NOTE: questa fic conclude la serie intera ‘Milan on fire’, perciò ci saranno un po’ tutti i personaggi che hanno avuto una parte, più o meno ampia, in queste fic. Si piazza alla fine della stagione 2022/23, quando in un certo modo tutto ha cominciato a finire. La fine è una cosa normale, l’importante però è avere avuto una (o tante in questo caso) bella storia nel frattempo.
La fic non è impegnativa né lunga, è solo per concludere la serie, ha 4 capitoli, è divertente e leggera sebbene tratta anche un argomento serio, in un certo senso. Ibra ed il suo addio al calcio giocato.
I ringraziamenti finali alla fine. Cerco di mettere un capitolo a settimana (lavorando non riesco ad essere più celere ma ci proverò).
Buona lettura. Baci Akane
INCIPT: ‘Certi posti trovavano il vero te senza motivo. Era così e basta.
Certi posti, da te, non se ne andavano mai e finivi per sceglierli e risceglierli sempre.
Certi posti, così come certe persone.’
La stagione finisce, Ibra deve comunicare la scelta più difficile della sua vita, ma non sarà solo. Simon e la sua famiglia milanista l’aiuteranno a sostenere e superare il momento di cui ha avuto tanta paura.
PROPRIO UN BEL LAVORO
1. LA SCELTA
Simon si svegliò sentendo dei rumori nella stanza, nella penombra interrotta solo da qualche raggio di luce che entrava dagli scuri chiusi non completamente, intuì che quel giorno non dovesse esserci un sole che spaccava le pietre.
Zlatan si muoveva come un fantasma nella camera di Milanello e prima di farsi notare rimase ad osservarlo, mentre i ricordi della notte appena passata tornavano alla sua memoria come prima cosa in quel giorno difficile.
**
Aveva voluto rimanere a dormire a Milanello, del resto era sicuramente la sua ultima notte come giocatore del Milan.
Nessuno aveva detto nulla, era parso assolutamente normale.
Quasi scontato.
Mentre Zlatan lo baciava steso sopra di lui, nel loro letto grande ottenuto unendo i due singoli, Simon pensava che di nuovo non avrebbero parlato di quella cosa.
Alzò le mani carezzandogli la schiena forte e possente, prima di mettersi sopra di lui si era tolto la maglietta ed era a torso nudo.
Con le mani arrivò alla sua nuca, gli prese l’elastico e glielo tirò sciogliendogli i capelli nei quali infilò le dita trovando subito piacere.
Stavano insieme da due anni circa e la loro relazione nel frattempo si era rinforzata oltre che maturata. Non avevano argomenti di cui non parlavano, tranne uno.
Il suo ritiro dal calcio.
Da qualche tempo aveva iniziato a dire con una sorprendente serenità che quella sarebbe stata la sua ultima stagione al Milan.
Simon aveva provato ad indagare con la sua solita indiscrezione per capire se fosse anche l’ultima di calcio, ma quando gli aveva chiesto ‘cosa farai dopo?’, lui aveva sempre risposto ‘non so, ho molte proposte nonostante i 41 anni... valuterò...’
Ma non aveva mai minimamente ventilato l’idea di ritirarsi e lui, che ormai lo conosceva bene, non glielo aveva mai detto.
Simon sapeva che era ora, che anche andando in un club minore che non aveva pretese di sorta, non sarebbe più riuscito fisicamente a pestare il campo con le scarpe da gioco.
Il suo corpo ormai aveva ceduto le armi, ma per un guerriero simile, per un generale di quel calibro, era impensabile l’idea di posarle.
Arrendersi.
Smettere.
“Si sta solo trascinando per non affrontare l’inevitabile, ma un giorno dovrà farlo. Non riuscirà più a giocare una sola partita, perché insiste sul non dirlo? Lascio il calcio! Cosa ci vuole?”
La bocca di Zlatan scese sul suo collo e lì parlò seccato: - Piantala di pensare al mio ritiro e concentrati su di me! È la nostra ultima notte insieme a Milanello da giocatori del Milan!
