29. RIPRENDERE DA DOVE SI ERA

percorso

Non essendoci un posto privato dove vedersi e parlare e non volendo Daniel rimettere piede clandestinamente a Milanello, anche perché un Maldini che entra clandestinamente a Milanello era una cosa da film fantasy, decisero di darsi appuntamento al loro solito albergo.
Ogni tanto ne avevano usato uno, sempre lo stesso.
A prendere la stanza era solitamente Daniel, quello meno conosciuto e riconoscibile, mentre Theo se ne stava ben nascosto in parte col cappellino e gli occhiali e si limitava a seguire a ruota Daniel su in stanza. 
Vedersi in una camera d’albergo, quella dove solitamente consumavano, era come darsi appuntamento per fare sesso, ne erano consapevoli, ma nelle intenzioni di Theo c’era solo quella di parlare. 
Purtroppo ormai vivendo con Zoe ed avendo anche un figlio, non potevano più usare casa sua come base e mentre si avviava scrivendogli che era arrivato al parcheggio, pensò distrattamente e di fretta che avrebbe dovuto prendersi un mini appartamento in qualche posto sciatto da usarlo come base sicura con Daniel. 
Solo dopo se ne era reso conto. 
“Ma che diavolo dico, penso davvero di tornare con lui così facilmente? Dovrei forse fare un po’ il prezioso... aspetta, ma qua chi è che alla fine aveva torto fra noi?”
Una volta superata la hall, si mise gli occhiali da sole in una giornata cupa di quasi pioggia tipica milanese. 
Lo vide di spalle che parlava con l’operatore all’accoglienza e si morse nervoso il labbro. 
“Non è che si possano definire delle colpe fra noi, come sempre è una situazione incasinata. Entrambi abbiamo torto e ragione. Il solito casino.” poi sorrise spontaneamente, sentendo una specie di euforia strisciargli nel petto sotto forma di batticuore. “Non ci annoieremo mai.”
Theo si fermò rimanendo in parte come al solito senza farsi avanti, lo lasciò finire e quando ebbe fatto, Daniel si girò per vedere dove fosse. Quando lo individuò, gli fece un cenno apparentemente tranquillo col capo indicando di seguirlo. Theo trattenne a stento il sorriso mentre sentiva la frenesia salirgli sempre più.
Non era come se non si fossero mai interrotti, era diverso. 
La pausa la sentiva eccome e sentiva anche il riprendersi dopo tutto quel tempo, era proprio quel genere di emozione. 
Theo si morse forte l’interno della bocca per impedirsi a forza di sorridere mentre lo seguiva a distanza, notando come giocherellava con la chiave che faceva girare sul dito indice. Una chiave vecchio stile come l’intero hotel. Niente di particolarmente bello, ma l’avevano fatto di proposito. In bettole simili non c’era solitamente rischio di essere riconosciuti perché la gente stava attenta ai clienti negli hotel di lusso. 
Era sicuro di sé e si eccitò subito. 
“Piccolo maledetto stronzo!” pensò già in difficoltà. Non voleva fare sesso con lui, ma sapeva che il suo gioiello là sotto non la pensava proprio allo stesso modo.
Quando entrò in ascensore con lui rimanendo soli, il suddetto iniziò a farsi sentire nei jeans fin troppo stretti.
“Cazzo ho trombato con Sandro stamattina, possibile mai che sono già carico?”
Non lo guardò di proposito e per fortuna non era uno di quegli ascensori pieni di specchi. Ma il profumo gli bastò. 
Era il suo solito profumo. 
“Paco Rabanne.” Individuò anche il sotto genere, “One Million.” 
Era un profumo giovanile ma seducente che stava bene a chiunque, però comunque molto fresco e al tempo stesso ribelle. 
Era lui, lo rappresentava a pieno e lo sapeva perché Theo aveva la passione dei profumi e li conosceva bene, quello infatti glielo aveva regalato lui la prima volta e da allora Daniel usava sempre quello.
Lui aveva invece una serie di profumi che preferiva per sé stesso che andavano da Sauvage, quello che tendenzialmente indossava, a Hugo Boss e Blue de Chanel. 
