27. VERITÀ BRUTALE
Simon e Theo rimasero lì per un po’ rispetto agli altri, lasciandoli scendere e recuperare le rispettive cose. Rimasero per ultimi a continuare quel discorso che forse non solo avrebbero dovuto fare prima, ma anche prendersi più tempo.
Ma a Simon bastava poco.
- Non ha importanza che hai sbagliato. Tutti sbagliano. Quello che conta è risolvere. Comincia da qualcosa, non conta cosa. Prendi la prima, la più facile da affrontare, e risolvi quella.
Theo capì subito che si riferiva a Rafa perché senza dubbio era quella la cosa più facile da risolvere. Sebbene lo facesse infuriare pensarci.
- E dopo che avrò chiarito e risolto con Rafa? - fece incerto e confuso. Simon sorrise e gli mise una mano sulla spalla, scivolò sul collo e sulla nuca e gliela prese come aveva fatto prima in campo, finendo sulla guancia dall’altro lato per carezzarlo in quel modo così paterno e bello.
- Lo sai già. Inizia parlandone con entrambi, vedrai che ti verrà tutto da solo e lo capirai. Tu non sei uno riflessivo, rimanere fermo a pensare non ti serve a niente. Tu sei uno che improvvisa sul momento, ma lo capirai.
- Improvvisando senza pensare ho fatto un casino. - ammise Theo tristemente rimando seduto sul sedile del pullman ormai vuoto, l’autista responsabile della chiusura aspettava fuori fumando la seconda sigaretta e maledicendo i giocatori che non volevano scrostarsi da lì. Non potevano confessarsi fuori?
- Ed ora, improvvisando, sistemerai tutto. L’importante è fare. Ricorda, Theo. Non conta sbagliare, perché sbagliamo tutti. Quel che conta è poi rimediare.
Theo sospirò e annuì appoggiando la fronte sullo schienale del sedile davanti a sé, chiuse gli occhi e si figurò prima Daniel e poi Sandro. Sapeva già dentro di sé cosa andava fatto, lo sapeva.
Solo che era difficile.
- Inizierò da Rafa. - concluse. Simon gli sorrise e gli diede un bacio sulla guancia, di nuovo. L’affetto di cui aveva bisogno, di chi era interessato e comprensivo.
Lo prese poi per il polso e lo tirò fuori a forza, Theo si lasciò trascinare giù dal pullman, lo sentì scusarsi con l’autista che ormai conoscevano bene, recuperò le borse di entrambi e consegnandogli la sua gli diede un’altra pacca sulla schiena, incitandolo a muoversi.
E si mosse. Theo, con un sospiro rassegnato di chi sapeva che ora mancava la parte più difficile, riprese a camminare.
Era infine ora.
Dopo Theo, Simon andò dritto a casa di Rafa. Questo per non rischiare di creare disagi dove un figlio si credeva messo da parte rispetto all’altro. Era meglio far capire che non c’erano preferenze.
Rafa l’accolse col broncio e l’aria da bambino offeso, ma appena Simon gli sorrise, tutto svanì ed in seguito ad un bel sospiro si sentì già meglio e rischiarato.
- Di cosa avete parlato? - chiese facendogli strada all’interno del suo spettacolare ed enorme attico con tanto di piscina esterna nel terrazzo grande quanto la casa stessa.
Non ci sarebbero andati quella sera, in piscina, visto che era il 5 febbraio.
Simon lo seguì sapendo di chi parlava e che aveva avuto per tutto il tempo l’idea fissa di quello.
Si sedette sul divano prendendo la birra che gli porse, dopo una partita non c’era niente di male, per il resto tendeva ad essere molto rigoroso. Meno lo era Rafa, ma davanti al suo genitore preferito non osava mancare nelle sue aspettative.
Fortunatamente c’erano momenti in cui poteva sgarrare senza che lui lo sapesse.
- Di tutto il casino che ha fatto in questi mesi. Mi sono assentato un po’ e lui fa un macello! Non lo posso lasciare solo un secondo! E poi anche tu, Rafa!
Simon parlava a ruota libera, molto rilessato e questo il suo pupillo lo apprezzò, adorava sentirsi speciale per lui. Aveva un’adorazione per lui come tutti lì dentro e ritrovarselo in casa a parlare apertamente era bello, ma sapeva che lo faceva solo per poterlo sgridare meglio.
