31. GIUSTO COSÌ

percorso

“Quel debosciato di merda è scappato, adesso le prende! Gliene do tante che non si siederà per un mese, altro che trombare!”
Daniel stava per rincorrere il suo ragazzo che se l’era fatta sotto al punto da scappare, quando sentendo l’acuto strozzato di suo padre alle proprie spalle, capì che forse aveva fatto male qualche calcolo.
Si girò a guardarlo e a parte il pallore cadaverico e la mano che si stringeva il petto, capì che a sconvolgerlo era stata più la rivelazione che era Theo piuttosto che lui fosse gay. Tutto l’opposto di quello che aveva immaginato. 
- Papà..? - chiese incerto per capire quanto dovesse preoccuparsi. 
Lui lo guardò con sguardo vuoto e l’aria più di là che di qua. 
- Papà, ti prego, parlami... - gli prese le braccia ed iniziò a scuoterlo e solo a quel punto annuì dicendogli che stava bene. 
- Vai, vai a cercarlo... poi portalo qua che lo uccido anche io... 
Daniel lo guardò interdetto convinto d’aver capito male. 
- Eh? 
Ma poi Paolo ci ripensò e con uno scatto pericoloso, si staccò dalla scrivania e sfuggì dalle mani di suo figlio.
- Anzi no, ti aiuto a cercarlo. 
Daniel impallidì, ma non fece in tempo a fermarlo perché si rivelò ancora molto atletico e veloce, in un istante non c’era nemmeno più fuori in corridoio. 
- Oh merda, adesso lo ammazza... ed io che ero tranquillo nel dirgli che era lui! È il suo preferito!
Brontolando uscì a cercarli, sperando di trovarli prima lui, mentre si chiedeva cosa diavolo fosse andato storto e quando. 