Cercò di guardarlo di sottecchi per capire come stava lì con lui, visto che non spiccicava parola e non muoveva un muscolo. Era apparso molto tranquillo e sicuro di sé, come se avesse trovato le sue risposte e vinto le sue lotte personali. 
Le porte si aprirono e Daniel andò fuori per primo, in quello Theo lo guardò meglio e vide che aveva un sorrisino molto sicuro di sé e alquanto sfrontato. 
Rimase ancora indietro mentre lo portava alla camera e aprendo gli fissò la nuca dove i capelli erano di una lunghezza media, in uno dei suo soliti tagli semplici col ciuffo sulla fronte che tendeva a scendere di lato. Nessuna ciocca bionda che ogni tanto si faceva. 
“La barba... ce l’avrà ancora?”
Non aveva potuto guardarlo così bene, ma sperò l’avesse. Quando si rese conto di quello che aveva pensato, si riscosse. 
“Vedi Theo che non sei qua per trombare! È meglio se ha il visetto liscio liscio, così non ti si drizza ancora di più l’uccello che è già abbastanza duro di suo!”
Entrò dietro di lui e si fermò in mezzo alla stanza dove le finestre lasciavano entrare una luce cupa e bassa per via delle tende e delle nuvole grigie, così Daniel pigiò l’interruttore e si voltò verso di lui.
Theo si tolse occhiali scuri e cappellino ed i loro occhi si incontrarono; quando lo poté guardare, si ritrovò a trattenere il fiato e al contempo gli parve che il cuore si mettesse a saltare battiti o a fare capriole. 
Fu un momento di caos completo. 
Aveva un filo di barba e la frangia più lunga del suo solito che gli copriva gli occhi così candidi e belli. 
“E provocanti, così come quel suo sorrisino malizioso di chi sa. Sa che gli cadrei ai piedi se solo schioccasse le dita. Maledetto.”
Fu a quel punto che sentì quasi dolore all’altezza dell’inguine, così alzando una mano in segno di ‘stop’ prese e si infilò in bagno dove si abbassò i vestiti, si bagnò la mano di acqua gelida e se la passò nell’erezione gonfia che minacciava di esplodere. 
A quel trattamento il suo amichetto iniziò a sgonfiarsi e tornare normale.
“Non so quanto durerà.” ammise drammatico, si guardò allo specchio e scosse il capo. 
“Sei un autentico bastardo, pensa a Sandro, per cortesia.” poi si rispose subito: “Si ma con Sandro è già finita, è solo che stai cercando di chiudere in modo più dolce possibile, ma a prescindere da Daniel è giusto chiudere con lui e lo sappiamo entrambi. Magari ora io e Dani scopiamo e poi ci lasciamo del tutto, che ne so!”
Ma non ci credeva realmente. 
“No Theo, no! Adesso ti metti una regola e la rispetti proprio perché di solito prima agisci e poi pensi. Adesso pensi. Non scoperai con Daniel, ok? Oggi si parla e basta e solo dopo tromberai con lui. Al prossimo incontro. Nel frattempo chiuderai dolcemente con Sandro, cosa che scinde da Daniel. Chiudo con Sandro perché lui mi ama ma io non amo lui.”
Si rifece mentalmente il punto della situazione con tanto di regole più simili a comandamenti, poi quando pensò di essere pronto fece un cenno affermativo con la testa ed uscì.
Una volta fuori dal bagno si ritrovò Daniel con le braccia conserte, in piedi in mezzo alla stanza, tutto il peso su un piede a battere impaziente l’altro. 
- Hai fatto la cacca? Hai mal di pancia? Cos’hai da star tanto lì dentro? - partì subito polemico e con lui partì anche Theo. 
Impulsivo come suo solito. Mandando al diavolo ogni buona pensata. 
- Mi sono bagnato l’uccello con l’acqua fredda perché non voglio trombare con te, ma lui non è d’accordo! 
Alla sua sincerità disarmante e alquanto marcata, Daniel scoppiò a ridere e lì lo demolì definitivamente. 

Daniel lo vide muoversi stile granchio, camminando di lato come se fosse gravemente contagioso. 
