immaginata. 
Quando sembra soddisfatto con la sua musica internazionale pop o qualsiasi sia il genere che ha messo su, mi lancia un’occhiata bella accesa e sembra sempre più un altro Charles, sto per dire qualcosa in proposito, ma in questo momento dalla porta bussa il servizio in camera e così vado ad aprire notando che lui invece schizza in bagno per non rischiare di essere visto nemmeno dal personale di servizio. 
Scuoto la testa. Che ci sarebbe di male nel far sapere che ceniamo insieme in camera?
Quando torniamo soli gli grido che può uscire ed inizio a sistemare le cose sul letto matrimoniale. C’è un tavolo, ma la sedia è una sola così decido arbitrariamente che mangeremo qui, così come lui ha scelto arbitrariamente che avremmo ascoltato musica. 
Mano a mano che i minuti passano, siamo sempre più strani. Continuiamo a non parlare fra di noi e a decidere uno per l’altro, ma non se ne va, non fa cenno di schizzare via ed io non ho la minima intenzione di farmelo scappare. È la situazione più strana che si sia mai creata fra noi e di situazioni strane se ne sono create molte, specie fra noi. 
È che siamo sobri e nessuno dei due vuole parlare di certe cose, perciò è come un appuntamento al buio fra due estranei. Peccato che non lo siamo ed entrambi abbiamo troppo ben in mente cosa vorremmo uno dall’altro.
Niente corse, niente flirt che precedono un sesso indimenticabile. Che diavolo ci azzecchiamo insieme io e lui? 
Nemmeno alla play, ci va di giocare, perché è letteralmente da tutto il giorno che lo facciamo. 
Dopo che iniziamo a mangiare, finalmente Charles parla. 
- Che musica ti piace? - appena parte così, capisco che sì. C’è esattamente l’imbarazzo di una coppia al buio che si deve conoscere. Una di quelle che sa che prima o poi andranno a letto insieme, ma che devono fare qualcosa nel frattempo. Qualcosa per innescarsi, per esempio. 
Ma quell’innesco è lì, nell’aria. 
- Non ascolto musica. 
Charles spalanca gli occhi sorpreso. 
- Davvero? - sembra che io abbia bestemmiato ed io rido stringendomi nelle spalle. 
- È così strano? 
- Ma non ti piace proprio o non l’ascolti? Se vuoi chiudo, pensavo ti piacesse... è che adesso il silenzio... 
Charles imbarazzato è delizioso e parla troppo. Decisamente troppo. 
Adesso no il silenzio? E prima invece? Dov’eri prima che ti piaceva tanto stare zitto? Glielo vorrei chiedere, ma non posso. 
- No, lascia. Non è che non mi piace, non l’ascolto e basta. Non so nemmeno che gusti ho. 
- Ti piace questo genere? - mi stringo nelle spalle. 
- Non mi dispiace. - ma è uguale, per la verità. Anche il silenzio andrebbe bene, ma penso che ci sarebbe più imbarazzo, faremmo fatica a parlare ed io adesso voglio sapere tutto di lui. 
- E cosa ti piace fare? - Charles invece è come morso da una tarantola. Mangia anche piuttosto in fretta, ma di nervo, non di gusto o fame. Riempie tutti i silenzi come se improvvisamente non li sopportasse più. Ha pensato già abbastanza? 
E cosa avrà ponderato? Presumo che non vuole parlare di sé visto che mi riempie di domande su di me.
Tranquillo, non ti chiederò cose scomode, se è questo di cui hai paura. Vuoi monopolizzare e controllare la conversazione perché hai paura che ti metta spalle al muro? 
- Tante cose, in realtà. - rispondo vago. 
- Ma senza musica! - sottolinea lui ironico spingendo per una conversazione leggera e divertente. 
- Ma senza musica! - confermo ridendo. A quanto pare lo contagio ed il suo bel viso si illumina in una risata che cambia drasticamente l’atmosfera, si è alleggerita proprio come sperava ed è di nuovo facile stare insieme. Facile. Sempre ammesso che fra noi sia mai stato qualcosa di facile.