Rafa gli sorrise radioso e solare, in modo decisamente eccessivo, mostrando quanto bianchi fossero i suoi splendidi denti perfetti.
Simon non ricambiò, rimase serio, con occhi sottili e fissi sui suoi.
Bevve rimanendo in silenzio, in attesa che la piantasse di fare finta di nulla e quando lo fece tramite un altro sospiro di rassegnazione, si decise a spiegargli la sua versione.
- Lo so che non sono cazzi miei, non fraintendere. Però io e lui siamo uguali, Simo, e credimi che so che questo bordello l’ha creato e voluto lui!
A questo, Simon si fece serio e attento e non più severo e gelido.
Accavallò le gambe e si protese verso di lui nel divano comodo, nemmeno bevve per non distrarsi. Doveva capire bene cosa aveva elaborato il suo cervello per giustificare quel disastro apocalittico che quei due idioti avevano causato in squadra.
Rafa continuò cercando di essere più chiaro e credibile possibile. Del resto la sola cosa rimasta a quel punto era la sincerità. Nemmeno a Brahim aveva spiegato bene di cosa si trattava, gli aveva detto che ce l’aveva con Theo perché aveva tradito un suo grande amico e basta.
- Lui ha capito da mesi di piacere a Sandro, perché quelli come noi hanno il radar. Siamo narcisisti ed egocentrici, Simo. Sappiamo a chi piacciamo e nell’esatto momento in cui succede, è finita. Tormentiamo per tenere vivo l’interesse perché ci piace dannatamente essere al centro del loro mondo, essere corteggiati, voluti, apprezzati. Perciò teniamo vivo il loro interesse. Lui ha fatto di tutto per riuscire a farsi Sandro ma non perché fosse veramente incazzato con Daniel al punto da non controllarsi. Era sicuramente ferito, non dico di no, ma poteva farsi il primo stronzo che passava. Perché proprio Sandro? Perché lui lo adorava dalle viscere!
Simon iniziava a capire e non intendeva fermarlo né sindacare, poteva avere ragione. Per la verità non aveva idea di come fossero fatti, erano molto diversi da lui.
Rafa bevve un sorso e lui fece altrettanto, lo guardò alzarsi dal divano e girare a caso per il salone pensando al resto del suo discorso, mentre si chiariva da solo parlandone.
- Theo ha approfittato della situazione con Daniel per togliersi questo sfizio con Sandro e non perdere l’unica nota di piacere che in quel momento gli rimaneva nella sua vita. Era ferito, ma non serviva farsi proprio lui. In questo modo oltre a ferire Daniel, che magari per carità, anche se lo meritava, ha demolito anche Sandro. Perché fidati, che lo demolirà. Perché io lo conosco, non continuerà fra loro. Non so come andrà con Daniel, ma so che con Sandro non andrà avanti. Perché non lo ama, vuole solo farsi un po’ coccolare e nutrire il suo ego. Ma questo è egoismo. Sandro è una persona meravigliosa e non lo merita. Per questo sono incazzato con lui.
Quando concluse, Rafa osservava le luci della città sotto il cielo nuvoloso che copriva più che mai le stelle, non che in piena Milano si vedessero facilmente.
Simon posò la birra e si fece sottile ed attento.
- Fammi capire, tu ce l’hai con lui perché sai come andrà a finire questa storia e ci rimetterà una persona in gamba che non c’entra nulla con loro?
Rafa piegò la testa annuendo, poi fece il gesto del ‘quasi’ ed infine si girò verso di lui, una mano la birra, l’altra affondata nella tasca. La piega delle labbra era amara.
- Più o meno. Ce l’ho con lui perché ha fatto esattamente quel che avrei fatto io, ma so bene che sarebbe stato sbagliato.
- Ma se l’avessi fatto non lo vedresti come sbagliato. - precisò Simon colpito dal suo punto di vista. Scosse il capo.
- No. - fece infatti. - Ma in questo modo lo capisco. Non so se mi sono spiegato. Da fuori sembra semplicemente che Theo è stato lasciato da Daniel e si è consolato con Sandro. Punto. Perché è questo che è. Ma io lo conosco, io so com’è fatto, perché sono come lui. E so cosa c’è dietro questo casino. Non è un semplice consolarsi con un altro ragazzo carino e disponibile. Lui ha procurato questo casino e non ci sarebbe niente di male se alla fine non ci fossero andati di mezzo due che non c’entravano. Beh, Sandro, magari Daniel un po’ se l’è cercata.
