Parte seconda

La coscienza di Colby riemerse lentamente, solleticata da una piacevole quanto familiare sensazione. Strofinò la testa sul cuscino mentre un sospiro compiaciuto rotolò tra le sue labbra. I muscoli della sua schiena si tesero autonomamente, sotto la spinta di quel piacere che si stava coagulando bollente nel suo ventre. A fatica socchiuse le palpebre pesanti, incrociando per un istante il soffitto striato dalle lame di luce che provenivano dall’esterno. Confuso e stordito abbassò lo sguardo ritrovandosi ad osservare la testa arruffata di Charlie che stava lavorando tra le sue gambe: una visione così erotica da devastare completamente il suo autocontrollo. Il piacere esplose dentro il suo corpo, sommergendolo e trascinandolo via.
Quando riuscì a ritornare in sé, Colby avvertì confusamente le labbra del compagno percorrere la sua pelle con baci umidi, piccole lappate e morsi licenziosi, mentre risaliva il suo corpo, fino a portarsi all’altezza del suo volto. Quando fu completamente steso su di sé, Colby gli abbracciò la vita, spingendo con i palmi delle mani bene aperti sulla sua schiena, premendoselo completamente addosso. Ancora ad occhi chiusi fece scorrere la bocca sul suo collo, inspirando il suo odore fresco, che quietava i propri sensi, fino a sentirsene impregnato il corpo.
- Buongiorno!- bisbigliò Charlie sulle sue labbra, accarezzandole sensualmente con le proprie.
- Proprio un buon giorno!- sospirò riaprendo gli occhi, trovandosi immediatamente immerso nelle iridi d’ossidiana del suo compagno.
Quello era un buongiorno degno di questo nome! Pensò l’agente mentre si sistemava meglio, muovendosi in modo languido e calcolato per provocare l’altro, sfiorando il suo corpo con lente, cocenti carezze pelle contro pelle. Un lampo sfrecciò negli occhi di Charlie, che si stava mordendo le labbra per non gemere, mentre le sue mani premevano più forti sulla pelle del compagno nel tentativo di arginare il desiderio che aveva ripreso a scorrere nelle sue vene.
- Che ore sono?- domandò poi l’agente per distrarsi dalla vista di quel volto che iniziava ad accendersi di piacere.
- È quasi l’una…- rispose il matematico in un piccolo sospiro, mentre abbassava il proprio volto su quello del compagno, per ridisegnarlo con piccoli baci.
- Abbiamo dormito così tanto?!- esclamò Colby sinceramente sorpreso, le sue dita scorrevano tra i ricci neri del compagno, carezzandogli la nuca.
Charlie rise, sfiorandogli con il respiro la pelle umida e facendolo rabbrividire, strappandogli un profondo sospiro.
- Stanotte non abbiamo dormito granché – spiegò con un tono allusivo – Dovevamo recuperare, no?- e gli baciò la gola, mentre, languidamente, gli accarezzava il torace.
Colby scoppiò a ridere divertito da quell’uscita e immagini infuocate della notte appena trascorsa si riversavano confusamente nella sua testa, eccitandolo. Avevano cercato di recuperare tre mesi di lontananza in una sola notte e da come si stavano mettendo le cose, sembrava che avrebbero sfruttato anche quello che restava della mattina.
Con le mani ben aperte iniziò ad accarezzare la schiena del compagno, dai fianchi alle spalle, ricalcando con la punta delle dita le linee delle ossa sporgenti. Ogni sospiro strappato a Charlie veniva soffiato direttamente sulla sua pelle, che l’altro stava baciando, facendolo così rabbrividire per contrasto.
Colby prese la testa di Charlie tra le sue mani, intrecciando le dita ai suoi ricci neri, e la tirò verso di sé, cercando subito la sua bocca con la propria. I suoi sensi erano già sconvolti, non riusciva più a capire null’altro che non fosse Charlie e quanto lo volesse. Strinse le braccia attorno al corpo del compagno e, con un movimento fluido, capovolse le loro posizioni, ritrovandosi, così, disteso su di lui.
Charlie gli abbracciò le spalle, accarezzando fin dove riusciva ad arrivare quella schiena così ampia da poterci disegnare su, mentre con le gambe gli aveva abbrancato i fianchi, stringendosi quanto più possibile al corpo del compagno.
Una scarica elettrica attraversò Colby nel sentire quel corpo sottile modellarsi perfettamente contro il suo. Non riusciva a comprendere come fosse possibile, come Charlie riuscisse a fargli perdere il controllo in quel modo con qualche carezza. Si sollevò appena sui gomiti e osservò il compagno disteso languidamente tra le lenzuola sfatte, le forme delicate e fragili, le gambe lunghe e snelle appena piegate sul materasso, la pelle lattea che sembrava confondersi con il biancore delle lenzuola. Non era un corpo perfetto, ma c’era qualcosa in esso che gli faceva perdere letteralmente la testa. Un lampo attraversò il ventre del poliziotto, mentre il mondo iniziò a sfumare via dai suoi sensi.