Ma goditelo, caro Charles, perché appena finiamo di mangiare ti do il mio regalo. Non faremo sesso se non sei pronto. Ma ti sfido a non volerlo davvero, dopo. 
- E cosa sono queste ‘tante cose’? - chiede come se tornasse a testare la merce che un giorno sarà sua. 
A questo punto sciorino tutte le mie passioni ed i miei hobby, sorpreso e stranito che qualcuno si interessi tanto a me così. Sia per il motivo che sia, ma è la prima volta che succede senza un intervista di mezzo che odio. 
Per la verità Daniel condivideva tante cose con me perché facevamo molte cose insieme, tante me le ha fatte scoprire lui, per esempio. Però non ho mai avuto uno che si interessasse realmente a me, di solito mi vogliono solo scopare o puntano in qualche modo ai miei soldi o alla mia notorietà. 
- Mi piace la bici, la moto, il quad e la moto d’acqua. - comincio con quelli che sono i miei preferiti. 
- Hai una moto? - chiede sorpreso. Io scuoto la testa. 
- Le ho guidate di nascosto, ma non ho il permesso di farlo né di averne una. Da contratto! 
A questo Charles sputa quel che aveva in bocca per ridere e questo mi fa sia piacere che irritazione. Come osi ridere di me? Ma vaffanculo tu ed il tuo bel viso che ride. 
- Va a cagare! - brontolo.
- E allora che hobby è? - mi punzecchia.
- Ho detto che mi piace, mica che ci vado! 
- Ti ho chiesto cosa ti piace fare! Io ascolto musica, gioco a scacchi, faccio golf, immersioni, vado a camminare in montagna, arrampicata, seguo la moda...
- Segui la moda? - chiedo derisorio non considerandolo un hobby serio. Lui annuisce assottigliando lo sguardo, pronto ad incenerirmi, ma non ho paura di lui e annusando una pista perfetta, affondo il colpo per ripagarlo con la stessa moneta. 
- E ti sembra un hobby? - lo scimmiotto acidamente imitandolo.
- Seguire qualcosa è un hobby, io ti ho chiesto cosa ti piace fare, tu hai detto moto,  ma in realtà non ci vai! - il signorino so tutto io non molla la presa e sfodera tutto il suo peggior lato permaloso e puntiglioso!
- Ma esiste la moto GP! - puntualizzo vittorioso con l’unico essenziale intento di avere l’ultima parola con lui. 
- Allora dì che ti piace seguire la Moto GP! 
- E comunque scacchi e golf? - preciso io realizzando a scoppio ritardato che razza di hobby noiosi ha. Da qui continuiamo a pizzicarci come due bambini, come quelli che siamo stati un tempo. Per un momento ci dimentichiamo di tutti i trascorsi e degli intenti attuali. Per un momento è finalmente di nuovo tutto facile. 
Ma ci penso ben io a riportare tutto in una chiave più congegnale. Non sono uno stronzo come ho sempre pensato, forse, ma non sono nemmeno un santo. 
Vediamo cosa succede a provocare un po’ di più. 
Dato che finalmente abbiamo finito di mangiare, tolgo tutto dal letto e lo ammasso nel tavolo, stiamo ancora discutendo come due bambini infantili su chi ha l’hobby più divertente e chi noioso e qui, come niente fosse, come se gli proponessi un dolce dopo la cena, gli consegno fra le mani il mio regalo di compleanno anticipato. 
Improvvisamente si zittisce dandomi la falsa sensazione di aver vinto il battibecco. In realtà non l’ho vinto, ho solo colpito basso e a tradimento, ma è comunque soddisfacente non sentirlo più bacchettarmi irritante.
Qua, caro mio Charles, ti voglio proprio vedere.”

/Charles/

“Ho annusato il suo profumo in bagno, prima. Ecco cosa ho fatto. 