- Guarda che non ho il covid! - esclamò divertito sedendosi sul letto e rilassandosi. 
Aveva pensato volesse scaricarlo vedendolo così rigido e serio, ma per fortuna era fin troppo chiaro che voleva ricominciare anche lui. Bisognava solo parlare di certe questioni e stabilire certe cose. 
Peccato che non riuscisse a essere serio visto quanto faceva l’idiota e non per gioco. 
Theo si spalmò sul muro e non trovando una sedia od un mobile dove appostarsi, rimase lì dov’era. Di fronte a lui, a diversi metri di distanza, come se fosse un appestato. 
- Avanti, di cosa volevi parlarmi? - faceva finta di nulla ma sapeva benissimo di cosa dovevano parlare, ma Daniel decise di assecondarlo. 
- Di noi. Quel giorno ero fuori di me, avevo appena preso la decisione di non rinunciare a te, ma non ti ho dato tempo di rispondere e parlarne. Ci sono molte cose da dire, no? 
Theo annuì, ma era ancora rigido. 
- Ci metteremo un po’, meglio che ti siedi. - disse indicando un posto accanto a sé sul letto. Theo spalancò gli occhi impallidendo e scosse il capo. 
- No no sto bene qua! 
Daniel rise di nuovo e fece per alzarsi, ma Theo alzò la mano e gli indicò di stare lì. 
- Non muoverti. Parliamo così! 
“È davvero così terrorizzato? Mica faccio paura...”
- Mi sono lavato, eh? Non puzzo! - cercò di scherzare per sdrammatizzare e rilassarlo e Theo infatti rise. 
- Tranquillo che lo sento che non puzzi! - fece spontaneo.
Daniel rise a sua volta capendo che pure il suo profumo gli dava problemi. Bene, l’aveva messo apposta. Non sempre si metteva quello, specie nei mesi in cui si erano lasciati, gli ricordava troppo Theo, ma per l’occasione aveva pensato fosse perfetto. 
Ci aveva visto giusto. 
- Va bene, come vuoi. - fece finta di arrendersi ed annuì chiudendo gli occhi, sospirò e si passò la mano fra i capelli, il ciuffo tornò al suo posto sulla fronte, riaprì gli occhi e lo guardò che strabuzzava gli occhi ancora peggio di prima e lì sbottò allargando le braccia impaziente: - Eddai Theo, non ho fatto nulla! Piantala! Non so, fatti una sega, forse poi va meglio! 
Theo sembrò pensarci seriamente come opzione e allungò una mano verso di lui: - Vuoi una mano? 
Theo imprecò e batté la nuca all’indietro piuttosto forte. 
Il rumore fu netto, sicuramente si era fatto male ma Daniel decise di non andare a controllare. 
- Meglio? - chiese dopo un po’ vedendo che il colorito del suo viso tornava più o meno normale. Theo annuì, così Daniel cominciò. 
- Avevi ragione, quella volta. - non un esordio dei migliori, probabilmente. Appena lo disse a Theo si piegò un ginocchio per lo shock di sentirgli dire che aveva ragione, così Daniel si alzò istintivo e lo raggiunse, ma come lo fece Theo si piegò del tutto a terra sempre senza rifletterci e schivandolo gattonò via. A quel punto Daniel si stufò e con un piede premette sul suo sedere schiacciandolo completamente a terra stile insetto sotto la scarpa. 
- Piantala o mi incazzo! - ringhiò seccato. Non se ne sarebbe di certo andato, ma era ora di fare sul serio. 
Theo si tirò su a sedere e si voltò con aria disperata, indietreggiò fino a trovare l’armadio a cui si appoggiò con la schiena. Lì incrociò le gambe e prese un altro respiro profondo. Daniel rimase in piedi a fissarlo esterrefatto vedendo che si sistemava davvero lì. 
- Sul serio? - Theo annuì così lui sospirò di nuovo e lo imitò sedendosi per terra e appoggiandosi al comodino vicino al letto. 
Quello sembrò dare pace ad entrambi. 