Simon sospirò senza stupirsi che si fosse accorto che aveva la testa da un’altra parte.
- Cosa ti fa pensare che sono distratto? - chiese cercando di non polemizzare proprio quell’ultima notte.
Zlatan si sollevò sulle braccia, lo guardò irritato come a dire ‘davvero me lo chiedi?’ e visto che in risposta Simon inarcò le sopracciglia candido rispondendo ‘certo che lo chiedo’, allora lui mise una mano sotto, andò dritta nell’inguine ancora coperto dai boxer di Simon e glielo strinse senza delicatezza alcuna.
Simon gemette subito, non era stata esattamente una palpata piacevole.
Per poco non gli tirò un pugno di riflesso.
- Perché è ancora moscio come una biscia!
Simon voleva indispettirsi e rispondergli male, ma decise di lasciar perdere.
Ridacchiò e lo spinse stendendolo sotto di sé al proprio posto.
A quel punto gli si mise sopra a cavalcioni, si sollevò dritto con la schiena, si sciolse i capelli biondi che rimasero spettinati, poi con un sorrisino malizioso si abbassò su di lui iniziando a strofinare le loro parti intime. Questa volta con impegno.
Lo stesso che la sua bocca ci mise nel scendere sul suo corpo e nell’assaggiarlo.
Arrivò al suo inguine, il quale non aveva invece problemi ad alzarsi, e mentre glielo liberava dai boxer ormai stretti, l’eccitazione fluì anche nel suo corpo.
Simon prese in bocca la sua erezione che si stava gonfiando mentre la propria subiva lo stesso trattamento grazie allo strofinamento contro le gambe di Zlatan.
Le sue mani indirizzavano la sua testa su di sé e lo fermò prima di venire tirandolo per i capelli biondi.
Soddisfatto di aver riportato tutto alla normalità, Simon scese da lui e si tolse i boxer, permettendo a Zlatan di fare lo stesso coi suoi già abbassati.
Infine gli tornò sopra e tornò a far suo ogni centimetro candido del suo corpo, ebbe cura di ogni punto erogeno che ormai conosceva bene e quando stava per farlo venire, lo fermò, lo sollevò leggermente per girarsi di schiena, ma a quel punto Zlatan lo fermò.
- No, voglio guardarti in viso...
Simon sorrise dolcemente e annuì mettendosi meglio ed alzando le gambe che Zlatan accompagnò in modo da avere accesso al suo ingresso.
Vi si immerse con il viso occupandosene con la lingua e le dita mentre Simon si stimolava da solo, trovando estremamente appagante quel doppio piacere.
Si fermò poco prima che il piacere crescesse troppo, a quel punto lo chiamò sofferente.
- Zlatan, ti prego...
Lui capì che non ne poteva più e si sollevò, gli aprì le gambe alzandogliele col proprio stesso corpo, poi, con una spinta decisa, entrò.
Una volta dentro si stese meglio su di lui iniziando a muoversi.
Ad ogni spinta le sue natiche guizzavano insieme ai muscoli del suo corpo, ancora così forte e splendido.
E lo sarebbe sempre stato, ma non per giocare a calcio.
Era ora.
Lo sapevano entrambi.
Simon voleva dirglielo, voleva davvero, ma non ebbe cuore.
Alla fine lasciò che l’orgasmo colpisse entrambi in un ultima volta a Milanello, semplicemente perfetta.
Ansimanti, sfiniti ma appagati e nel pieno di emozioni sconvolgenti, Simon sussurrò:
- Zlatan...
Ma lui lo fermò mettendogli un dito sulle labbra per zittirlo, aderì la bocca sul suo orecchio mentre si stendeva su di lui per metà, abbandonandosi in quel modo, così evidentemente senza forze.
- Lo so. - rispose solo.
Simon così lo circondò con le braccia, immerse di nuovo le mani nei suoi capelli sciolti, girò il capo e lo baciò.