L’ho preso come posseduto da un burattinaio che mi manovrava, l’ho aperto e l’ho annusato perdendomi per un momento in una scarica violenta d’eccitazione che mi ha riportato bruscamente a quella notte a Monza, quando l’ho annusato ben due volte. La seconda ero ubriaco fradicio, ma mi sono ripreso col mio naso incollato al suo collo che l’annusava e c’era quel profumo.
Con quell’odore di nuovo vivido, mi sono tornati in mente tutti i dettagli di quella notte ed ora non posso dimenticarne nemmeno uno.
La sua mano infilata dentro i miei pantaloni in pista da ballo mentre eravamo appiccicati io a Pierre e lui a quella tizia, col fumo che ci cancellava dal mondo, il suo dito che puntava al mio buco stretto che aspettava solo lui. Gliel’ho impedito per poco.
In pista, Cristo Santo. Eravamo in pista, in mezzo ad un sacco di gente. Nessuno ci guardava e nessuno era lucido, ma non ha importanza. 
Poi come mi sono fatto Pierre in bagno assicurandomi che Max mi vedesse entrare con quel solo intento, consapevole che dopo di me l’avrebbe fatto lui con quella là. Proprio lì dove l’avevo appena fatto io, magari appoggiandosi allo stesso punto. Pensando alla stessa cosa. A come l’avremmo fatto se solo fossimo stati insieme io e lui.
Dopo i discorsi da maniaci che ci siamo fatti, provocatori. La mia dichiarazione senza filtri. 
‘Ti voglio scopare ma sono troppo ubriaco’. 
Però senza esserlo non avrei mai avuto il coraggio di dirlo. 
Il mio controllo è scemato velocemente, tanto che gli sono stato appoggiato addosso e poi in camera sono finito col viso contro il suo collo ed il suo profumo era ancora lì, si sentiva nonostante la serata a ballare. Un profumo davvero buono, che ora so qual è. 
Giorgio Armani.
Gli sta bene, è da lui, non è troppo forte né eccessivo, ma è maschile e si sente. Quel genere che mi manda alla testa e che non sapevo avesse tanto potere su di me.
Ho ricordato come ho cercato di aprirgli i pantaloni ma ero troppo ubriaco per riuscirci. Ho ricordato tutto. 
Anche come mi ha accompagnato giù sul letto e poi ha posato dolcemente le sue labbra sulle mie. 
Ero nel dormiveglia, non riuscivo ad aprire gli occhi e ad emettere un solo suono, ma ricordo bene quella sensazione. Volevo con tutto me stesso aprire gli occhi e ricambiare, infilargli la lingua dentro, circondargli il collo con le braccia e tirarlo giù su di me, ma non sono riuscito a muovere nemmeno i muscoli delle palpebre. 
Il suo profumo ha avuto la portata di una bomba che dissipa la nebbia ed il fumo. 
Ecco qual era il suo segreto, mi sono detto. 
Poi sono uscito ed ero ancora scombussolato, lui mi ha guardato, l’ha notato ma non ha chiesto niente, stranamente. Stavo disperatamente cercando una scusa da rifilargli sperando di essere ancora in grado di non mostrare ciò che provo e penso, ma non c’è stato bisogno. 
Adesso, in un istante, Max cancella la cena intera che ci è servita per distrarci e rilassarci da quella strana tensione che si era creata. È stato come conoscerci per la prima volta, anche se in realtà ci conosciamo da anni. Anzi, è stato come scoprirci.
Ma ora lui dopo aver tolto tutto dal letto imbandito, mi presenta un pacchetto regalo in mano lanciandomelo come se fossero le chiavi che ho dimenticato sul tavolo, poi piomba sul materasso incrociando le gambe in una posizione uguale alla mia. Ma è meno distante di prima, adesso non ci sono i piatti a separarci. Le ginocchia si toccano e c’è una scarica elettrica che viene presto messa in secondo piano, perché fra le mie dita c’è questo pacchetto che non mi aspettavo minimamente di ricevere così dal nulla. 