Simon sorrise soddisfatto. Rafa era molto più maturo di quel che sembrava o forse tramite questa situazione alla fine era maturato.
- Non voglio che questo ti impedisca di vivere il tuo talento a pieno. Voglio che parli con Theo, chiarisci tutto e ti concentri sul calcio. È chiaro?
A quel punto decise di concludere usando un tono di comando, con lui certe cose non funzionavano se non quelle. Rafa non sembrava convinto, ma annuì ed accettò di buon grado.
Sapeva, vedendolo lì stasera, che sarebbe andata così.
- E in cambio vinco un bacio? - chiese malizioso per stemperare la tensione. Simon ridacchiò, si alzò posando la birra non ancora finita, si stiracchiò ed avvicinandosi a lui, gli diede un casto bacio sulla guancia come aveva fatto con l’altro figlio debosciato.
Rafa sospirò, ma sorrise subito.
Se mai si fosse deciso a lasciare Zlatan, si sarebbe fatto subito avanti, ma sapeva che non sarebbe mai successo.
Il suo sogno proibito.
Dopotutto per quanto odiasse quella situazione, sapeva che era la cosa più facile da affrontare.
Il giorno dopo Theo si presentò da Rafa di buon mattino, non avendo dormito nemmeno un’ora decente.
Il tormento nel sapere cosa doveva fare anche se non gli piaceva, lo obbligava a pensarci e ripensarci fino allo sfinimento e sapeva che sarebbe finita solo nel momento in cui gliene avrebbe parlato.
Rafa non aveva dormito meglio’, perciò quando alle otto di mattina gli si presentò Theo, per poco non gli sbatté la porta in faccia. Si trattenne solo memore di Simon.
Gli parve di sentire la sua voce nella testa dirgli di spiegargli e risolvere.
“È così scemo che glielo devo dire?”
Ma sapeva che al suo posto sarebbe stato uguale.
Alla fine scosse il capo e si girò lasciandolo entrare.
Theo, perplesso ed irritato da quel suo atteggiamento svogliato e di sufficienza, ebbe l’istinto di tirargli le brioche che si era dato pena di comprare nella pasticceria più buona di Milano.
- Sia chiaro, non sono qua perché penso di essere in errore, ma perché Simon mi ha chiesto di farlo!
Che poi non era proprio vero, Simon l’aveva abilmente manovrato spingendolo a volerlo fare da solo, però era comunque la stessa cosa.
Rafa fece apertamente una smorfia e andò alla cucina iniziando a preparare il caffè. Era in boxer e canottiera bianca che aderiva al corpo ben allenato.
I due per quanto attraenti e legati fino a qualche mese prima, e per quanto entrambi della stessa sponda, non avrebbero mai potuto stare insieme nemmeno di sfuggita e lo sapevano tutti e due.
“Troppo simili.”
Theo giunse infine alla stessa conclusione di Rafa.
- Ha detto anche a me di chiarire, perciò ti ho fatto entrare invece che sbatterti la porta in faccia. - precisò il padrone dell’attico.
Quando Theo alzò gli occhi al cielo, lui era di spalle e non vide.
Dopo qualche minuto di pesante ed imbarazzante silenzio, coi caffè pronti davanti e le brioche nelle mani, i due ex amici si guardarono e con le sopracciglia inarcate di Theo, Rafa addentò come prima cosa la colazione e solo dopo, col sapore splendido che gli riempiva la bocca, iniziò a spiegargli.
- Io e te siamo uguali, Theo, perciò non prendiamoci per il culo. Sappiamo che questo casino l’hai procurato tu. Lo volevi. Non è che ti sei trovato dentro casualmente per colpa di altri.
Theo iniziò ad inalberarsi.
- Se questo è il tuo modo di chiarire, sappi che è un modo di merda! Non mi sono lasciato io con Dani, è lui che mi ha lasciato!
Rafa sospirò addentando ancora la brioche, bevve una lunga sorsata di caffè e riprese cercando di essere paziente quanto lo era Simon.