Lo tenne a sé senza dire più nulla.
Non parlarono, ma prima che il sonno li cogliesse dolcemente, sussurrò: - Andrà tutto bene.
Zlatan sapeva anche quello, sicuramente. Ma fu bello sentirglielo dire.
**
Simon lo guardò meglio mentre andava su e giù per la stanza semi buia nel tentativo di non svegliarlo.
“Ma che sta facendo? Sembra un fantasma!” dopo qualche istante che lo vide spostarsi da una zona all’altra senza fare nulla di senso compiuto, Simon ancora nudo steso sul letto e tutto storto, si corresse.
“Mi correggo, non è un fantasma. È uno zombie!”
Decise così di muoversi per fargli sapere che era sveglio e quando lo fece Zlatan lo notò, ma non ebbe alcuna espressione né gli disse buongiorno.
Come se non aspettasse altro, andò alla finestra e l’aprì.
Da fuori il mattino rivelò nubi e pioggia.
- Ecco, anche Dio è triste oggi. - disse Zlatan drammaticamente col suo vocione basso e rauco.
Simon a quello non ce la fece a rimanere serio e scoppiò poco delicatamente a ridere premendo la faccia contro il cuscino nel vano tentativo di limitare i danni.
Vano, appunto.
Appena Zlatan lo sentì ridere, si girò di scatto convinto che non potesse davvero osare tanto.
Quando realizzò che davvero osava ridere, venne investito da un tale fastidio che con un’ondata di irritazione tornò improvvisamente alla vita.
- Maledetto bastardo... - sibilò a denti stretti, ovviamente questo fece ridere ancora di più Simon che si mise completamente a pancia in giù schiacciando il viso più forte contro il cuscino. A quel punto Zlatan non si trattenne e si buttò sul materasso sopra di lui, uccidendolo col suo dolce peso.
Simon spirò per qualche secondo per poi tornare in vita e dandogli una testata contro il torace, se lo tolse di dosso.
Zlatan scivolò in giù sul suo corpo ancora meravigliosamente nudo ed invece di alzarsi, addentò la sua natica facendolo ululare.
Simon tentò di liberarsi e dimenarsi, ma ogni tentativo lo riempiva di un dolore maggiore, fino a che non riuscì a prendergli i capelli e tirare.
Questo imbestialì ancora di più Zlatan che gli lasciò il sedere tenendogli il polso per liberarsi. La presa di Simon però resistette, così lo girò a pancia in su e a quel punto, sempre tenendosi a vicenda in quel modo, gli si sedette a cavalcioni.
Zlatan si era mezzo vestito, mentre Simon era ancora gloriosamente nudo.
- Mollami! - ringhiò Zlatan minaccioso.
- Mi hai azzannato il culo! - rispose Simon ancora sconvolto e inorridito da un tale affronto.
- E tu ridevi di me! - ribatté pronto Zlatan, ancora offeso.
- Ma dai, eri il re della tragedia greca!
Zlatan voleva capire che diavolo intendesse di preciso, ma a volte odiava non essere colto come lui.
- Che ho detto? Piove!
Simon però non ce la fece a resistere, nemmeno per salvarsi la vita, e rispose di nuovo fra le risa più spontanee: - Anche Dio è triste! Hai parlato di te in terza persona con un tale dramma nella voce che... e prima giravi per la stanza al buio senza fare nulla, ciondolavi come uno zombie... dai Zlatan, non sono riuscito a non ridere!
Dicendolo finì per lasciargli i capelli e così Zlatan gli lasciò il polso prima di romperglielo, ma rimase seduto su di lui e lo guardò perplesso vedendolo che continuava a ridere fino alle lacrime compendosi la faccia con l’altra mano.
Mano che lui gli tolse, ma non per fargli male, solo per guardarlo meglio.
Si impresse il suo bel viso aperto in una risata splendida e realizzò che in qualche modo era tornato il sole.