Theo non ce l’aveva fatta.
Quando aveva sentito che iniziava a parlare a raffica come un posseduto, aveva capito che sarebbe tutto degenerato.
Del resto se lui attaccava a sparare in quel modo significava che qualcosa era andato male, forse Paolo era livido di rabbia e lo stava per disumanare. Cosa mai poteva fare a lui?
Agì totalmente d’impulso andandosene, disattivò il cervello come ai vecchi tempi e semplicemente scappò.
Fortunatamente tornò in sé dopo un paio di secondi, peccato che in un paio di secondi lui percorresse chilometri infiniti, perciò dopo aver corso e girato a casaccio, si rese conto di essersi perso.
Si fermò guardandosi intorno in quel labirinto che era la sede ufficiale del Milan. 
Dove diavolo era finito? 
“Merda, Theo! Ma perché non la smetti di fare cazzate? Adesso quello mi lascia!”
Girò su sé stesso e cercò semplicemente di tornare indietro sperando di rifare, a caso, il percorso appena fatto. 
Fino ad un certo punto andò bene, ma quando dovette scegliere destra o sinistra, si fermò. Pensò di chiamare Daniel, ma se lo immaginò nero come un demonio. Stava per mettere via quando gli vibrò in mano e a quel punto sospirando come un condannato, tirò su camminando casualmente verso sinistra. 
- THEO BERNARD FRANÇOIS HERNÀNDEZ! DOVE DIAVOLO SEI? ANCHE MIO PADRE ORA TI CERCA! 
Ma non fece in tempo a rispondergli, perché appena svoltato l’angolo se lo ritrovò davanti. 
- L-lo... lo so... - rispose solo con un filo di voce tremante e le gambe che a momenti gli cedevano per la violenta ed improvvisa scarica. 
- Ce l’hai davanti? - chiese Daniel al telefono consapevole che quella sfumatura vocale significasse solo terrore atroce. 
- S-sì... 
- Dove? 
Paolo gli prese il telefono di mano e con una calma apparente, come se non avesse appena rischiato l’infarto per colpa sua, disse a suo figlio dove erano. 
- Abbiamo circa un minuto. Due se ha preso la direzione sbagliata. - e l’aveva presa, perciò i minuti erano anche tre. 
Theo inghiottì a vuoto iniziando ad indietreggiare, mentre Paolo, apparentemente calmo, avanzava. 
Fino a pochi anni prima avrebbe fatto carte false per trovarsi in una situazione simile. Quante seghe si era fatto pensando a lui?
Per un momento si ritrovò a pensare a com’era iniziata tutta quella storia, con la sua passione totale, specie sessuale, per il dio che aveva davanti.
Un dio apparentemente calmo ma che ora doveva essere furibondo. 
Si era fatto venire a cercare. 
Andando indietro come un idiota, finì per appoggiarsi alla parete e lì si fermò. Paolo lo raggiunse fermandosi davanti a lui.
Mani in tasca, aria apparentemente serena, controllata. Peccato che quegli occhi azzurri in quel momento sembrassero tanto quelli di Simon quando era furioso. 
Inghiottì ancora a vuoto. 
- Mi... mi dispiace essere scappato... mi è venuto il panico... 
Doveva essere uomo e affrontare i suoi errori. 
Doveva riuscirci. 
- È con Daniel che devi scusarti. A me devi dire solo una cosa. 
Theo annuì e si fece serio ed attento sebbene dentro di sé stesse morendo. 
Paolo si avvicinò incrociando le braccia al petto. Pochi centimetri a separarli. 
- Quanto fai sul serio con lui? 
Theo a quella domanda non ebbe dubbi, preparato ad una più difficile fu ben felice di rispondere a quella. 
- Tantissimo! Ho passato l’inferno a gennaio per colpa sua! Cioè non colpa, è solo che stavo male per lui... è solo che... insomma, sono serio! Fottutamente serio. Così serio che... 
Paolo lo interruppe prevedendo l’arrivo del figlio in pochi secondi. 
- Lo ami? - fece poi diretto, avvicinando il viso al suo, assottigliando gli occhi come due lame di ghiaccio. 
Theo di nuovo rispose immediatamente annuendo, senza il minimo dubbio.
- Certo. - non esitò e fu sufficientemente convincente, per sua fortuna.
Non ebbe tempo di sorridere, annuire e dargli la sua benedizione perché un tornado arrivò da loro e spinse malamente via suo padre mettendosi davanti a lui stile scudo umano.
Daniel si spalmò su Theo schiacciato a sua volta sul muro, mentre Paolo saltava di lato rimanendo a stento in piedi.
- Daniel, sei impazzito? - sbottarono entrambi in coro shoccati. A quel tandem Daniel si imbronciò e si girò male verso il suo ragazzo il quale capendo l’ennesima gaffe, lo abbracciò da dietro istintivamente baciandogli la guancia. 
Quel gesto rabbonì entrambi, sia padre che figlio. 
- Non volevo mica ucciderlo, sei il solito esagerato, Dani! Fai sempre tutto tu da solo. Fai e disfi! Perché non senti prima il parere degli altri e poi magari agisci in base a quel che dicono e fanno? 
Mentre Paolo si aggiustava i vestiti e si metteva in una posizione più solida, ovvero su due piedi, Theo lo guardò sognante da dietro senza farsi vedere da Daniel il quale, ancora imbronciato fra le sue braccia, stava odiando essere figlio di Paolo. 
- Eh, in ufficio hai detto che volevi ucciderlo, eh? Sei uscito di corsa! - brontolò in sua difesa. Theo sgranò gli occhi di nuovo terrorizzato, ora nascondendosi dietro il suo fidanzato che al momento era rimasto il solo a separarlo dal suo dio di nuovo spaventoso. Era sempre lì, apparentemente calmo con quei due ghiaccioli al posto degli occhi.
Due ghiaccioli maledettamente belli. 
“Theo controllati o mandi tutto a puttane come sempre!”
Si rimproverò da solo. 
- Dai ragazzi, non serve nascondersi con me, andrà tutto bene. Sono contento che siete riusciti a dirmelo. Non avrei mai immaginato nemmeno fra un milione di anni, ma sono contento. 
Alla fine Paolo riuscì a ridimensionare una situazione a dir poco allucinata dove per poco ben in tre erano quasi morti. 
- No vabbè, sapevo che sarebbe andata bene, eh? Te l’avevo detto... 
Fece poi Theo affiancando Daniel a braccetto, rimanendo beatamente fra lui e Paolo in uno dei suoi sogni più belli di sempre. 
- Sì certo, e allora perché sei scappato come un vigliacco di merda? - grugnì Daniel. 
- Prova a piantare mio figlio in asso nel peggior momento della sua vita e diventi il raccattapalle dei pulcini del Milan. - rispose serenamente Paolo. Theo rabbrividì non riuscendo improvvisamente nemmeno ad ingoiare la propria saliva per un improvviso ictus in corso. 
La vita era appena diventata esponenzialmente più complicata. 
Di molto. 