- Dicevo, e giuro che se non la pianti ti rapo a zero, avevi ragione quella volta. Non era lasciarti quel che volevo fare e sicuramente non volevo che voltassi pagina sul serio. Sapevo che con Sandro ci saresti riuscito, infatti è andata così. Avevo ragione anche io. - Theo fece un cenno col capo come a dire ‘ah ecco, mi sembrava strano che mi dessi esclusivamente ragione a me.’ Non dovette dirlo. 
Daniel alzò gli occhi al cielo, ma proseguì. 
- Sei andato oltre, no? - non lo lasciò rispondere. - Perciò avevamo entrambi ragione ed entrambi torto. 

Per la verità era la stessa conclusione a cui era arrivato lui, ma da lì in poi dovevano andare oltre. Theo di preciso non sapeva cosa dirgli perciò lo lasciò continuare mentre lentamente, concentrandosi sulle sue parole, l’eccitazione ed il panico andarono scemando. 
- Cosa volevi allora? - fece piano in un sussurro mentre ricordava quel terribile giorno. 
- Avere successo in quello che ero venuto a fare. Mi sono staccato dal Milan e da tutti per crescere, maturare, trovare sicurezza in me stesso e diventare un calciatore sul serio, ma non stavo riuscendo a fare nulla perché mi appoggiavo totalmente a te, correvo a piangerti addosso e lagnarmi per tutto e non stavo crescendo né migliorando! Ho capito che dovevo staccarmi da te, ma non volevo che ci lasciassimo. - ammise infine abbassando lo sguardo che fino a quel momento era stato sicuro di sé e puntato su Theo che invece lo fissò con più attenzione aggrottando le sopracciglia. 
Già dal fatto che aveva cercato di cambiare look provando a stare con la barba e che ora tenesse i capelli un po’ meno corti, indicava che era diverso. Per non parlare di quel profumo che per i mesi passati non aveva più messo e che ora invece tornava ad indossare. Qualcosa era scattato. Aveva trovato quella sicurezza che cercava. 
- Ma invece ci sei riuscito, standomi lontano. Alla fine avevi ragione a volermi allontanare. - commentò a fior di labbra Theo senza rendersene conto, come se pensasse ad alta voce. Daniel sgranò gli occhi senza capire cosa intendesse e lui sorridendo come se trovasse finalmente la pace tanto agognata, spiegò: - Hai trovato la sicurezza che cercavi. 
Daniel continuò a guardarlo senza capire da cosa lo deducesse, così andò a ritroso ripensando alle cose che aveva fatto. 
- Sei venuto da Sandro, pur di dirmi che non rinunciavi a me. Che mi amavi e volevi essere felice con me e sistemare tutto. Hai ammesso tutti i tuoi errori a testa alta. Il Daniel di prima non l’avrebbe mai fatto, avresti lasciato che le cose finissero così senza ammettere nemmeno a te stesso che avevi sbagliato. 
Lo vide mordersi il labbro che ora voleva baciargli, ma annuì chinando il capo in attesa di qualcosa che non sapeva come ottenere. 
Theo capì di cosa si trattava, ma pensò che se era davvero cambiato e diventato quella persona sicura che si sentiva di meritare il suo amore, ora sarebbe dovuto riuscirci da solo. 
Così rimase fermo con la testa appoggiata all’armadio dietro di sé, le gambe allungate. 
- Sai, a calcio non è andata come speravo, ma era la prima esperienza, la seconda andrà meglio e comunque proverò fino alla fine a convincere il Mister. Forse lo cambiano, magari avrò qualche occasione in più. Ma non mi arrenderò, riproverò finché non ci riuscirò. Non è un dramma. 
Theo inarcò le sopracciglia sorpreso del discorso che gli faceva, fino a dicembre si era lagnato dicendo che era colpa del mister, dello Spezia e di tutto il mondo, come avrebbero fatto tutti al suo posto. Ora non dava colpe, ora diceva che semplicemente avrebbe fatto meglio la prossima volta. 
Gli sorrise orgoglioso mentre sentiva che era diventato un uomo ed aveva smesso di essere ragazzo.
Forse l’aveva lasciato indietro, non si sentiva maturato e migliorato come invece lo era lui, ma non poteva smettere di essere fiero di lui. Fiero e felice. 