- In che senso parlavo di me in terza persona? - tentò poco convinto, consapevole che vista dall’esterno poteva sembrare esagerato.
Simon smise di ridere asciugandosi le lacrime.
- Ma tu non credi in Dio, ogni volta che lo nomini è per parlare di te in terza persona. Non ce l’ho fatta, scusa. So che per te è un giorno triste, adesso giuro che non farò più l’idiota! Vuoi... vuoi parlare?
Era ancora particolarmente ilare ed era strano vederlo così perché di solito era sempre molto composto. Alla fine sospirò sconfitto sentendosi vergognosamente meglio, così scosse il capo e scese da lui stendendosi vicino, supino allo stesso modo.
Simon si voltò sul fianco tirando su la testa, lo guardò facendosi di nuovo serio ed attento mentre invece lui osservava il soffitto della sua camera per l’ultima volta.
Non sapeva se dirlo a voce, ma sapeva che l’aveva capito. E sapeva che entrambi sapevano.
“Non mi dirà niente perché sa che non ne ho ancora la forza.”
Sollevato da questa consapevolezza, lasciò perdere il coraggio di dirlo ad alta voce.
- Se ce la farò, lo dirò solo una volta: stasera dopo la partita. - sentenziò. E più di questo, Zlatan, non riuscì a dire.
Simon annuì, gli si issò sulla spalla e gli baciò la guancia, questa volta con dolcezza. Zlatan gli circondò la schiena col braccio e lo tenne a sé, assaporando quell’ultimo risveglio da giocatori professionisti nello stesso club.
- Andrà tutto bene, sei forte. Ce la farai. Saremo tutti lì. Se ti bloccherai guardami e vedrai che troverai le forze per andare avanti. Ma so che ce la farai.
Parlavano senza dirlo chiaramente, di meglio non poteva pretendere.
Simon era proprio perfetto per lui.
Voltò il capo verso di lui e sorridendogli grato, con gli occhi lucidi carichi di commozione, lo baciò sulle labbra.
Si intrecciarono e si fusero per qualche istante, perdendosi in un bacio che non aveva fretta di essere esaurito.
Dopo Simon appoggiò la testa sull’incavo del suo collo, accomodandosi meglio per crogiolarsi in quel mattino, in quell’ultimo giorno.
- Quante ne abbiamo passate qua dentro?
Zlatan sorrise.
- Era la stessa camera che avevo la volta precedente.
Simon tornò ad alzare al testa sorpreso.
- Non l’avevi mai detto... - Zlatan sorrise ed annuì alzando la spalla. Simon tornò ad adagiarsi comodo.
- È così. Ne ho vissute tante qua dentro. È stata la mia prima casa, in certi momenti. Io qua dentro, in questo centro, sono sempre stato meglio che in qualunque altro posto o casa o club. Non lo dico perché l’ho scelto come ultima tappa della mia carriera. Lo dico perché è vero. Non so come mai. Sono sempre stato uno inquieto, incapace di legarmi e stare bene in un posto. Ho sempre avuto bisogno di cambiare, sperimentare, puntare a cose nuove. Ma qua... io qua sono sempre stato così bene. Forse sapevo cosa avrei trovato, un giorno...
Simon sorrise, lo percepì contro la sua pelle ancora nuda e senza maglietta.
Le sue dita gli carezzavano lievi il torace, giocando coi suoi pettorali a riposo.
- Io penso che stavi bene perché hai sempre potuto essere te stesso.
Zlatan ci pensò un po’, poi scrollò lieve le spalle poco convinto, riflettendo sugli altri posti. Alcuni non molto ospitali, altri davvero splendidi.
- Sono stato in davvero tanti posti e non posso mentire dicendo che stavo male. Sono sempre stato bene, in certi di meno, in altri di più. A parte che al Barcellona... - aggiunse sogghignando. Simon non ne sapeva molto, solo che aveva avuto problemi con Guardiola.
- Eppure questo era diverso... - lo stimolò a proseguire e lui sorvolò con lo sguardo su tutta la camera cercando di capire, mentre i ricordi subentravano.