Mi zittisco e smetto di bacchettarlo, l’atmosfera goliardica e leggera viene spazzata via come se il vento fosse di nuovo entrato dentro ed io lo guardo meravigliato.
- Cos’è? - domanda stupida che subito Max mi fa pesare prontamente. 
- Un regalo, non si vede? - dice ironico. Io roteo gli occhi esasperato da questo suo modo. Perché deve sempre irritarmi di proposito? Non può smetterla per un momento? Sto per rispondere a tono solo perché non riesco a farne a meno se mi provoca, ma lui aggiunge subito più basso e roco: - so che il tuo compleanno è fra quattro giorni, ma ci tenevo a darti il mio regalo perché non so se avrò un’occasione, poi. Non migliore di questa. 
Con questo si prende totalmente l’ultima parola, anche se ovviamente come di rito dico: - Ma non serviva, io non ti ho fatto niente al tuo, perché l’hai fatto? 
Abbiamo sedici giorni di distanza, io e lui. Sedici, come il mio compleanno ed il numero della mia macchina, il numero che considero il mio fortunato anche se il mio preferito è il sette, ma sedici è uno più sei. 
Che curiosa coincidenza. 
Lui alza le spalle piegando le labbra all’ingiù sminuendo la cosa e guardando il pacchetto che non ho ancora aperto. 
- Non importa, ci tenevo perché mi è venuto in mente un regalo perfetto per te e volevo dartelo a tutti i costi! 
La curiosità mi parte improvvisa e così decido che in caso ricambierò in qualche modo. Che Max mi faccia un regalo è la cosa più strana del mondo, non era mai capitata una cosa simile e mi manda fuori di testa in tanti modi, ma ora la mia concentrazione si focalizza sull’oggetto misterioso che scarto.
Appena vedo la confezione un colpo mi prende spegnendomi il cervello, mentre un’ondata di calore mi assale. 
Il profumo di Armani fa sfoggio di sé, lo stesso che usa lui. 
Mi irrigidisco immediatamente spalancando gli occhi, il calore invade il mio viso e penso di essere per la prima volta da 4 anni a questa parte finalmente espressivo. Voglio dire, senza aiuti di mezzo quali l’alcool od una forte scarica di adrenalina portata dalle gare o dalle notizie legate alla F1. 
Sollevo gli occhi su Max nel panico e nell’imbarazzo più totale. 
Io prima annuso il suo profumo ricordandomi di tutti i dettagli di quella famosa notte e lui poco dopo mi regala il profumo incriminante?
I suoi occhi blu mi fissano maliziosi e curiosi della mia reazione, in attesa che dica e faccia qualcosa, ma sono in confusione, non mi aspettavo una cosa simile. Né che mi facesse un regalo o che fosse proprio questo. 
Ovviamente ha capito che ero ossessionato dal suo profumo ed ha voluto regalarmelo, ma c’è qualcosa dietro questo gesto che mi scuote profondamente. 
- Ti piace? Mi era sembrato di capire che ti piacesse... - chiede senza farsi problemi. Io inghiotto a vuoto ed annuisco senza aprirlo, me lo rigiro fra le dita nervoso non sapendo come diavolo uscire da questa situazione incasinata. 
Improvvisamente mi sembra come di essere di nuovo in quel tifone, come prima quando mi ha preso al volo per un soffio prima di essere trascinato via. 
È come avevo pensato. 
Max è il mio tifone. Mi fa esattamente lo stesso effetto. 
- Non serviva, veramente... 
Non so che diavolo dire, per la prima volta sono senza parole e lui sembra felicissimo di questo tanto che indica il profumo col mento. 
- Aprilo e provalo, dimmi se ti piace davvero! 
Se gli chiedessi come lo sa mi risponderebbe sinceramente e sarebbe come cercarmela. 