Ci aveva messo un po’ per farsi perdonare, ma alla fine ce l’aveva fatta.
Aveva dovuto usare il suo asso nella manica, ma il risultato era quello che contava.
Inizialmente Daniel era partito col broncio per come l’aveva piantato in asso con suo padre, ma poi Theo aveva iniziato a fare uno spogliarello da premio oscar, con tanto di musica. 
Ci sapeva dannatamente fare, Daniel lo maledì guardandolo e sforzandosi come un matto di rimanere fermo senza reagire, seduto sul divano del mini appartamento che Theo aveva preso come nido d’amore. 
Non potendo usare casa di uno o dell’altro a Milano, non aveva avuto scelta.
Se l’era giocata bene, ma non abbastanza per meritarsi il suo perdono.
Però poi niente, si era messo a ballare e sculettare come un porno divo e sempre allo stesso modo aveva iniziato a togliersi i molti strati di vestiti che indossava in quella meravigliosa stagione ancora fredda. 
Daniel aveva resistito poco, dopo che si era tolto i pantaloni, perché la memoria era corsa a quella volta in cui l’aveva sedotto a casa sua, quando viveva solo. 
Aveva fatto qualcosa di simile e mentre ci ripensava Daniel fece esattamente la stessa cosa. 
Con l’acquolina in bocca si portò col busto in avanti e si sedette in punta, aprì le gambe e se lo sistemò davanti, mentre con ancora i boxer fastidiosi e al tempo stesso meravigliosamente aderenti, ancheggiava davanti alla sua faccia.
Faccia che appoggiò sul suo pacco, strofinandola e assaporando in anticipo attraverso la stoffa. 
Iniziò a godere lì, con le mani che da dietro risalivano le cosce e poi le sue natiche tonde e sode. Preso l’elastico dei boxer e l’abbassò accompagnando la stoffa coi denti. 
Una volta che l’ebbe aiutato e concludere lo spogliarello, risalì con le mani da dietro che si avvinghiarono ben volentieri al suo sedere, mentre davanti l’accarezzò sulle cosce con la bocca aperta. Lo respirò e lo fece suo fino ad avvolgere il suo membro che iniziava ad eccitarsi. 
Il suo corpo sodo ed atletico sotto le dita e la lingua lo fece partire facilmente.
Theo si godette il suo trattamento rimanendo in piedi davanti a lui fino a che non lo fece appoggiare con la schiena e gli salì sopra a cavalcioni, appoggiandosi con le ginocchia ai lati. 
Continuò a strofinarsi su di lui e Daniel l’accarezzò con la lingua, succhiando e mordicchiando ogni porzione di pelle che poteva raggiungere già preda del piacere e della voglia. 
Raggiunse infine la bocca e ci giocò per un po’, mentre Theo strofinava le loro erezioni insieme. 
Daniel ancora fastidiosamente vestito ma assolutamente eccitato. 
Infilò la mano sotto i pantaloni, gliela prese e la tirò fuori strofinandola insieme alla sua, mosse il bacino su e giù continuando a ballargli seduto addosso senza staccare la lingua dalla sua. 
Andarono avanti così un po’, fino a che Daniel non si sentì vicino ad una sorta di morte certa nel non far crescere quell’atto sessuale.
Aveva bisogno di più, assolutamente ed immediatamente di più.
Così lo spinse malamente giù da sé e si tolse in fretta e furia i vestiti che aveva ancora addosso, infine si girò mettendosi a carponi sul divano e infilandosi un dito in bocca, se lo mise poi dentro da solo passandoselo fra le gambe da sotto. 