- Qua dentro ho vissuto i miei sentimenti molto più che negli altri posti dove sono stato più o meno bene, ma non mi sono mai vissuto totalmente e profondamente come qua. C’è qualcosa, in questo posto. Tutti quelli che ci vengono anche solo per una stagione, lo dicono. È speciale. C’è qualcosa di diverso, qua dentro, ed è vero. Non so cosa sia, ma lo è.
Simon non lo interruppe e finì per parlarne liberamente, mentre realizzava che semplicemente certi posti ti entravano dentro per rimanerci per sempre.
Certi posti trovavano il vero te senza motivo. Era così e basta.
Certi posti, da te, non se ne andavano mai e finivi per sceglierli e risceglierli sempre.
Certi posti, così come certe persone.
- Rimarrai nei paraggi?
A quella domanda, Zlatan spalancò gli occhi realizzando che non era una cosa tanto per dire, che c’era molto di più dietro. Gli prese il viso e lo costrinse ad alzare il capo. Gli tenne il mento fra le dita e quando lo poté guardare negli occhi, vide che erano lucidi.
Due cieli splendidi, non più ghiacciai sconfinati che lo tenevano lontano.
- Non ci lasceremo mai.
- Mai è una parola incredibilmente impegnativa... - disse Simon cercando di essere ironico ma senza successo. Era davvero serio mentre lo diceva.
Le dita dal mento passarono a carezzargli la guancia coperta da un po’ di barba che gli stava benissimo, mentre i suoi capelli erano ormai preda della confusione più totale, ma era splendido anche così.
- Mai. Non ci lasceremo mai. Starò sempre nei paraggi. Non so cosa farò, probabilmente una bella vacanza, per cominciare, ma casa mia rimarrà questa, ormai. E se mai dovessi cambiare lo programmerò con te in modo che le nostre vite possano essere compatibili, qualunque cosa faremo.
Simon sorrise sollevato, annuendo grato.
Si allungò sul suo viso e gli baciò dolcemente le labbra. Scivolò con le dita sulla sua nuca, fra i suoi capelli lunghi e spettinati. Lo tenne a sé assaporando quegli ultimi momenti d’intimità insieme.
- Fammi solo una promessa, Simo. - disse poi prima di alzarsi e attivarsi sul serio. C’erano così tante cose da fare, quel giorno; troppe, forse. Alcune impensabili, ma con forza e coraggio le avrebbe compiute.
Simon lo guardò sorpreso.
- Quale? - era strano gliene chiedesse una in particolare.
- Aspetta prima di ritirarti o lasciare la squadra. Aspetta almeno un anno. Ti prego. Cerca di rimanere ancora, dopo di me. I ragazzi avranno bisogno. Non possono perderci entrambi insieme.
Simon lo guardò come cadendo dalle nuvole, profondamente colpito da quanto gli fosse entrato nell’anima quel ruolo di guida.
“Sono davvero i suoi figli, per lui. Ridiamo e scherziamo sempre, ma si sente veramente come un padre. E loro lo sanno quanto sono importanti per lui. Per loro è la stessa cosa. Per loro nessuno mai sarà così importante come lo è lui.”
- Trasmetteranno le stesse cose che tu hai trasmesso a loro. Ai nuovi giovani. Saranno le loro guide e gli insegneranno ad avere fame di vittorie, ad essere ambiziosi e a credere in loro stessi. Ma soprattutto, sai cosa insegneranno sempre?
Ma Zlatan lo sapeva, perché sorridendo rispose subito:
- Ad essere un gruppo unito.
- Una famiglia. - concluse Simon, soddisfatto. Infine sorrise, lo baciò di nuovo e rispose alla sua richiesta.
- Genitore Due rimarrà ancora in casa per un po’, ma Genitore Uno dovrà farsi vivo spesso, altrimenti le pesti di figli che abbiamo faranno troppi danni.