Era in momenti come quelli, quando Charlie si lasciava completamente andare affidandosi alle sue cure completamente, che si rendeva conto di quanto fosse riuscito a penetrare nel suo animo. Le sue mani dai fianchi risalirono il corpo del docente in una languida carezza, ridisegnandone il profilo, facendolo sospirare e rabbrividire.
Charlie socchiuse gli occhi, piantando il nero ribollente delle sue iridi in quelle del compagno. Colby, come ogni volta che incrociava il suo sguardo, si sentì come se fosse stato improvvisamente avvolto da una coperta calda. Come ci riusciva? Si chiese mentre gli percorreva il ventre con la bocca e le mani. Come riusciva a farlo sentire in quel modo, come se fosse la persona più importante del mondo solo con uno sguardo?
- Colby!- sospirò il matematico inarcandosi verso la sua bocca.
Un bisbiglio che era rotolato morbido e cocente tra le sue labbra, e che fece tremare l’agente fin nelle viscere. Charlie era penetrato troppo a fondo dentro di lui, rifletté mentre si spostava tra le sue gambe, strappandogli gemiti e sospiri sempre più alti. Era diventato il centro della sua esistenza, l’unica persona al mondo di cui non sarebbe mai riuscito a fare a meno, realizzò mentre con la bocca scendeva a prepararlo.
Colby risalì il corpo caldo e tremante del compagno, lasciando qua e la baci umidi e morbidi, ridisegnandogli il mento con le labbra mentre si stendeva su di lui. Avrebbe dovuto essere spaventato da una simile presa di coscienza, ma osservare il volto di Charlie alterato dal piacere appena assaporato aveva il potere di scacciare tutti i suoi dubbi e le sue incertezza. Appoggiandosi sul fianco destro per restare in equilibrio, l’agente prese la mano sinistra dell’altro nella propria e la portò alle labbra, baciandone il dorso e le dita.
Ogni volta che faceva l’amore con lui se ne innamorava sempre di più!
Ciò che lo spingeva verso il suo saccente e sfuggente compagno era qualcosa che coinvolgeva non solo i sensi, ma anche i sentimenti e se ne rendeva conto ogni volta di più.
Charlie sorrise dolcemente per quelle premure mentre ruotava la mano in quella del compagno, intrecciando le dita. Riportò lo sguardo in quello di Colby e sollevò il braccio libero, tendendolo verso di lui in un languido invito.
Il poliziotto ricambiò il sorriso e ritornò su di lui, baciandolo, avvertendo di nuovo le braccia dell’altro stringersi attorno alle sue spalle e le gambe circondargli i fianchi.
Ogni volta che entrava nel corpo di Charlie provava una sensazione di casa.
Fare l’amore con lui aveva lo stesso sapore che si provava nel tornare a casa dopo tanto, troppo tempo. Era un sentimento struggente, che gli riempiva completamente il petto. E si sentiva bene, terribilmente bene fra quelle braccia.
Socchiuse gli occhi e osservò il volto di Charlie completamente abbandonato al piacere, venendo invaso dalla consapevolezza netta e nitida che lui era la casa a cui avrebbe sempre fatto ritorno, l’unico posto al mondo in cui si sarebbe sentito in pace con se stesso.
Dopo rimasero ancora stretti in quell’abbraccio che li aveva accompagnati per tutto il loro amplesso. Colby, a occhi chiusi e steso supino, stringeva a sé il proprio compagno, beandosi della sensazione di avere le sue mani su di sé e del suo respiro tiepido che gli sfiorava la pelle ancora umida.
Con un sospiro soddisfatto riaprì gli occhi e girò la testa verso il comodino per leggere l’ora su uno dei loro orologi. L’ora di pranzo era passata da un pezzo ma non la fame. Il sorriso sulle sue labbra si ampliò mentre un’idea iniziava a farsi largo nella sua mente.
- Amore?- lo richiamò mentre rimetteva la testa dritta e gli baciava la testa.
Charlie non rispose, si limitò a muovere la testa, appoggiando il mento sulla sua spalla, sollevando lo sguardo curioso su di lui. Un sorriso scivolò sulle sue labbra: era da tanto che non lo chiamava in quel modo! Non lo faceva spesso, per timore che per abitudine potesse chiamarlo in quel modo anche a lavoro: lo chiamava amore solo quando erano da soli e immersi in un’intimità tale che gli faceva dimenticare qualsiasi altra cosa. Proprio come in quel momento.
- Che ne diresti se preparassimo un paio di panini e li mangiassimo al lago?- gli domandò speranzoso l’agente.
Per un lungo istante Charlie rimase immobile, sorpreso da quella proposta. Lui aveva immaginato che sarebbero rimasti a letto per tutto il giorno e quell’idea gli sembrava presa da uno di quei film romantici vecchio stile, troppo sentimentale per un tipo prosaico come lui.
Ma quando colse il lampo colmo di desiderio che aveva attraversato lo sguardo di Colby non se la sentì di dissentire, deludendolo. Facendo forza sulle mani puntate sul materasso, si sollevò portandosi all’altezza del volto del compagno, fermandosi un attimo a osservare i suoi occhi azzurri limpidi e dolci.