So che non devo aprire questo profumo e non lo devo annusare, allo stesso modo in cui so che non gli devo chiedere come sa che mi piace, ma non posso negarglielo visto che mi ha appena fatto un regalo, un gesto notoriamente ed universalmente bello. 
Così inghiotto rigido e nervoso e lo apro rassegnandomi. L’ho appena annusato, non mi farà lo stesso effetto devastante di prima, no? Ormai ho ricordato, non dovrei più essere shoccato. 
Apro e me lo spruzzo nei polsi strofinandoli, poi automaticamente me li passo sotto le orecchie e sul collo. Infine annuso e senza farlo apposta chiudo gli occhi aspirando a pieni polmoni, consapevole che è esattamente come una droga, ormai. 
L’effetto è afrodisiaco, come prima o forse peggio, perché adesso sapevo cosa aspettarmi ed ho già tutti i ricordi vividi. Gli stessi che mi tornano in mente come fossero appena stati vissuti.
Il mio volto sul suo collo, io che lo annuso, il mio dito che si infila nella cinta dei suoi pantaloni senza riuscire ad aprirli, dannatamente stretti. 
Quando riapro gli occhi sento un’intensità assalirmi, mentre la voglia di replicare e sistemare ciò che non ha funzionato quella sera mi assale. 
Adesso non sono ubriaco. 
Gli guardo i pantaloni, sono di tuta e sono comodi. Questa volta sarebbe facile. 
- Ti piace? - chiede basso e sensuale. La sua voce dannatamente sexy mi dà il colpo di grazia e annuisco tornando ad annusarmi il polso per non annusare lui e non mettere il mio dito in quell’elastico e tirare, completando l’opera incompiuta di quella notte. 
Ma forse faccio peggio. Forse dovrei alzarmi, andare alla finestra e guardare il tifone e tornare in me, ma non ce la faccio. Non ci riesco. 
Sono inchiodato davanti a lui che invece è assolutamente immobile, non muove un muscolo, non fa nulla. Mi guarda con la testa piegata di lato, in attesa, consapevole di cosa mi sta succedendo. Curioso di vedere se perdo il controllo anche se non sono ubriaco. 
È come se mi dicesse ‘se vuoi sono tuo’, ma proprio su questa illuminazione, un’altra mi colpisce. 
E tu? Cosa vuoi invece? 
Se voglio sei mio, ma tu cosa vuoi, Max? Perché non mi salti addosso, se lo vuoi, invece di provocarmi tanto?
Ricordo com’è andata quella notte, ci siamo provocati a vicenda tutta la notte fino a che hai esagerato e ti sei fatto quella stronza che non c’entrava niente con noi, hai rovinato tutto. Potevamo essere noi quelli a scopare in quel dannato bagno. Ma noi no, ci siamo provocati fino ad esagerare. Tu ti sei scopato una stronza, io ho bevuto troppo.
Vorrei chiederglielo, ma sono sicuro che perderei il controllo della conversazione e della situazione e non so se sono ancora pronto, perché sono appena scappato da Pierre ed ho aperto quella porta per uscire in mezzo al tifone. Non penso di stare tanto bene per poter fare certe cose alla leggera. 
Anche se vorrei. Non sai quanto vorrei rifare quello che pensi sia un tuo piccolo segreto, ma rifarlo bene, questa volta. 
Le tue labbra sulle mie non sono una tua esclusiva prerogativa. Non voglio che lo siano. 
Te le fisso e poi con un sospiro profondo chiudo il profumo e mi giro staccando il contatto delle nostre ginocchia e dei nostri sguardi, appoggio la schiena alla spalliera del letto e rimango quindi a fissare davanti a noi, una televisione nera che non possiamo accendere. La mia musica ancora passa le canzoni che ho scelto, le mie preferite, in questo momento arriva una dei Coldplay che rispecchia alla perfezione il mio stato d’animo di ora, se non altro per il titolo e certi versi. Lost. E su di essa, tutto cambia di nuovo, velocemente, inaspettatamente.”