Theo impallidì mentre lo vedeva così lanciato e per un momento rimase stupito nel non vedere che faceva lui l’attivo, ma pensò che avrebbero avuto tempo per cambiare i loro ruoli. 
Così si leccò la mano e se la passò ripetutamente sull’erezione già dura ed alta, infine salì dietro di lui su divano ed iniziò ad occuparsi della sua apertura al posto del suo dito. 
Si perse sentendo che lo eccitava sempre più e quando lo sentì di nuovo fremere vicino ad un esaurimento incredibilmente eccitante, si raddrizzò e senza perdere altro tempo, lo penetrò. 
Appena fu dentro ogni cosa andò a posto e tutto si cancellò.
Ogni fastidio, fantasma, ombra. 
Tutto quello che era stato venne spazzato via. 
Non era la prima volta che lo facevano da quando si erano messi insieme, ma era la prima dentro al loro piccolo nido d’amore e sicuramente la prima dopo averlo detto a Paolo.
Mentre entrava ed usciva facendolo sempre più suo in un ritmo crescente ed intenso, Theo ripensò ai mesi precedenti.
A gennaio atroce e alla lenta ma costante ripresa di febbraio. 
Poi marzo, come una nuova rinascita ed ora aprile in quella che per loro era una conferma che consolidava un legame ormai sicuro e maturo. 
Quando il piacere iniziò ad infondersi anche in Daniel, lo sentì contorcersi, allungarsi e spingere sotto di sé, così infilò la mano e lo aiutò a venire masturbandolo.
Daniel non ci mise molto a venire e a quel punto, completamente abbandonato davanti a sé, fra le sue mani che lo tenevano per i fianchi, mentre gli sussurrava sfinito e realizzato: - Ti amo, pezzo di stronzo. - anche Theo si perse nel suo orgasmo. 
- Ti amo anche io, amore mio... - disse più romanticamente, ma ridacchiando. 
Poi l’esplosione ed ogni cosa che si colorava confondendosi. 
Scivolò su di lui dopo un tempo incerto e non si era reso conto di quando Daniel si era girato, ma adagiò il volto nel suo petto che si era irrobustito parecchio rispetto ai mesi precedenti. 
Dopo che ebbe ripreso possesso delle sue facoltà mentali, sollevò il capo e cercando la sua bocca, lo baciò riappacificato col mondo intero. 
- Stai bene? - chiese infine, beandosi del suo viso nell’evidente pace dei sensi. Daniel sorrise sereno socchiudendo gli occhi. 
- Benissimo. 
Ogni cosa era infine al proprio posto. Semplicemente perfetta e giusta. 
Riappoggiandosi al suo petto, con le sue mani a carezzarlo dolcemente sulla schiena e sui capelli sempre rigorosamente alla moda e tinti, Theo capì quello che fino a quel momento gli era sfuggito. 
Era stato davvero necessaria tutta quella sofferenza? Perché aveva sbagliato a quel modo a dicembre? Perché non era riuscito a fare la cosa giusta, ad avere pazienza e aspettare il suo ritorno? 
Aveva fatto soffrire Sandro mettendolo in mezzo a quel modo, Daniel aveva visto l’inferno e lui era stato nel suo peggio assoluto.
Tutto per un suo errore, così la vedeva da quando erano tornati insieme. 
Ma infine eccola lì la sua risposta. 
“Ma credo di sì. Senza gli errori non credo sia possibile crescere. Perciò forse alla fin fine è meglio sbagliare, per maturare e diventare persone migliori. Diventare uomini.”
- Rimpiangi qualcosa? - chiese Daniel d’improvviso, come se sentisse i suoi pensieri.
Theo sorrise non sorpreso che pensasse alla stessa cosa. 
- No, niente. Penso che alla fine rifarei tutto. E tu? - non ci fu bisogno di spiegare il suo ragionamento, perché anche lui disse la stessa cosa. 
- Anche io. 
A quello sollevò pigramente la mano senza alzare di nuovo la testa, gli tastò il volto e arrivando alle sue labbra realizzò che stava sorridendo, così fece anche lui. 
Alla fine era stato giusto così. 

FINE


Note: la fic si conclude qua, poi abbiamo un'altra di un paio di capitoli conclusiva di tutta la serie intera, con un po' tutti i protagonisti avuti fin qua, ma in particolare quelli che ci hanno tenuto più compagnia. A me questi due piacciono, hanno una dinamica assurda, li adoro, peccato che nella realtà non sono quasi per nulla una ship, ma sono sicura che se giocassero ancora insieme nella stessa squadra ne vedremo delle bellissime. C'è molto potenziale inespresso. Su Sandro e Theo mi sono già espressa molto. È strano pubblicare questa fic dopo tutto questo tempo da che l'ho scritta, ma soprattutto dopo che è tutto cambiato. Comunque i cicli prima o poi finisco, perciò è giusto così. Grazie a chi ancora mi segue, spero lo facciate anche nell'ultima fic. Indizio? Ricorderete cose è successo a fine stagione 2022/23. Si chiama 'Una festa per finire' ed inizierò a pubblicarla fra una settimana circa, per sapere quando e rimanere aggiornati sulle mie pubblicazioni c'è la mia pagina su FB. Baci Akane