- Io al tuo posto avrei fatto la stessa cosa, perciò so perché hai fatto tutto quanto, come l’hai fatto e cosa è successo. Ed è per questo che sono incazzato. Perché per il tuo ego di merda ora farai soffrire Sandro come un cane.
Theo stava per ribattere per partito preso e mandarlo a cagare, ma si fermò di botto con occhi e bocca spalancata con tanto di cibo masticato dentro.
Rafa gli mise un fazzoletto spiaccicato davanti e lui chiuse ingoiando.
- Esprimiti meglio?
A quel punto Rafa finì la colazione, bevve ancora caffè e si rassegnò a spiegarlo bene così come l’aveva fatto la sera prima con Simon. Solo alla fine, quando anche Theo aveva finito di mangiare e bere, fu tutto chiaro. Così dolorosamente cristallino.
Al punto che per la prima volta lo vedeva così anche lui, come se non avesse avuto idea di avere gli occhiali sporchi per tutto il tempo.
Voleva rispondere, ma dopo averlo ascoltato, sentendolo dire così bene da lui, ricevendo la verità brutale che non aveva mai voluto vedere, si sentiva solo un idiota.
La riconosceva, quella verità brutale, ma non gli piaceva.
Purtroppo, ormai, non gli restava che accettarla.
- Fanculo. - brontolò distogliendo gli occhi dal suo viso non più assonnato. Fissò la tazza vuota fra le dita che si tormentava, tazza che Rafa gli prese per fargli un altro caffè.
- Nemmeno io me ne sarei reso conto. - ammise infine. - Però per me era così evidente che non riuscivo a perdonarti. Sandro non c’entrava niente, ma non è una cosa cominciata a dicembre.
Più Rafa lo denudava, più lui aveva voglia di piangere, sbattere la testa contro il muro e sparire dal mondo. Come poteva essere così bastardo?
Alla fine aveva avuto ragione Rafa ad avercela con lui, anche se non c’entrava direttamente in quel casino.
- Cazzo, sono io il cattivo da biasimare, qua...
Aveva pensato di essere vittima degli eventi, estremamente convinto di questo, e di non aver fatto niente di male, ma sentirgli spiegare la realtà dei fatti lo faceva sentire un perfetto stronzo.
Rafa si girò e gli lasciò il caffè per poi prendergli la testa arruffata con una mano e lasciargli un bacio sopra la fronte in segno di pace.
Aveva capito anche lui che non l’aveva fatto davvero apposta e che se ne stava rendendo conto solo in quel momento. Dalla sua reazione spontanea e carica di vergogna, si capiva che non c’era stata effettiva intenzione, ma gli credeva proprio perché era uguale a lui.
- E adesso? - fece con un mormorio mentre almeno un po’ di sollievo per quel gesto d’amicizia iniziava a farsi strada.
- Adesso... - fece Rafa sedendosi con la sua tazza piena come quella data a Theo. - sii uomo, vai da entrambi, ci parli, sii sincero e vedi che succede. Può anche essere che non sia tu alla fine quello che deve scegliere, sai...
Glielo augurava, ma era probabile che entrambi avrebbero comunque lasciato la palla finale a lui.
Theo a quel punto si prese il viso fra le mani e se lo strofinò disperato, voleva tornare indietro e cancellare tutto, mentre ripercorreva mentalmente a ritroso quella che era la sua vera storia con Sandro.
- Ho praticamente avuto due storie contemporaneamente da mesi... è dal compleanno di Ibra che mi sono accorto di piacergli. Prima avevo sospetti. L’ho sempre stuzzicato, Brahim mi diceva di piantarla, ma io mi divertivo. È da così tanto che ci lavoro?
Rafa non disse nulla, lasciandolo preda della verità. Era ora che vedesse le cose per come erano realmente.
- Non merito nessuno dei due, altro che scegliere. Gli dirò che cosa ho combinato, che sono uno stronzo e che devono mettersi insieme loro due. Si meritano. Sono in gamba. Daniel è un po’ insicuro ed irritante, ma ha molte doti positive.
Rafa rise capendo che stava cercando di alleggerirsi la situazione da solo.
- Sì, potrebbe funzionare. Sandro è attivo, Daniel dipende, no?
Theo riemerse dalle mani e lo guardò disperato, perso, nel panico.
- Non mi molleranno mai, vero?
Rafa fece un mezzo sorriso ovvio piegando la testa di lato, continuando a bere il caffè.