- E poi c’è un’altra cosa che ti volevo dire a tutti i costi di persona. - disse quindi a quel punto, dopo un attimo di silenzio. 
Theo staccò la nuca dall’armadio e lo guardò in attesa, Daniel sorrise e sicuro come non era mai stato, disse: - Sono pronto a presentarti a mio padre come il mio ragazzo, se anche tu mi vuoi ancora. 
Quello ebbe la portata di un tuono che si scarica sulla testa e attraversa tutto il corpo uccidendo all’istante. 
Theo spalancò gli occhi e lo guardò shoccato, come se una spina venisse brutalmente staccata. Solo in quel momento capì quanto aveva ardentemente sognato di sentirgli dire sul serio quelle parole. Al punto che ora si sentì inondare gli occhi di lacrime, occhi su cui premette istintivo ed in fretta i palmi nel disperato tentativo di essere adulto e non piangere come un bambino. 

Daniel sorrise dolcemente a quel suo atteggiamento così tenero e spontaneo. Era ancora quel ragazzo per cui aveva perso la testa, quello che non era capace di pensare e progettare, anche se aveva visto che aveva cercato di farlo. 
Sapeva che era quello che aveva aspettato con ardore da mesi e non l’aveva detto solo per riconquistarlo, era davvero pronto a presentarglielo. 
Non disse nulla, in silenzio più assoluto si allungò per terra, gattonò verso di lui e senza fare rumore si piegò per arrivare alla sua bocca serrata sotto i palmi premuti sugli occhi. 
Era rigido. 
Senza toccare nient’altro di lui, sfiorò le labbra con le sue e appena le sentì, Theo staccò subito le mani guardandolo, Daniel non si ritrasse. Con un accesso migliore aprì le labbra e le intrecciò alle sue morbide e calde. 
Labbra che gli concesse subito senza nemmeno rifletterci. Le schiuse come sospeso in un altra dimensione, con la spina staccata. Come se pregustasse un bacio per la prima volta. 
Lo violò lieve con la lingua e Theo non lo respinse, ma gli venne piano incontro. 
Fu un bacio lento, come il primo che si fossero mai dati.
Il più bello. 
- Farò sempre tutto quello che posso per te. Ti amo Theo. 
Aveva voluto dirglielo in modo normale da quando aveva capito di provarlo, ma nel frattempo era successo di tutto. 
Finalmente era ora di riprendere da dove si erano interrotti. 

Sentire prima le sue labbra dolci e lievi farsi strada con la lingua e poi ricevere quel ‘ti amo’ fu la cosa più bella mai provata, paragonabile forse solo a quel suo superare il più grande ostacolo. Portarlo a casa e presentarlo alla persona più importante della sua vita nei panni del suo ragazzo. 
Daniel e Paolo avevano da sempre un rapporto particolare, Theo aveva capito un po’ di cosa si trattava fino a che aveva realizzato di doverlo lasciar fare. 
Ora vedere che era pronto, che era arrivato dove con tanta fatica aveva cercato di andare, era non solo splendido, ma anche la vittoria più grande.
L’emozione che provò fu così grande che non era nemmeno eccitato sessualmente. Non avrebbero fatto l’amore, perché sapevano entrambi che sarebbe stato come rovinare un momento perfetto, così perfetto che non sarebbe più tornato, non uguale. 
Così rimasero lì a terra a baciarsi, mentre Daniel gli si sedeva sopra a cavalcioni prendendogli il viso fra le mani e continuando quella pratica così dolce che era mancata come l’aria. 
Lì mentre lo baciava Theo ricordò quanto duro era stato gennaio, il mese peggiore della sua intera vita. 
Un inferno buio e cupo dove non era completamente affondato solo grazie a Sandro, ma che era rimasto sospeso in attesa di quello. Perché una parte di sé aveva saputo che non era finita davvero con Daniel. Ci aveva messo tanto, troppo, ma alla fine era andata proprio come aveva pensato, sperato e saputo.
Ora, mentre gli prendeva la vita fra le mani e affondava la lingua nella sua bocca intrecciandola alla sua, capiva che si poteva ricominciare a vivere e che non avrebbero mollato. Non più.