- Va bene! – sussurrò sulle sue labbra – Ma prima credo che dovremmo darci un bella lavata!- ridacchiò il matematico indicando i loro aspetti arruffati.
Charlie ebbe appena il tempo di vedere un lampo divertito attraversare l’azzurro dei suoi occhi, che Colby, con una mossa fulminea, se lo tirò addosso, sollevandolo fra le braccia e portandolo con sé quando si rimise in piedi, uscendo dal letto. Per non cadere d’istinto Charlie gli strinse le braccia attorno al collo.
- Però la doccia la facciamo insieme!- e un ghigno osceno schiuse le labbra del poliziotto.
- Tu sei completamente pazzo!- borbottò il matematico imbarazzato mentre piegava le gambe e le chiudeva attorno ai fianchi del compagno.
Si sentiva tanto un bambino in quella posizione! Era praticamente abbarbicato a Colby, che lo stava reggendo con le mani sotto i suoi glutei. E avvertì i capelli sulla nuca rizzarsi quando udì la risata bassa e roca, dannatamente sensuale, del compagno soffiata direttamente nel suo orecchio. Premette il volto contro il collo dell’altro, soffocandogli un piccolo gemito sulla pelle.

Il sole era basso sull’orizzonte e la sua luce si scioglieva sulle acque del lago in uno scintillio dorato. La riva appena declinante era ricoperta di morbida erba umida e circondata da alti pini verde scuro. Seduti su una vecchia coperta che avevano trovato in un armadio della baita, Colby e Charlie stavano mangiando i panini che avevano preparato e ascoltavano il silenzio in cui erano immersi.
Colby addentò un altro pezzo di pane mentre guardava di sottecchi il suo professore. Aveva ritrovato il suo compagno e, nonostante tutte le sue bugie, sembrava che tra loro andasse magnificamente. Bastava ripercorrere quei due giorni passati insieme in quel paradiso per capirlo. Charlie lo amava, lo desiderava e lo cercava con una passione uguale se non superiore a prima del suo arresto. Sembrava che né il suo tradimento né il tempo trascorso lontani avevano potuto minare ciò che c’era tra loro.
Ogni cosa andava bene, ogni tassello nella sua vita era andato al posto giusto, ormai non doveva aver più nessun problema a tormentarlo. Eppure c’era ancora qualcosa che non andava, come un nodo dentro di lui che ancora non era riuscito a sciogliere.
Si volse a guardare il compagno, che aveva finito di mangiare e stava guardando le acque del lago con una bella espressione rilassata in volto. Ridisegnò con lo sguardo il suo profilo, naufragò nel nero calmo dei suoi occhi e avvertì un sentimento indistinto colmargli il petto.
- Charlie?- lo chiamò quasi senza rendersene conto.
Il matematico si volse verso di lui, un piccolo sorriso a tendergli le labbra che lo invitava a proseguire. Colby si perse a osservarlo, mentre si riempiva la mente e il cuore di lui.
- Perché sei tornato con me, Charlie?- domandò senza riflettere.
Sorpresa e tristezza iniziarono a combattersi nel nero degli occhi del matematico.
- Credevo che fosse chiaro ormai…- provò a scherzare con un sorriso mesto a tendergli appena le labbra.
- Per favore dimmelo!- mormorò l’agente.
Charlie lo fissò a lungo, come se stesse cercando qualcosa nel suo sguardo, poi si mosse piano, sollevandosi e inginocchiandosi davanti a lui, prendendogli il volto tra le mani e lo sollevò verso il proprio.
- Ti amo Colby! Mi dispiace, ma non so darti una spiegazione migliore…- e il suo sorriso assunse una nota profondamente dolorosa.
L’agente socchiuse gli occhi, lasciando che quelle parole e il loro significato gli scivolassero sottopelle, strisciando in ogni più piccolo anfratto del suo corpo, in ogni cellula e in ogni nervo, riempiendolo totalmente. Sollevò le mani e le strinse attorno ai fianchi del compagno, quindi riaprì gli occhi, ritrovandosi da subito immerso nelle sue iridi nere, e spinse il volto contro il suo.
- Ti amo anch’io, Charlie!- quella era l’unica risposta sensata che avrebbe potuto dargli in quel momento, per poi baciarlo.
Colby fece sedere il compagno tra le sue gambe, con la schiena contro il suo petto e la testa appoggiata alla sua spalla. Gli avvolse la vita con le braccia e poggiò la guancia contro i capelli.
- È tutto perfetto, ora!- bisbigliò sollevato con le labbra poggiate contro la tempia del compagno, prima di baciarne la pelle.
Charlie mormorò un assenso mentre si sistemava meglio contro di lui e intrecciava le mani con quelle che l’altro teneva poggiate sul suo addome. Stretti in quell’abbraccio, senza alcun pensiero a oscurare il loro sguardo, osservarono in silenzio il sole scomparire in un baluginio dorato, incendiando il cielo e la superficie del lago di polvere di fuoco.


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