Lo vide ammorbidirsi in un sollievo estremamente paterno che intenerì un sacco Simon. Infilò la mani sul suo collo, risalì dietro sulla nuca, fra i suoi capelli, e lo baciò di nuovo.
Chiusero gli occhi rimanendo così, fermi, le labbra intrecciate insieme.
- Andrà tutto bene. - sussurrò di nuovo.
L’avrebbe aiutato in tutti i modi possibili. Sempre.
Fino all’ultimo era stato convinto di non riuscirci.
Fino all’ultimo, seduto con la sua famiglia, in attesa della fine dell’ultima partita di stagione, aveva pensato di non poterlo dire.
Non l’aveva ancora detto a nessuno, sapevano solo che salutava il Milan, non aveva spifferato ad anima viva che intendeva lasciare il calcio.
Non sapeva bene cos’era stato a dargli la forza di accettarlo. Solo qualche mese prima sarebbe stato impensabile, ora invece l’aveva concepito.
Ora lo stava per fare.
Anche se fino all’esatto momento di entrare in campo per l’ultima volta, nel corridoio dello staff e dei suoi compagni, andando là incontro ad un’altra leggenda del calcio che era stato semplicemente magnifico nell’aiuto dato al proprio finale, fino a quell’istante non aveva minimamente pensato di farcela.
Poi dopo gli annunci e le parole splendide, dopo il video commovente, dopo gli applausi ed i cori e la maglia firmata da tutti i suoi compagni, alla fine lì, col microfono in mano, l’aveva detto.
Alla fine ci era riuscito, nonostante le lacrime, il nodo, la mancata respirazione.
Alla fine le parole gli erano uscite.
- È ora di dire ciao al calcio.
Aveva cercato Simon, con panico, un momento.
Quello prima di dire quelle brevi parole.
L’aveva cercato lì, così vicino a dove era lui a parlare, nella fila di destra, dopo tre o quattro compagni.
Lui, alto, bello e biondo.
Aveva solo incrociato i suoi occhi. Non aveva fatto nulla.
Poi l’aveva detto.
Ed era stato liberatorio e doloroso insieme, ma ce l’aveva fatta e aveva saputo immediatamente che era la cosa giusta.
Difficile, terribile, ma giusta.
Adesso era libero.
Note: il finale di carriera di Zlatan è stato davvero così difficile, per tutta la stagione non se ne parlava e quando gli chiedevano qualcosa, lui glissava dicendo che non sapeva, poi ha iniziato a dire che avrebbe lasciato il Milan facendo intendere che poteva andare in un’altra squadra ancora, ma alla fine quel mattino ha rivelato di essersi svegliato con la pioggia e aver pensato (tragico di proposito) ‘anche Dio è triste, oggi’. E di aver deciso così che non avrebbe solo lasciato il Milan, ma anche il calcio. A Paolo aveva solo detto di preparare una cerimonia di saluto, ma non era stato specifico perché alla fine l’ha detto solo una volta, quella sera a San Siro davanti ai suoi compagni e ai suoi tifosi, nello stadio dove era stato tanto felice. Zlatan ha sempre detto che il Milan e Milanello erano stati speciali, per lui, una casa, una famiglia e dal fatto che per il dopo calcio ha scelto comunque il Milan per proseguire la sua carriera, è molto indicativo. Il resto l’ho romanzato io chiaramente, ma è stato davvero bello che Simon abbia aspettato un anno prima di salutare anche lui il Milan, non ho potuto non scrivere ciò che ho scritto. E poi sono troppo milanista per non essere profondamente colpita e commossa da quel saluto, ci dovevo scrivere un capitolo simile, era inevitabile, così come che questo, proprio questo, decretasse la fine della serie. Poi altri 3 capitoli per ridere e sdrammatizzare e salutare le altre pesti che amerò comunque sempre, anche se le cose non sono andate come i due Genitori sognavano, non esattamente, purtroppo. Ma li amo tutti comunque. Alla prossima, baci Akane