- Dovrò per forza scegliere uno dei due.
Altro sorriso ovvio, altra piegata di capo.
Theo sospirò drammatico alzando gli occhi al cielo.
- Che cazzo di casino.
- Dai, guarda il lato positivo... - fece Rafa improvvisamente squillante come se non avessero mai litigato fino a quel momento. Theo lo guardò meravigliato e speranzoso che un lato positivo ci fosse realmente.
- Almeno hai risolto con me, no?
- Ma va a cagare! - lo disse come se ce lo mandasse realmente, ma effettivamente lo pensava anche lui.
Almeno ora aveva di nuovo Rafa dalla sua.
Si girò nel letto stiracchiandosi pigramente, aprì mezzo occhio alla ricerca del telefono, ma prima di trovarlo per controllare l’ora, Daniel sorrise felice.
La sera prima subito dopo la partita era subito tornato a casa. In autostrada in piena notte ci si impiegava anche meno del solito. Aveva voluto guadagnare tutto il tempo possibile per stare un po’ a casa, avrebbe avuto così quasi due giorni interi prima di dover tornare.
Non che tanto avesse fatto differenza, forse anche se non fosse più tornato non sarebbe cambiato nulla anzi, avrebbe fatto felice Gotti che avrebbe avuto una scusa ufficiale e reale per non utilizzarlo.
Dal giorno in cui avevano parlato Daniel si era come arreso, consapevole che avrebbe potuto mostrare tutto l’impegno, la volontà ed il talento del mondo, ma lui non l’avrebbe mai considerato.
Questo fino a qualche mese prima l’avrebbe abbattuto completamente, ma quella volta, proprio mentre era di ritorno a Milano, aveva capito che non ci poteva fare nulla. Che era inutile prendersela tanto e starci male.
Era giovane avrebbe avuto una seconda occasione, non quell’anno sicuramente, ma il prossimo poiché non sarebbe di certo rimasto lì.
Salvo svarioni shoccanti del tipo che cambiavano allenatore ed il successivo lo utilizzava in modo più decente e soprattutto non gli sputava addosso.
Daniel non si sentì di scartare l’ipotesi a priori, Gotti non stava facendo bene, anzi, e c’era aria di cambiamenti in panchina nell’aria.
Tuttavia, per il momento, non sarebbe cambiato nulla e di conseguenza stare tanto a prendersela a cuore era inutile.
Si alzò pigramente dal letto, rimase in pigiama e tutto scarmigliato andò in giro per la casa alla ricerca di qualcuno da salutare. Non aveva avvertito nessuno, quando era tornato era tardi e tutti dormivano, se l’avevano sentito non erano venuti a salutarlo.
Quando raggiunse la cucina, trovò con sorpresa suo padre e guardando il telefono per controllare di nuovo ora e giorno, si stupì non poco di trovarselo lì.
- Non hai un’infinità di impegni per il club come sempre? Queste sono ore calde, per te! Non ti trovo mai qua! - parlò come se niente fosse, con ironia ed anche allegria, contento in realtà di rivederlo.
Paolo si girò pronto effettivamente per uscire, gli sorrise posando la tazza di caffè che si era appena riempito e gli andò incontro abbracciandolo e salutandolo.
La volta precedente, qualche giorno prima, era tornato per piangere con Alexis, poi era andato da Sandro per parlare velocemente con Theo ed infine se ne era tornato in sordina a La Spezia. Non vedeva la sua famiglia da molte settimane.
- Ti avevo sentito arrivare stanotte e volevo salutarti! Come stai? - fece Paolo baciandolo affettuoso sulla tempia.
Daniel sorrise accettando di buon grado il suo abbraccio confortevole, contento di vederlo subito per potersi togliere dal groppone quel nodo che gli era rimasto.
Da quando era andato allo Spezia, non aveva mai osato lamentarsi con lui né dirgli la verità su quanto schifoso fosse quel posto e quanto soffrisse.
Ma ora era diverso, lui lo era.
Aveva deciso di non ingoiare tutto tenendoselo dentro per non deludere le persone importanti, perché non esisteva solo un’occasiona nella vita e se non l’azzeccavi alla prima allora eri una merda che non meritava niente.
Oltretutto aveva bisogno di suo padre, non doveva vergognarsene.